Questa
è una specie di AU che avevo iniziato a caso per sfogarmi
(?) quando non riuscivo a descrivere bene le scene
drammatiche/violente/depressive della mia fanfic diciamo "principale"
(cioé tutte).
So
già che finirò per scriverne parecchie di questo
tipo (ugh!), per cui ho pensato di inserirle in una raccolta a parte.
Suppongo
che il livello di non-sense crescerà col mio esaurimento.
°-°
Titolo: Heaven can
wait
Ispirata a: Episodio
9x06
Personaggi: Dean,
Castiel, Kevin.
Parole: 500
*
* *
Dean non
poteva credere di dover davvero aiutare
Kevin a tradurre la dannata Tavoletta degli Angeli.
Perché
doveva farlo?
Era lui
il Profeta, insomma!
Quando
Kevin gli aveva chiesto aiuto il cacciatore aveva cercato, ovviamente,
di defilarsi. Ma Sam, con noncuranza, aveva afferrato per primo le
chiavi dell’Impala ed era uscito, incastrandolo nel bunker.
Dean si
costrinse a sedersi al tavolo della Sala. Annoiato a morte ancor prima
di iniziare, fissò Kevin che, a poca distanza da lui, stava
spiegando a Castiel come era riuscito a tradurre gli
scarabocchi di Metatron in un antico linguaggio cuneiforme blah blah.
A
differenza di Dean, l’ex-angelo sembrava molto interessato
all’argomento. Dean approfittò della sua
distrazione per osservarlo: da quando aveva iniziato a vivere con loro,
Castiel aveva abbandonato il trench e i completi, passando ad uno stile
molto più semplice, da cacciatore.
In quel momento era in piedi accanto a Kevin e indossava dei jeans e
una camicia a quadri azzurri e blu sopra una maglietta bianca. Al polso
aveva un braccialetto di metallo, comprato chissà dove, da
cui pendeva un ciondolo a forma di due ali nere.
I suoi capelli erano spettinati e il bel viso era teso in
un’espressione concentrata.
Dean notò il modo in cui si mordicchiava il labbro inferiore
mentre cercava di afferrare i ragionamenti del Profeta, e
deglutì.
“Cas,” lo chiamò, interrompendo Kevin e
facendo voltare entrambi nella sua direzione. “Mi passi la
tavoletta, per favore?”
Castiel e
Kevin si guardarono un attimo, confusi. Poi, senza pensarci troppo,
Castiel fece come Dean gli aveva chiesto.
Non appena il cacciatore ebbe la tavoletta fra le mani, storse le
labbra in un’espressione indecifrabile.
“Dean..?”
chiese Castiel, preoccupato. “Che succede?”
“E’ che… è strano vedere che
mi consegni la tavoletta degli Angeli senza batter ciglio,”
spiegò lui, serio. “O, sai, tentare di
uccidermi...”
Castiel lo guardò, accigliato, cercando di capire se stava
scherzando o meno.
Alla fine scosse la testa, sospirando. “Devi rinfacciarmi
questa storia ancora per molto, Dean...?” Si
riprese la tavoletta e la riportò a Kevin.
“Da quando sei diventato così sfacciato,
tu?” ribatté il cacciatore, un lampo sadico negli
occhi.
“Ragazzi…” provò Kevin.
Castiel fulminò Dean con lo sguardo. “Da quando ho
notato che ogni volta che è il mio turno tu
casualmente sfrutti i miei sensi di colpa per convincermi
a—“
“RAGAZZI!” gridò
Kevin, interrompendoli. “I-Io…io non voglio
sapere!” disse, nell’imbarazzo più
totale. “Possiamo…possiamo tradurre la tavoletta,
per favore?”
Dean sospirò in direzione di Castiel. “Mi hai
scoperto,” disse, fintamente dispiaciuto.
Castiel
lo ignorò e, raccolto un pesante volume dalla libreria,
glielo lanciò davanti.
“Cos’è questa roba?” chiese
Dean.
“Il primo volume dell’Enciclopedia Zimmerman delle
Lingue Estinte.”
“E quanti sono in tutto?”
“Ventiquattro,” spiegò Castiel.
“Non preoccuparti… li abbiamo tutti.”
La voce dell’ex-angelo era bassa e roca come al solito ma,
mentre parlava, i suoi occhi brillarono di una luce così
divertita che Dean passò la successiva mezz’ora a
sfogliare a caso quella pallosissima enciclopedia, immaginando tutti i
modi in cui gliel’avrebbe fatta pagare quella notte.
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