* Questa ff contiene scene di sesso
e violente, ed inoltre è piuttosto triste. Non è perciò adatta ad un pubblico
troppo piccolo né troppo sensibile e/o impressionabile *
Gettandosi nel vuoto
Si dice che chi sceglie di
suicidarsi gettandosi nel vuoto, non lasci lettere con i propri ultimi
pensieri, con i motivi che l’hanno portato a compiere un tale gesto, perché
scrivere una lettera d’addio significa anche cercare di colpevolizzare
qualcuno…
Si dice che chi sceglie di
suicidarsi gettandosi nel vuoto, consideri se stesso fautore della propria
rovina…
Si dice che chi sceglie di
suicidarsi gettandosi nel vuoto, consideri se stesso l’unico colpevole di tutto
quello che gli è accaduto, e che lo porta a fare un gesto tanto estremo…
Non so dire se sia realmente
così, anche se ora mi trovo sulla cima di questa torre, in piedi sul bordo di
essa.
Basterebbe sporgersi poco di più,
spostare il proprio baricentro, e gli artigli della gravità mi ghermirebbero,
attirandomi a terra, in un duro abbraccio coperto di sangue.
Non so dire se sia realmente
così, anche se non ho lasciato lettere in cui spiegare questo gesto che in
molti considereranno folle, estremo, improvviso, dettato da un insano momento
di pazzia.
E chi può dire che non sia
realmente così?
Chi può dire che questo mio
momento di pazzia, non sia durato in realtà anni ed anni?
Ed io ora mi trovo in cima a
quest’alta ed imponente torre, nel grande maniero che dovrebbe essere la mia casa.
Eppure casa non è forse simbolo
di calore, affetto, famiglia?
Una casa non è forse una nicchia,
un porto sicuro in cui fare ritorno dalle dure prove che ci riserva la vita?
Casa…
Se il termine casa significa
tutto ciò, dov’è la mia casa?
Perché anch’io non ho quel porto
sicuro in cui tornare, ma solo una prigione maleodorante di morte e sangue, una
gabbia d’oro le cui sbarre sono però graffiate dagli artigli degli aguzzini che
mi feriscono nel corpo e nello spirito?
Un ragazzo di diciassette anni…
Sono solo un ragazzo di
diciassette anni…
Un ragazzo di diciassette anni
che non vedrà mai l’alba del giorno del suo diciottesimo compleanno, il felice giorno
in cui avrebbe dovuto lasciare il mondo dell’adolescenza, per divenire
finalmente adulto…
Ma io non voglio divenire adulto…
non voglio non voglio non voglio!
Adulto… assassino…
Perché per me le due cose
coinciderebbero.
«Il giorno del tuo compleanno riceverai il dono più prezioso che possa
essere desiderato, figlio mio…»
Si, gran regalo un bel tatuaggio
su un braccio e la cancellazione della propria anima, del proprio essere…
Gran bel regalo, padre mio…
davvero, non potrei desiderare di meglio!
E penso a te.
Il mio idolo, il mio modello, la
mia fonte di ispirazione…
… il mio carceriere ed il
peggiore dei miei incubi.
Proprio tu, che mi hai dato la vita…
Proprio tu, che mi hai permesso
di venire al mondo, mi chiedi ora di rinunciare a questo dono che ci viene dato
solo una volta, per immolarmi sull’altare di una causa in cui non credo, di un
Signore di cui temo anche solo di pronunciare il nome… figurarsi guardarlo in
faccia o rivolgergli la parola quando la situazione lo richiederebbe.
Perché tu sai, e lo hai sempre
saputo, che tuo figlio non era altro che un piccolo marmocchietto viziato, ed
infinitamente codardo.
Come si può servire qualcuno di
cui si teme anche solo di pronunciare il nome?
Questo non me lo avete mai
spiegato, padre mio.
Eppure mi avete insegnato tanto in
questi diciassette anni.
Anche se i vostri metodi
d’insegnamento non sono mai stati i miei preferiti.
Ho sempre temuto il rumore dei
vostri passi fuori della mia stanza.
Temevo sempre stesse venendo a
prendermi per portarmi nella sala in cui mi avreste “educato” come si conviene
ad un Malfoy.
Eppure lì mi lanciavate solo
maledizioni.
«E’ perché ti voglio bene, figlio mio»
Me lo ripetevate sempre.
«Per farti diventare un degno erede per il nome dei Malfoy»
Un degno erede…
Il vostro chiodo fisso, la vostra
ossessione.
Perché il nome dei Malfoy è
superiore a tutto, e tutti… molto probabilmente anche ad un Malfoy stesso…
Eppure siete stato proprio voi ad
infangare quel nome a cui tanto tenevate, quella casata che tanto volevate
fosse rispettata.
Non eravate forse voi a dirmi che
i Malfoy non servono, ma devono essere serviti?
Eppure ora mi chiedete di
inginocchiarmi e baciare l’orlo della veste di un Padrone.
Non eravate forse voi ad avermi insegnato
che i Malfoy sono i migliori perché sono tra le famiglie dal sangue più puro e
che Mezzosangue e Babbani andavano disprezzati perché sono semplice feccia ai
nostri piedi?
Eppure ora mi ordiate di servire
un Padrone nelle cui vene scorre sì il sangue di Salazar Serpeverde, ma
frammisto a fangoso sangue Babbano… mi chiedete di servire proprio un
Mezzosangue, uno di quelli che voi tanto odiate, detestate e deridete.
Non siete stato un buon maestro,
padre mio…
… o forse io non sono stato un
buon allievo.
Mi avete insegnato che un Malfoy
si piega ma non si spezza, eppure il mio animo si sta logorando, e presto lo
spezzerò io, insieme al mio debole corpo, con le mie mani, ed un piccolo aiuto
della gravità…
Padre mio…
Ora voi dormite all’interno di
questa prigione dorata… abbracciato a quella donna che ha scaldato il vostro
letto per tutti questi anni… abbracciato a mia madre.
La bella Narcissa Black.
Bella e malata… pazza, come voi,
e come presto sarei diventato io.
Entrambi impazziti per questa
brama di potere che vi ha logorato fin nell’interno, come un cancro maligno che
distrugge tutto ciò che incontra, finché non porta la morte.
E voi ormai, per me, siete già
morti…
… o forse sono io ad essere
morto, e a non rendermene conto.
Dopotutto non sono mai morto… non
ancora, o almeno credo.
Il mio animo non è stato ancora
irrimediabilmente infettato da quella cancrena di squilibrio che vi ha
logorato, ed io non voglio diventare come voi.
Non voglio diventare come voi!
Lucius Malfoy, folle assassino
assetato di denaro e potere.
Eppure questa vostra brama vi ha
condotto solo maligne voci insinuanti alle spalle, e poi un’infamante condanna
di prigionia ad Azkaban, con la rovina del nome che voi portate e di cui andate
tanto fiero, e di cui anch’io mi fregio.
Narcissa Black, fiore di rara bellezza.
Quella bellezza che voi mi avete
passato, che io ho ereditato dai vostri geni, vostri e del mio stimabile e
pazzo padre.
Mi definiscono un essere
perfetto, dallo splendore androgino…
Uomini e donne bramano il mio
corpo, non rendendosi conto che ogni carezza che mi riservano è un graffio alla
mia anima, ogni bacio è un morso che dilania le mie carni, ogni sussurro di
passione è un grido che mi rende pazzo.
Anche voi, madre, mi avete ucciso
lentamente, in questo modo.
Credete forse che io non ricordi?
Ora che il vostro signore è
tornato fate l’ingenua, gli giurate fedeltà eterna, mi guardate schifata come
facevate prima.
Almeno è stato bello?
Vi siete divertita?
Che cos’era, vi mancava vostro
marito, rinchiuso a marcire in un’angusta cella della gelida prigione di
Azkaban?
Sentivate fredde le vostre
lenzuola, e così avete deciso di venire a scaldarvi in quelle di vostro figlio?
Dio, che schifo…
Mi faccio ribrezzo…
Almeno vi è piaciuto?
Com’è stato fare l’amore con
vostro figlio, con la carne della vostra carne, sangue del vostro sangue, osso
delle vostre ossa?
Vi ha eccitato fare l’amore con
la vostra immagine sovrapposta a quella dell’uomo che amate e venerate?
Gemevate come una cagna in
calore, sporca puttana delle mie notti fredde, avete portato un fuoco sotto le
mie coperte che, una volta spento, mi ha lasciato ancora più ghiaccio addosso
di quanto non ne avessi prima.
Nessuno mi perdonerà mai.
«Sei bello, figlio mio… un dolce pargolo dal viso d’angelo, un diavolo
tentatore le cui orripilanti fattezze sono coperte da questa maschera
celestiale… sei bello, figlio mio»
Vi piaccio, madre?
Non mi avete mai regalato carezze
materne… voi siete priva di quell’istinto che accomuna tutte le donne.
Le prime carezze che ho ricevuto
da voi, sono state le carezze di un’amante vogliosa.
Ed i gemiti che ho sentito uscire
dalle vostre labbra arrossate dai miei baci, sono gli stessi che riservate a
Lucius, mio padre?
Madre mia.
Riposate nel vostro letto
nuziale, e sognatemi.
Sognate le vostre gambe
strettamente legate al mio bacino, le vostre labbra poggiate sulle mie, la
vostra lingua che mi assaggia.
Sognate voi che mi insegnate ad
amare…
Non vi fate schifo da sola?
No… no, immagino di no…
Se così fosse, non sareste
tornata da me, finché il vostro sposo non è tornato a scaldare il vostro letto
nuziale.
Siete sempre stata sorda alle mie
richieste d’aiuto quando il signore mio padre mi “educava” in quella fredda ed
angusta stanza nei sotterranei del castello.
Siete rimasta sorda anche quando
vi chiedevo di lasciarmi stare.
«Shh… Draco, perché piangi… non c’è nulla di male… io ti voglio bene,
Draco… sei bello, figlio mio…»
Ed anch’io vi voglio bene, madre.
E se questo serviva a riempire il
vuoto che è la vostra anima, io sono felice di esservi stato in qualche modo d’aiuto.
Perché dopotutto, madre mia, io
vi voglio bene.
E non importa se, per riempire il
vostro nulla, ho dovuto svuotare me stesso di quel briciolo di umanità che mi
rimaneva.
Ma ora sono vuoto.
Cos’è rimasto di me?
Ghiaccio e polvere.
E la terra mi chiama a gran voce,
mi richiama nelle sue viscere.
Ed io so che nessun dio mi potrà
mai ammettere in cielo.
Sono troppo sporco, troppo
ripugnante.
Sono un diavolo sotto le mentite
spoglie di un angelo androgino.
Di un angelo tentatore.
Ma ora è tempo che io vada.
Anche se questa è la notte più
lunga dell’anno, è tempo che io vada.
Perché io sono fatto di tenebra,
e voglio che sia la tenebra ad abbracciarmi e a cullare il mio ultimo respiro,
visto che lei è stata la mia sola confidente nelle mie travagliate notti senza
luna.
Padre, Madre.
Unici bersagli del mio affetto.
So che mi avete sempre amato, ma
l’amore che mi avete riservato non era forse un amore malato, scorretto?
Si può vivere di quello che tutti
additerebbero come qualcosa di ingiusto e sbagliato?
Forse voi, ma io no.
Voi lo sapete, sono troppo
debole.
Mi punivate, portandomi quasi
alla morte del corpo, perché mi volete bene.
Mi violentavate, portandomi quasi
alla morte dello spirito, perché mi volete bene.
Ma io posso vivere di quest’amore
così sbagliato?
Malato…
Pazzo…
Io non voglio essere pazzo…
Non voglio non voglio non voglio!
Madre, Padre.
Dormite abbracciati nel vostro
letto nuziale.
Non preoccupatevi per questo
vostro figlio.
Non angustiatevi per lui, per la
sua fine.
Non angustiatevi per la morte del
burattino nelle vostre mani.
Si sono spezzati i fili, ed esso
è caduto.
So che non soffrirete per questo.
Le lacrime per il dolore della
mia perdita non bagneranno le vostre gote, né renderanno lucidi i vostri occhi…
Perché non ci sarà dolore, ma
solo delusione per il mio gesto, un gesto che non è degno di un Malfoy, di un
purosangue…
… che non è degno di quello che
dovrebbe essere vostro figlio.
Nella vostra pazzia, forse,
neanche vi accorgerete del mio trapasso.
E chissà se ci sarà qualcuno che
accoglierà l’evento in modo significativo?
Ci sarà qualcuno che soffrirà per
me, per la mia fine folle, estrema, improvvisa, dettata da un insano momento di
pazzia?
E’ più probabile che ci sarà
qualcuno che farà festa, ballando sulla mia bara e profanando la mia tomba.
Non ho mai avuto amici nel vero
senso della parola, ma solo nemici che mi hanno sempre disprezzato.
Molti diranno che era ora che mi
togliessi dai piedi.
E voi, genitori miei, mi
disprezzerete perché sono un essere debole.
Mi avete sempre considerato un
essere debole, una bambola di porcellana di cui fare unicamente sfoggio…
Eppure il mio cuore non era di
coccio, ma di carne e sangue.
Ma il sangue si è prosciugato, e
la carne è diventata pietra.
La terra mi chiama a gran voce,
le tenebre pretendono la mia anima, gli avvoltoi aspettano il loro pasto.
Dovrei considerare voi gli
artefici del mio dolore.
Voi, che mi avete strappato via a
morsi la mia anima, troppo fragile perché potesse sopportare i vostri soprusi.
Eppure non posso considerare voi
i responsabili della mia fine.
Sono solo io il fautore della mia
rovina.
Si dice che chi sceglie di
suicidarsi gettandosi nel vuoto non lasci lettere d’addio, perché non ha
nessuno da colpevolizzare per la propria fine, perché considera se stesso l’unico
colpevole di tutti i propri mali.
Io non sono mai riuscito a
ribellarmi al giogo della vostra bacchetta, padre.
Io non sono mai riuscito a
ribellarmi alle vostre carezza ammaliatrici, madre.
Non riuscirei a sottrarmi al
destino che è stato tracciato per me.
Sono un essere debole che si è
sempre celato dietro una maschera di arroganza ed assurda superiorità.
Sono la parte cattiva che fa
sentire i buoni appagati ed in pace con loro stessi.
Sono quell’essere ripugnate che
va schiacciato, come un’inutile scarafaggio, sotto la suola delle scarpe.
Ma non datevi pena per farlo, ci
penso da solo.
Vedo la linea dell’orizzonte
cominciare a farsi purpurea.
E’ tempo per me di andare, e di
abbracciare l’unico essere consolatore che mi abbia mai spalancato le braccia
con fare tanto rassicurante.
Eccola, la mia signora, con la
falce in mano, che mi chiede di avvicinarmi a lei.
Così sinuosa nella sua regale
veste nera, piccola ma potente, unica certezza che gli uomini hanno nella
propria vita.
Un solo passo, e sarà in grado di
recidere il tenue filo a cui è legata la mia inutile e superflua esistenza.
Ed io vi raggiungo, mia unica
dea.
Un passo, ed ecco il vuoto
aprirsi davanti a me.
Sono tranquillo, mentre sento la
gravità afferrarmi e tirarmi giù, sottraendomi dai baci dei miei carnefici.
Sono tranquillo, mentre sento il
vento gentile accarezzarmi i capelli, amorevolmente, come non ha mai fatto nessuna
mano vogliosa dei miei aguzzini.
Sono tranquillo, mentre sento il
fischio che il vento produce, superare in intensità i sussurri dei miei persecutori.
Mi avete sempre definito un
angelo per il mio aspetto così dolce ed asessuato.
Peccato che le mie ali non siano
abbastanza robuste da reggere il mio peso, il gravoso peso delle mie innumerevoli
colpe.
Questa è l’unica volta che io mi
librerò in volo, con le mie candide ali spalancate ma spezzate nella loro
fragilità, avvolte da questo spesso strato di tenebra che mi circonda, unica
mia confidente nelle notti senza luna.
Le mie ali si piegano al vento,
ma non ho paura, la mia signora mi attende con le braccia aperte, ed un sorriso
misterioso sul volto.
Se non sarò un suo servo fedele,
sarò uno dei suoi tanti amanti.
La vedo impugnare saldamente la
sua lucida falce, inseparabile compagna nel suo destino di carnefice.
Ed ecco il filo si è rotto…
La terra si apre sotto i miei
piedi…
Il sangue insudicia questo
fertile giardino…
Ecco sorgere il sole, ma per me da
ora ci saranno solo le mie amate e desiderate tenebre.
Oggi sono proprio contenta (O.O…
e meno male… sennò che fine mi facevi fare?? ndDraco).
In realtà questa ff l’ho scritta
in un insano momento di pazzia e depressione ieri sera (Ahh… ndDraco).
Come è nata?
Bhè, semplice…
Dal miscuglio di una lacerante
preoccupazione per il compito di fisica (che oggi ho superato sufficientemente
[spero]… I’m happy!), e la lettura di altre ff ispiratrici (avevo voglia di
creare ieri).
Così ho letto la ff di Ryta
Holmes “Andò per scottare…”, e mi ha provocato l’ispirazione per una bella
scenetta di TLSR, e la ff di Luna Malfoy “Vai con lui”.
Ed è questa che mi ha dato da
pensare.
Non sono abituata a pensare ad un
Draco rinunciatario come lei ha descritto, ma alla fine mi sono ritrovata a
contemplare l’idea e… mi è venuto fuori questo Draco (Carino… -.- ndDraco)!
Spero vi sia piaciuto! (Un amore…
ndDraco La vuoi finire?? ndLady Perché, sono già morto in tre one-shot su
tre!! ndDraco Manca TLSR… che volemo da
fa?? ndLady ^^ me sta zitto… ndDraco).
Bhè, commentate!!!
Fatemi sapere se vi è piaciuto
(improbabile), vi ha provocato ribrezzo (possibile), vi ha provocato l’insano
desiderio di venire e farmi lo scalpo (certo… ^^).
Allora, la vedete questa scritta
in blu qua sotto??
Su, Cliccate!!
Vi saluto, e vi rimando alla mia
long-fic “The Little Scarlet Rose”
Ciao ciao
Marcycas – the Lady of Darkness
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Nota al 31/07/2014: Se voleste leggere altro scritto da me, ho pubblicato un libro a quattro mani che potrete trovare a questo link
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