Irish Zebra
*Plick.......*
.......
......
*...........plick....*
Seguiva quella goccia
da ormai otto ore.
Prima era quasi
insopportabile.
Rumorosa. Continua.
Penetrante.
Sembrava volergli
ledere i timpani.
Rovinava il silenzio
in cui si era autoconfinato otto ore prima con la sua impertinenza.
Rovinava anche la sua
immagine riflessa sulla pozzanghera d'acqua stagnante creata ai suoi piedi, e
visto il vento di tramontana che si stava alzando in quel tardo pomeriggio, il
riflesso non faceva neanche in tempo a ricompattarsi che.....*plick*.....ecco
l'ennesima goccia che spazza via con i suoi cerchi concentrici ciò che restava
di lui...
Però adesso stava
morendo.
E gli dispiacque.
Lo ammise.
L'aveva avuta come
amica per un solo giorno, ma per lui, era piu' naturale affezionarsi a degli
oggetti che alle persone reali...
Quindi, sebbene si
fosse presentata sin da subito come una presenza fastidiosa, era certo che
quella goccia d'acqua che cadeva giu' dalla vecchia grondaia della tettoia
sotto cui aveva trovato riparo, gli sarebbe mancata.
Strinse maggiormente le ginocchia al petto. Rabbrividì.
Con l'avanzare del
crepuscolo, anche il vento di tramontana diveniva via via sempre piu' impetuoso,
e anche se prima era riuscito ad ignorarlo grazie alla presenza del sole, ora,
con il suo tramontare, cominciava ad avvertirla
la morsa del freddo
sulla sua pelle ghiacciata.
Sarebbe rientrato.
Questione di minuti,
ormai.
Lo avrebbe fatto.
Vi erano alternative,
dopotutto?
Non poteva di certo sperare di passare la notte lì, raggomitolato come un gatto
randagio accanto a quel vecchio frigorifero rotto, sotto la sottile tettoia del
terrazzo del nuovo orfanotrofio dove era stato trasferito da due giorni.
Era una partita persa
sin dall'inizio.
Un Game over continuo…
Il suo nuovo nome aveva riecheggiato nel circondario per tutto il giorno, e
continuava a richeggiare imperterrito sino ad allora.
Adulti, bambini,
anziani...
Nessuno sembrava
stanco di cercarlo.
Lo stavano facendo
tutti quanti.
Figuriamoci se non lo
avessero trovato, prima o poi...
Anzi; ci stavano
mettendo fin troppo tempo...
Fuggire non sarebbe
servito.
No, non era quello
che voleva fare, in fondo.
Non era una fuga.
Anche perché, dove sarebbe
potuto andare Mail?
Winchester non
offriva un futuro di grandi opportunità ad un bambino di sette anni.
Sporco, povero, ed
orfano sin dalla nascita.
Su questo ci era
arrivato da solo.
Lui stava solo temporeggiando.
Erroneamente; lo
riconobbe.
Queste otto ore in
compagnia della goccia impertinente, del vecchio frigorifero distrutto e delle
nitide pozze d'acqua lasciate tutte intorno dalla pioggia della notte
precedente, gli sarebbero costate care.
Molto care.
Ad occhio e croce, un
minimo di cinquanta colpi di rosario in piu'...
Minimo. Giusto perché
voleva essere un pelo ottimista.
Perché non aveva
ancora testato il livello di ira del nuovo direttore.
Di certo, se fosse
stata Sister Mary, cinquanta colpi in piu' non sarebbero stati sufficienti, visto
il subbuglio che aveva provocato...
Cominciò a tremare.
Di freddo - disse a
se stesso -- non di certo di paura.
O forse lo stava
facendo già da prima, ma non se ne era reso conto.
Affondò il mento tra
le ginocchia e guardò con rabbia gli ultimi raggi di sole che sbattendo sul suo
viso, sembravan quasi volerlo salutare con un impercettibile carezza.
Andate al diavolo! -
Pensò.
Non sapeva cosa
farsene delle loro carezze!
Ciò che avrebbero
dovuto fare; ciò che avrebbe sperato facessero per lui quel giorno, non lo
avevano fatto.
I pantaloni del
pigiama che indossava erano ancora zuppi di pipì nonostante avesse passato
l'intera giornata lì, in attesa che il Sole li asciugasse per lui.
...e invece niente…
Erano ancora bagnati
proprio come la notte scorsa.
Se adesso faticava a
non battere i denti dal freddo, era tutta colpa loro!
Quindi le loro
carezze potevano anche risparmiarsele...
Ormai non si sarebbero piu' asciugati.
Così come le sue
ferite, non sarebbero mai guarite...
Sospirò.
Era stanco...
Difficile dire di
cosa in particolare, in realtà lo era di tutto...
Infilò una mano nelle
tasche dei pantaloni del pigiama, tirando fuori un gameboy malandato. Il suo
amico
più fedele.
Aveva le pile quasi
del tutto scariche; si spegneva in continuazione.
La maggior parte dei
pixel erano partiti da tempo, e la cover era un ammasso di graffi.
Lo fissò.
L'episodio del giorno
precedente era diventato un chiodo fisso, ormai...
Poteva mai un gioco
totalmente distrutto risanarsi con il tempo e tornare nuovo come una volta?
Ciò che è rotto, è
rotto.
Il frigorifero
accanto a sé era rotto ed arruginito.
Il suo gameboy rotto
e graffiato.
Lui era rotto e
ferito.
Ed era certo che,
anche tra dieci anni, tutto sarebbe rimasto esattamente come adesso.
Dov'era l'errore, quindi?
// "...Nell’ambito
della ferita si forma un coagulo ematico caratterizzato da una rete di fibrina
nella quale sono contenuti globuli rossi, globuli bianchi, piastrine ed altri
componenti del sangue..."
Il Wammy's House
era un orfanotrofio per bambini speciali;Tutti al suo interno ne erano
consapevoli.
Ma mai, mai
nessuno sfiorava anche solo lontanamente l'argomento.
Né i bambini, né
gli adulti.
Era un accordo
stipulato tacitamente tra tutti coloro che all'interno di quella struttura, vi
vivevano
E' una concezione
che si acquista con il tempo.
E Mail non lo
aveva ancora capito.
Era lì da solo un
giorno.
Bambini molto più
grandi e molto piu' piccoli di lui radunati in un unica aula.
Già.
Non vi era la
prima, la seconda, la terza classe...
Ma ve ne era solo
una. Un unica classe per tutti.
E tutti seguivano a turno, le stesse lezioni.
Che non erano di
grammatica, storia, geografia...
Ma erano di
analisi matematica, chimica organica, criminologia, anatomia...
Si sorprese di
ciò.
Ma la cosa di cui
si sorprese di piu', era che non incontrò alcuna difficoltà a seguire quelle
lezioni...
Le capiva.
Esattamente come
le capivano tutti gli altri.
Senza alcuno
sforzo.
Venivano lasciati
liberi di sedere come e dove preferivano.
C'erano bambini
che seguivano le lezioni seduti sul pavimento.
Altri con le gambe
piegate in maniera anomala sulla sedia.
Altri
sgranocchiavano cibarie varie.
Altri erano
impegnati a giocherellare con qualcosa anzichè prendere appunti.
Nessuno veniva
rimproverato.
Solo una cosa non
era concessa; o meglio, prevista.
Distrarsi.
"...sui lembi
della ferita si ha la produzione di abbozzi vascolari e successivamente
linfatici che si allungano verso il centro fino ad incontrar..."
L'anziano
professore di scienze non terminò la frase.
E questa
disarmonia, venne immediatamente notata all'interno dell'aula.
Mello, il bambino biondo, smise di mangiare il cioccolato.
Near, dal
pavimento, non sollevò lo sguardo dai tasselli del suo puzzle completamente
bianco, ma i suoi movimenti subirono un significativo rallentamento.
"...Matt?"
........
Non era ancora
abituato a sentirsi chiamare con il suo nuovo nome...
Non rispose.
Continuò a giocare
con il suo gameboy. Ed a differenza degli altri studenti, il docente non era
del tutto certo stesse seguendo...
L'uomo inforcò gli
occhiali da vista.
"MATT?..."
Continuò a giocare
la sua invisibile partita con il suo videogioco dallo schermo rotto.
"Il
professore ti sta chiamando, scemo!"
Il bambino accanto
gli diede una gomitata, attirando la sua attenzione.
Tornò con i piedi
per terra. In tutti i sensi.
Balzò in piedi,
agitato.
Per un pelo,
persino i suoi grandi occhiali non caddero giu' dal naso.
Non riuscì a dire
nulla.
Il docente chiuse
gli occhi sospirando.
Era pur sempre una
new entry.
Succede.
"Matt...saresti
così gentile da dirmi cosa sto spiegando?"
Si guardò intorno.
Sentì una lacrima
di sudore freddo scendere giu' lungo la sua fronte.
"L--lesioni
muscolari..."
"Bene...quanto
tempo impiega quindi un tessuto muscolare a rimarginarsi?"
La domanda lo
spiazzò.
Anzi, lo lasciò
completamente di stucco.
Riflettè.
Riflettè ancora.
Una manciata di
secondi ancora...
Non vedeva altra
risposta, se non la piu' ovvia.
Deglutì.
"Mai."
"Eh!?..."
Il docente ebbe un
sussulto.
L'intera aula
sgranò gli occhi, voltandosi a guardare verso il suo banco.
Nessuno ebbe il
coraggio di replicare. Scese il silenzio piu' profondo.
Silenzio che non durò molto, perché subito dopo l'aula conobbe le risate piu'
squassanti della sua esistenza.
"AHAhaahahHAHAH!!
Ma che cosa dici!?!? AHAHahahAAH!"
"Ma hai capito la domanda!?AHahahAHAh! "
"Forse in
Irlanda si dice in un altro modo?AHAHahahaHAH! "
"SHHHH!!
Silenzio!! Fate silenzio!! Basta ridere!!"
Era a prima volta
che il docente si ritrovò in una situazione simile da quando insegnava al
Wammy's House.
Situazione
piuttosto imbarazzante.
Un bambino del Wammy's house non avrebbe mai dato una risposta simile.
"Matt...vieni
quì alla cattedra."
Il bambino obbedì
all'ordine con cieca devozione.
Apparve
imbarazzato; dal caos scatenato, non dalla risposta che aveva appena fornito.
"E' evidente
che tu non abbia capito la domanda, proverò a formulartela diversamente.
Quando si ha una ferita, quanto tempo impiega di solito la pelle a
rigenerarsi?..."
"Le ferite
non si rimarginano mai, Signore..."
Nulla di piu'
logico,
per Mail.
"..........."
Il silenzio questa
volta fu duraturo.
Non si trasformò
in una risata.
Rimase stabile
nella sua posizione.
Nessuno si mosse.
Nessuno.
Solo le mani di
Near continuarono indisturbate a comporre il puzzle bianco.
Il docente sospirò
profondamente.
C'era qualcosa di
sbagliato in tutto ciò.
Aprì un registro,
dove controllò bene la scheda del ragazzino.
No. Non vi era
stato alcun errore di valutazione.
"Matt...non
so dove tu abbia appreso un'informazione simile, ma e' evidente che è
sbagliata. Tutte le ferite si rimarginano prima o poi. Il tempo impiegato è
proporzionale alla gravità e alle predisposizioni fisiche del soggetto
interessato. Quindi ciò che dici tu è sbagliato...hai capito?"
Le ferite...si
rimarginano?...
Vuoi dire che
tutti i graffi prima o poi spariscono?...
Non ne era del
tutto convinto.
Ma non era nel suo
stile replicare.
Chinò il capo in
un impercettibile gesto di assenso.
"Bene...spero
di aver chiarito l'equivoco. Torna pure al tuo posto."
...non avrebbe
avuto alcuna conseguenza?...
Strano...
Non volle insistere
piu' di tanto.
Sarebbe stato
inutile, del resto.
Era convinto della sua
teoria, anzi. Aveva avuto modo di testarla...
Quelli che si stavano
sbagliando, erano loro.
Il suo gameboy
presentava gli stessi graffi di sempre.
Non ricordava un solo
istante in cui essi fossero scomparsi.
Così come nella sua
memoria non vi era alcun ricordo della sua schiena priva di quelle vistose e
dolorose ferite.
Erano sempre state lì
da quando aveva memoria..
Onnipresenti sulla sua schiena, pronte a ricominciare a sanguinare ad ogni
punizione di Sister Mary...
Volevano forse dirgli che esse sarebbero potute scomparire, un giorno?
Che assurdità...
Quando una cosa si
rompe, si rompe...
Avrebbe tenuto la sua
opinione per se; ma proprio non la condivideva la teoria del professore,
Mail...
Mise via il gameboy.
Le pile andavano
risparmiate.
Erano le ultime che
gli rimanevano, del resto.
Terminate quelle,
anche il suo gameboy avrebbe tirato l'ultimo respiro.
E allora sì che
sarebbe rimasto completamente solo.
Ma non aveva voglia di giocare.
Il suo stomaco tradì
un'inaspettato brontolio; aveva fame.
Beh, non importa.
Tanto non avrebbe
mangiato comunque, quella sera.
E se qualcuno non lo
avesse trovato prima dell'ora di cena, nemmeno tutti gli altri avrebbero
cenato.
Per punizione.
Perché una volta
giunta ora di cena, la sua punizione sarebbe stata talmente esemplare che
riversarla solo su di lui non sarebbe bastato.
Tutti dovevano pagare
per la sua bravata.
Eppure li aveva
supplicati, quella mattina.
Supplicati di non
schiamazzare. Di non dire nulla.
Avrebbe nascosto le
lenzuola, sì!
Le avrebbe nascoste
sotto il letto e non se ne sarebbero accorti subito!
Era abituato a
dormire sul materasso bagnato, per lui non era un problema!
Ma non lo avevano
ascoltato...
Come al solito, del resto...
"AHAHAhAhahahaAHAH!!!
Venite a vedere!!, MATT HA PISCIATO IL LETTO!!!"
Mello strappò via
il lenzuolo dal suo letto, mostrando un'evidente chiazza umida nel bel mezzo
del materasso.
Un segno
inconfutabile.
Inconfutabile ed
inconfondibile.
Si aggrappò alla
maglia nera del bambino biondo con tutte le sue forze.
Con tutte le sue
forze.
"Ti prego
non...non dirlo a nessuno!! Sistemerò tutt..."
Stava chiedendo
l'impossibile.
Ne era
consapevole.
Eppure…
...eppure....
No...
Si stava solo
illudendo che le cose quì sarebbero andate diversamente...
"AHahahAHAha!!!!"
Dalla porta
sbucarono un'altra manciata di bambini.
"Ha pisciato
il letto come una femminuccia di due anni! HAHAhahaha!!!"
"Ahahahah
Piscioneeeee!! Piscioneeeeee!!! "
Un girotondo di
bambini intorno a lui che schiamazzando si prendevano gioco della sua debolezza.
Arrossì.
Ma giusto per alcuni secondi.
Quello non era il
viso di un bambino imbarazzato.
Era il terrore e
la rassegnazione a dettare legge su di esso.
"PISCIONEEEEE!!!
PISCIONEEEEE!!"
"ALLORAAAA!!!
CHE DIAVOLO STA SUCCEDENDO QUI?!!?! EH!?"
Una donna
infuriata spalancò la porta della camera, che andò a sbattere rumorosamente
contro il muro.
Gli schiamazzi si fermarono per alcuni istanti, per poi riprendere esattamente
come prima, incuranti della presenza della tata.
"MELLO!!! SEI
SEMPRE TU!! NON TI SI PUO' LASCIARE SOLO UN ISTANTE!!"
Era la fine.
Tra le urla
divertite e le risa dei bambini,
Mail lo comprese.
"AHAHAAH! IL
NOVELLINO HA PISCIATO IL LETTO!!"
"Eh?"
Non aveva realizzato la presenza di quel bambino nella stanza.
Erano solo risate
ed urla sconnesse, non pensava che la causa fosse stato proprio lui.
Lo cercò con gli
occhi tra i piccoli mostriciattoli scatenati.
Ma non lo vide.
L'unica cosa che
avvertì, fu il richiudersi della porta che poco prima aveva spalancato alle sue
spalle.
Qualcuno era
sgattaiolato fuori.
"Oh...è andato via! Bwahaha!"
Il bambino biondo
fece spallucce sogghignando.
Gli altri bambini
ripresero a ridere.
"Matt?..."
La tata aprì la porta velocemente.
"MATT!!"
Troppo tardi.
Il corridoio era già
vuoto.
A volte, un
bambino sa correre molto, molto veloce...
Sorrise.
Sorrise a se stesso.
Alzò il viso verso il
cielo.
Forse era ancora in
tempo per rientrare...
Almeno gli altri
avrebbero mangiato.
E lui, beh...forse
quella sarebbe stata la volta buona.
Tutto sarebbe finito.
Dio...non era passato
un singolo giorno della sua misera vita in cui non lo aveva desiderato...
Si domandava quand'è
che le sue misere pile si fossero finalmente esaurite del tutto, anzichè
riaccendersi per funzionare a singhiozzi, proprio come quelle del suo
gameboy?...
Forse era sbagliato
desiderare la propria morte...
Forse era peccato farlo.
Ma lo aveva fatto.
Lo aveva fatto
sempre; ed era stato il desiderio piu' grande ad ogni colpo inferto da quella
mano santa sulla sua schiena...
Il vento si alzò
ancora.
Molto, molto di piu'.
Le lenzuola,
probabilmente quelle del suo letto, stese ad asciugare al centro della
terrazza, sventolavano all'impazzata come fantasmi inferociti.
Doveva rientrare...
e farsi trovare...
"Etch..."
Cercò di sopprimere
con entrambe le mani un'improvviso starnuto.
Ma non riuscì a
sopprimere così bene anche il secondo, il terzo, e figuriamoci il quarto.
*Quello* fu lo
starnuto decisivo.
Un vero e proprio
razzo di segnalazione.
Il rumore dei passi,
veloci e pesanti, contro la pavimentazione del terrazzo giunse alle sue
orecchie prima ancora che egli potesse realizzare ciò che era appena accaduto.
Era finita.
Questa volta lo era
davvero.
Non volle neanche
voltare a guardarla, quella ragazzina dalle lunghe trecce bionde che come un
fedele furetto, aveva scovato nel suo nascondiglio il coniglio piu' ambito.
Rimase in piedi di
fronte a lui alcuni istanti. Giusto il tempo di accertarsi che la
"preda" fosse quella giusta, poi fuggì via come una saetta nella
stessa direzione da cui era arrivata.
"Teacheeeeeeeeeeeer!!
TEACHEEEEEER!!"
Non aveva paura.
No. Non ne aveva.
Non era una novità.
Per sette anni, era
ormai un evento quotidiano.
Perché quindi doveva
averne?
Saldò la stretta
delle braccia intorno alle ginocchia.
La saldò fino allo
stremo.
Fino a quando le
ginocchia non sembrarono quasi voler penetrare la cassa toracica, mozzandogli
il fiato.
Smettila Mail.
Non aver paura!
Ti ho detto che
non devi averne, diamine!
E' stato un tuo
errore.
Hai sbagliato,
Mail.
Ed è giusto che
paghi per i tuoi errori.
"Aah!! E così è
quì che ti sei nascosto!!"
Una voce adulta.
La riconobbe anche
senza voltarsi a guardarla.
Era la donna che aprì
la porta della sua camera quella stessa mattina.
Di tutta quella gente che lo stava cercando, perché doveva capitargli proprio
colei che l'aveva visto fuggire?...
...la punizione
sarebbe stata molto, molto peggio di quella che aveva prefigurato...
"Stavamo per
avvertire la polizia! Eppure tu non ti sei nemmeno mosso dall'edificio, eh
Matt??"
".........."
Parlava in modo
strano.
Realizzò soltando
quando trovò il coraggio di muovere il capo verso la sua direzione che le sue
frasi apparivano strane perché tra le labbra teneva una sigaretta accesa.
Era una figura
decisamente poco rassicurante.
Alta. Robusta. Rossa.
Una donnona inglese
con un grande grembiuile bianco a righe rosse.
Sembrava piu' adatta
a servire hamburger dietro il bancone di un fast food che a lavorare lì...
Dietro l'inferriata
di un orfanotrofio inglese...
Accanto a lei, la
bambina dalle lunghe trecce.
Sembrava in qualche
modo incuriosita dall'incredibile staticità della situazione.
E ancora di piu' lo
sarebbe stata dall'evolversi di essa.
Sembrò sbloccarsi
tutto quando la donna aspirò svogliatamente l'ultimo boccone della sua
consumata sigaretta, prima di gettare in terra il mozzicone e spegnerlo con la
punta delle scarpe in vernice nera.
Le bastò giusto un
passo per avvicinarsi completamente a lui.
Si domandò che
effetto facevano le sue minuscole spalle tra le sue grandi, immense mani,
quando esse sgarbatamente, lo avvinghiarono.
Come al solito, lottò
per non sussultare.
Per non mostrare la
benchè minima reazione.
Perché sarebbe stato
maledettamente inutile.
Ha speranze, del
resto, una nocciolina attanagliata da uno schiaccianoci?
La donna lo tirò su,
esattamente come si tira su l'oggetto piu' leggero del mondo.
Con sforzo
assolutamente pari a zero, fu costretto a tornare in piedi.
Adesso si aspettava
si chinasse alla sua altezza, ma non lo fece.
Evidentemente, non
avrebbe voluto neanche sprecare del tempo prezioso ad offenderlo, ad umiliarlo
e magari, a comiciare a fargli provare il peso di quelle mani schiaffate contro
il suo viso, lì...su quella terrazza...
Niente assaggi.
Si passa direttamente al piatto forte, in questo orfanotrofio...
"Avanti, muoviti!!"
Lo afferrò per il
polso, trascinandolo velocemente con se.
Si, trascinandolo era
il termine giusto.
Riuscire a coprire l'ampiezza dei suoi passi era praticamente impensabile per
lui.
Inciampò
continuamente sui suoi passi, prima di riuscire a mantenere un passo adeguato a
quell'andatura.
Ma non era qualcosa
che le interessò particolarmente..
Neanche alla
ragazzina dalle trecce, che una volta all'interno dell'edificio, scomparve nel
nulla.
Per tutto il
tragitto, Mail non guardò mai di fronte a se.
Non voleva vedere
dove la gigantessa lo stava portando.
Nessuno osi dire però
che avesse paura.
No, Mail non ne
aveva....
Ne era convinto...
Non ne aveva.
E nessuno doveva
permettersi anche solo di accennare il contrario.
Vero Mail...?
Era un evento
quotidiano.
Solo un evento
quotidiano.
Persino piu'
quotidiano del sonno, visto che il piu' delle volte non riusciva a dormire per
paura di ritrovarsi bagnato...
Persino piu'
quotidiano del pranzo, che per punizione, molto spesso era costretto a
saltare...
No.
Non sarebbe cambiato
proprio nulla.
Forse solo il posto.
Forse solo il metodo.
Magari per temprarlo
non avrebbe usato un grosso rosario di legno, come quello che per anni aveva
usato Sister Mary...
Magari avrebbe usato
una frusta, o una sbarra di ferro..
La chiami differenza,
questa?
L'enorme tata si
fermò, smettendo di trascinarlo.
Mail fu costretto a
guardare di fronte la grande porta davanti a se.
Roger's Office.
"Hey."
Fece appena in tempo
a leggere la scritta dell'intestazione dorata, prima che il viso di lei si
sovrapponesse ad essa.
Questa volta lo fece;
si chinò di fronte a lui con aria estremamente minacciosa.
Tornò a stringere
quasi dolorosamente le sue mani sulle spalle del bambino.
Lo scosse.
"Ti avverto: dì
una sola parola sulla sigaretta di poco fa a Roger e giuro che quando esci ti
faccio a fettine. Intesi??"
Quando esci...?
Quando esci da lì
dentro, forse?...
Perché? Sarebbe forse
rimasto qualcosa di Mail Jeeves quando sarebbe uscito da lì dentro?
Attese
l'impercettibile segno d'assenso con il capo, che giunse con una manciata di
secondi di ritardo del previsto, prima di rialzarsi smaniosa ed innervosita e
ricominciare a trascinarlo con se.
Bussò.
Ma non attese la
risposta.
Entrò senza tanti
problemi all'interno del piccolo ufficio del direttore della Wammy's House.
"Eccolo quì! Sai
dov'era!? SUL TETTO! E' rimasto lì tutto il giorno!"
Ebbe l'impressione
che il suo braccio si stesse per staccare, quando la donna lo sollevò in alto,
un cacciatore che ha appena conquistato il piu' ambito trofeo di caccia.
L'euforia delle donne
era alle stelle.
Il suo tono, un misto
tra l'ironia e l'eccitazione.
"........."
Il direttore, seduto
alla sua scrivania al centro della stanza, non proferì parola.
Nessuna.
Si domandò che faccia
potesse avere in quel momento...
Non la guardò.
Ma non di certo perché
aveva paura! Sia ben chiaro!
Lui non…aveva paura
di niente.
Capo chino.
Piu' chino possibile.
Chino così tanto da
toccare il mento con il petto.
Ma non per paura...
"Matt...."
La sentenza...
Ecco che sarebbe
arrivata la sentenza da un momento all'altro...
"…Matt…"
Lo stava chiamando.
Si domandò perché
aveva sollevato il viso, a quel richiamo?...
Non era nemmeno il
suo vero nome...
Senti gli occhi
gonfi.
Gonfissimi.
Ma erano gonfi perché
non aveva portato i suoi occhiali per tutto il giorno!
Si sa, da quel giorno
in cui il rosario di Sister Mary lo colpì in un occhio, aveva perso cinque
diottrie all'occhio sinistro. E sapeva bene ormai che rimanere senza occhiali
per lungo tempo lo avrebbe affaticato...
E si erano arrossati!
Sì, i suoi occhi si
erano semplicemente arrossati!
Non erano di certo
gonfi di lacrime...
No, non lo erano.
Non lo erano.
Non lo erano.
Lui non avrebbe
pianto...
Perché non c'era
motivo di piangere.
Ed era sicuro, che
anche il direttore lo sapeva benissimo.
Lo evinceva dal suo
sguardo.
"Allora!!?
Dov'è!?!"
L'euforia della tata
era qualcosa di imprevisto, in tutto ciò.
Cominciò a guardarsi
intorno frenetica.
Cercando qualcosa...
Cercando qualcuno...
"Ooooh! Eccoti
quì!!"
Trovò da sola
risposta alla sua domanda.
Riprese a trascinarlo
con se, sino alla scrivania di Roger.
Sentì il nodo alla
gola farsi sempre piu' grosso.
Inevitabile.
Era rimasto tutto il
giorno fuori al freddo.
Si era un pò
raffreddato.
Nient'altro.
...nient'altro...
"Hey!!! MA CHE
FAI!? LASC...LASCIAMI STUPIDA!!! "
Una voce.
Una voce con un
anomalo accento germanico.
Una voce incapace di
proferire nient'altro che offese.
Il bambino biondo.
Mello.
Alzò il viso di
scatto.
Cosa stava
succedendo?
"LASCIAMI HO
DETTO!!! ROGEEEEEER! DILLE QUALCOSA!!"
Piagnucolò.
Se con la mano destra
aveva trascinato Mail tutto il tempo; la sinistra adesso era impegnata a
trascinare al centro della stanza qualcuno che, al suo contrario, di resistenza
ne opponeva fin troppa.
"Fa come dice,
Mello!"
Non trovò appoggio
nel direttore.
Che con suo
rammarico, lasciò che la tata continuasse il suo operato divertita.
Si ritrovarono al
centro della sala, giusto di fronte alla scrivania di Roger.
Era uno sviluppo del tutto inaspettato.
Mail rimase
spiazzato.
Con cosa lo avrebbero
punito?... Perché Mello era lì...?
Rabbrividì.
Sentì le mani della
donna afferrarlo con fare brusco per il retro della collotta, sollevandolo
quasi da terra.
Lo spinse in avanti,
ponendolo di fronte a se;
Chissa', forse a
causa della sua maglietta a righe, lo aveva scambiato per un gatto...
"Forza Mello! E'
tutto tuo!" Esclamò trionfante.
Mello indietreggiò.
Un'enorme smorfia di
dissenso prese possesso del suo volto, dipingendosi di un furioso colore scarlatto.
Indietreggiò ancora di un passo.
"Co..cosa vuoi
dire??"
Erano in due a chiederselo.
Probabilmente, Mello
sapeva benissimo di cosa stava parlando, in verità.
Ma Mail, proprio non
capiva...
Sbattè le palpebre un
paio di volte..
Cercò di sfiorare con
la punta delle sue scarpe la moquette rossa, stanco della scomoda posizione in
cui era stato costretto da qualche minuto.
"Lo sai
benissimo! FA IL TUO DOVERE! E ALLA SVELTA! "
"Non capisco di
cosa stai parlando!!"
I metodi punitivi di
questo orfanotrofio cominciavano a preoccuparlo sul serio...
Malgrado gli sforzi,
proprio non riusciva ad immaginare cosa lo avrebbe aspettato da un momento
all'altro...
"Allora vuoi
proprio il gioco duro..."
L'istitutrice sbuffò.
Avvicinò maggiormente
il braccio con cui reggeva il bambino con fare minaccioso verso Mello.
"CHIEDIGLI
SCUSA, MELLO!"
"COOOOSA!?"
"..eh?..."
...scusa?...
"Hai capito
benissimo! DOMANDAGLI SCUSA!"
"Io non chiedo
scusa a nessuno! NON E' COLPA MIA SE HA BAGNATO IL LETTO!!"
Avanzò protestando.
"Mello…"
Il direttore.
La stessa voce grave
di prima.
La stessa
compostezza.
Si limitò a sollevare
una mano dalla scrivania.
Mostrò tre dita.
Tre.
"Con questa
protesta, siamo già a tre settimane di punizione, Mello.."
Mail sgranò gli
occhi.
Qua...quante?...
Sarebbe stato punito
Mello...?
Mello... al posto
suo...?
"MA…!! ROGER, TE
LO GIURO!! IO NON C'ENTRO NIENTE!! HA FATTO TUTTO DA SOLO!!"
"E vuoi che io
ci creda!? Il mese scorso tu ed i tuoi amichetti avete fatto bagnare il letto a
Near ben TRE VOLTE con quello scherzo infame! QUINDI ADESSO CHIEDERAI
SCUSA!"
"E' UN
INGIUSTIZIA, ROGER!! E' vero, io e gli altri lo abbiamo preso in giro al
mattino…ma non gli abbiamo fatto lo scherzo della bacinella! GIURO SU
DIO!!"
Mail non aveva mai
visto il viso di un'essere umano diventare talmente rosso.
Beh...non che
guardasse spesso le persone in viso...
Però in quel momento,
non riuscì a non pensare che Mello aveva un aspetto a dir poco DISUMANO…
"CHE
BUGIARDO!!"
"Siamo già a tre
settimane e mezzo, Mello...dobbiamo arrivare a quattro?..."
Ancora il direttore.
Solenne ed
autoritario.
In un simile
contesto, la sua voce pacata metteva i brividi solo a sentirla...
"............"
No...
Mello non mentiva.
Non gli aveva fatto
alcuno scherzo.
Era solo colpa sua se
il letto l'aveva bagnato.
Lo faceva sempre.
Lo faceva quando
Sister Mary decideva di punirlo anche in sogno...
Quando rivedeva il
suo viso assumere quelle fattezze demoniache che tanto la caratterizavano, e
scaricare tutta la rabbia repressa su di lui...
Sulla sua schiena
nuda e sanguinante...
Per ore...
Ore infinite...
Sino a quando non
sarebbe rimasto esamine di fronte a lei, svenuto..
Solo allora avrebbe
gettato in un angolo quell'aggeggio infernale, e si sarebbe chinata a cullarlo
amorevolmente...
Cullarlo come il
figlio che non aveva mai avuto...
Incurante di ogni
cosa...
Incurante delle
lacrime, del respiro quasi assente, e di quel sangue che continuava a sgorgare
copioso dalle sue inguaribili ferite...
Ed il fatto che di
notte fosse solo un sogno non significava certo che facesse meno male...
L'ampia chiazza di
pipì sul materasso dell'indomani mattina, non sarebbe stata che un invito a
nozze, per lei...
Era un evento comune
per lui...
E Mello non c'entrava
proprio niente...
"Dobbiamo
aspettare ancora molto?!"
Gli occhi di Mello
cominciarono a diventare cristallini.
Strinse i pugni,
chinando il capo.
Fumava di rabbia.
"CHIEDI SCUSA,
MELLO!!"
".............."
Lanciò l'occhiata
piu' rabbiosa del mondo a Roger, che impassibile, contraccambiò lo sguardo.
"Mello...domanda
scusa."
Il ragazzino biondo
tremò di rabbia.
"Allora!?"
Per la prima volta
dall'inizio di questa penosa commedia, Mello roteò gli occhi fino ad incrociare
gli occhi di Mail.
.
"..........."
Ci sperò davvero
tanto che il gonfiore dei suoi occhi fosse tale da non permettergli di vederlo,
lo sguardo carico di odio e disprezzo del bambino biondo...
Aveva ragione del
resto...
Era vittima di un errore...
Accusato di un crimine che non aveva mai commesso...
Accusato, sentenziato
e condannato, al posto di chi, quel crimine, l'aveva invece commesso veramente.
"..sc...scus-a..."
Un filo di voce si
librò nell'aria...
Quasi un ultrasuono,
impercettibile all'orecchio umano..
Si sà, la bugia non
può spiccare il volo come verità...
"Come?? Non ho
sentito!..." Insistette la Tata.
Mello digrignò i
denti.
"Mi hai sentita eccome invece!!"
"Ti sbagli, non
ho sentito proprio niente! E neanche Roger! Dillo piu' forte, Mello!"
"Scusa…"
"Eeeeh!? Cosa??
Piu' forte, Mello!"
La tata si stava
proprio divertendo.
"DIAMINE, MA PERCHE' DEVO PAGARE PER QUALCOSA CHE NON HO FATTO?!?"
Non resistette piu'.
Si allontanò di
scatto, si divincolò dalla stretta dell'istitutrice , e corse verso la
scrivania di Roger, battendo entrambi i palmi delle mani su di essa.
"Siamo a quattro
settimane piene, giusto per fartelo saper...."
"...ha...ha ragione
lui..."
Roger venne
interrotto. Non finì la frase.
Bizzarro, come poco
prima non riuscivano a sentire la voce di Mello che in preda all'umiliazione
piu' profonda porgeva sotto minaccia le proprie scuse; ed invece al lieve
bisbiglio, appena accennato dalle labbra disidratate di Mail , tutte le persone
presenti si voltarono di scatto; come attratti da un'incontrollata forza
magnetica che li riconduceva a quel piccolo esserino sporco, misero e
maleodorante, che da dieci minuti era sospeso quasi a mezz'aria, come fosse un
gatto.
Sentì il peso degli
sguardi su di lui;
Lo avvertì anche
senza vederli.
"Ha ragione…lui..."
Alzò lentamente il braccio, stringendo le spalle.
La Tata comprese da
quel gesto il suo desiderio di esser messo giu'.
Quasi si era scordata
di averlo tenuto in quel modo per tutto il tempo.
Mail tornò in piedi
sulle sue gambe;
gambe che con
difficoltà riuscirono a sostenere il peso del suo corpo.
Aveva imparato bene
che l'Ansia e il Terrore sono ghiotti di nervi umani..
E lui, lo aveva
imparato talmente bene da negarlo continuamente a se stesso.
"Lui non c'entra
n-niente...sono stato io..."
Rimasero tutti in
silenzio.
Tutti.
A quanto pare, era
molto bravo a spiazzare le persone.
Questo avrebbe
comportato un ulteriore rincaro della dose di punizioni; ma era giusto così.
Era stato lui a
sbagliare.
Nessun altro ne era
responsabile, e nessun'altro doveva pagarne le conseguenze.
Solo lui.
Sister Mary gli aveva
insegnato bene che ogni errore va punito con il sangue.
"Oh, no...non
difenderlo, Matt! E' stato Mel..."
"SONO STATO IO!"
Lo urlò.
Lo urlò con voce
rotta.
Voce rotta da una
forza che fin troppo aveva represso: il pianto.
Non piangere.
Non piangere.
Non piangere, idiota.
Non piangere!
Ma è difficile
trattenere sette anni di lacrime...
Se fossero uscite
tutte in una volta, forse sarebbero morti annegati tutti...
"So-sono
sta-to...io..."
Singhiozzò.
Singhiozzò mentre
lentamente si lasciava andare, incapace di tenere ancora testa alla moltepli
forze prorompenti che si stavan abbattendo contro il suo misero essere...
Certo è buffo
scoprire che a volte, l'aguzzino puoi essere proprio te stesso...
Le lacrime
cominciarono a sgorgare copiose da entrambi gli occhi.
Quel terribile dolore
al petto stava diventando insopportabile.
Reggeva bene il
dolore, ma il peso delle lacrime era troppo...
Le gambe tremarono.
Tremarono come due
fuscelli al vento piu' freddo..
Tremarono, e
tremarono ancora...
Cercò di fermarle;
Le strinse il piu'
possibile.
Fu tutto inutile...
Si fermarono solo
quando un caldo rigagnolo d'acqua si fece strada lungo le sue gambe gelate,
percorrendole, percorrendole...
Unica carezza
ristoratrice a cui poteva ancora aspirare per alcuni secondi... prima che essa
terminasse sfociando sulla rossa moquette della stanza...
Allargandosi...
Movimento che andò di
pari passo con quello degli occhi di tutti quanti..
Anche dei suoi..
Dopo i primi istanti
di conforto, realizzò il vero, immenso danno che aveva appena combinato...
Adesso davvero,
sarebbe stata la fine...
Si era illuso...sì,
sotto sotto lo aveva fatto, ma...
Quello.
Quello sbaglio era la
sua condanna a morte.
E l'aveva firmata con
le sue stesse mani.
Guardò ai suoi piedi
fino a quando il flusso non si fosse completamente arrestato.
Poi alzò gli occhi.
Li guardò tutti.
Non ci provò neanche
a convincere se stesso di non essere disperato...
Di non esser
terrorizzato.
Di non star
piangendo.
Di non aver appena
perso il controllo della sua vescica che riversò senza remore tutto il suo
contenuto lì, in quella stanza, in quel momento...
Di fronte agli occhi
di tutti...
Non immaginava il
colore del suo viso in quel momento.
Forse era arrossito;
forse invece era divenuto bianco come la morte...
Singhiozzò ancora un
paio di volte, prima di gettarsi a terra, lì, in ginocchio nella sporcizia...
Nessuno osò preferire
parola.
Nessuno osò farlo.
Riuscire a scalfire il guscio di silenzio era un'impresa che nessuno ebbe il
coraggio di fare..
Perché il silenzio
non è piu' semplice silenzio, quando vi si miscela anche il piu' totale dello
sconforto.
Nella sua ingenuità,
Mello aveva tentato di aprire bocca, accennando un tentativo di parola ma...tornò
sui suoi passi dopo aver testato quanto resistente ed anomalo fosse QUEL
silenzio.
Cosa avrebbe dovuto
dire, dopotutto?..
Le redini di esso, le
aveva Mail...
E ne era cosciente...
I passeggeri in
carrozza non si muovono, se prima il cocchiere non tira le redini, no?
Si aspettavano una risposta da parte sua..
ma stava tardando...
Fu quando Roger aveva
quasi maturato l'idea di agire che Mail strinse in un pugno l'orlo della sua
sudicia maglietta e...la tirò su.
La lasciò scivolare
tremante lungo il suo corpo inerme, lungo la sua schiena - che di una schiena,
si evinceva solo lontanamente l'aspetto - , fino a sfilarla via con qualche
difficoltà, dalla sua testa.
Lo sconfortò in tutti
aumentò.
Anzi, si evolse.
Si evolse in un
qualcosa di simile, ma molto, molto piu' raccapricciante.
Divenne orrore.
Orrore nel vedere un
ragazzino di sette anni che presentava tutte le caratteristiche tranne quelle
che ti aspetti abbia appunto, un bambino di sette anni.
Sporco.
Dalla testa sino ai
piedi. Non vi era una singola parte del suo corpo che non fosse sudicia e
maleodorante.
Terrorizzato, anzi, "distrutto"
era il termine giusto.
Riverso sulla pozza
d'urina da lui stesso versata pochi istanti prima...
Ma soprattutto, un
bambino che sulla schiena anzichè avere quel pallore diafano - in sintonia con
la sua carnagione rossiccia -aveva un qualcosa di piu' simile ad un quadro
d'arte moderna di gusto discutibile...
Un'ammasso di tagli,
lividi, contusioni e dolorose ferite dall'aspetto putrescente...
Una sorta di zebra
bianca striata di rosso...
Beh, forse
l'intonazione con i suoi capelli vi era...ma non si poteva certo dire fosse
qualcosa di desiderato...
Inarcò la schiena,
offrendola ai suoi nuovi aguzzini proprio come aveva sempre fatto con Sister
Mary...
Trovò la forza per
farlo.
Chissa' da dove
continuava ad attingerla.
Chissa' come...
"M-mi...dis...dispiace..."
Ancora quel tono
impercettibile, ma che avrebbero avvertito persino i muri..
Trattenne a fatica i
singhiozzi.
Strinse i pugni sulla
rada moquette della stanza.
"P-punitemi...è
colpa mi...mia..."
Le lacrime
scivolavano giu', giu' ad alimentare la pozzanghera che la moquette aveva
assorbito nelle sue trame...
Ma erano lacrime di
rabbia...
Sì lo erano...
Perché Mail provava
rabbia verso se stesso e per tutti i suoi maledettissimi sbagli...
Perché Mail meritava
di esser punito; lo meritava. E ne era consapevole.
Perché Mail non
poteva avere paura. Non gli era permesso. Era fuori discussione.
Quindi, quelle erano
lacrime di rabbia...e non di paura...
Nulla cambiò.
Il tempo era come
congelato.
Nessuno si rese conto
di cosa stava succedendo, al di la' della straziante scena che gli si era
inaspettatamente presentata dinnanzi. O meglio, nessuno voleva farlo...
Perché l'immagine di
quel bambino adesso faceva paura...
Solo i rintocchi
dell'orologio a pendolo della stanza, allo scoccare delle diciannove, come un
incantesimo, riuscirono a riportare tutti quanti alla realtà...
L'istitutrice si
ritrovò con una mano pressata sulle labbra...
Il bambino biondo
trovò il coraggio di staccare lo sguardo sconvolto dal suo coetaneo, lanciando
una timida occhiata all'anziano direttore, che, prima di tutti gli altri, tirò
fuori tutto il suo coraggio nascosto per intervenire in qualche modo...
Era il direttore;
Quillish Wammy aveva
affidato a lui quell'orfanotrofio.
Ed era suo compito
intervenire.
Non doveva lasciarlo
fare ad un'altro bambino.
Nè poteva permettersi
che fosse una delle istitutrici ad assumersi un compito simile..
Avanzò lentamente;
avanzò verso una delle prove piu' difficili della sua vita...
Si fermò giusto di
fronte al bambino che a stento si manteneva ancora a carponi.
La frangetta gli
copriva gli occhi, ma poteva intravederli come essi si fossero serrati di
scatto nel vederlo apparire lì, dinnanzi a lui.
Probabilmente, si preparava a ricevere il primo colpo di frusta, o Dio sa con
che cosa l'avessero picchiato...
Di spettacoli
orrendi, Roger nella sua carriera da Direttore al Wammy's House ne aveva visti
parecchi, ma lo stato della schiena di quel bambino...beh...forse era uno tra i
piu' brutti...
"M...Matt..."
Sentì l'aria sulla
sua testa spostarsi, Mail..
Strinse ancora di
piu' i pugni e serrò i denti, preparandosi al dolore che l'avrebbe investito
nel giro di pochi istanti.
Era
abituato...dopotutto.
La sua schiena ne era
una prova tangibile.
E quel qualcosa
arrivò.
Però...
Non fu una frusta.
Non fu neanche un
pesante rosario di legno..
Fu un qualcosa di
inaspettato.
Del
tutto...inaspettato.
Non risvegliò nessuna
sensazione di dolore il delicato impatto con cui venne avvolto nella calda
giacca di kashmir del direttore...
Anzi...
Fu piacevole...
Fu piacevole quanto
inaspettato.
Perché?
Si sorprese, quando
il direttore sollevò le sue mani livide dalla moquette, e lo fece tornare in
piedi, ricomponendo i pezzi della sua dignità ormai perduta.
Lo guardò in viso.
Era proprio un
disastro...
Le lacrime avevano
creato un impasto con il sudore ed il sangue di una epistassi al naso di cui
nessuno si era accorto.
Gli occhi erano rossi
come due pomodori maturi, e con difficoltà si riuscivano a scorgere ancora le
sue pupille verdi, spenti da un mondo di violenze e terrore troppo grande per
essere contenuto da chiunque, figuriamoci da un bambino di sette anni...
Lo guardò ancora per
qualche istante, mentre sistemava la sua enorme giacca su di lui.
Poteva scorgere la
sorpresa nei suoi occhi, che continuavano a fissarlo confuso ed intontito, come
una persona che ha appena perso coscienza di ciò che sta succedendo intorno a
se.
Simile scena avrebbe
previsto tutt'altro, ma le sue responsabilità a volte, gli imponevano anche di
lasciare da parte le emozioni personali, e di agire per il meglio, anche a
costo di mentire...
Abbozzò un sorriso.
Un sorriso forzato;
forzatissimo.
Ma pacato e
rassicurante.
Era sicuro che Mail
avrebbe apprezzato comunque quel sorriso...
Gli sfiorò il viso
livido con il retro della mano, lentamente...
Si lasciò
accarezzare, forse ormai aveva anche dimenticato come si sussulta...
"Ma sei completamente
gelato..."
"........."
Non rispose.
Forse aspettava
ancora, la sua punizione...
E non capiva cosa
diavolo stavano facendo.
Si voltò verso l'istitutrice, che insieme al bambino biondo, era ancora rimasta
indietro ad osservare la scena turbata.
"Kate."
"S-Sì..."
La tata aveva perso
tutto il suo spirito allegro che tanto la caratterizzata, si avvicinò
obbediente al suo superiore.
"....fagli fare
subito un bel bagno caldo, dopo di che', vedi di sistemare in qualche modo
quelle ferite...credo che l'infermiera sia già tornata a casa a
quest'ora..."
Rimase sorpresa
dell'incredibile compostezza del suo superiore, ma del resto, c'era da
aspettarselo da un tipo come lui.
Wammy's House di
Winchester contava quasi sessanta bambini con quozienti intellettivi ben oltre
la media; riuscire a tener testa ad ognuno di loro non era affatto un gioco da
ragazzi...
"D'accordo!..."
Cercando di seguire
il suo esempio, Kate scattò all'ordine ricevuto.
"Su, vieni con
me, Matt...andiamo a farci un bel bagnetto..."
Roger si rialzò
quando vide la tata poggiare una mano sulla spalla di Mail, incitandolo a
seguirlo.
E Mello...?
Mello era ancora lì.
Immobile, con la
schiena poggiata alla scrivania.
Si voltò a guardarlo
Mail, mentre veniva accompagnato - e non piu' trascinato - fuori dalla donna
che, questa volta, era lei a sottostare all'andatura dei suoi passi, e non il
contrario.
"Cosa c'è
adesso?"
Notarono tutti lo
sguardo di Mail verso il coetaneo in fondo alla stanza.
"Ah...Mello..."
"......."
Si erano forse dimenticati
di lui?
Si erano forse
dimenticati che lui aveva assistito alla pietosa visione della "Zebra
irlandese"?
"Mello, vai
anche tu con loro..."
"........"
Il viso del ragazzino
biondo mutò.
L'espressione turbata
si trasformò in una molto piu' consona alla sua personalità.
Poggiando le mani ai
fianchi, Mello sbuffò seccato, prima di obbedire al comando che gli era stato
imposto senza una sola parola.
Attese che la porta
si richiudesse alle sue spalle, Roger, prima di rimanere lì da solo, in
compagnia dei suoi pensieri...
Dei suoi pensieri...e
di un lancinante mal di testa.
Inevitabile...
Si sfilò gli
occhiali, stringendo con due dita la base del setto nasale.
Cominciava davvero ad essere vecchio per queste cose..
Per certe visioni..
La minaccia di una nuova notte passata in bianco andava concretizzandosi sempre
di piu'.
Poggiò la schiena
contro la porta, e rimase così per alcuni secondi.
Secondi in cui cercò
di allontanare la terribile immagine impressa nella sua mente, ma dovette
arrendersi...
In fondo, riconobbe
che il danno che aveva ricevuto non era nemmeno lontanamente paragonabile a
quello che aveva dovuto subire quel ragazzino irlandese in tutti questi anni...
Incubo che aveva
visto fine soltanto due giorni fa, data che segnò il suo arrivo al Wammy's
House.
Riaprì gli occhi, e
inforcando di nuovo gli occhiali da vista, si guardò intorno...
I suoi occhi caddero
sulla porzione di moquette intrisa di Terrore.
....sorrise.
Beh, non che l'urina
fosse qualcosa di così difficile da eliminare; ma era da tempo che desiderava
avere il parquet nel suo ufficio, e poi diciamocelo, quella moquette rossa
proprio non gli era mai piaciuta.
Adesso aveva la scusa
buona per sbarazzarsene!
Erano quasi ad un
passo dal bagno, quando ancora una volta, Mail si voltò ricercando con lo
sguardo la presenza del coetaneo.
"Mello?"
"......."
"Avanti,
muoviti! Oppure vogliamo far notte?"
"........"
"Mello?!"
L'istitutrice
cominciò a perder nuovamente le staffe.
"Cosa ti fa
credere che io abbia intenzione di venire con voi!? Ho ben altre cose da fare,
senza contare che sono pure stato messo in punizione per ben quattro
settimane!!"
"Me...MELLO!!"
C'era da
aspettarselo;
anzi, cominciava a
sorprendersi della cieca devozione con cui aveva poco prima obbedito a Roger.
Mello era Mello.
Il sangue germano non
mente.
Sarebbe stato troppo
umiliante per lui, sottostare davvero a qualcosa del genere...
Lo lasciò fuggire.
In fondo, meglio
così.
Poggiò una mano sui
capelli di Mail.
"Bah...non farci caso, Matt, quello fa sempre così...imparerai con il
tempo ad ignorarlo..."
Ed insieme, ripresero
a camminare verso il bagno.
*Shhhhhhh........*
L'odore del sapone,
lo scrosciare dell'acqua contro l'immacolata porcellana della vasca e l'esalare
dei vapori balsamici rendevano l'ambiente circostante talmente ovattato e
sonnolento che avrebbe messo a dura prova anche la persona piu' resistente del
mondo, figuriamoci quindi un fisico stanco e ferito come quello di Mail...
Seduto sul coperchio
del wc, seguiva con sguardo assente il violento getto d'acqua calda erogata dal
rubinetto, mentre la tata era impegnata nella titanica impresa di sciogliere
con le sue enormi dita gli indissolubili nodi con cui erano legate le stringhe
delle sue scarpine da tennis.
"Ooh!
Finalmente!!"
Fu l'urlo di vittoria
della tata quando riuscì a sfilare le scarpe dai piedi del ragazzino.
Si alzò, chiudendo la
fontana.
Tastò l'acqua con una
mano.
Nè troppo calda, nè
troppo fredda.
"Coraggio,
spogliati e salta dentro!"
Mail abbassò lo
sguardo, fissando la punta dei suoi piedini adesso nudi.
Arrossì in viso.
Rossore ben presto
ricambiato dall'istitutrice
"Eh!?..Oh!
Sc-scusa!! Diamine, dimentico sempre quanto sono diventati pudici i ragazzini
di oggi!!"
Raggiunse la porta.
"Va bene, va bene,esco fuori...ma chiamami quando sarai già dentro la
vasca, ti aiuterò a lavarti...e stai tranquillo, non sbircierò! Con tutta
quella schiuma poi..."
In realtà, la sua era solo una scusa.
Una scusa che le si
era presentata davanti, e che proprio non era riuscita a farsela scappare...
Era lei che non
voleva guardare, e non Mail che non voleva esser guardato.
Aveva paura;
Sì, ne aveva.
Se ne vergognava, ma
voleva vederle meno possibile quelle ferite.
Aveva temuto quel
momento sin dal primo istante in cui Roger l'aveva incaricata di aiutarlo a
fare il bagno, quindi quell'esitazione le aveva fornito esattamente la scusa
che sperava.
Si sentì una
meschina; ma non potè impedirlo.
Era successo tutto
così all'improvviso...
E quei tre-quattro
minuti impiegati da Mail per togliersi ciò che rimaneva dei suoi vestiti ed
entrare dentro la vasca le avrebbero permesso di far pace con il cervello...
E le servirono;
almeno così disse a se stessa quando entrò dentro alla sala da bagno e aiutò
Mail a fare un bagno come si deve.
Non erano poi
così....terribili, ripetè a se stessa.
Ma di questo, proprio
non riuscì a autoconvincersene.
Erano ferite orrende.
Vive. Vivissime, come
se fossero state appena inferte...
Piu' le guardava,
piu' inorridiva.
Non c'era angolo
della sua schiena dove non fossero presenti.
Cercò di non
pensarci.
Si chiese in che
razza di posto avesse mai vissuto nei suoi sette anni di *vita*, e che visione
del mondo avesse coltivato...
Considerato ciò, non
c'era assolutamente da sorprendersi delle sue reazioni...
Proprio no...
......*plick*................*plick*.........
Il rubinetto
gocciolava nella vasca ancora piena, rovinando la sua perfetta immobilità.
Era stato chiuso
male, evidentemente.
Fu come un ritorno
della dispettosa gocciolina d'acqua piovana di quella mattina.
Roteò gli occhi verso
di essa, mentre avvolto da una morbida accappatoio di spugna, era tornato a sedere
sul coperchio del wc.
"Aaah, bello
vero?? E' sempre splendida la sensazione che si ha subito dopo un rilassante
bagno caldo!"
La tata si sforzò di
riacquistare la sua allegria in fretta e metter da parte l'orrore, mentre con
una asciugamano frizionava vigorosamente i capelli bagnati del piccolo genio.
"Sì...."
Annuì Mail.
In realtà, non ci
aveva neanche mai pensato.
Non aveva mai fatto
un bagno; nel suo vecchio orfanotrofio, si faceva la doccia tutti insieme due
volte a settimana.
Andavano davvero diversamente,
le cose quì...
"Uhmm...Roger mi
ha detto di metter qualcosa su quelle ferite, solo non mi ha detto
*COSA*...uhmmm..vediamo cosa abbiamo quì..."
Si voltò verso un piccolo armadietto a muro contenente alcuni medicinali di
automedicazione e cominciò a controllare ad uno ad uno i vari flaconi.
Mettere
qualcosa...sulle sue ferite?
Per fare cosa?...
"Trovato!
Mercuro cromo! Dovrebbe andare bene, non brucia e disinfetterà tutto a
meraviglia!"
"A cosa
serve...?"
Già, a cosa serve?
A cosa serve cercare
di riparare qualcosa di irrimediabilmente rovinato?
"Uh? Come a cosa
serve?.."
Ancora; le sue domande dalle risposte quasi retoriche stupirono la tata del
Wammy's House, che molto spesso si trovava lei a fare delle domande a quei bambini
dall'anomala intelligenza che il contrario...
Avvicinò al wc un
piccolo sgabello e vi si sedette sopra.
Scoprì la schiena di
Mail dall'accappatoio: ancora, una nuova pugnalata allo stomaco.
Proprio non riusciva
ad abituarsi a quella visione.
"Tel'ho detto, è
un disinfettante...ma non preoccuparti, non brucia per niente! Daremo una bella
spennellata e vedrai che tra qualche settimana sarà passato tutto!"
Senza attendere
oltre, cominciò a spennellare delicatamente la schiena con quella sostanza
cremisi dall'odore pungente; l'abbinamento con il rosso delle ferite rendeva il
tutto uno spettacolo ancora piu' raccapricciante...
Lottò per non farsi
cogliere dai conati di nausea.
Diamine..perché non
avevano un'infermiera ventiquattro ore non-stop al Wammy's House??
"....le ferite
non guariscono…"
Si fermò.
In che senso?...
Aveva sentito davvero
bene?...
No, doveva per forza
essersi sbagliata..
Riprese a
spennellare.
"Ma cosa dici,
Matt...certo che guariscono! Tra qualche settimana saranno solo un brutto
ricordo!"
Mail si voltò.
La guardò con un
mezzo sorriso accennato sul viso.
Sorriso ironico, ma
sincero.
Sorriso di colui che
apprezza una bugia detta a fin di bene...
"Anche il
professore di scienze la pensa allo stesso modo. Ma io non ricordo un solo
istante della mia vita in cui non siano state lì…non sono mai guarite..."
Comprese il
significato di quelle parole;
Lo comprese anche
perché poteva constatare personalmente quanto fossero speciali quelle ferite
nauseanti.
Alcune avevano
addirittura creato un incavo tra i tessuti muscolari.
Erano ferite
"coltivate" giorno dopo giorno.
"..........."
Chiuse con forza il
flacone del mercuro cromo.
Prese le garze che
aveva preparato poco prima, cominciando a srotolarle.
Cosa dire...?
O meglio, come?
"La guarigione
di una ferita dipende da molti fattori, Matt...non sempre sono in grado di
guarire da sole; a volte necessitano cure e attenzioni...se su una ferita
provochi una ferita, e poi ancora un'altra ferita ed un'altra, ed un'altra
ancora...beh...in quel caso non guariranno mai...non ne avranno il
tempo..."
"............"
Discorso scontato.
Lo sapeva benissimo
Mail...
Doveva trovare un
paragone...
Cosa piu' facile a
dirsi che a farsi;
Non poteva
permettersi di essere troppo diretta con lui; aveva già sofferto abbastanza.
La stessa delicatezza
che aveva usato poco prima per lavare la sua schiena sfregiata, adesso avrebbe
dovuto applicarla anche ad ogni singola parola che gli avrebbe rivolto.
Si guardò intorno
alla ricerca di qualcosa.
Alla svelta.
E l'occasione le si
presentò quasi immediatamente.
"Guarda quella
goccia ad esempio!"
Scosse il braccio del
bambino, richiamando la sua attenzione sulla stessa goccia d'acqua continua che
cadeva giu' dal rubinetto malchiuso della vasca da bagno.
"L'acqua non riesce a ricompattarsi...perché non fa in tempo. E non ci
riuscirà mai, fino a quando il rubinetto continuerà a gocciolare..."
Allungò un braccio verso
la manovella del rubinetto, stringendola con forza, sino a quando non fu
abbastanza stretto da non permettere a nessun'altra goccia di fuoriuscire da
esso.
Ottimo esempio, Kate
- disse a se stessa. Quella goccia continua cominciava ad essere snervante; e
adesso aveva addirittura messo fine ad essa unendo l'utile al dilettevole.
Attese che l'ultima
goccia rimasta in bilico sul rubinetto arruginito cadesse giu' e creasse i suoi
cerchi concentrici; ma al contrario dei suoi predecessori, essi non trovarono
alcun erede in grado di perpetuare la loro lunga stirpe...
Il rubinetto aveva
smesso di gocciolare, e questo significò che all'esaurirsi delle vibrazioni,
l'acqua si sarebbe calmata...
E Mail guardò
l'intero processo.
Non con gli occhi di qualcuno che si trova per la prima volta di fronte ad un
fenomeno della fisica così basilare, ma con gli occhi di qualcuno che vuol
trascendere quel fenomeno...che vuole andare oltre ad esso..
Non l'aveva mai
paragonato a se stesso. Non ne aveva motivo, del resto.
Non trovava nulla di
simile in lui nell'acqua.
L'istitutrice attese
una manciata di secondi in perfetta immobilità, studiando la reazione del
bambino di fronte al suo esempio.
Non era sicura che
fosse servito.
Forse, dopo una
giornata simile, era troppo chiedere ad un fisico sfinito come il suo di
continuare a comprendere ancora esempi e paragoni...
Fece spallucce, prima
di tornare a dedicarsi al lavoro di poco prima lasciato incompleto..
Cominciò ad avvolgere
accuratamente il torace e la schiena del bambino nella larga fascia sterile,
facendola aderire il piu' delicatamente possibile a quella pelle tumefatta.
Quasi quasi si sentiva di dargli ragione...
"...non succederà
la stessa cosa a me..."
Aveva ormai abbandonato
l'idea di un suo commento; anche se sotto sotto non lo aveva fatto proprio del
tutto..
Senza fermarsi, la
tata alzò lo sguardo per alcuni istanti, per poi tornare a riconcentrarsi sulle
bende.
Testardo.
Ma non si può
chiedere di non esserlo, ad una persona che è riuscita ad abbandonare l'Inferno
camminando sulle proprie gambe...
Se non fosse
subentrata la rassegnazione, forse non sarebbe riuscito a non impazzire in
tutti quegli anni...
"E perché non
dovrebbe, sentiamo?"
"Perché le mie ferite non possono guarire..."
".........."
"..........."
"Non..."
"....?....."
Doveva dirlo?...
...Sicura?
"...Non è che
non guariscono, Matt. E' che non gliel'hanno mai permesso."
Si era ripromessa di
non essere così diretta.
Ma si era trovata ad
un bivio.
Schiaffargli in viso
una così significativa verità gli avrebbe fatto male.
Non farlo, sarebbe
stato come sminuire le sofferenze del suo passato.
E tra le due opzioni,
di certo aveva preferito la prima.
".........."
Fissò la garza,
fermandola con dei gancetti.
Aveva previsto che
non avrebbe risposto.
E infatti non si era
sbagliata.
Non rispose.
Non rispose perché
era troppo per lui.
Perché quello che gli
stavano distruggendo senza pietà, era l'ultimo.
L'ultimo filo di rassegnazione
a cui si era aggrappato con tutte le sue forze per sette lunghi anni.
E' normale. Le
ferite non guariscono mai.
Dio, come avrebbe
fatto a sopravvivere ancora se avesse smesso di crederci?
Era il suo balsamo
mentale che alleviava il dolore di quelle frustate quando diventava troppo
forte da poter sopportare...
Era il suo nutrimento
principale quando sentiva i morsi della fame divorarlo dopo giorni di
digiuno...
Era l'unica
consolazione che gli veniva concessa pur di non sprofondare in un baratro
ancora piu' orrendo; la disperazione.
Non sarebbe rimasto piu' niente di lui, se qualcuno lo avesse convinto del
contrario...
La donna finse di
ignorare quel brividò che scosse il suo intero corpo.
Finse, appunto.
"Adesso però,
quì avranno tutto il tempo per farlo; La tua schiena ne ha già subite troppe di
ferite, e nessuno ne aprirà altre...le lasceremo guarire..."
Cambiò tono.
Tornò allegra.
Si voltò ancora,
Mail.
Questa volta potè
leggere la sorpresa nei suoi occhi.
"Ma...io bagno il letto..."
"Non siamo
frettolosi, adesso! Curiamo una cosa alla volta!"
Mail non intendeva
questo; Kate lo sapeva.
Ma era un ottimo modo
per sviare il discorso.
Lui ne fu spiazzato;
lei amaramente divertita.
"Queste le faremo vedere domani anche a Jean, l'infermiera che lavora
quì. Sono sicura che anche lei ti dirà che tra un paio di settimane saranno del
tutto guarite..."
Bugia.
Avrebbero lasciato
sicuramente delle vistose cicatrici.
Ma almeno, le
cicatrici non fanno piu' male come prima...
E sarebbero state
alle sue spalle, esattamente come lo sarebbe stato tutto il suo passato...
"...per le altre
ferite, penso ci vorrà molto piu' tempo...forse anni...non c'è mercuro cromo
per quelle..."
"Altre
ferite?"
Non aveva altre ferite, Mail.
La schiena era il
punto preferito di Sister Mary.
Ed era piu' che
evidente...
"Le ferite
dell'animo, intendo..."
Ferite dell'animo...
Erano così che si
chiamavano...?
Il terrore...
L'ansia...
La rassegnazione...
...la pipì a letto...
Anche quelle...sono
ferite?...
Non riuscì a
camuffare ancora il timore di dirle, quelle parole.
Stava risvegliando
forse troppe consapevolezze in lui...
Ma agli occhi di
Mail, ella apparve estremamente seria.
Non poteva averlo
preso in giro.
"...però
lasciando guarire quelle esterne, e' già un primo passo per curare tutte le
altre, non pensi anche tu?..."
No, non pensava Mail.
Non capiva neanche
cosa intendesse dire.
Non capiva, perché non immaginava neanche che suono potesse avere mai una frase
simile...
Capiva solo che aveva
talmente tante lacrime dentro di se che avrebbe voluto piangere all'infinito.
Ma non poteva
farlo...
Perché a Mail non era
permesso farlo...
....o forse sì....?
Si alzò di scatto;
movimento brusco che intaccò impeccabilmente la precaria armonia venutasi a
creare...
"Ti aspetto
giu', vado a vedere dov'è fuggita quella piccola canaglia tedesca..."
Già..
Il bambino biondo...!
Mello...
Non avrebbero
davvero...?!
"A..aspetta!"
Mail afferrò
timidamente l'orlo del lungo grembiule della tata.
Quella frase gli fece
tornare in mente una questione lasciata in sospeso..
"Uhm?"
Rilasciò lentamente
la stretta.
Il suo sguardo mutò
lentamente..
"La...punizione..."
"Eh?"
Si quasi dimenticata
di come aveva avuto inizio quella lunga, terribile esperienza...
Ma lui era lì, pronto
a ricordarglielo.
Attendeva ancora
qualcosa da lei.
"Non verrò
punito...per quello che ho fatto?"
Punito...
Punito per cosa?!
Punito per aver dimostrato
di possedere ancora un briciolo di quell'umanità che persino sette anni di
sangue non erano riusciti a lavar via?
Se non avesse avuto
prova di quanto la sua dignità possa esser stata calpestata e deformata nei
suoi sette anni,
davvero, avrebbe
fatto fatica a credere di avere di fronte a se un bambino talmente ostinato
nella sua rassegnazione...
"Sì, certo che
verrai punito!"
Voleva una punizione?
Bene. L'avrebbe
avuta.
"Quì però
abbiamo metodi punitivi diversi, che possa piacerti o meno!"
Mise le mani ai
fianchi, e alzò il viso altezzosa.
Il bambino non si
mosse.
Una punizione era pur
sempre una punizione...
La tata tornò china
di fronte a lui.
Per la seconda volta
quel giorno, cinse con le sue grandi mani quelle minuscole spalle ferite.
Non si sorprese,
Mail...
Ma ammise di essersi
lasciato quasi abbindolare dalla paradossale gentilezza che gli aveva riservato
quella donnona dai modi grossolani..
Deglutì, in attesa
della sua imminente sentenza.
"Innanzitutto,
non voglio piu' sentirti dire che queste ferite non guariranno! Ti terrò
d'occhio, sai? Guai a te se non seguirai le cure come si deve! Voglio che
queste siano le spalle piu' sane e lucenti di tutto l'istituto! E'
chiaro!!?"
No, non scherzava.
Il suo era un tono
serio. Serissimo.
Per tutto il tempo
che era rimasto con lei, proprio non l'aveva mai sentita così seria ed
autoritaria come d'allora.
Solo , c'era qualcosa
di terribilmente spiazzante nelle sue parole.
Qualcosa che Mail
stentò sul serio a capire.
Ma ancora di piu'
stentava a credere perché, in un tono così severo, quasi dispotico riuscisse a
sprazzi ad intravedere un incongruente filo di...gentilezza, e ancora peggio,
di dolcezza...
Sensazioni raramente
provate...
Sbattè un paio di
volte le palpebre, ed annuì velocemente alla seconda, durissima, richiesta di
conferma.
"E NON E'
TUTTO!"
Tornò rigido sulla propria schiena.
"Se Mello o
qualcun'altro dovesse prenderti in giro, beh sappi che da questo momento in poi
HAI L'OBBLIGO di contraccambiare ricordando a tutti i suoi amichetti che anche
lui, sino all'anno scorso, non solo bagnava il letto almeno una volta a
settimana, ma anche
che per l'intero mese
successivo al suo arrivo, tutti quanti erano convinti che lui fosse un'adorabile
femminuccia dai soffici capelli biondi! OHOHOH!~ Sono sicura che non solo
non avrà piu' il coraggio di prenderti in giro, ma passerà come minimo una
settimana chiuso in camera sua a prendere a pugni il suo cuscino! Ghghgh!"
Dentro di se, ammise di aver un tantino esagerato con queste "pericolose
rivelazioni".
Voleva molto bene a quella piccola peste bionda, ma era estremamente divertente
per lei vederlo fumante di rabbia.
Sotto sotto, sperò
che Mail non seguisse proprio alla lettera questo suo insolito ordine,
però...beh...forse sarebbe potuto essere piu'
divertente di quanto
si aspettasse...
Ad ogni modo,
l'espressione piu' che perplessa assunta dal bambino di fronte, la fece
seriamente dubitare che Mail avesse preso sul serio
le sue parole.
Non era nemmeno
riuscita a mantenere lo stesso tono del primo ordine; diavolo, doveva proprio
far pratica con la recitazione.
Si sforzò di
riassumere la tonalità iniziale, prima di enunciare il terzo ordine.
"Non ho ancora
finito!"
...ancora?
Si chinò ancora,
questa volta di fronte a lui.
Avvicinò minacciosamente
il suo viso a quello del bambino.
Mail ritirò
istintivamente il viso indietro, sorpreso.
Lei ricoprì comunque
anche quella di distanza, spostando la sua grande mano sulla nuca scarna.
Voleva proprio
sottolinearla, la severità di quest'ultimo castigo.
Parlò solo quando fu
sicura che lui la stesse ascoltando sul serio..
"...non osare
piu' torturare te stesso in questo modo..."
Ci provò, si impegnò
davvero a mantenerlo, quel tono autoritario tanto efficace ma....non fu del
tutto convinta del risultato.
".............."
Poteva percepirlo,
come il respiro di Mail diventasse via via sempre piu' veloce..
"Se bagni il
letto, se piangi, se hai paura o se stai male...non significa che tu sia un
debole e che meriti di esser punito in quel modo!
Non è con quel tipo
di punizioni che si guarisce, Matt! TOGLITELO DALLA TESTA!"
Lo scosse.
Alzò il tono di voce.
Alterata.
Mail chiuse gli
occhi, stringendoli di riflesso.
"........"
"Quelle reazioni
sono solo delle prove. Prove per dimostrarti che vivi; Prove per dimostrarti
che nonostante il tuo corpo sanguinasse patento le pene dell'Inferno, la tua grande, immensa tenacia ti ha permesso di rimanere
saldamente aggrappato a quel briciolo di umanità che loro hanno brutalmente
cercato di portarti via!
Non si accorse
nemmeno di aver gradualmente addolcito il tono di voce, nel proferire quelle
parole...
Non si rese neanche conto dell'istante in cui la stretta sulla nuca del bambino
si era trasformata in una salda, protettiva carezza...
Lo sentì tremare.
I brividi sul suo
corpo avvolto ancora dall'umida accappatoio si moltiplicarono...
Ma diamo ancora una
volta la colpa al freddo...lui non si offende, dopotutto...
"Questa è
la tua punizione, Matt! E come tale, sei tenuto a rispettare rigidamente ogni
ordine! HAI CAPITO BENE?!""
Si rialzò in piedi.
Sentì il sangue
cominiciare a pompare piu' veloce nelle sue vene.
Sentì la rabbia
condensarsi e divenire un tutt'uno con lei.
Cercò di trattenersi.
Ma le sorse difficile
farlo quando arriva finalmente il momento in cui puoi esprimere senza mezzi
termini tutto ciò che
avresti voluto dire
sin dall'inizio.
".........."
E lui...?
Aveva avuto ciò che
desiderava...
Aveva ottenuto un
modo per espiare i suoi peccati.
Avevan approfittato
della sua debolezza per saccheggiarlo alla prima occasione proficua.
Avevan sgretolato,
pestato,
rovinato senza alcuna
pietà ogni Menzogna a cui si sforzava di credere;unico conforto per sette
lunghi anni...
Non gli avevan lasciato
piu' nulla di ciò che gli apparteneva.
L'avevano messo a
nudo, a nudo di fronte ad una verità a cui lui non poteva credere,
Una verità in cui lui
non voleva credere...
E nessuno sembrava
pentito di averlo fatto.
Ed in cambio?...
Una punizione.
Una punizione
esemplare che si sarebbe protratta nel tempo...
Una punizione avrebbe
completamente cancellato ogni cosa di Mail Jeevas.
No, non si era
sbagliato. Quel giorno sarebbe stata proprio la volta decisiva, per lui...
Le pile scariche di
Mail Jeeves non avevano smesso di funzionare; erano state sostituite.
E lo erano state
prima ancora che esse si esaurissero del tutto.
Col tempo, era certo
che non si sarebbe piu' riconosciuto...non aveva memoria, di un Mail Jeeves
diverso...
Allora... perché...?
Perché gli apparivano
irrefrenabili come cani rabbiosi, quelle lacrime che nessuno adesso gli vietava
di sguinzagliare...?
Cominciarono a rigare
le sue gote silenziosamente, una dopo l'altra, e la sola idea che avrebbe
potuto farle uscire liberamente sin quando non sarebbe stato soddisfatto, non
faceva che incrementare quella raffica infinita...
Era già un carosello
di lacrime e singhiozzi quando la tata gli porse dei vestiti puliti e
profumati, aiutandolo a rivestirsi.
Non disse nulla sulle
sue lacrime.
Sembrava quasi
soddisfatta di essa...
"Comunque, se
proprio vuoi che te lo dica, io sono ancora convinta che la pipì a letto sia
stato uno scherzo di Mello! Sai cosa fa quella piccola carognetta?! Si alza di
notte insieme ai suoi scagnozzi ed immergono la mano del povero malcapitato in
una bacinella di acqua gelida...e sfido io a non fare la pipì a letto in quel
modo!! Near e Linda sono i suoi bersagli preferiti...stai attento a non
diventarlo anche tu!!"
Agitò un dito con
fare autoritario.
Apprezzava lo sforzo;
ma chiunque avrebbe capito che si trattava di una messa in scena..
Il suo tono era
completamente diverso da quello di prima...
Non era una buona
attrice.
"Dai,
rivestiti...è meglio fare in fretta,tra poco serviranno la cena! Sarai
affamato..."
Ma era troppo
impegnato per farlo.
Le lacrime cadderò
giu', dritte sulle mani della tata che continuò a fare il suo lavoro
ignorandole.
"Avanti, non
farti vedere in lacrime dagli altri ragazzini...altrimenti Mello non la smetterà
piu' di prenderti in giro...e ti farà bagnare il letto per un mese di
fila!"
Lo avrebbe fatto lo
stesso, comunque...
ma sapeva che in fondo, se Mello avesse saputo la verità, non se la sarebbe poi
presa piu' di tanto a far credere di esser lui il responsabile...
Anzi, probabilmente
avrebbe gonfiato maggiormente il suo ego.
Si avvicinò alla porta.
"Vado a vedere
dove si è cacciato Mello; tu finisci di rivestirti e scendi giu', ok?"
Ancora una volta, approfittò di una scusa qualsiasi per divincolarsi.
Cominciava a sentirsi
di troppo..
Era una donnona
grande e grossa, ma difficilmente riusciva ad ignorare le lacrime;
In questo caso però,
non avrebbe avuto senso cercare di placarle quando era stata proprio lei poco
prima a dirgli di poter piangere quanto avesse voluto per punizione.
Abbracciarlo?
Coccolarlo amorevolmente tra le sue braccia?
No, non sarebbe
servito assolutamente a niente...
Sarebbe stato
l'ennesimo, finto, pateticissimo gesto d'amore che Mail aveva già ricevuto
chissà quante volte..
Magari proprio da quelle persone che si son divertite con la sua schiena...
Chiuse la
porta.
Difficile.
Non le era mai apparso così difficile in tutta la sua vita, un gesto talmente
semplice.
Rimanere
solo dopo tutto ciò faceva uno strano effetto...
Ancora di
piu', lo faceva rimanerlo in compagnia delle sue lacrime...
Fastidiose.
Urticanti.
Davvero
molto, molto invasive.
Un vero
tormento..
Di cui
doveva però liberarsi come fosse stato il veleno del piu’ pericoloso serpente a
sonagli…
Era
tardi.
Gli
avevan detto di sbrigarsi, e di non farsi vedere così davanti a tutti gli
altri.
Stropicciando
quei suoi poveri occhi maltrattati, cercò di porre fine alla loro silenziosa ma
prorompente marcia.
Però...
Certo che
era proprio strano...
Era
strano che non ci avesse riflettuto nel primo istante in cui aveva messo piede
nel Wammy's house.
Il Signor
Quillish Wammy, quel vecchietto buffo nella sua eleganza e semplicità, non gli
aveva mai chiesto come si chiamasse.
Si era
rivolto a lui come "Matt" sin dal primo istante in cui le sue
pesanti, rugose dita si posarono la sua piccola, sporca testolina rossa.
Mail
Jeeves era solo un nome. E di quel nome, a lui non interessava assolutamente
nulla.
Mail
Jeeves era rimasto in Irlanda; in quel minuscolo paesino nelle campagne di
Dublino dove vi era un piccolo orfanotrofio cattolico con una suora conosciuta
come Sister Mary.
Quando
Quillish Wammy arrivò in Irlanda, Mail Jeeves morì.
Non esisteva piu'.
I pochi documenti
ufficiali erano stati bruciati.
Adesso c'era Matt.
E le ferite di Matt
non erano come quelle di Mail;
le ferite di Matt
sarebbero guarite;
Perché ne avrebbero
avuto tutto il tempo per farlo.
Perché quì non ci
sarebbe stata nessuna Sister Mary a picchiarlo.
Perché lui non
meritava di esserlo...non lo aveva mai meritato.
Perché Mail si
nutriva di rassegnazione; Matt si sarebbe nutrito di speranza.
Anche a costo di
doverla forzare, quella speranza a cui lui aveva tanto rifiutato di aggrapparsi
per timore...
Timore che fosse
tutta una finta..
E che l'avrebbe fatto
scivolare giu', nel baratro della disperazione...
...adesso però, le
avrebbe creduto. Perché Matt non aveva piu' bisogno di mentire a se stesso...
Stava facendo il nodo
alle scarpe, quando la porta del bagno si aprì lentamente.
Si voltò a guardare.
Riconobbe immediatamente i ciuffi di capelli biondi lisci che facevano capolino
dalla porta.
Era Mello.
Ed era anche
imbarazzato.
Molto.
"Mello..."
Arrossì ancora piu' furiosamente nel sentir nominare il suo nome;
l'accento irlandese
era…strano.
Ma non era l'accento
ad averlo fatto arrossire, così come avrebbe voluto far credere a se stesso.
Entrò.
"Adesso sei
decisamente molto piu' avvicinabile di prima...non puzzi piu' di topo
morto!"
Sorrise.
Ne era contento.
Lui rimase serissimo.
Mello tirò fuori un
gameboy.
"Ti era cascato poco fa, nell'ufficio di Roger...cavolo, era davvero
ridotto male..."
Glielo porse.
Era il suo!?
Stentava davvero a
crederlo...
"Era pieno di
graffi, le batterie scariche e persino i pixel erano andati. Ho sfidato Near a
sistemarli, e come al solito, mi ha battuto...adesso funzionano
perfettamente."
Sbuffò verso l'alto,
sollevando un ciuffo della sua bionda frangetta e digrignando i denti.
"...hai tolti
anche i graffi!"
"Oh beh, quella è stata la cosa piu' semplice!"
Non gli avrebbe mai
chiesto scusa, Mello.
Ormai stava
cominciando a conoscerlo.
Bene...neanche lui ci
teneva tanto a ricevere le sue scuse, in fondo...
Avevano pareggiato i
conti.
"Grazie."
No.
Questo non doveva
dirlo.
NON a Mello.
Ancora, il colore del viso del ragazzino biondo divenne rosso come se vi
avessero versato un intera boccetta di mercuro cromo sopra.
Quell'emotività
l'avrebbe portato all'esasperazione, ne era certo.
Non rispose; Serrò i
denti ancora una volta e si avvicinò alla porta.
"Ah, e comunque,
sappi che non starò in punizione per quattro settimane!!! LA CIOCCOLATA LA
FREGHERO' A NEAR E FORSE ANCHE A TE!!"
E dopo aver urlato
queste parole, sbattè senza alcun ritegno la porta del bagno.
Ecco in cosa
consisteva la punizione...
E sembrava rosicare
parecchio, per giunta.
Beh, gli stava bene
offrirgli la sua cioccolata;
O di "fargliela
rubare", se proprio il suo orgoglio non gli avrebbe permesso di
accaparrarsela senza trasgredire alle regole.
Sì, gli stava
indubbiamente bene.
Prendendo in
considerazione ogni cosa, era stato uno scambio decisamente a suo vantaggio.
Anche con Mello.
Gli scambi al Wammy's
House, erano davvero molto strani...ed anche le punizioni...
Mello aveva condiviso
il bottino con tutti gli altri sciacalli del Wammy's House.
Ed inoltre, gli
avrebbe dovuto offerire anche la sua cioccolata.
Avevan preso tutto,
di lui.
Le sue convinzioni,
le sue consolazioni...le sue ferite...
Tutto.
Anche la cioccolata,
forse.
E in cambio...?
In cambio aveva avuto
una nuova vita, concetto che le altre ferite, quelle del suo animo, non
riuscivano ancora a concepire...
La sua anima
sanguinava ancora troppo, per poter comprendere il termine nel pieno del suo
significato, e forse, chissà, per tutta la sua intera esistenza, non lo avrebbe
mai saputo...
L'unica cosa certa
per il momento, era che esso avrebbe significato che la sua schiena sarebbe guarita...
E per Matt, era
sufficiente.
Era ampiamente
sufficiente per fargli capire che non c'era cioccolata al mondo in grado di
poter pareggiare uno scambio simile..
Fine
Un particolare
ringraziamento va ai prereaders (MCMXC – Seles Wilder) per le
prime opinioni e correzioni, e a Ciui Ciui che mi ha betata ^__^
Inoltre, ringrazio
tantissimo Elaisha per avermi permesso di prendere spunto dalla sua
versione del passato di Matt in Irlanda e di Sister Mary (dalla fanfiction “17
gennaio” www.last-quarter.org)
Inoltre, un mega
ringraziamento va a tutti coloro che leggeranno questa fanfiction!^__^ Grazie!
Rei-chan