Il tour promozionale dell’album ci aveva riportato in Francia
per un’apparizione televisiva.
Era mattina e mi stavo lavando i denti nel bagno della nostra camera
d’hotel.
La porta era aperta e Miles entrò, armato di rasoio e
schiuma da barba. Non mi chiese nemmeno se poteva rasarsi,
iniziò a spalmarsi la crema sul viso, continuando a fingere
che in bagno non ci fosse nessuno.
Questa era una delle cose che mi infastidivano di più della
convivenza con Miles: il fatto che non si preoccupasse di chiedere se
qualcosa mi dava fastidio.
Continuai a lavarmi i denti fingendo che la sua presenza non mi
infastidisse.
“I'll give you daylight for a friend
I'll do all of these”
Riconobbi la canzone che Miles aveva iniziato a canticchiare.
L’avevamo scelta come una delle cover da proporre nei nostri
live.
Mi faceva pensare a casa quella canzone, perché mi ricordava
mia mamma, a cui piaceva molto Bowie.
Finii di lavarmi i denti e poi mi unii a lui.
Usavo lo spazzolino come microfono e lui fece la stessa con il rasoio.
I nostri sguardi si incontrarono nel riflesso dello specchio.
“I'll prove that it can be done, I'm so much in love
Like the ragged boy who races with the wind”
Le nostre voci si unirono in questi versi e anche questa
volta mi sorpresi di quanto fossero armoniose insieme.
La mia voce stava cambiando in quel periodo: stava diventando un
po’ più profonda e davo la colpa di questa cosa
alle sigarette, mentre Miles scherzava sul fatto che finalmente stessi
diventando un uomo.
In ogni caso non davo molta importanza ai cambiamenti nella mia voce,
perché non mi ero mai preoccupato troppo di come potesse
essere. Ero finito a fare il cantante, perché ero
l’unico che poteva farlo, per Miles invece saper cantare era
una cosa importante: aveva dovuto imparare ed esercitarsi e aveva
spesso paura di sbagliare, quindi anche sul nostro album aveva
preferito prestare meno la voce alle canzoni.
Quella mattina in quel bagno sembrava aver abbandonato ogni
preoccupazione e cantava senza pensieri: c’era Miles in
canotta e boxer che faceva il cretino davanti allo specchio e tutto il
fastidio che aveva accompagnato la sua presenza in bagno con me, era
sparito magicamente.
“No man loved like I love you
Wouldn't you like to love me too?”
Ero troppo impegnato a cantare il ritornello e guardarlo negli occhi
per accorgermi che aveva improvvisamente smesso di cantare per quel
pezzettino e aveva ripreso subito dopo solo per non farmi finire la
strofa da solo.
“In the heat of the morning
In the shadow I'll clip your wings
And I'll tell you I love you
In the heat of the morning”
L’ultimo verso praticamente fu sussurrato e, senza farlo
apposta, insieme decidemmo di fermarci.
L’entusiasmo iniziale aveva abbandonato entrambi: la
serenità era sparita in un battito di ciglia e aveva
lasciato il posto a una strana sensazione di disagio, come se
l’intimità di quel momento fosse sbagliata, non
voluta.
Uscii dal bagno senza proferire parola e iniziai a vestirmi per
scendere a fare colazione.
“Non mi aspettare per la colazione, non vengo. Ci vediamo
direttamente in studio.” Disse Miles dal bagno.
Non gli chiesi niente, perché non mi interessava sapere cosa
dovesse fare o questo era quello che mi ripetevo.
In realtà ero curioso, ma se avesse voluto farmi sapere
qualcosa, me ne avrebbe parlato lui. Non erano affari miei e volevo
fuggire da quella stanza in cui mi sentivo soffocare per la freddezza
di Miles.
“A dopo.” Riuscii a dire, solo per
educazione e per fingere che fosse tutto a posto, ma sapevo
benissimo che era un misero tentativo davanti a Miles.
La mattinata trascorse in modo anonimo e solitario, James Ford non era
un uomo di troppa compagnia e poi non riuscivo a vederlo come un amico,
lo vedevo come un mio superiore.
Arrivato allo studio televisivo trovai Miles già nei
camerini, sotto le grinfie di una truccatrice che stava mettendo troppo
zelo nell’occupazione di rendere perfettamente omogeneo il
colorito del viso di Miles e lui non sembrava dispiacersi della
vicinanza di quella ragazza al suo viso.
Aveva un’espressione rilassata e non sembrava lo stesso di
quella mattina.
“Alla buon’ora! Pensavo non ti
presentassi!” Mi disse non appena mi vide.
“Non sono mica Liam Gallagher, io mi presento alle
esibizioni.” Risposi acidamente. I Gallagher per Miles non si
potevano toccare, mentre per me erano un altro gruppo estremamente
sopravvalutato di cui non si poteva parlare male, pena la decapitazione.
“A me in realtà non dispiacerebbe essere Noel ora
che ci penso.” Rispose Miles tenendo sempre gli occhi chiusi
per agevolare il lavoro della ragazza.
“Sì, Miles, lo so. Grazie al cielo non lo sei
però. Sei il mio migliore amico e non un altro musicista
inglese pieno di sé e che vive di rendita per aver scritto
qualche canzone carina.”
“Quanto mi piacerebbe sentirti fare un commento del genere in
pubblico.”
Quella conversazione mi stava annoiando mortalmente, così
non risposi, ma mi accomodai per farmi truccare da una volenterosa
ragazza.
Quando terminò la tortura del trucco, mi alzai per
raggiungere James e attendere insieme a lui l’inizio della
puntata, senza curarmi di aspettare Miles, che intanto stava flirtando
con la truccatrice.
In macchina di ritorno verso l’hotel non gli rivolsi la
parola. L’esibizione era andata bene e avevo deciso di
fingere che niente mi infastidisse, anche perché lui
sembrava estremamente tranquillo e rilassato.
Guardava fuori dal finestrino e di tanto in tanto rispondeva a dei
messaggi, probabilmente di Agyness.
Arrivati a destinazione, scoprii cosa aveva fatto tutta la mattina in
giro per Parigi: nel baule dell’auto c’erano una
marea di borse e di sacchetti; si era dedicato allo shopping sfrenato.
Per questa cosa sembrava una ragazza. C’erano poche cose che
gli piacevano più dei vestiti: il sesso e la musica.
In camera iniziò a sistemare i nuovi acquisti nella valigia,
senza mostrarmi le cose che aveva comprato, perché sapeva
che non mi interessava minimamente la moda e lo stile.
Stavo per andare nel giardino dell’hotel per fumarmi una
sigaretta in santa pace e senza dover assistere a quella scena, in cui
evidentemente non ero il benvenuto, quando si girò verso di
me sorridendo.
“Stamattina ti ho preso una cosa.” Disse, mentre
cercava tra le innumerevoli borse quella destinata a me.
“Miles, non dovevi! E poi sai che non ho il tuo gusto in
fatto di abbigliamento.” Ero sul serio terrorizzato per il
regalo di Miles, quindi decisi di non fingere che mi piacesse qualsiasi
cosa mi avesse preso.
“Mi fai passare la voglia di farti vedere
cos’è. Secondo te non so che non posso regalarti
una giacca di pelle rossa? Cristo Turner, un po’ di
fiducia!” Mi porse una borsa molto elegante e cercai di
individuare dalla marca di cosa potesse trattarsi, ma non la conoscevo.
L’aprii titubante e vi trovai dentro una camicia blu a
maniche lunghe. Il colore era intenso e profondo e il tessuto
estremamente morbido e leggero.
“Grazie, è bellissima.” Finalmente mi
sciolsi e l’acidità che mi aveva accompagnato per
tutto il giorno sparì.
“Prego, Alex.” Rispose in tono serio.
“Ma non dovevi disturbarti, non c’è
nemmeno un pretesto per un regalo.”
“Devo aspettare il compleanno per fare un regalo al mio
migliore amico? E poi non potevo lasciarla addosso al manichino. Nel
momento stesso in cui l’ho vista, ti ho immaginato con quel
colore addosso.”
Lo ringraziai ancora e iniziai a piegarla per sistemarla in valigia.
“Non la provi?” mi chiese.
“Adesso?”
“Sì! Sono curioso di vedere come ti sta!”
“Ma io in realtà stavo per
andare…”
“Una sigaretta può aspettare.”
Non riuscii a finire la frase, perché lui si era avvicinato
e mi aveva tolto la giacca e aveva iniziato a sbottonarmi la camicia.
“Ok, ok la provo adesso, ok.” Il mio tono non
voleva risultare così brusco, ma i suoi gesti mi avevano
scombussolato.
“Bene!”
Sentivo le guance bruciare e quando si allontanò per farmi
svestire da solo, sperai che non notasse l’imbarazzo dipinto
sul mio volto.
Grazie al cielo si mise a sistemare gli altri acquisti mentre io
provavo la camicia, ma lo osservavo attentamente, per vedere se in
qualche modo anche lui fosse imbarazzato.
Miles era invece molto tranquillo e quando sistemò in
valigia un completino intimo da donna nero, fui io a imbarazzarmi
ancora per il suo assente senso del pudore.
Mi schiarii la gola, per annunciare che avevo finito.
Si voltò verso di me, mi squadrò dalla testa ai
piedi con un sorriso piuttosto soddisfatto.
“Stai molto bene. Se fossi gay e non ti conoscessi,
probabilmente ti chiederei di uscire.” Disse e poi
scoppiò a ridere, probabilmente più per la mia
espressione che per l’idiozia che aveva appena detto.
“Notevole come tu abbia voluto precisare il fatto di non
dovermi conoscere e il condizionale accompagnato dal probabilmente come
vincoli per un appuntamento. Sono lusingato.”
Non si aspettava una mia risposta, ma di certo non lo lasciai senza
parole.
“Alex, non ti offendere, come amico sei fantastico, ma in un
amante cerco altro.”
Ero tentato di chiedergli cosa cercasse in un amante di qualsivoglia
sesso, ma una telefonata di Alexa mi salvò da quella
interessantissima conversazione.
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