JEALOUSY
«Dai Bella, sali!». Emmett indicò
con un sorriso la propria schiena.
Mi avvicinai a lui ridendo, e
l’immenso vampiro si chinò per facilitarmi il lavoro. Anche così, tuttavia, fu
un’impresa riuscirci. Le sue spalle erano larghe come rocce, e ne avevano
pressappoco la stessa consistenza.
«Oh, sei davvero una
femminuccia!», sbuffò lui, spazientito. Si sollevò improvvisamente, con uno
scatto, trascinandomi con sé.
«Emmett!», gridai spaventata,
aggrappandomi alle sue spalle in una stretta che avrebbe soffocato qualsiasi
altro essere umano. «Emmett per l’amor del cielo! Mettimi giù! Mi stai facendo
venire il mal di mare!»
«Non dire sciocchezze, Bella! Non
ho ancora nemmeno iniziato a ballare!», rise lui, scuotendosi leggermente e
provocandomi l’ennesima contrazione alla bocca dello
stomaco.
Si muoveva in modo sensuale,
morbido, scivolando con grazia sulle assi chiare del
pavimento.
Sembrava più un ballo erotico che
una dimostrazione di forza davanti ad una semplice umana.
D’un tratto due mani più lunghe e
sottili, ma altrettanto forti rispetto alle zampacce di Emmett, mi trascinarono
a terra.
Trattenni il fiato per un istante,
e quando sollevai il viso incrociai lo sguardo di disapprovazione di
Edward.
Mi fissava con attenzione,
scrutando la mia espressione.
«Perché non sali su di me?»,
propose infine con un ghigno.
Esitai, non riuscendo ad
comprendere il suo sguardo, e questo gli fu sufficiente.
Con braccia forti, senza traccia
d’indecisione, mi sollevò da terra, facendo aderire il suo corpo marmoreo al
mio.
Ci guardammo per un breve istante,
e nei suoi occhi vidi ardere un fuoco diverso dal solito, un fuoco che non
sapevo, non potevo, e probabilmente non volevo
interpretare.
Mi lanciò uno sguardo impotente e
disperato.
Le sue mani pallide mi
sorreggevano, premendo dolcemente sulle mie natiche per impedirmi di
cadere.
Aveva la vaga idea di quanto il
suo gesto potesse farmi ribollire il sangue?
Sapeva quanto fossi vicina
all’iperventilazione?
«Tieniti forte», sussurrò con un
rapido movimento delle labbra. Feci appena in tempo a cingergli i fianchi con le
gambe che Edward era già schizzato al piano di sopra.
Chiuse la porta della sua stanza
con un calcio, e mi gettò di peso sul divano di pelle nera posto al centro del
grande ambiente.
«Edward…» sussurrai, senza capire,
ma lui non mi diede il tempo di aggiungere altro.
Le sue labbra premute sulle mie
cancellarono ogni pensiero dalla mia mente e ogni domanda che bruciava per
essere posta.
Si muovevano decise, per nulla
prudenti come le altre volte.
I suoi occhi color topazio erano
chiusi, ma non vi era traccia di inquietudine nell’arco liscio e marmoreo della
fronte.
Con una mano si avventurò a
cercare la mia, fino a quando le nostre dita non si
intrecciarono.
La mano libera invece si
intrecciava ai miei capelli, scivolando fino alla schiena, e risalendo la
scollatura della camicetta così lentamente da darmi i
brividi.
Gli circondai il collo con il
braccio libero, e allora lo sentii sospirare, incerto.
«Detesto vederti con altri
uomini».
«E’ tuo fratello, Edward…»,
mormorai.
«Non che questo possa fare
differenza, Bella. Ha iniziato lui. Ed è un ottimo ballerino», spiegò
sbuffando.
Gli concessi un
sorriso.
«Questo forse no. Ma dimentichi
che è fidanzato. Rosalie, ricordi?», spiegai con sarcasmo.
«Come se questo ribaltasse le
carte in tavola».
Sbuffò ancora, possibilmente più
spazientito di prima.
Le sue labbra non abbandonarono le
mie, ma in quel momento notai una nuova incertezza nei suoi
movimenti.
«Tu sei mia.», sussurrò
indispettito.
«Ma certo, Edward.
Certo.»
«Mia, e mia soltanto», continuò
imperterrito.
Sospirai.
«Edward...». Cercai di spiegargli
che una simile dimostrazione di gelosia – davanti alla sua famiglia, poi! – era
del tutto immotivata, ma lui mi chiuse nuovamente la bocca con la sua,
muovendosi a tempo con una canzone che solo lui poteva avere in
mente.
«Non importa se è un fratello, un
amico, Mike o chiunque altro. Non permetterò che ti portino via da
me.»
Sgranai gli occhi, guardandolo
sorpresa.
Portarmi
via?
Era una delle sue frequenti prese
in giro, o era davvero convinto di quanto diceva?
«Nessuno potrà mai portarmi via da
te, Edward. Pensavo lo sapessi», gli sussurrai, senza smettere di
baciarlo.
Intrecciai le dita ai suoi capelli
e lo attirai più vicino a me.
Si tese fino ad affondare le mani
nella pelle del divano, in modo da non gravare su di me con il proprio peso, e
tuttavia il suo corpo freddo premeva sul mio così dolcemente, ma con tanta
passione da regalarmi brividi di piacere.
«Lo so», mormorò con il respiro
irregolare.
«Ma allora…»
«Ssh». Si staccò dal mio
abbraccio, e con gli occhi ancora chiusi mi sfiorò la guancia con le labbra
gelide, scorrendo dalla tempia all’angolo della bocca.
«Mmm…», gemette dopo un istante,
«che buon profumo. Sei una continua tentazione, lo sai?»
A quel punto decisi di lasciarmi
andare.
Mi aggrappai alle sue spalle e lo
costrinsi ad abbassare il volto per poterlo baciare.
«Anche tu», gli sussurrai,
sfiorandogli la punta del naso con le labbra umide.
Poi, senza lasciargli il tempo di
rispondere, passai la punta della lingua sul suo labbro inferiore, avvertendo il
sapore sublime di quella pelle di marmo.
Immediatamente sentii le sue mani
afferrarmi i polsi. Percepivo chiaramente la disapprovazione che si celava in
quel movimento rapido; i suoi occhi ardevano, pozzi neri e profondi che mi
incatenarono al suo sguardo.
Gentilmente, ma con un gesto
deciso, sciolse l’abbraccio e si liberò dalla mia presa.
«Bella, per favore, smettila»,
mormorò con voce roca. Con una punta di piacere scoprii che anche il suo respiro
era irregolare.
«Cosa c’è?», domandai
innocentemente, «Pensavo mi avessi portato qui per un motivo
preciso».
Distolse il viso, liberandomi
dalle catene del suo sguardo, e sospirò prima di riportare gli occhi su di
me.
«Infatti».
«Però…»
Non finii il discorso, perché le
sue labbra avevano ripreso a seguire il profilo del mio viso con movimenti lenti
e terribilmente eccitanti.
«Però?»
«Se non è per… questo… che mi hai
portato qui, posso anche tornare a divertirmi con i tuoi fratelli», lo
stuzzicai.
Lo sentii irrigidirsi
all’istante.
In una frazione di secondo si era
separato da me; non feci in tempo a udire lo scatto della serratura che si
chiudeva che era di nuovo al mio fianco.
Sbirciai verso la porta. La chiave
era sparita.
«Non lo farai»,
ringhiò.
«Sono tua prigioniera?»,
bisbigliai avvicinandomi a lui.
Gli circondai nuovamente il collo
con le braccia, e questa volta lui non si scostò. Gli infilai una mano tra i
capelli di bronzo, soffici e profumati, e di nuovo allacciai le labbra alle
sue.
La sua bocca si muoveva decisa
sulla mia, attenta, ma percepii l’urgenza di quel bacio, e avvertii la stessa
urgenza nelle mani che avevano iniziato ad accarezzarmi la schiena, su e giù,
fino a quando non mi trovai a desiderare di potermi liberare dell’ostacolo dei
nostri vestiti.
«Anche per l’eternità, se fosse
necessario», mormorò secco.
Gli sorrisi, tranquillizzandolo
con lo sguardo.
«Bè, si dà il caso che non mi
dispiaccia affatto essere tua prigioniera, Cullen».
«Lo so». Il suo sorriso si
trasformò in un ghigno divertito.
Avrei voluto rispondere qualcosa,
qualsiasi cosa, ma le sue labbra erano tornate a sfiorare il collo, e mi
ritrovai senza voce, incapace di formulare una frase
coerente.
Quando riprese a baciarmi ero
ormai vicina all’iperventilazione.
Con estrema delicatezza, molta più
del solito, mi morse dolcemente il labbro inferiore, facendomi
gemere.
Una fitta acuta di desiderio mi
percorse da capo a piedi, e fui costretta ad aggrapparmi di nuovo a lui per non
cadere.
«Edward…», gemetti, certa che in
un modo o nell’altro, quella sera, sarei morta.
Si staccò brevemente da me, quasi
controvoglia, ma le sue mani restarono salde attorno ai miei fianchi e le sue
labbra rimasero a pochi centimetri dalle mie.
Sentivo il suo profumo fresco e
squisito sulle labbra dischiuse. Avevo voglia di baciarlo di nuovo, di
continuare fino a quando le mie labbra non fossero
consumate.
Invece, presi un respiro profondo,
cercando di ritrovare quel minimo di concentrazione necessaria a permettermi di
formulare una frase sensata.
«Gli altri cosa penseranno della
nostra… fuga?»
Mi concesse non più di uno sguardo
prima di tornare ad impossessarsi della mia bocca.
«T’importa qualcosa?» domandò
sulle mie labbra.
«Non eccessivamente…», sussurrai
con indifferenza, ormai incapace di trattenere il tremito che mi scuoteva tutto
il corpo.
“Ti prego, ti prego, non smettere…
Qualsiasi cosa, ma non smettere…” imploravo dentro di me, così forte che per un
istante avrei giurato che fosse riuscito a sentire i miei
pensieri.
Le sue labbra infatti si fecero
più decise sulle mie, premendo con maggiore intensità.
Sentii la sua lingua fredda e
umida sfiorarmi il contorno delle labbra, e infine valicare il confine sicuro
che lui stesso aveva imposto quelli che mi sembravano secoli
prima.
Per la prima volta ci baciammo
senza pensare, senza sentire nient’altro che le nostre labbra, premute così
forte le une alle altre che sembrava volessero fondersi.
Gli sollevai i lembi della camicia
e vi infilai sotto le mani, per poter accarezzare quel corpo perfetto e
scolpito.
Lui ricambiò, accarezzandomi i
fianchi con le dita gelide.
Rabbrividii di nuovo, ma non per
il freddo.
«Dillo», mormorò quasi
ferocemente, spostandosi dalle labbra alla gola con un movimento lento e
deliberatamente, tremendamente, dannatamente sensuale.
Inarcai la testa all’indietro con
un gemito, ondate di straziante desiderio mi avvolgevano e si frangevano contro
le pareti della mia mente. «Non apparterrai a nessun altro. Dillo».
«No, Edward. Sarò tua. Per
sempre».
«Per l’eternità», annuì,
ansimando.
Con una mano continuai ad
esplorargli l’addome piatto, i fianchi cesellati, i muscoli guizzanti, mentre
con l’altra lo avvicinai ancora di più a me, intrecciando le dita tra i suoi
capelli.
Quando ci separammo, con il fiato
corto, mi regalò un sorriso così splendente che l’intera stanza parve
illuminarsi.
«Passato l’attacco di gelosia?»,
domandai con un sorriso.
Si fece serio per un attimo,
riflettendo.
«Quasi. Scusami», rispose con un
ultimo bacio «ma mi sembra di impazzire quando qualcun altro ti
tocca».
«Non preoccuparti Cullen» gli
sussurrai, facendogli l’occhiolino «mi importa solo che sia tu a
toccarmi».
Mi sorrise di nuovo, illuminandosi
forse ancora più di prima.
«E adesso, per favore», gli
domandai gentilmente «possiamo tornare dagli altri?»
«Ciò che vuoi», rispose lui
inchinandosi. «Quando vuoi».
THE END
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