Bleach
White
E'
la mia anima, uccellino spaventato
che
dovresti interrogare ancora e ancora.
In
questi giorni spietati e senza fine
quando
arriverà la pace? Quando giungerà la calma?
Quando
giungerà la calma...? Quando giungerà la calma....?
Versi
di una poesia gli rimbombavano in testa. I versi dell'ultima volta che
aveva schernito Shion, l'ignoranza di Shion nei confronti della
cultura, quel broncio fastidiosamente tenero che Shion assumeva
quando gli veniva fatta notare la sua mancanza.
Tick tick,
ticchettava l'orologio nervoso in sottofondo. Ma Nezumi
giurò che più che battere i secondi, stesse
centellinando come un contagocce il sudore che sentiva scorrere
giù per il collo, giù per il petto, fin dentro il
cuore.
Strinse
i denti e con i pochi strumenti inadeguati che aveva a disposizione,
allargò un taglio sulla nuca di Shion finché non
riuscì a liberare l'insetto che vi si era annidato. Shion
cacciò un grido strozzato di dolore ma Nezumi sapeva che non
era a causa della ferita aperta, della lama penetrata a fondo o del
fatto che non si era potuto permettere un'anestesia. Trattenendo il
respiro, Nezumi si rigirò l'insetto simile a un'ape tra le
dita, ora tremanti. Fino a un attimo prima, quel piccolo essere era
dentro al corpo di Shion, sotto la sua pelle, a contatto con i suoi
tessuti.
Scemo...
lo sapevi... ti eri sicuramente accorto di lei... perché non
mi hai detto niente? Era davvero più importante ribattere
alle mie provocazioni che pensare a liberarti di una cosa simile?
Shion
gemeva senza tregua, gli occhi serrati e il corpo abbandonato come
nella speranza di addormentarsi di colpo per lo stremo e dimenticarsi
di essere stato al mondo.
Stupido...
continuava Nezumi nella sua testa, e intanto tamponava il sangue. E con
orrore misto a stupore notava che sotto il panno e le sue dita
macchiate, la ferita non si rimarginava ma si espandeva attorno al
collo di Shion. Come una chiazza rossa lasciata dal segno di una corda,
un serpente scarlatto si srotolava secondo un percorso preciso. Sopra
la nuca, i capelli di Shion rilucevano ancora sotto la luce artificiale
e giallastra della stanza, ma non erano più del nero che
Nezumi ricordava. Ma non aveva tempo per pensarci, doveva fare il
possibile per salvarlo, come Shion una volta aveva salvato lui. Doveva
tenerlo sveglio, almeno fin quando non fosse stato sicuro che fosse
fuori pericolo.
Quando
giungerà la calma?
Doveva
giungere, doveva tornare un'altra volta. Tutto doveva tornare a come
era stato fino a un attimo prima.
Per
poco non si morse la lingua. Quello non era lui, non era da lui
desiderare la pace e la calma, e che tutto tornasse come un attimo prima.
Nella sua vita non c'era mai stato posto per gli attimi passati, solo
per l'impellente presente. Tutto
può succedere in qualunque momento, una
verità tanto ovvia a cui si era rassegnato a testa alta, gli
stava facendo pagare il conto della sua presunzione vanesia.
***
Shion
dormiva. Shion respirava. Ed era sopravvissuto. Le chiazze scure sulle
sue braccia erano svanite, ma qualcos'altro aveva ricoperto il suo
corpo. Nezumi gli aveva aperto la camicia e nella più totale
incredulità aveva fissato quella specie di serpente che gli
avvolgeva il busto e che si muoveva su e giù insieme al suo
petto. Poteva quasi sentirlo sibilare: Era quasi mio... Era quasi mio...
Un
ghigno sottile si allargò sul volto di Nezumi. "Ma lui
è sopravvissuto lo stesso. Mica male per un moccioso
viziato." Nezumi scosse la testa soltanto al ricordo dell'enorme fatica
provata nel tentativo di farlo fuggire sano e salvo da No.6.
Più che la polizia era stata l'incredibile
ingenuità di Shion a farlo spazientire. Ma ora Shion, che a
stento si accorgeva di cosa gli succedesse intorno, aveva stretto i
denti sul baratro della morte ed era sopravvissuto.
Qualche
ora dopo si risvegliò, reduce da un incubo. "Grazie" disse a
Nezumi e Nezumi gli rispose ancora in modo insolente. Ma dentro era
irrequieto. Davanti a lui Shion dialogava normalmente mentre una
cascata di lucenti capelli bianchissimi gli ricadeva sulla fronte.
Erano quanto di più assurdo avesse mai visto. E allo stesso
tempo voleva toccarli, perché sembravano così
soffici e puliti, e dondolavano dolcemente ad ogni movimento della
testa di Shion. Nezumi abbassò gli occhi sul suo viso fino a
scorgere la cicatrice.
Con
sua sorpresa Shion provò di già ad alzarsi dal
letto. Ma si fermò a metà, perché
notò che il suo busto era completamente fasciato da bende.
"C-cos'è
successo? ...Perché ce ne sono così tante?"
"Perché
ti stavi strappando via la pelle dal dolore, ho dovuto fasciarti prima
che combinassi uno scempio."
Perché...
non volevo che tu vedessi...?
Nezumi
sbuffò irritato e si diresse verso l'uscio dicendo che
andava al lavoro. Dietro di sé poteva avvertire la solita
espressione curiosa che Shion assumeva quando parlava con lui. Nessuno
gli aveva mai rivolto uno sguardo simile, perché nessuno lo
ascoltava con l'intenzione arrogante di capirlo e soppesava le sue
parole con l'inutile cura che dimostrava Shion. Ma si gettò
tutto indietro e uscì di corsa dalla stanza. L'aria pungente
dell'autunno inoltrato si schiantava gelida contro le sue guance. Shion
se ne sarebbe accorto da solo. Della cicatrice e dei capelli bianchi.
Era inevitabile che succedesse, ma allora cosa gli era saltato in mente
quando aveva deciso di ricoprirlo di bende...?
Si
fermò di colpo, i suoi piedi affondarono ancora di
più nel terreno umido e fangoso sottostante. Un'espressione
grave adombrava il suo volto. Doveva assolutamente scacciare il
pensiero che si stava formando prepotente dentro di lui. Ma poi
riportò la mente ai soffici capelli di Shion, bianchi come
una distesa di neve pulita. Le sopraciglia aggrottate si distesero
contro la sua volontà e un sorriso sfuggì dalle
sue labbra.
*All'inizio: poesia di Hesse malamente tradotta da me (x_x)
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