Storia quinta classificata al
contest Gimme
Five indetto
da Giuns sul forum di Efp.
Nota
legale:
The Avengers © 2012, Joss Whedon. Titolo © Happy now, 2009, Bon Jovi (che non
posseggo, ancora).
Il qui presente
intreccio è da considerarsi proprietà esclusiva
dell'autrice; pertanto, non può essere riprodotto
- totalmente o parzialmente - senza il consenso di quest'ultima.
Avvertimenti: fluff, angst, voglia di
vivere, slash, alcolismo e CIVIL WAR. vvb
Note:
Tutto
questo delirio si basa su una citazione di Scrubs. E io amo Scrubs.
Sono riuscita a rovinare due cose belle in una volta sola.
Can
I Be Happy Now?
Spesso,
quando fai quello che ti rende felice, le cose incominciano a
funzionare...
ma certe volte, anche se si hanno le migliori intenzioni, si rischia di
cadere nelle vecchie abitudini.
Così credo che la risposta sia che non c'è
risposta. Puoi cercare di essere felice oppure no.
(Scrubs)
1.
New York è
una città anestetizzata, abituata agli abusi e al sangue.
I Chitauri di Loki
l’hanno ridotta a un grumo di polvere ed edifici collassati.
Sotto
l’armatura, mentre stringi il missile, sei un fascio di nervi
in tensione.
Sarà una
bella fine, in stile Iron-man, con un gran botto, boum!, e
nell’aria fuochi d’artificio, stelle filanti di
cervella e componenti metallici.
Il tuo ultimo pensiero
è che, sì, magari avresti voluto un ultimo drink.
Comunque non escludi che in paradiso non si possa trovare qualcosa da
bere.
Quando ti risvegli,
dell’armatura è rimasto poco e hai il corpo
coperto di lividi.
Steve sorride al tuo
fianco.
Va meglio ora.
2.
La debole luce del
reattore inonda la stanza e impiastriccia i vostri corpi nudi.
Steve è
già crollato addormentato, tu sei nella quieta
serenità del dormiveglia.
Non sai spiegarti
com’è successo, ma non è un grande
problema: Tony Stark non ha un piano d’attacco, agisce.
Agisce anche meglio
quando ha due bicchierini in corpo, ma Capitan Boyscout è
stato piuttosto tassativo. Forse era meglio sotto la politica di Pepper
Pugno
di ferro.
Devi ricordarti di
spedirle un cestino di fragole. Te l’aveva detto come sarebbe
finita, con il sorriso di chi ha capito tutto. Donna malefica.
«Tony, cosa
stai facendo?» è un sussurro biascicato.
«Quello che
mi rende felice».
3.
D’accordo,
forse settantadue ore chiuso in laboratorio sono troppe.
Anche i tre litri di
caffè che hai bevuto nelle ultime dodici.
Oltre il fatto che
l’ultimo cibo solido ingerito risale a ieri.
Tutti fattori che
mirano a distruggere mentalmente e fisicamente un qualsiasi essere
umano, ma -
diavolo - sei Tony Stark!
Genio, miliardario,
playboy, filantropo e fra una riunione e l’altra trovi il
tempo di salvare il mondo e resettare Jarvis in modo che parli con un
adorabile accento dothraki.
Perché
Rogers non vuole capirlo?
«Vieni a
letto?»
Sa già di
aver vinto.
Mentre affondi il naso
tra i suoi capelli, ti rendi conto che le cose iniziano a funzionare.
4.
La seconda ondata
è sempre più violenta: vomito e bile si fanno
strada con irruenza attraverso la trachea e tu sei scosso da brividi e
singulti. Ricadi sempre nelle vecchie abitudini.
Appoggi la testa sulla
ceramica fredda del water. Qualcosa di concreto per riportarti alla
realtà.
Gli eventi degli
ultimi giorni sembrano un interminabile, orribile incubo, aborto malato
di una follia febbrile.
Tutto è
iniziato con l’Atto di Registrazione dei Superumani, poi sono
seguiti i litigi, le urla.
È scoppiata
la guerra civile.
Le morti e gli
innocenti fatti a pezzetti.
Steve,
non doveva finire così.
Noi eravamo gli eroi.
5.
«Perché
qui, Capitano?» ti sforzi davvero di sembrare indifferente,
ma devi essere piuttosto patetico con gli evidenti postumi della
sbronza.
«Mi ha
chiamato Jarvis, su quel cellulare che mi avevi regalato. Forse ho
capito come usarlo. Credo ti voglia bene, per essere un
computer».
Ti si siede accanto,
con una tranquillità che non dovrebbe appartenergli, non
dopo gli ultimi scontri.
«Perché
non possiamo tornare come prima?» bisbigli, forse
più a te stesso.
«Non ci sono
motivi, Tony. E neanche scelte difficili da prendere: puoi cercare di
essere felice, oppure no».
«E tu? Cosa
scegli?» la distanza si azzera. È come tornare a
casa, dopo tanto tempo.
«Ho scelto
te».
«Anch’io».
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