Kin-Capitolo I
I caldi e luminosi raggi solari filtravano dalla
piccola finestra illuminando il giovane volto di una ragazza
profondamente addormentata. I suoi lunghi capelli neri le coprivano
parte del viso lasciando però ben visibili le sottili e rosee labbra ed
il piccolo quanto grazioso naso. Aveva una carnagione chiara ma
decisamente incline all'abbronzatura: le bastava prendere il sole per
poche ore per cambiare colorito. In quel momento i suoi occhi erano
chiusi ma se fossero stati aperti si sarebbero potute ammirare due
stupende iridi color nero in cui spesso e volentieri si poteva veder
ardere il fuoco della determinazione.
Le candide lenzuola erano
scivolate a terra durante la notte lasciando scoperto il corpo snello e
slanciato della giovane che per essere una ragazza aveva raggiunto una
discreta altezza. Indossava un morbido pigiama rosa a pois bianchi di
cui un pochino si vergognava e segretamente sperava che nessuno potesse
mai vederlo.
All'improvviso la sveglia iniziò a suonare, riempendo
con la sua assordante musichetta l'intera stanza. La ragazza si svegliò
di scatto, urlando.
Si voltò a fissare la sveglia con sguardo
omicida cercando di resistere al folle impulso di afferrarla e
scagliarla fuori dalla finestra.
“Dannata sveglia!” esclamò mentre con un pugno la spegneva.
“Possibile che non sia possibile modificare la melodia? Non ne
posso più di rischiare l'infarto ogni benedetta mattina!”
La
giovane scese dal letto, ormai completamente sveglia, ed infilò i piedi
in un paio di confortevoli pantofole rosa. Prima di muovere un solo
passo si guardò intorno con attenzione per poi chinare il capo,
rassegnata.
“Speravo che in questa stanza regnasse il caos solo nel mio sogno
e invece é così anche nella realtà...”
Effettivamente
la stanza necessitava di essere rimessa un po' in ordine. Sparsi sul
pavimento c'erano alcuni manga letti per metà, parecchie riviste di
vario genere (alcune erano persino aperte) e addirittura un paio di
libri di testo. La scrivania in legno di mogano era un vero e proprio
disastro: parecchi fogli erano sparsi sulla sua superficie; il
portamatite era completamente vuoto in quanto gli oggetti che avrebbe
dovuto contenere erano disseminati per l'intera camera e parecchi libri
scolastici erano ammucchiati in una disordinata pila. Sulla cassapanca
appoggiata ai piedi del letto si trovavano parecchi indumenti, per la
maggior parte spiegazzati e, a volte, macchiati.
“Dovrò decidermi a
riordinare...” mormorò la giovane, non particolarmente attratta da
quella prospettiva. Dopo aver recuperato l'uniforme scolastica
dall'armadio uscì dalla stanza, attraversò silenziosamente (sua sorella
minore stava ancora dormendo) il breve corridoio e raggiunse lo
spazioso bagno. Qui si piazzò di fronte al grande specchio appeso poco
sopra il lavandino e iniziò a studiare attentamente il suo riflesso
quasi come se volesse valutarlo. Dopo qualche secondo sorrise e disse:
“Buongiorno, signorina Asuka Izumi. E' pronta ad affrontare la sua
prima giornata da rappresentante di classe?”
Asuka attraversava
il piazzale che conduceva all'edificio scolastico a passi lunghi e
svelti, ansiosa di iniziare il prima possibile il suo nuovo incarico.
Un tiepido sole riscaldava la primaverile giornata in cui soffiava una
leggera e piacevole brezza che trasportava con se gli eleganti petali
rosa dei ciliegi.
Quella rosea “pioggia” erano uno spettacolo a dir
poco stupendo per gli occhi della giovane la quale non avrebbe mai
pensato che in un giorno per lei così importante la natura sarebbe
stata così magnanima da offrirle una così splendida giornata. L'unico
difetto era dovuto al fatto che la nuova uniforme era un po' troppo
leggera per poter essere tranquillamente indossata in una simile
giornata. In fondo era vero che l'estate era vicina ma era anche
altrettanto vero che il clima era ancora soggetto agli sbalzi di
temperatura tipici della stagione primaverile. In compenso però il
nuovo fuku piaceva molto alla ragazza, specialmente per il fatto che
fosse del suo colore preferito, ovvero l'arancione.
All'improvviso una voce femminile esclamò: “Asuka-chan!”.
Asuka
si voltò e vide Ichigo Satou, la sua migliore amica, correre verso di
lei. Era una ragazza di sedici anni allegra e piena di vitalità che col
suo entusiasmo era capace di contagiare tutti i compagni di classe. I
suoi capelli biondi erano raccolti in due lunghe trecce a cui erano
attaccati due fiocchi rossi che le donavano un aspetto leggermente
infantile, capace di ispirare simpatia. Indossava un paio di occhiali
dalla montatura nera attraverso cui si potevano vedere i suoi
dolcissimi occhi neri, simili a quelli di un cucciolo.
Ed
effettivamente ad Asuka in quel momento la ragazza sembrava proprio un
tenero cagnolino che scodinzolando corre incontro al suo padrone.
“Ciao,
Ichi-chan” la salutò allegramente poco prima di finire nell'abbraccio
stritola ossa dell'amica che con i cani condivideva anche la tendenza
ad essere estremamente coccolosa.
“Anch'io ti voglio bene, Ichi-chan...ma per favore ora lasciami andare”
Ichigo mollò la presa e sorridendo con aria colpevole disse: “Scusami, ho nuovamente esagerato”.
Asuka sopirò.
“E' inutile, non cambierai mai”.
L'amica sorrise ancora, per poi tornare seria pochi secondi dopo come se si fosse appena ricordata qualcosa di importante.
“Cavolo, stavo quasi per dimenticarmi di dirtelo!”
“Cosa?”
“Sembra che oggi arriverà nella nostra classe un nuovo
studente che si é trasferito da poco qui a Tokyo”
“Speriamo
che non sia un altro piantagrane...Ci son fin troppi elementi del
genere nella nostra classe e spero che la situazioni non peggiori
proprio oggi che inizia il mio incarico di rappresentante”
“Non preoccuparti, Asuka. Sono sicura che sarà un bravo ragazzo incapace di creare il minimo problema”
“Spero davvero che sia come dici tu....”
Mentre
parlavano le due ragazze erano entrare all'interno dell'immenso
edificio scolastico dove il vociare della moltitudine di giovani in
esso presente rendeva quasi impossibile continuare la loro
conversazione. Silenziosamente salirono i gradini della scalinata che
conduceva al primo piano dove la loro classe si trovava.
Appena misero piede nel corridoio del primo piano una potente voce femminile raggiunse le loro orecchie.
“Come osi venire a scuola vestito in questo modo?!”
“Ma questa non é la voce della sensei?” chiese Ichigo.
“T-temo di sì...” balbettò Asuka alla quale quello sembrava ne più ne meno un cattivo presagio.
Si
avvicinarono il più possibile alla fonte delle grida, facendosi largo
tra la folla di studenti curiosi, e quel che videro le lasciò di sasso.
Di fronte alla loro classe la sensei Watanabe fissava con evidente
furia un giovane dai lunghi capelli castani il cui abbigliamento
sembrava perfetto per un concerto metal ma decisamente inadatto
all'ambiente scolastico. Indossava infatti una maglietta a maniche
corte dei “Metallica”, tre bracciali borchiati per braccio, un paio di
guanti borchiati, dei pantaloni in pelle nera, un paio di anfibi e un
collare borchiato.
“Oddio....non dirmi che é quello il nuovo studente....” mormorò Asuka, ancora incredula.
“T-temo di sì...” balbettò l'amica, altrettanto basita.
La
sensei Watanabe era una giovane donna sulla trentina che indossava un
elegante camicia nera a maniche lunghe e un paio di altrettanto
eleganti pantaloni dello stesso colore. Aveva lunghi capelli biondi che
spesso teneva legati in una coda di cavallo piuttosto alta e penetranti
occhi azzurri capaci di incutere timore anche al più tenace degli
studenti. Non sembrava giapponese ed effettivamente lo era solo da
parte di padre, in quanto sua madre era una famosa attrice americana.
Solitamente
era molto calma e paziente con gli studenti ma quel giorno era talmente
arrabbiata da sembrare quasi posseduta. I suoi occhi fissavano il
giovane metallaro come se volessero incenerirlo, ma quest'ultimo non
sembrava minimamente intimorito da lei e sosteneva il suo sguardo senza
troppi problemi.
“Te lo chiedo un'altra volta e questa volta esigo una risposta: perché non indossi l'uniforme scolastica?!”
Per
qualche secondo il ragazzo rimase in silenzio, come se stesse pensando,
per poi dire, in tutta sincerità: “Semplicemente la ritengo ridicola”
Asuka lo fissò ad occhi sgranati, completamente sconvolta.
“Q-quel ragazzo ha appena firmato la sua condanna a morte...”
E non si sbagliava.
Appena
la sensei udì la risposta dello studente scoppiò in una risata isterica
seguita da un interminabile monologo in cui sfogò tutta la sua rabbia
dicendo che i giovani avevano perso del tutto il rispetto per le regole
e per le tradizioni, che ai suoi tempi (“come se fosse vecchia” mormorò
Asuka) le cose erano completamente diverse e un milione di altre cose
senza senso.
Finita la sfuriata la signorina Watanabe ordinò ad
Asuka di accompagnare il nuovo arrivato dal preside che, stando alle
sue parole, gli avrebbe dato la lezione che si meritava.
“Buona fortuna, Asuka-chan” disse Ichigo prima di entrare in classe insieme alla sensei e agli altri compagni.
Rimasta
sola con il nuovo studente la ragazza si disse che nonostante non fosse
esattamente piacevole quello era il suo primo compito da rappresentante
di classe e che avrebbe dovuto impegnarsi al massimo per svolgerlo al
meglio.
“Cavolo sei appena arrivato e ti sei già messo nei casini”
disse rivolta al nuovo arrivato “Devi stare più attento o finirai per
passare dei guai”
“Bé, ad essere onesto non é che me ne importi
molto...frequento questa scuola solo perché ci sono
obbligato”
“Oh, capisco...Comunque il mio nome é Asuka Izumi”
La ragazza tese la mano destra al giovane che la strinse dicendo: “Il mio é Ankoku Aijin”
-Ankoku Aijin....che nome strano...- pensò la ragazza.
“Bene, ora che abbiamo fatto le presentazioni credo che sia il
caso di sbrigarsi a raggiungere l'ufficio del preside. Seguimi”
Per
un po' i due ragazzi camminarono senza scambiarsi nemmeno una parola,
poi Asuka, stanca di dover sopportare quel silenzio opprimente, disse:
“Posso farti una domanda?”
“Certo”
“Perché sei venuto a scuola vestito in questo modo? Lo sapevi che avresti passato dei guai con i sensei, no?”
“Sì, lo sapevo. Ma volevo a tutti i costi sperimentare il
mio nuovo cosplay ispirato al manga: “The guitar and me”
“Ah, si tratta di un cosplay? Ero convinta che fossi veramente un metallaro”
“Lo sono. Infatti questo cosplay mi piace molto perché
unisce le mie due grandi passioni ovvero i manga e la musica
metal”
-Uff...alla fine é il classico otaku...detesto i fissati come lui-
Raggiunto
l'ufficio del preside Takahashi Asuka sollevò il tremante pugno e
bussò, terrorizzata da ciò che sarebbe potuto succedere lì dentro.
“Avanti” disse una profonda voce maschile.
La
ragazza aprì la porta ed entrò nello spazioso quanto elegante ufficio
seguita a breve distanza da Ankoku. Il signor Takahashi era un uomo di
mezza età alto e robusto, quasi del tutto privo di capelli e di
carnagione abbastanza scura per essere Giapponese. Vestiva sempre con
abiti elegantissimi firmati da prestigiosi nomi della moda italiana e
aveva un portamento fiero e altezzoso tanto che alcuni degli studenti
erano arrivati a soprannominarlo “L'imperatore”.
Appena vide Ankoku entrare nel suo ufficio il preside sgranò gli
occhi e fissò a bocca aperta il giovane per quasi un minuto.
“M-ma...ma quel cosplay é semplicemente stupendo!” esclamò l'uomo, completamente ammaliato.
Asuka invece era completamente sconvolta: l'illustrissimo preside Takahashi detto “L'imperatore” era un otaku....
“La ringrazio” disse Ankoku, sorridendo.
“L'hai realizzato da solo?”
“Certo. Ci ho messo quasi un mese per terminarlo”
“Complimenti
vivissimi, ragazzo, davvero un ottimo lavoro! Sono felice di vedere che
la divina arte del cosplay sia presente anche in questa scuola. Ora
ditemi: per quale motivo siete venuti qui?”
“Vede, signor Takahashi,
la sensei Watanabe non ha gradito molto l'abbigliamento di Ankoku e mi
ha ordinato di condurlo qui da lei”
“Capisco...effettivamente non é
un abbigliamento molto adatto all'ambiente scolastico...Facciamo così,
Ankoku: per oggi chiuderò un occhio ma da domani dovrai venire a scuola
indossando l'uniforme, ok?”
“Va bene, signor Takahashi”
“Ora
tornate pure a lezione. Ah, Ankoku se vuoi qualche volta vieni pure qui
nel mio ufficio a discutere un po' di anime e manga, mi farebbe piacere”
“Verrò sicuramente, signor Takahashi”
“Oh, chiamami pure Ryusuke”
-Non
ci posso credere...il preside avrebbe dovuto punirlo e invece l'ha
preso in simpatia...la sensei non sarà molto contenta...- pensò Asuka e
la sua previsione si rivelò azzeccata.
Quando tornarono in classe e
comunicarono alla signorina Watanabe la decisione del preside, ella per
la rabbia disintegrò il gessetto che aveva tra le mani per poi ordinare
ad Ankoku si prendere posto vicino ad Asuka.
-Fantastico...ed io che
speravo di potermi sedere vicino a Ichigo...- pensò la ragazza mentre
il giovane si sedeva accanto a lei.
Quando la sensei ordinò alla
classe di tirare fuori il libro di testo Ankoku si rivolse ad Asuka e
le mormorò: “Potresti mettere il tuo libro in mezzo? Sai oggi non ho
portato nulla nello zaino”
“Va bene”
La ragazza lanciò poi uno sguardo allo zaino del ragazzo e
stranamente le sembrò che fosse pieno di materiale scolastico.
“Sei sicuro di non avere il libro? Il tuo zaino sembra contenere parecchie cose”
“Ehm...sì...però non é materiale per la scuola”
“E allora di che si tratta?”
“Di manga”
“Ah...avrei dovuto immaginarlo. Del resto sei un otaku”
Le
ore scolastiche passarono velocemente e senza ulteriori imprevisti. A
parte lo strano abbigliamento Ankoku si era dimostrato un ragazzo
normalissimo e anche abbastanza simpatico.
“Se non fosse un otaku
sarebbe un amico ideale” disse Asuka rivolta ad Ichigo mentre la
aiutava a ritirare tutti i libri nello zaino. Come al solito l'amica
aveva tirato fuori troppa roba e quando la campana dell'ultima ora era
suonata si era dovuta attardare a ritirare tutto.
“Come mai ti danno così tanto fastidio gli otaku?”
“Sono
eccessivamente fissati. Certo anche a me piace leggere qualche manga e
vedere qualche anime ma loro esagerano arrivando addirittura a
travestirsi come i loro personaggi preferiti”
“Bé, a me i cosplay non dispiacciono. Un giorno piacerebbe anche a me farne uno”
“Ecco lo sapevo stai diventando otaku anche..”
Le
parole morirono in gola ad Asuka quando i suoi occhi videro ciò che
stava accadendo in corridoio. Ankoku era circondato dai bulli della
classe che con violenza lo stavano picchiando, apparentemente senza
motivo.
“Fermatevi!” urlò la ragazza mentre correva verso di loro.
“Non ti immischiare!” tuonò uno dei ragazzi colpendola con una manata che la fece cadere a terra.
“Asuka!” esclamò Ichigo per poi raggiungere il punto in cui l'amica era caduta.
“N-non preoccuparti, sto bene. Corri a chiamare la sensei o Ankoku farà una brutta fine”
“Vado!”
Ichigo
corse attraverso il corridoio il più velocemente possibile nella
speranza di poter trovare il prima possibile la signorina Watanabe.
Uno dei teppisti si accorse di lei e intuendo le sue intenzioni
esclamò: “Merda! Quella sta andando a chiamare la
sensei!”
“Allontaniamoci da qui!”
In men che non si dica il gruppo di ragazzi si diede alla fuga lasciando Ankoku a terra, dolorante e pieno di lividi.
Lentamente
Asuka si rimise in piedi e barcollando si avvicinò al ragazzo che
sorprendentemente era ancora cosciente. Afferrandolo per un braccio la
ragazza lo aiutò a rialzarsi e dopo essersi sincerata delle sue
condizioni gli chiese: “Perché quei ragazzi ti hanno aggredito?”
“Uno
di loro si é messo a provocarmi e a colpirmi ma io non ho voluto
reagire. Questo lo ha fatto incazzare e per darmi una lezione ha
chiamato tutti i suoi compari che senza nemmeno chiedere spiegazioni
hanno iniziato a menarmi”
“Perché non hai reagito alle provocazioni di quel ragazzo?”
“Sarebbe stato un inutile spreco di forze. Anche se l'avessi picchiato non sarebbe servito a niente”
A quelle parole Asuka lo colpì in pieno volto con uno schiaffo.
“Ma non ce l'hai un briciolo di dignità?! Come puoi lasciarti trattare così?! Mi fai schifo!”
Dopo
aver pronunciato queste parole la ragazza corse via, infuriata. Non
riusciva a tollerare le persone incapaci di difendere la propria
dignità, era più forte di lei. Se prima pensava che l'unico difetto di
Ankoku fosse essere un otaku ora pensava anche che fosse un vigliacco
privo di amor proprio.
Asuka continuò a correre sino a raggiungere
il cortile esterno della scuola. Non aveva la minima idea di com'era
finita in quel posto visto che mentre correva non aveva prestato
attenzione a dove stava andando. Fece per tornare indietro ma una
strana sensazione la bloccò. Non sapeva spiegarsi per quale motivo ma
sentiva che in quel luogo oltre a lei c'era qualcun altro...
Un
brivido le attraversò la schiena mentre il sudore iniziava a scorrere
lentamente lungo il suo corpo. I suoi muscoli si irrigidirono rendendo
impossibile il minimo movimento.
Ora capiva cos'era la strana sensazione che provava: era terrore, terrore allo stato puro.
-Perché sono così spaventata? Qui fuori non c'è niente oltre a me, no? E allora di che cosa ho paura?-
Un verso agghiacciante raggiunse le orecchie della giovane, un verso che di umano aveva ben poco.
-Da dove proviene? E che cosa lo produce?-
Il verso si ripeté ancora: due volte, tre volte, quattro volte....
E lentamente ma costantemente la sua intensità aumentava come se
ciò che lo produceva si facesse sempre più vicino...
Il
cuore di Asuka batteva all'impazzata al punto da spingere la ragazza a
temere che potesse esplodere. E nel frattempo il sudore freddo
continuava a scendere e i brividi di terrore continuavano a scuotere le
sue membra.
All'improvviso, in un bagliore di intensa luce rossa,
una creatura demoniaca apparve dal nulla. Era una creatura di forma
umanoide dalla cui carne rossa emergevano lunghissime spine acuminate
color cremisi. Le sue braccia erano enormi, completamente
sproporzionate rispetto al resto del corpo, e terminavano in lunghi
artigli che sembravano quasi dei giganteschi cristalli color carne.
L'intero corpo del mostro era ricoperto da sangue umano che lentamente
scorreva senza però mai arrivare a toccare terra come se una forza
misteriosa glielo impedisse. Ma ciò che rendeva veramente terrificante
quell'essere erano i suoi occhi: freddi, privi di vita ma a differenza
di quelli dei cadaveri non erano bianchi, bensì rossi...rossi e
luminosi.
A lunghi passi la creatura si avvicinò ad Asuka la quale
era completamente paralizzata dal terrore e non riusciva a muovere un
muscolo, nemmeno la lingua.
-A-aiuto...qualcuno mi aiuti...-pensò la ragazza con
intensità come se fosse in grado di comunicare attraverso il
pensiero.
Il mostro si faceva sempre più vicino....ancora pochi passi e avrebbe raggiunto Asuka...
Con
le lacrime agli occhi la giovane si rese conto che per lei era arrivata
la fine...Ormai era inevitabile...Avrebbe tanto voluto urlare al mondo
la sua disperazione ma non riusciva nemmeno a parlare...era finita...
Continuando
a piangere la giovane chiuse gli occhi in preparandosi a venire
trafitta dagli artigli di colui che presto sarebbe diventato il suo
carnefice.
All'improvviso la giovane udì una serie di rumori in
sequenza: un rumore di passi, il violento schiocco di una frusta e
qualcosa di pesante che con un tonfo cade a terra.
Riaprì gli occhi
e vide il mostro fermo a pochi passi da lei che osservava qualcosa ai
suoi piedi. Asuka aguzzò la vista e notò che il braccio sinistro della
creatura era stato mozzato ed ora si trovava a terra, a pochi
millimetri dal suo “proprietario”.
Con un agghiacciante urlò di
dolore la bestia si voltò a fissare con ferocia il suo aggressore.
Anche Asuka si voltò e ciò che vide la lasciò senza fiato: Ankoku,
completamente privo di lividi, fissava il mostro con un ghigno di sfida
stampato sul volto ed una lunga frusta nera stretta tra le mani.
“Bene, a quanto pare c'è un lavoro per me” disse il ragazzo per poi scoppiare a ridere.
Asuka non ci stava assolutamente capendo più nulla....
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