Quando
Nagisa lo prende per mano e lo trascina dietro il muretto, il cuore
di Rei salta un ciclo completo di tre battiti. Si lascia lanciare
contro la superficie e strizza gli occhi, boccheggiando per cercare
una protesta abbastanza veemente a quel comportamento improvviso.
E
pensare che stava cercando di fare del suo meglio per sopportare la
sua estrema vicinanza, durante il giro nel quale l'ha intrappolato
quella domenica in cui, teoricamente, avrebbe avuto di meglio da
fare. Nella fattispecie: mettere in ordine alfabetico la collezione
di libri che negli ultimi mesi è aumentata esponenzialmente
grazie ai suoi studi approfonditi sul nuoto, prima mondo a lui
estraneo.
Non
che non gli piaccia stare insieme a Nagisa, ma trova faticoso correr
dietro a tutti gli sconvolgimenti mentali e ormonali che gli provoca,
anche solo sorridendogli in classe.
Lancia
un'occhiata alla mano stretta nella sua e non ha il coraggio di
allontanarla, frugando nel cervello alla ricerca di frasi appropriate
da dire in un momento del genere.
«Rei-chan,
guarda!», sibila Nagisa dandogli la schiena.
Rei
scuote la testa e si sporge a sbirciare da sopra la sua spalla.
Assottiglia lo sguardo, ancora stravolto dal batticuore (reso
peggiore dal tenue profumo di sapone alla fragola che emana la pelle
del compagno di classe), ma quando focalizza quello che voleva fargli
vedere riesce a distrarsi quel tanto che basta da non diventare
cianotico.
«Gou-san?»,
mormora, chiedendosi perché si stiano nascondendo.
«Insieme
al capitano della Samezuka! Te lo ricordi? È stato grazie al
sex-appeal e alle tecniche di seduzione di Gou-chan se siamo riusciti
a nuotare in quella pisc-»
Nagisa
si blocca e ridacchia scuotendo le spalle.
«Scusa,
Rei-chan, non volevo riportare alla mente i tuoi fallimenti.»
Apre
la bocca per dirgliene quattro con voce stizzita, ma una gomitata
nello sterno, seguita da uno strattonare di mani, lo interrompe e lo
costringe a sistemarsi gli occhiali tornando a guardare la ragazza.
In
meno di dieci secondi assiste a Gou che sorride, accetta una crêpe
direttamente offertale dal capitano sogghignante e infine si solleva
in punta di piedi per stampargli un bacio sulle labbra.
Rei
diventa rosso fino alla punta dei capelli e distoglie immediatamente
lo sguardo, tirando indietro Nagisa bendandolo col suo avambraccio.
«Non
possiamo spiarli! Non sta bene!»
«Ma
Rei-chan! Si sono baciati! Hai visto?!»
Sì,
ha visto benissimo. Trova riprovevole un comportamento del genere in
un luogo pubblico e così frequentato. Non è bello
costringere le persone a vedere le proprie effusioni. E non è
bello permettere a perfetti estranei di assistere a qualcosa di così
intimo come un... bacio?
«Si
sono baciati!», starnazza rendendosi conto. Trascina via Nagisa
e spera che l'aria fresca possa fare qualcosa per il suo viso
bollente.
«Sììì!»,
trilla l'amico appeso alla sua mano. «Com'erano carini! Ooh, la
prenderò in giro fino al giorno del Giudizio! La ricatterò
per farmi comprare mille dolci in cambio del silenzio con Rin-chan!»
Ascolta
i suoi deliri, intervallati da risate angeliche che non capisce come
possa produrre, fermandosi infine in prossimità di un parco.
Mette le mani sulle ginocchia e riprende fiato, stravolto non per la
corsa, ovviamente, ma per l'imbarazzo di ciò a cui ha
assistito.
Il
volto dell'amico fa capolino dal basso, gli occhi grandi e tondi come
quelli di un bambino e un dito sulla bocca.
«Rei-chan,
perché sei arrossito? Non dirmi che sei così vecchio
dentro da fare tante scene per un bacino?»
Subisce
le sue prese in giro con fare stoico, mettendosi ritto in un istante
e sistemando gli occhiali. Non importa se sembra gli abbiano appena
infilato qualcosa su per il didietro, ciò che conta è
che Nagisa lo veda sempre sicuro di sé e affabile.
Quando
non affonda.
«Per
chi mi hai preso? Penso solo non fosse decente rimanere nascosti come
guardoni.»
«Ah-ah.»
Nagisa
ridacchia e mette le mani sui fianchi, sprizzando raggi di sole.
«Quindi
possiamo provarci anche noi?»
«Certo,
assolutamente, non vedo per-»
Si
interrompe e fissa il visetto dolce e diabolico che è
praticamente incollato al suo petto. Quando si è avvicinato?
Come fa ad essere tanto silenzioso, quando vuole?
Guarda
le palpebre abbassarsi e le labbra spingersi infuori, trattenendo un
grido lunghissimo da balena morente. Non sa come riesca a fare un
passo indietro e a fermare l'inarrestabile avanzata dell'altro
mettendogli due mani ferme (si fa per dire) sulle spalle.
«Cosa
ti salta in mente, Nagisa-kun?! Non si fa! Non si fa!»
«Perché
no? Chu! Chuuu!»
Il
suo no suona come un gno, perché ha ancora le
labbra come quelle di un pesciolino e le muove su e giù,
buffamente, rappresentando una minaccia troppo pericolosa per Rei.
«I
baci sono belli!», insiste Nagisa, cercando di colpire il suo
punto debole.
«Non
tra noi!»
«Come
fai a dirlo se non ci proviamo!»
Disperato,
convinto di avere enormi gocce di sudore che gli rotolano lungo le
tempie, Rei lo spinge indietro e si curva sulle ginocchia piegate, i
pugni stretti e gli occhi serrati.
«I
ragazzi non si baciano tra loro, Nagisa-kun!!!», grida.
La
reazione è esagerata e una persona normale avrebbe cominciato
ad allontanarsi strusciando discretamente le suole delle scarpe, ma
Nagisa trova divertente e per nulla scoraggiante quella sparata, così
tipica di Rei quando viene provocato.
«Mh?
Quindi se ti dimostro che ci sono ragazzi che si baciano è
ok?»
Rei
ammicca e prende alcuni respiri intensi, rimettendosi in una
posizione più naturale.
«N-non
lo so, io-», farfuglia.
Sta
cadendo in una sua trappola, è praticamente certo. Lo vuole
manipolare sapendo di avere già la vittoria in pugno e finirà
per portarlo esattamente dove vuole lui. Lo vede nel luccichio
maligno di quegli occhi rosa scuro che ha imparato a conoscere.
Incrocia
le braccia e raddrizza la schiena per l'ennesima volta, a disagio ma
convinto a non lasciarsi menare per il naso, almeno questa volta. E
poi che sciocchezza gli è venuta in mente di volerlo baciare?
Sente
il collo riprendere a cambiare gradazione e tendere al borgogna,
quindi lo affonda nel colletto della camicia e simula un colpo di
tosse.
«Non
ti prometto niente.»
Nagisa
sembra contentissimo di quella risposta, anche se è
diplomatica e pulita e la miglior via di fuga che potesse trovare.
Quello
che Rei non sa è che il compagno di classe è pronto a
tornare all'attacco prima di quanto non creda.
Lunedì,
durante la pausa pranzo spesa sul tetto della scuola con la schiena
contro il muro bianco, Nagisa sta divorando il secondo panino con
marmellata di fragole. Sembra incredibilmente contento, mentre
ondeggia e continua a parlare nonostante abbia la bocca piena.
Makoto
e Haruka sono gomito a gomito, i bentō
identici e l'espressione rilassata come se nulla al mondo avesse il
potere di turbare tanta serenità interiore.
Rei,
dal canto suo, ha cercato in ogni modo di nascondere le occhiaie
usando un po' del correttore della madre. Non importa se è
dovuto ricorrere a cosmetici femminili, non poteva farsi vedere a
scuola con quella faccia così poco bella.
Il
problema è sorto nel momento in cui si è steso sotto le
coperte, ha spento la luce e ha stretto il peluche a forma di bruco
sospirando pietosamente. D'un tratto gli è tornato alla mente
il volto proteso di Nagisa, le palpebre chiuse, le labbra pronte per
ricevere un suo bacio: nel
silenzio totale della camera da letto ha sbarrato gli occhi e ha
lottato contro l'impulso di lanciare un muggito.
A
nulla è valso il conforto del suo morbidissimo e amato bruco,
compagno di mille notti pacifiche, e quando la sveglia sul comodino
ha emesso il suo fastidioso richiamo lui era ancora lì, gli
occhi iniettati di sangue e le guance cineree.
Avrà
sì e no dormito tre ore. Discontinue. Perciò sì,
correttore fu.
Si
schiarisce la gola e tuffa le bacchette tra le piccole omelette
perfettamente ordinate nel loro riquadro, quando Nagisa decide di
sterminare definitivamente l'armonia del pranzo.
«Mako-chan,
Haru-chan, ve lo dareste un bacio davanti a noi?»
Serafico,
il ragazzo biondo si caccia in bocca l'ultimo morso di pane dolce e
pianta la cannuccia nel latte alla fragola. (Per fortuna Rei si sente
meno solo, scorgendo il rossore di Makoto e il bentō
che per poco non gli sfugge di mano.)
«Na-Na-Nagisa?!»
La
voce di Makoto è stridula e Rei comprende perfettamente come
deve sentirsi in imbarazzo. Prova subito sincera compassione per lui
e cerca qualcosa da dire per venirgli in soccorso.
«Nagisa-kun,
la tua mancanza di tatto continua a sorprendermi», mormora,
composto e sussiegoso, rivolgendogli un'occhiata critica.
Non
importa se gli darà ancora del vecchio o lo prenderà in
giro per tanta serietà, a Rei non piace che metta a disagio i
suoi amici con certe sparate.
«Che
barba, Rei-chan!», esclama difatti, interrompendosi solo per
risucchiare quanto più latte gli riesce in una manciata di
istanti. «Non ho detto niente di strano!»
«Nagisa,
queste non sono cose che si possono fare a comando», ridacchia
Makoto, nervoso, la mano che si insinua tra i capelli dietro la nuca
mentre socchiude gli occhi.
Rei
invidia la sua capacità di non arrabbiarsi e di mantenere
quell'espressione gentile, anche se dentro starà sicuramente
cercando l'angolazione migliore dalla quale buttarsi di sotto per un
impatto mortale.
«Non
è così, Haru?»
Nell'istante
in cui il senpai si volta per cercare l'appoggio dell'amico
d'infanzia, Haruka tende il collo e poggia le labbra sulle sue,
chiuse a formulare la vocale conclusiva del nome.
Rei
si lascia sfuggire di mano le bacchette; Nagisa smette di fare rumore
aspirando il latte e spalanca gli occhi con ammirazione.
La
faccia di Makoto diventa rossa come un addobbo natalizio e il colore
continua a peggiorare nonostante il contatto non sia durato che
pochi secondi. Haruka, quasi annoiato, si lecca le labbra con calma e
sbatte una volta le palpebre, tornando al suo pranzo come se nulla
fosse accaduto.
Sente
gli occhiali scivolargli sul naso, ma non riesce a muovere le mani
per spingerli su. È come se il tempo si fosse congelato e gli
pare di sentire sulla pelle persino le particelle di polvere che
galleggiano pigre nel raggio di sole che gli accarezza l'avambraccio.
«Wow,
Haru-chan! Sei il migliore!», esplode Nagisa, entusiasta,
dandogli una pacca sul ginocchio e tornando a bere con avidità.
Haruka
non si spreca nemmeno a fare spallucce e riempie la bocca aperta di
Makoto con un piccolo boccone di sgombro, arrossendo
impercettibilmente, adesso, attorno agli zigomi. È un rosa
confetto così delicato che quasi non si nota, niente a
confronto del blackout completo in cui sembra essere piombato il loro
capitano.
«Hai
visto com'è facile, Rei-chan? Non pensi sia stato un bacio
proprio bello?»
Sentitosi
appellare volta rigidamente il collo per trovarsi faccia a faccia con
Nagisa. Eccola lì, la luce birbante in fondo ai suoi occhi,
oltre al sorriso malizioso che arriva alle orecchie.
«Sapete,
Rei-chan non vuole baciarmi! Gli ho spiegato che non c'è
niente di male nel farlo, ma lui dice che non è proprio
possibile! Non è noioso?»
Il
grido di Rei si perde sotto il continuo blaterare di Nagisa, che si
mette a raccontare agli amici di quanto gli piacerebbe provare a
baciare, di quanto pensi sia assolutamente normale premere le labbra
su quelle di una persona con la quale c'è un certo rapporto di
fiducia.
«Bacialo,
Rei», mormora Haruka aprendo una bottiglietta d'acqua. «Guarda
quanto ci tiene.»
«Haruka-senpai!»,
strepita scandalizzato.
Makoto,
ripresosi miracolosamente dal coma cerebrale, cerca di calmare gli
animi mostrando i palmi e dicendo cose ragionevoli in tono bonario,
ma Rei è così arrabbiato che scatta in piedi e stringe
i pugni, urlando contro Nagisa che lo fissa dal basso con un faccino
adorabile e sperduto.
«Non
voglio baciarti perché non stiamo insieme!», esplode
tutto d'un fiato. «Non si baciano gli amici, non si baciano le
persone solo perché hai voglia di provare! Non ci si bacia
senza essere innamorati, altrimenti fa schifo!»
Il
petto si alza e si abbassa velocemente e il cuore gli batte come se
avesse un mostro alle calcagna.
Haruka
e Makoto lo guardano senza nemmeno pensare di intervenire in quella
sfuriata, ma Nagisa apre la bocca e la richiude un paio di volte,
prima di voltarsi di scatto e stringere tra le dita il cartoncino
ormai vuoto, a testa china.
«Eh,
Rei-chan, com'è facile farti perdere le staffe»,
ridacchia, ma c'è qualcosa di strano in quella voce, non è
per nulla la solita allegra e frizzante musica a cui lo ha abituato
da mesi.
Nagisa
rialza il viso e sorride a labbra chiuse facendo spallucce.
«Ti
prendevo in giro», dichiara, scandendo le parole lentamente.
Anche
quello è strano.
«È
ovvio che sarebbe disgustoso baciarmi.»
Dice
assurdità, ha frainteso! Non sarebbe affatto disgustoso!
Sarebbe meraviglioso, semmai.
Sarebbe un sogno che diventa realtà, un dolce incendio da far
scoppiare dentro, che voglia ammetterlo o meno.
Lo
bacerebbe anche dopo averlo visto sbafarsi venti di quei terribili
panini dalla dolcezza nauseante, perché il sapore di
marmellata alla fragola, sulla sua lingua, sarebbe impagabile.
Rei
lo sa, pur non avendo mai nemmeno cercato di immaginarlo seriamente,
e lo sa dato che il cuore gli esplode quando Nagisa sorride e
gli prende le mani aiutandolo a non affondare. Fa le capriole quando
appoggia il mento alla sua spalla e spia il libro che sta leggendo,
chiedendogli all'orecchio se -per favore- può dargli
ripetizioni di matematica prima del test. Salta con l'asta più
in alto di quanto lui non abbia mai saputo fare, quando riceve un suo
sms. Qualsiasi cosa gli abbia scritto.
Tuttavia
lo manda in bestia pensare che Nagisa voglia un bacio per il gusto di
sperimentare qualcosa di nuovo e non perché è lui, Rei
Ryugazaki, a darglielo. È così difficile da capire? È
così stupido? È così “vecchio”?
«Nagisa,
non penso che Rei volesse dire questo», interviene in tono
delicato Makoto, le sopracciglia quasi unite dalla preoccupazione.
Haruka
comincia a distogliere la sua attenzione da Nagisa e fissa Rei negli
occhi. È uno sguardo glaciale, piatto, privo di emozioni
particolari, ma lui ci legge dentro una serie di rimproveri
espliciti.
Hai
reso triste Nagisa. Sei uno sgombro andato a male.
China
la testa per sottrarsi al suo muto accusarlo e appoggia i palmi
aperti contro le cosce irrigidite. Ha la schiena un poco curva in
avanti ed è pronto a inchinarsi per chiedergli scusa. Sta già
formulando le parole di rito, la bocca stretta nell'attimo prima del
respiro che gli serve per buttare fuori le doverose parole.
«Wow,
è già così tardi?», fa Nagisa,
raccogliendo le cartacce che ha accumulato e alzandosi vispo come un
grillo. «Dovremmo muoverci, no?»
Gli
passa accanto senza aggrapparsi al suo braccio per portarselo dietro
gioiosamente come fa sempre e questo gli fa male. Colpisce Rei molto
più in profondità di un insulto diretto.
«N-Nagisa-kun!»
Fa
un mezzo passo nella sua direzione, teso e corrucciato, derubato
delle scuse che voleva offrirgli.
Nagisa
si ferma, si gira e sorride. «Cosa c'è?»
Apre
di nuovo la bocca, ma Haruka mormora un «Si è fatto
davvero tardi» e in qualche modo stanno tutti scendendo le
scale per tornare in classe. Nagisa saltella e supera due gradini
alla volta cantando una canzonaccia, ma Rei sente una morsa nel petto
e ad ogni rampa ha soltanto più voglia di fermarlo e scusarsi
a pieni polmoni, anche se ha perso il momento.
Per
tutta la lezione successiva, Rei, seduto di qualche posto davanti a
Nagisa, non ha alcuna occasione di osservarlo. Si tormenta le mani e
prende appunti nervosamente, chiedendosi cosa stia facendo e che tipo
di sguardo abbia.
Nagisa
non tiene il muso, si fa scivolare le cose addosso. Questo però
non basta a non farlo sentire una merda per avergli urlato contro ed
essere stato così poco gentile.
Sa
com'è fatto, sa che ama punzecchiarlo e fargli perdere la
pazienza; se gli desse veramente sui nervi non sarebbe nemmeno
diventato suo amico, giusto?
La
verità è che più gli gironzola attorno, evitando
di nominare Haru-chan
come se fosse una specie di divinità, più Rei è
felice. Va bene essere tormentato, va bene essere il suo obiettivo
per uno scherzo o un motivo di sganasciate se si addormenta sul banco
e fa una figuraccia.
Stringe
forte la penna e la sente scricchiolare. Lancia un'occhiata al
sensei, intento a scrivere alla lavagna una serie di date che devono
ricordare per il prossimo compito in classe. Ne approfitta per
sbirciare da sopra la spalla e assicurarsi che Nagisa stia bene.
Lo
trova con il mento appoggiato al palmo della mano, l'espressione
distante, annoiata, rivolta alla finestra. Andrebbe anche bene, se
non fosse che è la lezione di storia e che a Nagisa piace
moltissimo quella materia, tanto da avere voti sempre sopra la media.
Sentendosi
osservato, l'amico ha un piccolo sussulto e gira gli occhi nella sua
direzione.
Si
guardano finché non gli regala un sorriso di quelli proprio
speciali e Rei per qualche momento si scioglie, come se gli avessero
spaccato un uovo al cioccolato fuso dentro la gabbia toracica, ma poi
Nagisa fa gli occhi grandi e muove velocemente la bocca per
avvertirlo di qualcosa.
Rei
inclina la testa e si volta in tempo per trovare il sensei a
sovrastarlo con le mani sui fianchi.
«Questo
non è per niente bello», si lascia sfuggire tra i denti.
Ripone
con cura la divisa dentro l'armadietto e richiude l'anta con un
sospiro. Subito dietro c'è Nagisa, appena giunto, sembra, con
le mani già sui bottoni della camicia.
Rei
fa un salto e balbetta un saluto imbranato, ricambiato da uno fin
troppo pimpante.
Resta
fermo a guardare il ragazzo che si spoglia e piega alla buona i
vestiti. Solamente quando lancia via l'intimo Rei ha la decenza di
guardare il soffitto arrossendo vistosamente.
«Hey,
Rei-chan, sei pronto a sfidarmi?», cinguetta Nagisa, facendo
scattare l'elastico del costume attorno ai fianchi e voltandosi con
un piccolo salto. «Dai, dai, non c'è niente di meglio di
una gara per essere stimolati a uscire dal meraviglioso mondo delle
rocce decorative del fondale acquatico!»
Rei
si imbroncia per la frecciata, ma non dura molto.
Appoggia
il braccio all'anta chiusa e poi ci preme sopra la fronte con un
sospiro lunghissimo. Rimane fermo a pensare, a raccogliere una
manciata di frasi sensate da dirgli, perché dopo due settimane
di disagio e di mancate scuse comincia ad essere stufo di attingere
al correttore della madre e alle creme antirughe.
«Rei-chan?»
La
mano di Nagisa si appoggia sulla sua spalla e Rei rabbrividisce di
sollievo.
«È
un po' che non mi toccavi.»
Il
palmo tiepido scompare all'istante e lui si manda a cagare per
averglielo fatto notare. Era così gentile, quel tocco, capace
di sedare i suoi tormenti come una magia benevola.
«Non
ho detto di smettere», sospira travolto dall'imbarazzo, ma così
sincero, per una volta, da provare un senso di capogiro apprezzabile.
Volge
la testa e lo sbircia attraverso le lenti degli occhiali. Nascosto
parzialmente dal braccio si sente un po' protetto e quindi più
incline ad essere coraggioso.
«Mi
manchi tanto, Nagisa.»
Ammira
i suoi occhi incassare la rivelazione e farsi leggermente umidi. Con
quell'espressione emozionata sembrano due gioielli, e sì,
sono dannatamente belli, non può che perdercisi con tutta la
consapevolezza del mondo.
«Rei-chan»,
sussurra, la voce affrettata. «Che cosa strana da dire! Stai
bene?»
Non
fa in tempo a rispondergli che Nagisa lo prende per mano e lo
trascina via da lì.
Corre
fino alla piscina, si ferma un istante per sfilargli gli occhiali e
posarli in terra, quindi gli balza alle spalle e lo spinge colpendolo
sotto le scapole per gettarcelo dentro.
Rei
lancia un grido di estrema virilità, prima di affondare come
un masso e riemergere al contrario agitando le gambe. L'altro si
tuffa a bomba e gli è subito accanto, lo sta già
prendendo per i fianchi e rimettendolo nel verso giusto affinché
possa respirare, insultandolo tra uno spasmo e l'altro.
Si
lascia trasportare da lui come se non avesse peso e finisce con le
spalle contro il bordo piscina, le mani nelle sue, aggrappate come
tenaglie. Viso a viso si rende conto di quanto avesse quasi
dimenticato la sconvolgente bellezza che possiede, dato che
ultimamente non lo ha più avuto tanto vicino e si sono parlati
senza che Rei riuscisse a sostenerne lo sguardo per oltre quattro
secondi.
Fissa
le gocce d'acqua che gli scivolano sulla pelle e i capelli bagnati,
più scuri, che sono appesantiti e lisci contro il collo roseo
e le tempie. Osserva le labbra, tremanti per il freddo e visibilmente
morbide, che si schiudono in un nuovo, accattivante sorriso a pochi
centimetri di distanza.
«Voglio
baciarti, Nagisa-kun.»
Le
dita si stringono, il suo corpo si avvicina e non può credere
di averlo detto sul serio.
Sente
il petto premergli addosso, delicato, le gambe che si incontrano
sott'acqua e si sfiorano.
«Credevo
che il suffisso fosse sparito.»
La
voce è bassa, così soave che sembra Nagisa sia
diventato improvvisamente più maturo, pur essendo sempre lo
stesso adorabile rompiscatole.
A
Rei piace quella voce e lo tira ancora verso di sé, finendo
per sentire il suo respiro contro il viso.
«Nagisa»,
ripete, morendo d'imbarazzo a chiamarlo così. Sa di averlo
fatto anche prima, solo che non era tanto cosciente come in questo
momento in cui tutti i sensi sono all'erta.
«Perché
ora vuoi baciarmi?»
Per
l'amor del cielo, Nagisa, smettila di tormentarmi.
Fissandogli
le labbra e gli occhi, alternativamente, crede di essere sul punto di
morire. Non sono mai stati tanto incollati e sta diventando
complicatissimo anche solo respirare, un'attività che -a
quanto ne sa- dovrebbe essere autonoma. Non ci si dovrebbe pensare
tanto affinché il meccanismo funzioni: peccato che a lui
sembri di essere l'artefice attivo di ogni breve rifornimento d'aria.
«Fallo»,
lo invita finalmente Nagisa, senza aspettare una risposta.
Gli
porta le mani sul livello dell'acqua e gli si spinge contro con il
viso inclinato. Sente le loro labbra sfiorarsi attuando una deliziosa
provocazione, ma per quanto lo voglia, per quanto sia quasi del tutto
annientato dal desiderio di annebbiarsi con quel gesto, c'è
ancora qualcosa che deve sapere.
«Tu
lo vuoi perché sono io?»
Sembra
un po' disperato, a chiederlo, ma deve capire se per Nagisa è
importante. Lui, un bacio, quel rapporto fatto di alti e bassi e
insostituibile.
Lo
ascolta ridacchiare pianissimo, poi premerlo completamente indietro,
facendogli scoprire che c'era ancora spazio da ridurre alle sue
spalle.
Le
sue gambe si sollevano e gli si allacciano ai fianchi, legandolo in
una morsa leggera ma presente. Le mani si stringono ancora una volta,
prima che Nagisa gli guidi le braccia dietro, a stringerlo sulla
schiena.
Sta
succedendo davvero. Sto per baciarlo. Fa' che non svenga come un
cretino.
«Ti
amo, Rei.»
Ancora
così adulto, così serio, così eccitante nella
sua sicurezza.
Si
rende conto di quello che ha appena detto?
È
lo stesso Nagisa che sbatte la testa contro i libri di matematica e
beve rumorosamente con la cannuccia? È lo stesso che cerca di
convincerli a entrare nottetempo in una piscina privata per nuotare
nudi? È lo stesso che sbadiglia in biblioteca lamentandosi
dell'assenza di distributori di shortcake e disegna pinguini obesi su
ogni quaderno nuovo?
Se
non fosse lui, lo stesso
Nagisa, non sentirebbe il cuore fare tanto male.
Apre
meglio la bocca e lo stringe. Sente le sue dita gocciolanti sul viso
e le labbra si scontrano di comune accordo in modo dolce e
appassionato, alla ricerca di un contatto che sembrano desiderare
entrambi per le giuste motivazioni.
Si
perde e dimentica tutto il resto, registrando solo vagamente di avere
lo stomaco sottosopra. Troppe reazioni simultanee, è scoppiato
il caos dentro di lui. È impossibile tenere il conto di tutto
quello che sta capitando nel suo organismo o anche solo provare a
elencarlo e capirlo, catalogarlo e analizzarlo con metodo.
Vorrebbe
spingersi sott'acqua e continuare a baciarlo lì, al sicuro,
per nasconderlo agli occhi del cielo che li sta spiando. Invece
rimane lì, a stringersi, a lasciarsi accarezzare mentre
sospira e approfondisce goffamente quel primo bacio.
La
lingua di Nagisa sa di fragola, come aveva sempre immaginato, ma non
di marmellata. La spiegazione sta in una piccola caramella dura che
scopre all'improvviso.
Nagisa
gliela passa con movimenti studiati e lenti. Gli sembra che non ci
sia mai stato un sapore più perfetto di quello.
Ha
le dita ridotte a lunghe prugne insensibili quando si separa con un
lamento di delusione. La mandibola tira dolorosamente e si sente
disidratato, ma avrebbe continuato ancora per ore.
La
vista di quella bocca lo convince che hanno esagerato, perché
sembra gonfia e sta assumendo una gradazione cromatica non troppo
sana. Eppure non resiste e torna all'attacco, solo per ricoprirlo di
baci più tranquilli che producono un suono piacevole e un poco
vergognoso. Nagisa lo ricambia sorridendo e a volte finisce per
baciargli i denti grazie a un pessimo tempismo, ma non importa nulla,
è bello tutto quanto.
«Usciamo»,
propone, prendendolo per mano e slacciando le gambe dai suoi fianchi.
Rei
si sente ubriaco per tutto quel baciarsi senza interruzioni, ma lo
segue docilmente lasciandosi trasportare come una medusa senza vita,
un sorrisetto vago a renderlo meno serio.
Si
tirano fuori dalla piscina e si ritrovano davanti Haruka e Makoto,
entrambi con l'aria di non essere proprio appena arrivati. Rei
reprime un singulto e lascia andare la mano di Nagisa, sentendosi
immediatamente in colpa. Per fortuna c'è la sua risata per
niente offesa, subito dopo, e le mani di Makoto che si fanno avanti
per ricongiungerli con un'occhiata paziente da mamma.
«Era
ora», commenta, facendo un cenno affermativo e sparendo nello
spogliatoio.
Il
ragazzo dai capelli blu fuma dalle orecchie e si china (questa volta
senza lasciar andare il palmo di Nagisa) per raccogliere gli occhiali
messi prima in salvo e inforcarli con un movimento abituale.
Quando
torna in piedi si scontra con la faccia imperturbabile di Haruka.
Improvvisamente si sente nervoso come se avesse davanti il padre di
Nagisa. Un padre molto giovane.
«Sii
responsabile», sussurra manco a farlo apposta, aumentando
quella sensazione disturbante.
«Sì,
Haruka-senpai!», scatta impettito.
Nagisa
si piega in due dal ridere e Haruka, nella sua infinita pace
interiore, concede loro un sorriso.
«Era
ora», dichiara, ripetendo quanto già detto da Makoto.
«Ti avevo detto di baciarlo, Rei.»
Li
lascia così, a gocciolare su bordo piscina.
Rei
guarda Nagisa solo dopo molti secondi e viene ricambiato da
un'occhiata talmente piena d'amore che non può non rilassare
la postura con un gemito felice.
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