Falling down
Mickey era seduto a terra da un tempo che
non avrebbe saputo quantificare.
Una mano di Ian era
saldamente aggrappata
alla sua maglietta, le dita stringevano la stoffa con una forza tale
che a
Mickey quel contatto sembrava essere diventato vitale. Lui invece era
fermo con
lo sguardo perso nel vuoto, le mani che armeggiavano ancora tra i
capelli rossi
dell’altro.
Poi, mentre fino ad un
attimo prima Ian era
accoccolato tra le sue braccia,
improvvisamente non c’era più. Mickey
non si era neppure reso conto
dell’arrivo dei paramedici fino a quando qualcuno non lo
aveva allontanato da
lui. Quando Ian aveva smesso di stringere tra le mani la sua maglietta,
per
Mickey il mondo si era fermato ed era semplicemente rimasto
lì, seduto a terra,
senza rendersi conto di cosa stesse succedendo intorno.
“Mickey?”
Quando sentì
pronunciare il suo nome, il
moro indirizzò automaticamente lo sguardo verso il punto da
cui proveniva la
voce; Ethan accovacciato su di lui, lo fissava con
un’espressione piuttosto
perplessa. “Dovresti fare una doccia, andiamo!”
tentò il più piccolo,
offrendogli una mano.
Mickey seguì
lo sguardo di Ethan trovandosi
a fissare i propri vestiti zuppi di sangue e trattenne a stento un
conato di
vomito. Non che il sangue gli facesse schifo, era abituato anche al suo
odore
acre, tante erano state le volte in cui aveva pestato qualcuno fino a
lasciarlo
a terra sanguinante; quello però era il sangue di Gallagher.
Di Ian.
Non ebbe il coraggio di
guardarsi le mani,
ma pensò che non fosse una scelta saggia quella di accettare
la stretta di
Ethan. Si alzò senza il suo aiuto, sperando di non svenire
lungo il corridoio.
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Quello era
l’ultimo
ricordo che Mickey aveva di Ian, pallido e sanguinante tra le sue
braccia ed
ora, dopo due mesi stava per rivederlo. Erano stati dei mesi difficili
per il
rosso, questo Mickey lo sapeva dai racconti di Mandy e Lip; quello che
non
sapeva era quanto sua sorella e il suo ragazzo gli avessero nascosto.
Quanto di
quel che Ian aveva sofferto gli era stato tenuto segreto.
Mickey era
uscito dal riformatorio dopo soli due mesi per buona condotta e quando
Mandy
era andata a prenderlo non aveva voluto saperne di tornare a casa,
doveva
vedere Ian e non poteva aspettare.
Seguì
meccanicamente
la sorella lungo il corridoio e poi in ascensore, trattenendo il
respiro quando
gli passavano accanto i pazienti dell’ospedale, visibilmente
sofferenti e con
lo sguardo spento. Ian probabilmente aveva la loro stessa espressione.
In camera
del rosso c’era soltanto Lip che sembrava immerso in un lungo
monologo, al
quale Ian probabilmente non prestava attenzione.
Quando Mandy
si scostò dalla porta, rivelando il profilo di Mickey dietro
di sé, Lip alzò
volutamente la voce. “Ehi, Ian! Indovina chi
c’è!”
Mickey si
concentrò sul volto impassibile del rosso, entrando nella
stanza con una
timidezza innaturale per lui.
“Mickey?”
domandò Ian in un sussurro e Mickey non poté fare
a meno di notare come il suo
viso si fosse illuminato, anche se ad essere onesto, non riusciva a
capirne il
motivo.
“Non
faceva altro che chiedere di te,” gli
disse Mandy con una scrollata di spalle, come a voler giustificare la
scena a
cui Mickey stava assistendo.
“Davvero?!”
il
moro alzò un sopracciglio scettico, sperando di essere
riuscito a dissimulare
stupore ed imbarazzo.
Ian era
ancora voltato verso Lip quando Mickey si avvicinò a lui,
gli occhi chiusi,
stavolta per davvero. Mickey si soffermò sulle ciglia
incollate tra loro, la
bocca semi aperta, come se aspettasse di trovare le parole giuste da
dire. “Come
stai, Ian?” domandò infine Mickey, accarezzando la
guancia del rosso.
Per la prima
volta Mickey non si chiese quanto gay potesse sembrare il suo
atteggiamento;
Lip e Mandy lo avevano visto nei suoi momenti peggiori e di certo
sarebbero sopravvissuti
a quel piccolo gesto.
“Puzzi di
salsa barbecue,” gli rispose Ian dopo un attimo di silenzio,
strappandogli un
sorriso, mentre Lip e Mandy si scambiavano occhiate complici che Mickey
non
riuscì a decifrare.
Mickey stava
per rispondergli con una delle sue solite battute, ma non ne ebbe il
tempo
perchè qualcun altro entrò nella stanza.
“Roxie, sei
in anticipo,” osservò Lip lanciando
un’occhiata all’orologio ed alzandosi in piedi.
Mentre Mandy
lo trascinava fuori dalla stanza, Mickey non poté non
soffermarsi sulla
tensione emanata dal corpo di Ian, irrigiditosi al solo sentir
pronunciare quel
nome.
“In anticipo
per cosa? Che deve fare?”
“Quello che
dovresti fare anche tu, Mick!” rispose Mandy, provando a
mascherare l’angoscia
che l’aveva presa. “Lavarsi.”
Mickey la
guardò sorpreso, chiedendosi cosa ci fosse di tanto
particolare, poi sembrò
capire. “Ancora non cammina?”
“Non
riescono
a farlo alzare,” Mandy guardava il pavimento, le mani che
giocavano con una
ciocca di capelli. “Ha paura.”
Mickey
sospirò, passandosi una mano tra i capelli. Mandy gliene
aveva parlato una
volta, gli aveva detto che Ian si rifiutava di staccarsi dal letto. Ma
era
stato un mese prima e Mickey credeva che le cose fossero cambiate da
allora.
Dopo momenti
di insostenibile silenzio, l’attenzione di Mickey fu attirata
da un urlo,
proveniente dalla camera di Ian. Senza pensarci due volte
spalancò la porta;
Mandy in piedi dietro di lui, continuava a giocare con i capelli, come
se
sapesse già cosa stava per succedere.
Tutto quel
che Mickey riusciva a vedere dalla propria posizione, era la schiena di
Lip, in
piedi di fronte al letto di Ian e l’infermiera, in un angolo
della stanza che
trafficava con qualcosa.
“Che gli
avete fatto?” domandò, avvicinandosi in modo da
poter finalmente vedere Ian. Stava
tremando, una mano sul letto, l’altra fermamente artigliata
al braccio di Lip,
le unghia che penetravano nella sua pelle.
“Ian, che
cavolo,” iniziò a mormorare Lip, come se non
avesse sentito le parole di
Mickey, “Se non ti decidi ad alzarti non ti faranno mai
uscire di qui, non lo
capisci questo?”
Ian sembrava
ancor più agitato e Mickey pensò che sarebbe
soffocato se non avesse smesso di
respirare così velocemente.
Quando
l’infermiera
si avvicinò a lui, brandendo una siringa e pronto a sedarlo,
Mickey decise che
era il momento di intervenire. “Col cazzo che gli infili quel
coso nel braccio,”
le disse, stringendo la mano che Ian teneva sul letto. “Ian
calmati, altrimenti
mi costringerai a dimenticare che sto parlando con una donna e
dovrò prenderla
a pugni.”
Ian rispose
abbandonando la presa che aveva sul fratello e cercando contatto con
Mickey; il
moro si avvicinò di più, dando modo ad Ian di
lasciarsi andare contro di lui.
“Va tutto
bene,” mormorò piano, accarezzando impacciato la
schiena di Ian e lanciando un’occhiata
di fuoco a Lip, ancora in piedi accanto a lui.
“Se non si
calma devo sedarlo,” ricominciò a dire
l’infermiera, “il suo fisico non può
reggere questo stress.”
“Allora la
prossima volta evitate di stressarlo ed ora levati dalle--”
“Mickey?”
la
voce di Ian, per quanto fosse appena un sussurro, bastò a
far tacere tutti.
“Che
c’è?”
domandò Mickey, stupendosi di quanto il suo tono fosse
cambiato, passando da
minaccioso a qualcosa di vagamente simile al dolce.
Ian
deglutì,
stringendosi di più tra le braccia del moro, “Non
mi lasciare, ti prego. Non voglio
cadere.”
Mickey
tornò
a fissare Lip, la sua espressione chiedeva silenziosamente per quale
motivo
avesse spaventato suo fratello in quel modo. “Io non ti
lascio,” gli disse,
avvicinandosi al suo orecchio per continuare, “Anche se non
è la tua schiena
che vorrei stringere.”
Ian mormorò
qualcosa contro il petto di Mickey, probabilmente un
“Pervertito,” ma nessuno
riuscì a coglierlo. Perché in definitiva,
c’erano molte cose da dire su Mickey
Milkovich: che fosse rozzo, che non conoscesse le buone maniere, ma
quando si
trattava di Ian, Mickey sapeva bene quali tasti toccare.
Quando si
rese conto che l’atmosfera era sufficientemente rilassata,
Mickey riprese la
parola, “Ian, non ti lascio,” ripeté,
per essere certo che l’altro avesse
capito, “Ma guarda che sei seduto, non puoi cadere.”
“Ho paura lo
stesso.”
“Allora vuoi
stenderti di nuovo?”
Ian annuì
piano, tirando su col naso e Mickey si rese conto solo in quel momento
di avere
tre paia di occhi puntati su di sé. Scelse di ignorarli
almeno per il momento e
permise finalmente a Lip di avvicinarsi, aiutandolo a sistemare di
nuovo Ian
sul letto.
“Posso
parlare con la dottoressa?” domandò Lip, seguendo
l’infermiera in corridoio.
Ian dopo un
po’ di silenzio si decise a parlare, “Grazie,
Mickey.”
Mickey
lanciò
un’occhiata alla sorella, in piedi in un angolo della stanza
e pensò che forse
Ian non si era reso conto della sua presenza.
“Mi stai
ringraziando per non aver picchiato l’infermiera?”
“Ti sto
ringraziando per essere rimasto con me.”
Decisamente Ian
non aveva capito che Mandy fosse ancora nella stanza, o non avrebbe
dato voce a
quei pensieri. Stava per farglielo notare, prima che Ian potesse farsi
sfuggire
qualcosa di più imbarazzante, ma il rosso riprese a parlare
prima che Mickey
potesse avvertirlo.
“Ho
paura.”
“Di stare da
solo?”
“Di
cadere.”
Ian si morse il labbro inferiore, arrossendo nel pronunciare quelle
parole. “Se
mi alzassi, intendo. Non voglio cadere.”
Mickey
spostò
lo sguardo da Ian a Mandy che, immobile dov’era, sorrideva.
In un’altra
circostanza Mickey le avrebbe chiesto cosa cazzo avesse da sorridere in
quel
modo; invece in quel frangente le sue labbra si mossero per dire
tutt’altro. “Se
ci fossi io con te, avresti paura lo stesso?”
Ian sembrò
concentrarsi sulle sue parole, prendendosi il tempo necessario per
rispondere. “Non
lo so.”
Mandy gli
fece cenno di continuare, dando modo a Mickey di capire che quella
conversazione
stava procedendo nel verso giusto.
Mickey si
ritrovò a scrollare le spalle, sperando di non commettere
passi falsi. “Proviamo?”
Ian continuava
a mordicchiare le labbra e Mickey poteva facilmente immaginare cosa
stesse
pensando e quanto dovesse aver paura di staccare la schiena da quel
dannato
letto. Alla fine il rosso annuì, sporgendosi verso Mickey.
Visto il
modo in cui Ian aveva reagito ai tentativi di Lip, Mickey non pensava
che
potesse accettare davvero. Corrugò la fronte, volgendosi di
nuovo a Mandy,
sperando che lei avesse la soluzione; sua sorella invece continuava
soltanto a
guardarlo con la stessa espressione incoraggiante.
“Ci sei,
Ian?” domandò infine il moro, abbracciandolo e
mettendolo seduto. Per quale
motivo Mickey continuasse a ripetere il suo nome ad ogni frase, non lo
sapeva
neanche lui. Gli sembrava che al rosso piacesse essere chiamato col suo
nome.
Ian annuì
concentrato e Mickey strinse la presa su di lui con un braccio, usando
l’altro
per guidare le sue gambe oltre il bordo del letto.
Il rosso
sussultò,
stringendosi di più a Mickey quando i suoi piedi penzolarono
nel vuoto.
“Sono pochi
centimetri, Ian. Se sei pronto ci alziamo.”
Ian spostò
goffamente le braccia intorno al collo di Mickey. “Non mi
lasciare,” mormorò
con voce roca e a Mickey si strinse il cuore.
Il moro
sospirò, disabituato ad un Ian così poco
autosufficiente e lo prese in braccio
per aiutarlo a scendere dal letto.
Quando Ian
poggiò finalmente i piedi a terra, il suo viso era
esattamente di fronte a
quello di Mickey, sulle labbra un sorriso entusiasta che lasciava
appena
trasparire un velo di agitazione.
“Ian
qualcosa non va?” Mickey si allarmò subito, quando
Ian si appoggiò più pesantemente
a lui, respirando piano, come se quel gesto gli avesse portato via
tutte le
energie. “Ti gira la testa? Hai male da qualche
parte?”
“No, Mickey,
va tutto bene,” rispose pacato Ian. “Solo, adesso
che facciamo?”
Mickey
sospirò
rassicurato, stringendolo un po’ più forte.
“Ti fidi di me?” domandò,
rendendosi conto di quanto stupida fosse quella domanda solo quando
vide il
sorriso di Ian.
“Pensavo di
avertelo dimostrato.”
“Okay,
allora
adesso camminiamo.” Mickey afferrò le braccia che
Ian teneva ancora intrecciate
dietro il suo collo e le abbassò, stringendogli le mani.
“Pronto?”
“Pronto.
Però
non farmi sbattere da nessuna parta. E non farmi inciampare.”
Mickey fece
un passo all’indietro, camminando in modo da avere Ian di
fronte. “Seguimi,” gli
disse, tirando un po’ le sue mani per fargli capire da che
parte andare.
“Bravo,
vieni,”Mickey spostò di nuovo lo sguardo su Mandy
che si era avvicinata alla
porta, pronta ad accompagnarli. Per un attimo si era dimenticato
perfino della
sua presenza.
Guidò Ian
fuori la porta, spiegandogli che erano in corridoio e che non doveva
spaventarsi se sentiva nuove voci.
“Andiamo da
Lip?” domandò il rosso.
“Bravo,
allora non hai solo un bel visino!”
“Bel visino?
Mick ma che hai fumato prima di venire?” Ora che
l’atmosfera si era rilassata,
Ian iniziava a rendersi conto di quanto innaturale fosse strato
l’atteggiamento
di Mickey e, per quanto gli piacesse quel suo lato dolce, non voleva
che fosse
soltanto per pietà.
“Tranquillo,
te la farò provare.” Mandy davanti a loro si era
fermata, indicando una porta
sulla destra. “Ian, siamo arrivati,” lo
avvertì, poi gli lasciò una mano ed Ian
si ritrovò a stringere l’altra con più
forza.
La porta era
aperta e quando Mickey comparve nella visuale di quella che doveva
essere la dottoressa,
lei smise di parlare con Lip, rivolgendosi a lui. “Le serve
qualcosa?”
Prima che
Mickey potesse rispondere, anche Lip si era voltato verso di lui.
“Che è
successo ad Ian?” domandò scattando in piedi.
Mickey sorrise,
tirando Ian verso di sé. “Chiediglielo
tu.”
Ian si mosse
di qualche altro passo, in modo che le due persone nella stanza
potessero
vederlo.
Un attimo
dopo era stato travolto dall’abbraccio di Lip. Con la mano
libera Ian ricambiò
l’abbraccio del fratello, lasciandosi finalmente andare ad un
pianto
liberatorio; l’altra mano era ancora intrecciata a quella di
Mickey.
Quando Lip
si staccò dal fratello, lanciò
un’occhiata a Mickey ed il moro non poté fare a
meno di ghignare, avvicinando Ian e passandogli un braccio intorno alla
vita.
Chiby's
E rieccomi! Ora sto ufficialmente scrivendo la mia prima serie!
Probabilmente ci saranno dei capitoli sul periodo in cui Mickey
è in prigione, quindi non saranno proprio in ordine
cronologico.
Comunque, a
proposito di questo capitolo ho soltanto
una cosa da dire. Il fatto che Ian abbia “paura di
cadere” nasce da una frase
che dicevo io da bambina quando mi hanno insegnato a nuotare, che
è appunto, “papà,
cado.” Lo raccontavo a mio fratello l’altro giorno
ed è venuta fuori questa
storia.
Spero
vi sia piaciuta.
Se
avete idee per qualche capitolo ditemelo,
sarei felice di scriverlo!!!
ChibyL
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