Ciao
a tutti.
Benvenuti
al seguito di Flatmates.
Ho
letto e riletto questa shot decine di volte, e ogni volta mi sembrava
che non fosse chiara. Dopo l'ennesima revisione, ho deciso di
pubblicarla prima di diventare completamente folle.
Questa
shot parte da un presupposto molto semplice, e cioè che né Molly né
Sherlock sono fatti di legno, ma sono entrambi degli esseri umani con
dei bisogni e prima o poi devono affrontarli. In una maniera o in
un'altra.
Il
finale di questa shot è solo temporaneo perché la storia non è
ancora conclusa.
Ovviamente
nessun personaggio mi appartiene.
Sperando
di non aver scritto troppe assurdità, vi auguro buona lettura.
Intimacy
I
sogni sono davvero pericolosi. Ti portano ad affrontare tutto ciò
che reprimi, a volte per un buon motivo. Nel mio caso, che non ho una
vita sessuale attiva al momento, e che vivo con un uomo bellissimo
che di tanto in tanto gira per casa seminudo, i sogni erotici sono
estremamente pericolosi, perché mi costringono ad affrontare la mia
libido che sto giustamente reprimendo.
Non
che la mia vita sessuale in passato fosse particolarmente attiva, ma
di tanto in tanto capitava che conoscessi qualcuno e che ci fosse
qualcosa di intimo. Non sono mai stata una puritana, o una di quelle
che se non è vero amore non si concedono, ma ho sempre pensato che
il sesso possa essere un'esperienza sana e piacevole anche con
qualcuno per cui semplicemente si prova affetto e rispetto.
Anche
perché non sempre la persona che ami ti ricambia e desidera
condividere qualcosa di fisico con te.
Comunque,
già prima di venire a vivere qui, sei mesi fa, non avevo nessun
contatto di quel tipo con un uomo da un po', soprattutto perché il
mio tempo libero è spesso inesistente. Non ne ho mai sofferto perché
non mi sembrava niente di strano, e poi perché quando vivevo da sola
i miei ormoni non venivano costantemente sollecitati dalla presenza
di un uomo meraviglioso e completamente ignaro della propria
sensualità.
Inoltre,
ho deciso di rinunciare agli uomini in generale proprio per
concentrarmi su di lui, l'uomo che amo e desidero più di chiunque
altro, ma che non ricambierà mai ciò che provo. Ho giurato che gli
sarei stata accanto per sempre, rinunciando così a qualsiasi forma
di vita privata, sentimentale o sessuale che sia.
Questa
notte, però, la mia libido ha deciso di risvegliarsi e di ricordarmi
che sono una donna che non fa sesso da circa un anno. Ho sognato di
essere toccata e baciata, di essere fra le braccia di un uomo che mi
possedeva selvaggiamente, e di essere investita da una serie infinita
di orgasmi.
Questo,
ovviamente, non è stato positivo. Al mio risveglio, il mio corpo era
come assetato. Il sogno ha innescato un desiderio folle e frustrante,
doloroso.
Faccio
una doccia fredda che placa in parte la mia agonia.
O
almeno lo farà sino a che non comparirà lui.
Sono
in cucina e mi sono appena versata una tazza di caffè. È l'alba e
di lui non c'è traccia, quindi può essere fuori casa o in camera da
letto a dormire. Sinceramente non mi preoccupa, sono solo contenta di
non averlo incontrato visto lo stato in cui mi trovo, ma purtroppo il
mio sollievo dura molto poco.
Sto
iniziando a sorseggiare il mio caffè quando mi appare davanti
completamente coperto di sangue.
“Sherlock!”
esclamo sorpresa e un tantino preoccupata. “Cosa...”
“Tranquilla,
Molly Hooper, il sangue non è mio. Ma questo non lo rende meno
fastidioso.” dice togliendosi la giacca con una smorfia di
disgusto.
“Cosa
è successo?” domando sinceramente incuriosita.
“Un
cadavere mi è stato gettato addosso! Incredibile, non credi?”
spiega sbottonando i polsini della camicia. “Stavo seguendo il mio
sospettato per il caso degli spacciatori russi, lo avevamo quasi
raggiunto in una fabbrica abbandonata, quando abbiamo sentito degli
spari. Un minuto dopo, il corpo del mio sospettato, con una dozzina
di ferite da arma da fuoco al petto, è stato lanciato dal piano
superiore, cadendo esattamente su di me.”
Spiega
con tono infastidito mentre comincia a sbottonare la camicia zuppa di
sangue.
Oh,
santo cielo, no. Si
sta spogliando di fronte a me.
“Naturalmente
non mi sono ferito, ma sono rimasto bloccato sotto quel cadavere
abbastanza a lungo da consentire a chiunque gli abbia sparato di
fuggire.” aggiunge sbottonando altri due bottoni e permettendomi di
vedere parte del suo petto. “Il corpo è stato mandato al Barth's
quindi lo troverai ad aspettarti quando inizierai il turno. Io ti
raggiungerò appena possibile. Devo assolutamente ripulirmi.”
conclude finendo di sbottonare la camicia e togliendosela.
Rimango
incantata di fronte alla visione di quel busto tonico e muscoloso,
con quella pelle bianca come l'avorio. Deglutisco cercando di
ricordare cosa stavo facendo. Poggio la tazza sul tavolo, non ho più
voglia del caffè. Sono già fin troppo sveglia.
Ogni
singola cellula del mio corpo lo è.
Con
terrore, mi rendo conto che Sherlock è ancora assorto nella sua
spiegazione e che sta per togliersi i pantaloni come ha fatto con la
camicia. L'istinto di sopravvivenza mi permette di reagire e decido
di fuggire prima che sganci quel bottone o non sarò più padrona
delle mie azioni.
“Io
sono in ritardo per il mio turno in ospedale. Ci vediamo più tardi.”
mi giustifico velocemente prima di correre giù per le scale e uscire
dall'appartamento.
L'aria
fresca del mattino mi aiuta a raffreddare il mio corpo decisamente
troppo surriscaldato. Faccio alcuni respiri e cerco di cancellare
dalla mia mente l'immagine di lui che si spoglia lentamente.
Oh,
maledetti ormoni.
Appena
arrivata in obitorio mi trovo di fronte il cadavere di cui mi ha
parlato Sherlock. Si tratta di un uomo sui quarant'anni, alto circa
un metro e novanta per un centinaio di chili. Un gigante, in pratica.
E Sherlock è stato travolto da questo corpo lanciato dal piano
superiore? Non posso fare a meno di chiedermi per prima cosa chi ha
avuto tanta forza da lanciarlo e, in secondo luogo, come è possibile
che Sherlock non si sia fatto del male.
Decido
di non perdere tempo e inizio l'autopsia. Il petto presenta dieci
colpi d'arma da fuoco, di cui recupero tutti i proiettili, anche se
non sembrano in buone condizioni per essere utilizzati per il
riconoscimento dell'arma. Ovviamente, questa è la causa della morte,
ma conosco Sherlock e continuo alla ricerca di indizi. Controllo i
suoi capelli e vi trovo dei frammenti di foglie. Non credo che
possano servire più di tanto, ma le classifico comunque come prova.
Nel
suo collo trovo qualcosa di strano, per esattezza nella nuca. C'è
qualcosa sotto la sua pelle. Sono ancora intenta a osservare cercando
di capire di cosa si tratta, quando Sherlock entra come una furia in
obitorio spaventandomi.
“Cosa
sai dirmi di quest'uomo?” chiede concentrandosi immediatamente sul
cadavere.
Ha
fatto la doccia e profuma di sapone, di pulito, di buono. I suoi
capelli sono ancora un po' umidi e sono davvero irresistibili.
Stringo
i pugni conficcando le unghie nei palmi per combattere le mie attuali
pulsioni e cerco di concentrarmi sul mio lavoro.
“Quarant'anni,
causa della morte dieci colpi d'arma da fuoco al petto. I proiettili,
i campioni prelevati sotto le unghie e nei capelli sono pronti, ma
c'è qualcosa di strano che ha appena attirato la mia attenzione.”
spiego tornando a osservare il collo dell'uomo.
Immediatamente,
la testa di Sherlock si frappone fra me e il cadavere e io mi ritrovo
praticamente con la faccia fra i suoi capelli.
Oddio,
il suo profumo.
I
suoi riccioli.
E
la sua nuca.
Come
può una nuca essere così dannatamente erotica?
Combattendo
con ogni briciola di buon senso rimastami, faccio un passo indietro,
allontanandomi da lui.
“Sembra
essere una ricetrasmittente di qualche tipo. Ovviamente, dovrò
esaminarla. Estraila e poi... C'è qualcosa che non va?” mi domanda
notando che mi sono distanziata da lui e che faccio dei profondi
respiri per calmarmi.
“No,
è tutto ok. È solo che non desidero trovarmi troppo vicino agli
altri, oggi.”
“Agli
altri o a me?”
“Agli
altri. Credo. Non lo so. Oggi ho incontrato solo te.”
Lui
annuisce e fa un passo verso di me, studiandomi.
“Sintomi?”
“Sherlock,
sto bene. Solo, non desidero la vicinanza altrui. Pensavo che tu fra
tutti avresti capito.”
Lui
continua a osservarmi, aggrottando le sopracciglia con interesse, e
poi all'improvviso, il suo viso si appiana e fa un espressione
consapevole.
“Ma
certo. Quanto tempo è, Molly?”
“Cosa?”
“Quanto
tempo è che non hai rapporti sessuali.”
“C-Cosa...
Come...?”
“Un
anno?”
“Io
non capisco come tu possa...”
“Ovvio. Il tuo corpo è sovra
eccitato. È evidente dalle tue pupille, dalle pulsazioni alla tua
carotide, dalla tua pelle accaldata, dal tremore alle mani e anche
dalla tua voce. Se non ti conoscessi crederei che sei in astinenza da
qualche droga pesante, ma dal momento che ti conosco bene, so che tu
non ne hai mai fatto uso. Quello di cui sei in astinenza è il sesso.
D'altra parte anche quello può essere considerato una droga... In
ogni caso, dovresti trovare una soluzione che ti consenta di
lavorare.”
“Io
posso lavorare benissimo, è sufficiente che venga lasciata sola.”
“D'accordo,
Molly Hooper, aspetterò in laboratorio. E se vuoi posso aiutarti con
il tuo problema.”
“C-Come?”
balbetto incredula nel sentirgli proporre una cosa simile.
“Oh,
Molly, non essere sciocca. Non
intendo in quel modo! Ci sono
molti modi per sfogare le pulsioni sessuali.”
“E
tu lo sai perché... lo fai anche tu?”
Lui
alza un sopracciglio guardandomi con aria di rimprovero.
“Il
mio corpo è sotto il controllo della mia mente. La mia
concentrazione mi consente di non cadere vittima di simili pulsioni.
Tuttavia in passato, soprattutto quando ero molto giovane, mi è
capitato e ho trovato i modi per sfogare in maniera produttiva
l'energia fisica.”
“Vuoi
dire che non hai mai...”
“Molly,
tu hai un'autopsia da finire e io bisogno di quell'oggetto sotto la
pelle per studiarlo. Ti aspetto in laboratorio.” conclude uscendo
dall'obitorio e chiudendo la porta alle sue spalle.
Rimango
a fissare la porta chiusa chiedendomi se quella fosse o no
un'ammissione.
Concludo
l'autopsia ed estraggo dal collo del cadavere un piccolo oggetto
metallico di forma allungata e piatta, con un led luminoso
lampeggiante in una estremità. Sembra essere davvero una
ricetrasmittente di qualche tipo.
Dopo
aver chiuso il corpo nella sua cella ed essermi lavata le mani e
rinfrescata il viso, raggiungo Sherlock in laboratorio. Sta usando il
mio computer per mandare delle e-mail, non mi disturbo nemmeno a
lamentarmi per l'invasione della mia privacy e poggio la
ricetrasmittente accanto a lui, allontanandomi immediatamente.
“Grazie,
Molly. Questo è per te.” replica dandomi in foglietto che prendo
assicurandomi di non sfiorare nemmeno per sbaglio le sue dita.
“Che
cos'è?”
“Kyle
è un personal trainer, ti aspetta oggi pomeriggio. Ti aiuterà a
sfogare tutta la tua... tensione.”
“Non
credo che sia necessario.”
“Molly,
ne hai bisogno o non riuscirai a lavorare.”
“Io
riesco a lavorare!”
“Ma
non con me, e sinceramente questo è quello che mi preoccupa
maggiormente. Senza dimenticare che in questa maniera metti anche a
rischio la nostra attuale convivenza.”
Sospiro.
Ha ragione, so che ha ragione,
ma non sono mai stata una fan dello sport. D'altra parte mi sento
come un circuito elettrico, ho bisogno di sfogarmi davvero.
“D'accordo.”
acconsento infine rassegnata.
Arrivo
all'indirizzo indicatomi da Sherlock dove c'è una gigantesca
palestra con tanto di piscina, sauna, centro massaggi e chissà che
altro. È come una piccola città per i maniaci del benessere.
Faccio
una smorfia. Non è esattamente il mio genere, ma dal momento che
paga Sherlock, posso chiudere un occhio.
Mi
avvio verso la lussuosa reception e mi accoglie una donna che sembra
essere uscita da una rivista di moda. Alta, bellissima, bionda,
tonica e muscolosa e con un sorriso fantastico. La mia autostima sta
drasticamente scendendo a livelli mai visti.
“Benvenuta!
Come posso aiutarla?” cicala con il suo strano accento che mi fa
pensare che sia scandinava.
“Sono
Molly Hooper e ho un appuntamento con Kyle Matthews.”
“Glielo
chiamo subito!”
Annuisco
e mi siedo in attesa. Guardandomi intorno noto che alle pareti ci
sono dei quadri apparentemente molto costosi.
Santo
cielo, quanto costa diventare soci di questo posto?
“Miss
Hooper?” mi chiama una calda voce maschile.
Mi
volto e mi ritrovo di fronte a un uomo altissimo, muscoloso, con la
pelle color cioccolato e un sorriso che può benissimo far
concorrenza a quelli delle pubblicità del dentifricio. È
semplicemente bellissimo. Una specie di Dio.
Oh,
Sherlock, non hai proprio nessuna pietà per me?
“Sì,
sono io.”
“Piacere,
sono Kyle. Sherlock mi ha chiesto di occuparmi di te oggi. Sei pronta
ad affidarti completamente alle mie mani?”
Ok,
questo è un colpo basso.
Involontariamente guardo quelle grandi mani e arrossisco.
“C-Certo.”
replico cercando di auto censurare il film a luci rosse che sta
partendo nella mia testa.
Lui
mi guida verso gli spogliatoi e mi attende fuori mentre mi cambio.
Mentre lo faccio mi chiedo come sia possibile che Sherlock conosca
questo posto e Kyle. Non mi sembra uno che fa attività fisica. Forse
l'ha conosciuto durante un caso, non sarebbe certo strano.
Una
volta pronta raggiungo Kyle che mi sta aspettando con un sorriso
smagliante.
“Allora,
sei pronta? Cominceremo con il riscaldamento.”
Io
sono già fin troppo calda, ma evito di ribattere e semplicemente
annuisco.
Arriviamo
nella sala in cui ci sono i tapis roulant, circa una cinquantina, e
lui mi fa salire su uno azionandolo.
“Comincia
a camminare poi aumenta quando ti senti pronta, ma solo di un
livello. Io farò riscaldamento sul tappeto di fronte al tuo.”
Lui
va nell'altro tappeto e inizia subito a correre. Vedere quel corpo
muscoloso in movimento, con il sudore che cola sensualmente su quella
pelle scura, è davvero una tortura. Inutile dire che i miei ormoni
ricominciano a saltellare.
E
va bene, ho proprio bisogno di sfogarmi. Aumento la velocità del
tappeto e inizio a correre.
Lui
se ne accorge e mi rivolge un sorriso luminoso. Ricambio sentendo le
gambe perdere forza e poi chiudo gli occhi. È meglio che smetta di
guardarmi intorno o potrei davvero crollare.
Sono
passati forse cinque minuti, e ormai non ho più fiato, quando lui mi
raggiunge.
“Ora
può bastare, rallenta.” mi invita la sua voce bassa e sexy. “Mi
sembri abbastanza calda.”
Non
ne hai idea, Kyle.
Mi
guida in un'altra ala del centro ed entriamo in una sorta di immenso
capannone. All'interno sono presenti delle pareti per l'arrampicata.
Sono fatte di un materiale simile al vetro o alla plastica, quindi
sono trasparenti e ci si può arrampicare guardandosi in volto.
“Hai
mai fatto arrampicata?”
“Mi
sono arrampicata su un albero qualche mese fa. Sono caduta e ho
rischiato di rompermi l'osso del collo.”
“Qui
non corri rischi, avrai l'imbracatura. E comunque io sarò sempre
dietro di te a sorreggerti se necessario. Se cadrai, lo farai fra le
mie braccia.”
Questa
non è esattamente una consolazione.
Mi
fissa l'imbracatura e mi spiega dove mettere i piedi per cominciare.
Sospiro. Ma chi me lo ha fatto fare? Comincio e presto mi trovo ad
alcuni metri d'altezza.
Non
guardare giù.
“Bravissima,
Molly. Sei portata per questo genere di attività.”
“Non
credo proprio.”
Lo
sento ridere poco sotto di me. Mi sta davvero seguendo. Arrivo quasi
in cima quando calcolo male la distanza e cado nel vuoto. Il volo è
molto breve perché vado a sbattere contro qualcosa di solido e
robusto. Il corpo di Kyle. Pian piano riprendo a respirare e ciò che
sento non mi aiuta affatto. L'odore della sua pelle calda e sudata è
inebriante. Le sue grandi mani attorno ai miei fianchi mi stanno
bruciando la pelle.
“Tutto
bene?” sussurra al mio orecchio con quella voce calda e
carezzevole.
“Sì,
ti ho fatto male?”
Lui
inizia a ridere e scuote la testa.
“Ci
vuole ben altro per far male a me, dolcezza.”
Non
cominciamo con i nomignoli o è la fine.
Mi stacco da lui e riprendo la mia arrampicata cercando di mantenermi
il più lontana possibile da quel corpo tentatore.
Credo
che Sherlock me la pagherà davvero cara per tutto questo.
Finita
la scalata mi sento a pezzi. Ogni singolo muscolo del mio corpo è
dolorante. Sono davvero stanca, ma appena Kyle mi si avvicina
nuovamente, capisco che tutto ciò non ha scalfito minimamente il mio
problema iniziale. Tipico.
“Se
te la senti possiamo fare qualche vasca in piscina.”
Piscina?
Questo dio greco in costume da bagno? Con l'acqua che cola lungo quei
muscoli? No, grazie. Potrei impazzire.
“Non
credo sia il caso. Sono piuttosto esausta.”
“Allora
forse preferisci usufruire della sauna?”
“No,
davvero, grazie. Faccio una doccia e vado a casa.”
Lui
sorride e annuisce, lasciandomi libera di andare negli spogliatoi a
fare una doccia fredda.
Quando
ne esco mezz'ora dopo, lui mi sta aspettando in reception.
“Spero
che tornerai a trovarci.”
“Non
so... Non ho molto tempo da dedicare a queste cose con i miei turni
in ospedale.”
“Capisco,
beh, se riesci per me sarà un piacere occuparmi ancora di te.”
Sorrido
cercando di ignorare i miei ormoni saltellanti e mi avvio verso
l'uscita ma vengo bloccata dalla sua voce.
“E
ricorda a Sherlock che mi deve una rivincita.”
“Rivincita?”
domando incuriosita.
“Sì,
quando viene qui facciamo sempre delle piccole gare e l'ultima volta
mi ha battuto in una di nuoto.”
“Ogni
quanto viene qui?”
“Circa una volta al mese. Passa la giornata
qui e poi sparisce sino alla volta successiva. Penso lo faccia per
sfogare un po' di tensione, come te oggi.”
“Come
me? Cosa ti ha detto
esattamente Sherlock di me?” chiedo avvicinandomi a lui per evitare
di urlare.
“Che
sei stressata e che avevi bisogno di qualcosa di intenso per
sfogarti. Nient'altro. Avrebbe dovuto aggiungere altro?”
“No,
no, va bene così.”
“Magari
la prossima volta potreste tornare insieme. Molte coppie lo fanno, lo
trovano... stimolante.”
“Noi
non stiamo insieme.”
“Ah,
davvero? Mi era sembrato di capire di sì...”
“Cosa
te lo ha fatto pensare?”
“Quando
mi ha detto di prendermi cura di te, il suo tono era decisamente
possessivo. Sembrava intendere che tu fossi sua.”
“Io
sono sua, ma lui non è mio.” spiego con tono triste prima di
andarmene con un breve cenno di saluto.
Rientro
a Baker Street sentendomi davvero stanca. Forse questo è un bene.
Mangerò qualcosa e poi andrò a dormire, sperando che domani al mio
risveglio i miei ormoni si siano dati una calmata.
Entro
nell'appartamento, le luci sono accese, quindi lui è in casa.
“Ciao.”
urlo all'ambiente circostante, sapendo che mi sentirà ovunque si
trovi.
“Ciao,
Molly.” mi risponde una voce pacata dalla cucina. “La
ricetrasmittente mi ha portato al capo della banda. Le foglie tra i
capelli corrispondevano agli alberi presenti nel suo giardino.”
Faccio
un sospiro ed entro in cucina. Lui è chino sul microscopio, talmente
concentrato che non alza nemmeno il viso.
“Mrs.
Hudson ci ha portato la zuppa. C'è un piatto pronto nel microonde
per te.”
“Oh,
grazie.” annuisco mentre mi avvicino al microonde e lo accendo.
“Come
è andata? Ti senti meglio?” mi chiede ancora senza guardarmi.
“Mi
sento stanca e dolorante, ma non meglio. Forse avresti dovuto
valutare il fatto che fare attività fisica con un uomo bellissimo
avrebbe potuto non aiutare affatto. Anzi, è stato l'esatto opposto.”
Finalmente
alza il viso e mi guarda accigliandosi.
“Tu
trovi che Kyle sia bellissimo?”
Sospiro
alzando gli occhi al cielo, mentre tolgo il piatto dal microonde e mi
siedo sul tavolo a mangiare dalla parte opposta in cui si trova lui.
“Non
pensavo che Kyle potesse essere il tuo tipo...”
“Lascia
stare, Sherlock. Non importa.” lo zittisco mentre inizio a mangiare
la zuppa. “Comunque, Kyle ti aspetta per la rivincita.”
Lo
vedo irrigidirsi e spalancare gli occhi come spaventato.
“Non
sapevo che tu frequentassi una palestra.” aggiungo trattenendo un
sorriso divertito.
“Non
lo faccio regolarmente.”
“Beh,
una volta al mese è una cadenza piuttosto regolare. Kyle ritiene che
tu lo faccia quando hai bisogno di scaricare la tensione. Come
me oggi.”
Lui
stringe le labbra infastidito. Beccato,
Sherlock Holmes!
“Pensavo
che la tua mente fosse abbastanza potente da controllare le pulsioni
del tuo corpo e che tu non avessi bisogno di sfogarti in certe
maniere.” insisto con la chiara intenzione di vendicarmi.
“Non
essere sciocca, Molly. Non lo faccio per quel motivo.”
“Ah,
davvero? Allora perché?”
“Perché
l'inattività mi uccide. E quando raggiungo un livello insopportabile
vado a sfogarmi lì.”
“Una
volta al mese. Strano come l'inattività abbia dei picchi così
regolari. In quanto scienziato dovresti studiarla.” commento
sarcastica.
Lui
mi lancia uno sguardo di rimprovero davvero glaciale, ma io sorrido e
continuo a mangiare la mia zuppa.
“Molly,
se potessi ignorare completamente i bisogni del mio corpo ti assicuro
che lo farei. Mangiare, dormire e altre attività, per me sono solo
una perdita di tempo. Un ostacolo nel lavoro. Con la concentrazione
riesco a tenerli sotto controllo, ma quando non ho nulla da fare,
nulla su cui concentrarmi, purtroppo è più difficile tenerli a
freno.”
“Con
altre attività ti riferisci anche al sesso?”
Lui
si irrigidisce ancora di più e stringe i pugni come se si stesse
trattenendo dall'esplodere.
“Andiamo,
Sherlock, non fare la zitella scioccata. Tu sai di me ogni cosa,
compreso ogni singolo dettaglio imbarazzante della mia vita
sentimentale o sessuale. Non vedo che male ci sia a confidarsi un po'
con me. Siamo amici, no?”
“Io
non ho amici.”
“Sei
pieno di amici. Hai più amici
di me. E lo sai bene. Ora, smettila di fare la verginella oltraggiata
e parliamo, ok?”
“Smettila
di darmi questi stupidi epiteti, tra l'altro tutti femminili.”
“D'accordo,
allora smettila di fare il vittoriano represso. Ti piace di più
così?”
Fa
un sospiro irritato e torna al suo microscopio, ignorandomi.
“Fai
pure come vuoi, Sherlock, ma io resto qui. Prima o poi dovrai
parlarmi.” aggiungo minacciosa mentre continuo a mangiare la mia
zuppa.
“Che
cosa vuoi sapere, Molly? Cosa ti aspetti che dica per farti smettere
di porre queste sciocche domande?” chiede con tono esasperato.
“Solo
la verità. Solo che tu ammetta che sei un uomo come gli altri, e che
di tanto in tanto provi determinati desideri. Non c'è niente di
disonorevole in questo. Resti comunque un uomo speciale.”
“E
va bene. Dal momento che il
mio corpo è fatto sfortunatamente di carne e sangue, come quello
degli altri, saltuariamente
provo dei desideri fisici, ma la maggior parte delle volte riesco a
gestirli sfogandoli nel lavoro o in altre attività mentalmente
impegnative.”
“La
maggior parte delle volte. E
quando non ci riesci?”
Prende
un profondo respiro e infine si rilassa, ma riesco a leggere il
profondo imbarazzo nel suo volto.
“Vado
in palestra. Era questo che volevi che confessassi? Che quello è il
mio modo di sfogare certi istinti?”
“E
ti è sufficiente?”
“Sì.”
“A me non è stato
sufficiente, come può esserlo per te?”
“Abbiamo
degli standard diversi, forse.”
“O forse, tu fai anche
qualcos'altro di cui ti vergogni a parlarne. Qualcosa
di tipicamente maschile.”
Lo
vedo arrossire e scoppio a ridere. Non l'avevo mai visto diventare
così rosso.
“Molly,
cosa stai insinuando?”
“Sherlock,
non c'è niente di male. Smettila di comportarti come se stessi
dicendo un'eresia. Almeno significa che sei umano e non una
macchina.”
“Io
non... non...”
“Non
balbettare. Va tutto bene, ma se vuoi cambiamo discorso. Kyle credeva
che io e te fossimo una coppia.”
“Non
ho detto nulla che potesse fargli credere una cosa del genere.”
spiega con tono sorpreso.
“Dice che lo aveva pensato perché
parlando di me avevi un tono possessivo.”
“Io
non...”
“Ovviamente, gli ho detto che non stiamo insieme.”
concludo mettendo il piatto vuoto nel lavello.
“Cos'altro
ti ha detto?”
“Solo che sei un bravo nuotatore. Ora vado a
dormire, sono a pezzi. Buonanotte.”
“Buonanotte.”
mormora lui di rimando con lo sguardo perso nel vuoto.
Labbra
umide che sfiorano la mia pelle. Mani che mi accarezzano, mi
esplorano, mi stringono. Mi inarco istintivamente e un'onda di
piacere mi invade. È immensa, infinita. Sento la mia stessa voce
rimbombarmi nelle orecchie e mi sveglio di soprassalto.
Ho
il fiato corto e le sensazioni appena vissute nel sonno sono ancora
lì, a tormentarmi.
Oh,
no. Non di nuovo. Passerò
un'altra giornata in preda ai miei ormoni. Mi rigiro nel letto
sentendo ogni singolo muscolo lamentarsi e noto un'ombra nell'angolo
accanto alla finestra. C'è qualcuno seduto per terra. Anche se sono
assonnata, saprei riconoscere quella sagoma ovunque.
“Cosa
fai qui, Sherlock? Va tutto bene?” chiedo allungandomi verso la
lampada per fare luce.
“Non
farlo. Preferisco restare al buio.” mi blocca immediatamente.
“Ok.
C'è qualcosa che non va?”
“Tu vuoi davvero che mi confidi con
te?”
“Certo.”
“Forse
dovrei. Sono stanco di portarmi tutto dentro. Il mio Mind Palace sta
per esplodere.”
“Sono
certa che poi ti sentirai meglio.”
“Sai,
non è che non provi certi desideri. Mi capita piuttosto spesso, in
effetti. Semplicemente li ignoro.”
“E credi che sia un bene
farlo?”
“Non
farlo sarebbe peggio.”
“Perché?”
“Perché
io ho una personalità tendente alla dipendenza. E, come ti ho detto
solo la scorsa mattina, anche il sesso può essere considerato una
droga. Per me lo sarebbe.”
“Lo
sarebbe? Significa che non lo hai mai... sperimentato?”
“Anni
fa, quando ero giovane.”
“E
dopo di allora?”
“Me ne sono tenuto alla larga.”
“Perché?”
“Perché
non fa per me. Non è mai stato piacevole come tutti credono, non per
me. Ho preferito dedicarmi ad altre forme di sperimentazione che
hanno portato ad altre dipendenze. Non meno deleterie, in ogni caso.”
“Non
avresti dovuto arrenderti. Sai, magari con il tempo o trovando la
persona giusta con cui sperimentare, avresti potuto scoprire che è
molto piacevole.”
“È
squallido e sporco. Come può essere piacevole?”
“Lo
trovi sporco e squallido anche quando ti dai piacere da solo?”
“Io
non lo faccio spesso. Solo quando non ho scelta. Ma, sì, è
ugualmente squallido.”
Cerco
di indovinare la sua espressione, ma il buio me lo impedisce.
“È
un vero peccato che tu la pensi così.”
“Non vedo il perché.”
“Perché
hai un corpo bellissimo. Un corpo che andrebbe amato e venerato, e tu
invece lo mortifichi impedendogli di provare il piacere che merita.”
Oddio,
sto straparlando. Forse dovrei tacere. Ora mi insulterà.
“E
come dovrei fare?” mi domanda invece lui con tono incuriosito.
A
quanto pare tacere non è una scelta possibile.
“Vuoi
sapere come provare piacere?”
“Sì.”
“Non
dovresti chiederlo a me...”
“Sei una donna, hai dato piacere
agli uomini in passato, presumo.”
commenta con ironia.
“Farlo
da soli è diverso. È un atto d'amore verso se stessi. Tu ami te
stesso, Sherlock?”
“Amo
il mio cervello, non il mio corpo.” spiega con tono
piatto.
“Dovresti imparare ad amarlo. E ad ascoltarlo. Solo così
potrai riuscire a dargli piacere.”
Lui
rimane in silenzio, come se stesse riflettendo sulle parole che gli
ho appena detto.
“Hai
fatto un sogno erotico, vero?” mi domanda infine.
Non
ha un tono sarcastico o denigratorio, sta solo constatando un dato di
fatto.
“Era
così evidente?”
“Stavi gemendo e muovendo il bacino, e poi ti
sei irrigidita alcune volte.”
Sempre
più imbarazzante, direi.
“Tu
non fai mai dei sogni erotici?”
“Ogni
tanto. E di solito al mio risveglio sono costretto a prendere
precauzioni e poi passo la
giornata in palestra.”
Quindi
all'incirca una volta al mese la libido di Sherlock Holmes si
risveglia. Interessante.
“E
sogni qualcuno di particolare?”
“No.
Nel mio sogno c'è solo l'atto fisico in sé, nessun volto. E tu cosa
sogni?”
“Principalmente
si tratta di sensazioni tattili. Nessun volto nemmeno io.”
“Forse
è meglio che non ci siano volti, non credi? Non sarebbe imbarazzante
sognare qualcuno che conosciamo?”
“Probabilmente.”
replico vaga sperando che questo discorso non prosegua ancora a
lungo, potrebbe essere pericoloso.
“Molly,
hai sognato me, vero?”
Ecco,
lo sapevo che sarebbe arrivato a questo.
“Sì,
una volta. Tempo fa.”
“Ed
era un sogno erotico?”
“Non
esattamente.”
Lo
vedo abbandonare la sua posizione rilassata e raddrizzarsi per la
curiosità.
“Raccontami.”
“Devo
proprio?”
“Hai voluto che io mi confidassi, devi farlo anche
tu.”
“Non
era erotico, ma molto romantico in realtà. Tutte fantasie sciocche e
inutili. Non ti interesserebbero.” cerco di liquidarlo con
sufficienza.
“Mi interessano, invece.”
Sospiro.
Non posso tirarmi indietro. Ho insistito tanto per arrivare allo
stadio delle confidenze, non posso dire di no. Accidenti a me e alle
mie stupide idee.
“Baci.
Ho sognato dei baci.”
“Io
baciavo te?”
“Sì.
Tutto qua, niente di interessante come puoi vedere.”
“Che
tipo di baci? Erano baci affettuosi o passionali?”
“Entrambi.
Si alternavano.”
“E
ti baciavo solo sulle labbra?”
“Anche sul collo, il viso, le
spalle...”
Dovrei
interrompere questo discorso perché comincio a sentirmi nuovamente
accaldata.
“Tu
vorresti che io ti baciassi così?”
Domanda
davvero complicata. Certo che vorrei, non desidero altro da anni, ma
parlarne così sembra davvero un insulto ai sentimenti che provo.
“Non
lo so, Sherlock. Forse.”
Lo
vedo alzarsi da terra e avvicinarsi al mio letto. Oh,
cielo, cosa sta facendo? Si
china su di me e mi ritrovo il suo viso a pochi centimetri dal mio.
“Vuoi
che provi?” dice con tono di sfida mentre io sento il mio cuore
battere a una velocità forsennata.
“Sherlock,
non te l'ho chiesto. Dovresti farlo solo se lo desideri.”
La
verità è che non voglio essere baciata se non lo desidera davvero
anche lui. Non voglio che sia solo l'ennesimo esperimento di Sherlock
Holmes.
“Forse
desidero provare.” insiste provocatorio.
“E
cosa succederebbe dopo? Viviamo insieme. Domani riusciremmo a gestire
la situazione?” obbietto per farlo desistere.
Anche
perché dubito che sarei in grado di gestire le conseguenze di un
gesto simile.
Nonostante
la poca luce, mi sembra di percepire un'esitazione in lui. Un secondo
dopo si raddrizza, allontanandosi da me.
“Hai
ragione. È meglio che ti lasci riposare. Buonanotte.” conclude
uscendo dalla mia stanza prima che io possa dire qualunque altra
cosa.
*
Non
è stato facile riuscire a prendere sonno, e quando la sveglia ha
suonato ero già in piedi. Nonostante i dolori ai muscoli, mi sono
preparata e sono uscita in fretta e furia, fortunatamente senza
incontrare Sherlock.
Isolata
nel mio laboratorio, riesco a placare i miei ormoni concentrandomi
sul lavoro e, quando finisco il turno, preferirei non tornare a casa.
Qui sono al sicuro, a casa invece sarei continuamente tentata da
lui. D'altra parte non posso certo nascondermi qui, non avrebbe
senso.
Esco
stanca e svogliata e mi dirigo alla metropolitana, sto per scendere i
gradini del sottopassaggio quando mi sento chiamare in lontananza.
“Molly!
Molly Hooper!” urla una voce maschile.
Mi
guardo intorno cercando di capire da dove arriva quel richiamo e
soprattutto chi sia il proprietario di quella voce, quando lo vedo
che mi corre incontro.
Altissimo,
elegante, con i suoi occhioni blu e il suo sorriso solare. Ho quasi
un mancamento nel riconoscere Tom Williamson.
“Molly,
sei proprio tu! Ciao!” mi saluta con un sorriso così luminoso da
fare concorrenza a un'insegna a neon.
“Tom...
Ciao...”
“Allora
mi hai riconosciuto, temevo ti fossi scordata di me.”
Come
se fosse possibile!
Certo
che mi ricordo di Tom. L'uomo bellissimo che qualche mese fa ha
chiesto l'aiuto di Sherlock per ritrovare suo fratello gemello, solo
per scoprire che era stato ucciso dalla sua fidanzata, con il quale
aveva una relazione. Mi ricordo bene che ero rimasta affascinata da
lui e avevo davvero sofferto per il suo dolore. Ora, a distanza di
mesi, è ancora bellissimo e sembra aver ritrovato il sorriso. E io
sto invece perdendo il senno a causa dei miei ormoni scalpitanti.
“Non
potrei mai dimenticarmi di te...”
“Senti,
ti va un caffè? O forse hai fretta?”
“No,
non ho fretta.”
“Bene, vieni.” mi invita gentilmente
posandomi una mano sulla schiena.
No,
ti prego, non toccarmi.
Ho
già dei problemi per il modo in cui quella camicia aderisce alle sue
spalle, ma se mi tocca perdo ogni facoltà di ragionare.
Ci
sediamo in un caffè e lui continua a sorridere e io ricambio come
una sciocca.
“Lavori
qui vicino?” mi chiede per rompere il ghiaccio.
“Sì,
al Barth's.”
“Ah, sì, ricordo che mi hai detto di essere
patologa.” ammette con una smorfia che rivela il suo dolore.
Gliel'ho
detto quando mi sono offerta di aiutarlo per vedere il cadavere di
suo fratello.
“E
tu cosa fai da queste parti?”
“Il mio editore ha gli uffici
poco distante da qui.”
“Stai per pubblicare un nuovo
libro?”
“Sì, il prossimo mese. Sono un po' nervoso. L'ho
scritto dopo che... Dopo la morte di Edward. Lavorare mi ha aiutato a
non pensare, ma ho paura di non aver fatto un buon lavoro. Non ero
del tutto in me.”
“E il tuo editore che dice?”
“Dice
che va bene. E sostiene che comunque le vendite andranno bene perché
sfrutteranno la fama del precedente romanzo, ma io comunque non sono
soddisfatto.”
Ci
viene portato il caffè e facciamo una pausa dalla conversazione.
“Vivi
ancora con Sherlock Holmes?”
“Sì. E tu vivi ancora in quella
villa meravigliosa?”
“No, l'ho venduta. Ora abito in un
discreto appartamento a Notting Hill.”
“Davvero? Io adoro
Notting Hill. È un quartiere adorabile, così tranquillo.”
“Lo
è, davvero. Senti, in realtà è da un po' che desideravo rivederti.
E quando poco fa ti ho visto ho pensato fossi un miraggio.”
“Cosa?
E perché?”
“Perché
mi avevi fatto capire di non essere la ragazza di Sherlock Holmes, e
volevo sapere se era vero.”
Sussulto.
Lui sorride e, incredibile, ma sembra imbarazzato. Abbassa lo sguardo
spesso e continua a muovere le mani. Sherlock saprebbe cosa
significa, io mi limito a pensare che, stranamente, Tom sembra
nervoso.
“Non
sono mai stata la sua ragazza.”
“Allora posso sperare che
uscirai con me?”
Ok, dove
sono le telecamere?
Questa
deve essere la candid camera più assurda del mondo. Tutto ciò è
assurdo. Non può essere. Uomini così, belli, ricchi, intelligenti,
eleganti, affascinanti, non guardano quelle come me. Io sono
insignificante, nessuno mi nota mai. Tutto ciò deve essere uno
scherzo crudele. Forse organizzato da Sherlock. Sarebbe proprio da
lui fare questo genere di cose.
“Tom,
perché mai vorresti uscire con me?”
“Perché
sei stata gentile con me. Perché non sei come le altre. Perché ti
trovo adorabile. Voglio conoscerti meglio. Ti prego esci con me.”
Il
suo tono implorante è come il canto delle sirene e i miei ormoni
sono dei poveri marinai alla deriva. Faccio fatica a mantenere la
lucidità.
“Non
posso, Tom. Tu sei meraviglioso. Sei un uomo affascinante e dolce e
in un altro momento non mi sarei certo sognata di dirti di no. Ma ho
fatto una promessa. Mi dispiace.”
“A lui? Sei innamorata di
Sherlock Holmes?”
“Beh, questo non è certo un segreto,
nemmeno per lui. Sono innamorata di lui da anni. E ho deciso di
prendermene cura.”
“E
lui si prende cura di te?” insiste prendendo la mia mano nella sua.
“A
modo suo.” rispondo abbassando lo sguardo per nascondergli la mia
tristezza.
“E ti basta?”
“Sì. Io sono felice con lui.”
ammetto imbarazzata per il mio stesso masochismo.
Tom
annuisce, dispiaciuto. E poi sorride. I suoi grandi occhi azzurri
sono lucidi, è deluso.
“Mi
dispiace, Tom.”
“Beh,
in fondo me lo aspettavo. Quando mi hai detto che non stavate insieme
mi è sembrato strano. Avevo notato da subito che c'era qualcosa che
vi univa. Pensavo a qualcosa di più tradizionale, sinceramente.”
“Non
c'è niente che si possa definire tradizionale quando si parla di
Sherlock Holmes.”
Lui
ride e mi rivolge l'ennesimo dolcissimo sguardo.
Oh,
accidenti a me.
Perché
non posso semplicemente accettare di uscire con lui? È meraviglioso.
Perché invece mi sento come se stessi tradendo Sherlock per il solo
fatto di essere qui a prendere un caffè con Tom? Masochismo
sfrenato, ecco come si chiama.
“Ora
dovrei proprio andare.” dico decisa a concludere questa
imbarazzante conversazione.
“Certo.
Ti accompagno.” acconsente lui pagando il conto per entrambi e
guidandomi fuori dal locale.
E
io non posso fare a meno di fare un profondo respiro e annusare il
suo buon profumo. Un piccolo regalo ai miei ormoni saltellanti.
Arrivati
a Baker Street, scendo dal taxi seguita da Tom.
“È
stato bello rivederti, Molly. Se dovessi cambiare idea...”
“Ti
chiamerò.” replico sventolando il biglietto da visita che mi ha
appena dato.
Lui
sorride e si avvicina a me dandomi un bacio sulla guancia. Socchiudo
gli occhi gustandomi quel breve contatto. Così dolce e allo stesso
tempo così eccitante.
“Addio,
Tom.” lo saluto e mi dirigo al portone del 221B mentre lui mi fa un
gesto di saluto e risale sul taxi.
Oh,
Tom. Sei un uomo fantastico. Se solo il mio cuore fosse libero sarei
felice di stare con te...
Chiudo
il portone nel momento esatto in cui l'auto riparte. Faccio le scale
lentamente e, quando arrivo al piano di sopra, mi trovo di fronte a
Sherlock e John che prendono il tea.
“Ciao
Molly!” mi saluta John con entusiasmo.
“Ciao
John. Era da un po' che non ti vedevo. Tutto bene?”
“Sì, sono
stato una settimana nel Kent dai parenti di Mary. Tutto ok, e tu?”
“Bene,
bene.” replico sforzandomi di sembrare naturale.
“Sono
qui in missione, in realtà. Mary mi ha ordinato di trascinarvi a
casa nostra per cena. Sherlock ha detto di no in preda a un attacco
di sociopatia sfrenata, ma forse tu riesci a convincerlo.”
Guardo
il mio coinquilino che non mi ha detto una parola da quando ho messo
piede in casa. Se ne sta lì, seduto, a sorseggiare il suo tea con lo
sguardo fisso nel vuoto. Non mi ha nemmeno guardato. Forse è
concentrato in qualcosa, ma ho come l'impressione che il motivo sia
un altro. È come se mi stesse ignorando di proposito. È arrabbiato
con me per qualche ragione?
“Dubito
di poter convincere Sherlock a fare qualunque cosa, John. Mi spiace.
Inoltre, oggi sono piuttosto stanca, quindi preferirei fosse un'altra
sera.”
“Va
bene, missione fallita. Me ne assumerò la responsabilità con Mary.”
si rassegna facendomi l'occhiolino.
Sorrido
e vado in cucina a cercare qualcosa da mangiare e John mi segue.
“Posso
avere dell'acqua?” chiede raggiungendomi.
“Certo.”
dico mentre prendo un bicchiere.
“Molly,
devo parlarti.” sussurra per non farsi sentire da Sherlock. “Eri
da sola in taxi?”
“No,
perché?” replico sussurrando a mia volta in maniera
cospiratrice.
“Eri con un uomo?”
“Sì,
un amico.”
“Credo
che Sherlock sia geloso.”
Sussulto.
Mi prende in giro? O forse ho capito male.
“Stavamo
parlando e lui guardava fuori dalla finestra quando improvvisamente
si è zittito. Ed era chiaramente irritato. Insomma, dopo tutti
questi anni lo capisco quando è nervoso. Mi sono avvicinato anche io
alla finestra e ho visto il taxi andare via. Quando abbiamo sentito
la porta d'ingresso chiudersi, lui è tornato alla sua poltrona
apparentemente impassibile come sempre, e io l'ho imitato. Un momento
dopo tu sei entrata in casa.”
“Tu
credi che stesse guardando me?”
“Sì. E credo che sia geloso
del tuo amico. Non ha detto una parola da allora.”
“John,
sai bene che Sherlock non ha interesse in me. Non in quel senso.”
obbietto ricordando a lui e a me stessa la realtà dei fatti.
“Sì,
beh, in realtà chi può dirlo?”
Lancio
un breve sguardo alla sala. Lui è ancora lì. Ha poggiato il tea e
sta pizzicando le corde del suo violino.
“John,
io e lui ormai parliamo abbastanza, ci confidiamo perfino. Credo che
sia affezionato a me, ma non penso mi consideri più di un animale da
compagnia.”
“Vi
confidate? Vuoi dire che lui ti ha confidato qualcosa di sé?”
“Sì,
qualcosa. Non molto in realtà, ma è qualcosa.”
“Oh,
davvero? Io ho sempre dovuto sudare sette camicie per fargli
ammettere anche solo quando aveva fame e sonno!”
Ridiamo
entrambi.
“Molly,
ogni giorno che passa diventi più importante per lui. Perché non
dovrebbe essere geloso? Non necessariamente in maniera romantica,
perché è Sherlock dopotutto. Ma teme che tu possa lasciarlo solo, è
normale.”
“Io
non lo lascerò mai solo, gliel'ho promesso.”
“Gliel'hai
promesso? Molly, perché?” domanda sorpreso e con una punta di
rimprovero.
“Perché
lo amo, John. Lo sai.”
John
mi guarda con compassione. Lui sa ogni cosa. Sa che quello che provo
per Sherlock è un amore incondizionato. Un amore che non pretende di
essere ricambiato. Masochismo incondizionato, in realtà. So cosa sta
pensando. Non dovrei dedicare la mia vita a un uomo che non mi amerà
mai quanto lo amo io. Lo so bene, tutto il mondo lo sa, ma ormai è
tardi. Il mio cuore gli appartiene.
“Ok,
senti, io non voglio giudicare, ma dovresti seriamente riflettere su
questa cosa. Sherlock è eccezionale, lo sappiamo tutti, ma non ti
renderà mai felice. Non come meriti.” aggiunge con tono fraterno.
“Ma
io sono felice con lui.”
“No, non lo sei, Molly. Lo so,
conosco te e soprattutto conosco lui. Pensaci bene.” così dicendo
mi da un'affettuosa pacca sulla spalla e se ne torna in sala con il
suo bicchiere d'acqua.
John
ha ragione, ovviamente, ma ho deciso cosa voglio dalla mia vita. Ho
fatto una scelta e la manterrò qualunque cosa accada.
Mi
pettino i capelli umidi di fronte allo specchio. Un bagno caldo mi ha
fatto sentire meglio. Nonostante tutto, i miei ormoni sembrano
essersi un po' calmati. Forse riuscirò a riprendere la mia vita in
maniera normale. Lo spero, perché tutto ciò è estenuante.
Indosso
la vestaglia, la lego in vita, ed esco dal bagno. Faccio appena un
passo e finisco per scontrarmi con Sherlock. Il colpo è così forse
che cado a terra.
“Ahi!”
esclamo provando un forte dolore al fondo schiena.
Bene,
ennesimo livido alla mia collezione da imbranata.
Lui
non dice una parola ma mi tende la mano per aiutarmi ad alzarmi. Mi
ritrovo di fronte a lui e i suoi occhi mi studiano con intensità.
Oh,
cielo, adoro quegli occhi.
“Ti
ho fatto male?” gli chiedo cercando di riprendermi.
“No.
Tu stai bene?”
“Avrò
un altro livido, ma sto bene.”
Lui
annuisce e solo allora mi rendo conto che sta ancora tenendo la mia
mano. Forse dovrei ritrarla, ma non voglio. Non capita spesso che lui
mi tocchi e non voglio privarmi di questa piccola gioia.
Restiamo
immobili, così, per quanto? Non lo so. Lui mi guarda, mi osserva, mi
studia. E io sto lì, imbambolata di fronte a quell'uomo che amo.
“Come
va con il tuo... problema?”
mi domanda all'improvviso risvegliandomi dal mio torpore.
“Meglio,
credo.”
“Bene,
perché domani vorrei venire al Barth's da te.”
“D'accordo.
Sai che puoi venire quando vuoi.”
Lui
annuisce. Perché mi sembra terribilmente intimidito? E perché non
mi allontana sgarbatamente come suo solito? Perché non fa crudeli
battute su di me?
“Sherlock,
c'è qualcosa che non va? Mi sembri... strano.”
dico sapendo bene che me ne pentirò.
“Sono
solo pensieroso.”
“Sembri
preoccupato per qualcosa, posso aiutarti in qualche maniera?”
“No,
io... Sto bene. Ho solo bisogno di un nuovo caso.” replica con tono
più deciso, ma non posso fare a meno di notare che il suo pollice
scorre lentamente sul dorso della mia mano, come in una leggera
carezza.
Annuisco
cercando di non emozionarmi troppo per questa piccola scoperta, ma il
mio corpo inizia a reagire in maniera involontaria. Mi sento
avvampare e il mio cuore batte in maniera così forte da sembrare
assordante.
No,
ti prego, non ora!
“È
meglio che vada a vestirmi.” dico allontanandomi da lui e
sciogliendo le nostre mani.
Devo
proprio farlo, o impazzirò. Sto per salire le scale, ma la sua voce
mi ferma.
“Come
sta Tom Williamson?”
Mi
blocco sul primo scalino. John aveva ragione. Mi stava guardando.
“Bene.”
rispondo voltandomi a guardarlo. “Ha cambiato casa e sta per
pubblicare un nuovo libro.”
“Lo
rivedrai?”
“Non credo.”
“Perché
no? Lui sembra molto interessato a te.”
“Lo sai il perché.”
rispondo con disappunto.
“So
come la pensavi qualche mese fa, ma non so se oggi sei ancora della
stessa idea.”
“Non
sono così volubile. Mi offendi se lo pensi.”
“Molly,
è da ieri che non riesci a controllare i tuoi bisogni, non vedo come
potrei pensare che tu non sia volubile.”
Scendo
dal gradino e lo raggiungo, posizionandomi di fronte a lui.
“Smettila.”
“Di
fare cosa?”
“Di insultarmi solo perché ti senti
minacciato.”
“Io non mi sento minacciato! E poi da chi? Da te?
O da quel damerino di Tom Williamson?”
Scuoto
la testa tristemente. Stupido uomo orgoglioso.
“Ti
ho promesso che non ti lascerò. Non mi rimangio la parola, quindi
non hai motivo di insultare me o Tom, che tra l'altro è stato
estremamente gentile.”
“Certo
che è gentile, i suoi motivi
sono più che evidenti!”
“Basta!”
urlo esasperata alzando le braccia al cielo. “Non mi interessa Tom!
E smettila di fare il marito geloso!”
“Io
non...” inizia lui con rabbia, tendendo le labbra irritato, ma
cercando di trattenersi. “Io non mi comporto come un marito
geloso.”
“Sì, invece. E non ne hai motivo. Sia perché non
sei mio marito o fidanzato o altro, sia perché penso di averti
ampiamente dimostrato che è con te che voglio stare, e nessun
altro.”
Lui
rimane in silenzio a fissarmi, apparentemente senza parole. Sembra
che la rabbia stia cedendo il passo alla confusione.
“Sciocco
ragazzino, capirai mai quando qualcuno tiene veramente a te?” dico
infine con tono rassegnato e poi mi alzo sulle punte e gli do un
bacio sulla guancia. Lui rimane immobile come una statua. Io lo
guardo per un secondo, incontrando i suoi occhi smarriti, faccio un
sospiro e poi vado a rifugiarmi nella mia stanza.
Mi
rigiro nuovamente nel letto. Guardo la sveglia. Sono le due del
mattino. Tra due ore e mezza quella stessa sveglia suonerà per
ricordarmi che devo andare a lavoro. E non ho ancora chiuso occhio un
minuto. Sono tre dannatissime ore che suona incessantemente quel
violino. Lo fa chiaramente apposta, non ha mai fatto così in sei
mesi che vivo qui. Vuole farmi impazzire, evidentemente. Lo sento
fare una pausa, ma dieci secondi dopo ricomincia.
Ok,
ora basta.
Mi
alzo e scendo al piano di sotto. Lui è nella sua solita posizione
quando suona, affacciato alla finestra, schiena rivolta al resto
della stanza. Lo raggiungo e mi posiziono accanto a lui. Finalmente
si ferma, si volta e mi guarda perplesso.
“Molly?”
Senza
dire una parola, gli strappo di mano il violino e l'archetto. Lo
colgo di sorpresa quindi non riesce a impedirmelo. Mi allontano verso
le scale.
“Molly,
restituiscimi il mio violino. Ora!”
“No,
è sotto sequestro. Lo riavrai quando sarò riuscita a dormire un
paio d'ore.”
“Molly,
ridammelo subito!” insiste inseguendomi e raggiungendomi
all'imboccatura delle scale.
“No,
ne ho abbastanza di questa tortura psicologica che stai mettendo in
atto. Datti una calmata!”
“Ho
bisogno del mio violino. Ri-dam-me-lo.”
“E
io ho bisogno di dormire!” esclamo frustrata. “Sherlock, ti
prego.” lo imploro.
Lui
fa un sospiro e tende le labbra, irritato, e infine annuisce.
“Smetterò
di suonare, ma devi ridarmelo.”
“Lo prometti?”
“Sì.”
Lo
guardo negli occhi per capire se mi sta mentendo. Non riesco a
leggere nient'altro che sincerità in quelle iridi chiarissime,
quindi glielo consegno.
“Grazie.”
sussurra abbassando lo sguardo.
“Grazie
a te per aver acconsentito a smettere.”
“Mi
dispiace.” dice infine con tono così flebile che a mala pena lo
sento.
“Va
bene, Sherlock. Buonanotte. E anche tu dovresti dormire!” concludo
risalendo le scale.
*
Sono
a metà di un'autopsia quando la porta si spalanca ed entra Sherlock.
“Ciao
Molly, potresti procurarmi delle lingue per un
esperimento?”
“Lingue?”
“Sì,
lingue. Voglio studiare la reazione delle papille gustative a
contatto con vari tipi di acido.”
“Perché?”
“Perché
pare sia la nuova moda di alcuni gruppi mafiosi. Costringono le
vittime a ingurgitare acido.”
“Oh,
disgustoso.”
“Sì,
oltre che letale. Puoi aiutarmi?”
“Quante te ne servono?”
“Una
decina.”
“Sono tante... Avrò bisogno di tempo per
procurartele, non riesco in giornata.”
“Va bene. Aspetterò.”
acconsente annuendo.
Rimane
immobile al centro della stanza e mi guarda. Come se si aspettasse
qualcosa, ma non capisco che cosa.
“Posso
osservare la tua autopsia?” mi chiede esitante.
“Overdose.
Niente di interessante.”
“Lo
so, ma posso restare? Mi terrò a distanza e starò in silenzio.”
Lo
osservo incuriosita. Sherlock che resta in silenzio? Mai successo.
“Immagino
che tu non abbia ancora un caso a cui dedicarti.”
“Infatti.”
replica con tono annoiato.
“Va
bene, resta pure.” dico infine riprendendo il mio lavoro.
“Grazie.”
lo sento dire alle mie spalle con la sua profonda voce baritonale.
Inevitabilmente
un brivido mi attraversa la schiena.
Non
ora, per favore! Devo
concentrarmi!
Come
promesso Sherlock rimane in silenzio. Osserva da lontano e non dice
una parola. Un paio di volte ho avuto la sensazione che volesse
parlare, ma non lo fa.
Quando
finisco e metto il corpo nella sua cella, lui è ancora lì che mi
osserva. In piedi, dritto come un fuso, con le mani dietro la
schiena. Mi tolgo i guanti e vado a lavarmi le mani, lui mi segue a
distanza. Sembra quasi un cucciolo smarrito.
“Molly,
mi chiedevo...” inizia con tono stranamente incerto. “Hai più
fatto altri sogni?”
Mi
irrigidisco per la sorpresa. Non pensavo che ne avrebbe riparlato,
tanto più alla luce del giorno. Quella notte non ha voluto nemmeno
accendere la lampada e il buio nascondeva il nostro imbarazzo.
“Non
di quel genere, perché?”
“Me
lo chiedevo.”
“Sherlock,
tu non fai domande solo per fare conversazione. C'è qualcosa che non
va?”
“No,
è tutto ok. Credo.”
“Credi?”
“Forse,
è possibile, che io ti abbia sognato.”
Questa
sì che è una sorpresa. Non pensavo di meritare un tale onore.
“Ed
era un sogno di che tipo?”
“Non
era un sogno erotico, su questo puoi stare tranquilla.”
Tranquilla
non è la parola a cui pensavo. In realtà sono un po' delusa.
“E,
allora, che genere di sogno era?”
Lui
inizia a camminare avanti e indietro. Nervoso, direi.
“Era
un sogno stupido, davvero. Non so perché ho deciso di iniziare
questo discorso!” esclama fuori di sé.
“D'accordo,
Sherlock, va bene. Non devi raccontarmelo se non vuoi. Lascia stare.”
cerco di tranquillizzarlo. “Io ho fame, ti va di accompagnarmi in
mensa?”
Lui
annuisce e mi segue senza dire una parola. Questo Sherlock silenzioso
e confuso mi preoccupa. Riesco a gestire lo Sherlock scontroso,
arrogante e con l'insulto facile. Ma lo Sherlock smarrito e
vulnerabile, instabile come una bomba, mi mette in agitazione.
Stiamo
percorrendo il corridoio in direzione dell'ascensore, quando le porte
si aprono e ci viene incontro Tom Williamson.
Oh,
no. E ora?
“Molly,
ciao!” esclama con un sorriso smagliante. “Mi hanno detto di
cercarti a questo piano.”
“Ciao Tom.” lo saluto confusa.
“Spero
di non disturbarti. Oh, salve Mr. Holmes.” dice rendendosi conto
della presenza di Sherlock e tendendogli una mano.
“Mr.
Williamson. Come mai da queste parti? L'obitorio non è una meta che
si può definire turistica.”
“Volevo solo portare questo a
Molly.” spiega dandomi un sacchetto.
Lo
apro e al suo interno c'è un libro. Un suo libro. Per l'esattezza,
quello ancora non pubblicato. Apro la copertina e c'è una dedica per
me.
“Grazie,
Tom. Non dovevi, lo avrei comprato.”
“Figurati, è un
piacere.” replica sorridendo così tanto che mi chiedo come sia
possibile che non si sloghi la mascella.
Sherlock,
accanto a me, tossicchia leggermente per farsi notare. È
infastidito. È chiaro.
“Mi
spiace, Tom, ma sono in ritardo per la pausa pranzo.Ti ringrazio,
comunque, sei stato molto gentile.”
Inevitabilmente,
ripenso al commento di Sherlock di ieri sera.
Certo
che è gentile, i suoi motivi sono più che evidenti!
Qualcosa
mi dice che anche Sherlock ci sta pensando perché mi guarda
aggrottando le sopracciglia.
“Se
state andando al piano terra, vi seguo. Anche per me è ora di
rientrare a lavoro.”
Saliamo
tutti e tre sull'ascensore e io ho come la sensazione che sia una
pessima idea. Premo il bottone del piano terra e trattengo il fiato.
“Buona
colazione, Mr. Williamson? Come erano i muffin?” chiede Sherlock
con il suo tipico tono inquisitorio.
“Deliziosi,
ma come lo sa?”
“E la donna con cui era? Sono certo che fosse
molto attraente.”
“Sì, lo è, ma non capisco...”
“E,
mi dica, è un'amica, un'amante o semplicemente uno strumento per far
ingelosire Molly?”
“Come, scusi?” risponde Tom iniziando a
irritarsi e voltandosi verso Sherlock.
“Tom,
ignoralo, cerca di farti innervosire.” gli spiego cercando di
evitare una catastrofe.
“Andiamo,
Mr. Williamson, lei non abita in zona, né tanto meno ci lavora, e la
macchia di rossetto sulla sua guancia parla chiaro.”
“Mr.
Holmes, dubito che siano affari suoi, ma ero in visita al mio editore
un isolato più avanti. E la donna con cui ho fatto colazione è il
mio editore in persona. Ci conosciamo da dieci anni e mi saluta
sempre con un affettuoso bacio sulla guancia. E ora mi dica, come
questo la riguarda, esattamente?” chiede facendo un passo in avanti
e fissando Sherlock negli occhi.
La
tensione potrebbe tagliarsi con il coltello e questo non mi piace
affatto.
“Ragazzi,
per favore.” li imploro ma nessuno dei due mi ascolta.
“Un'ottima
scusa ma entrambi sappiamo che lei non è venuto qui per vedere il
suo editore ma per vedere Molly. Non vuole accettare il suo rifiuto,
vero?”
“Lei
non è nella posizione di giudicare visto che non è nemmeno in grado
di apprezzare una persona che si prende cura di lei.” sibila Tom
con un tono basso e minaccioso.
Sto
per implorarli nuovamente di smettere, quando l'ascensore sussulta e
si ferma.
Oh,
no, questa è una tragedia!
“Accidenti,
mancava solo un piano!” esclamo in preda alla frustrazione.
“Chiaramente
questo vecchio ascensore non è in grado di trasportare più di due
persone per volta.” commenta Sherlock con fastidio.
“Sta
insinuando che sia colpa mia?” ribatte Tom sulla difensiva.
“Non
l'ho detto. Lo ha fatto lei.”
“Senta, razza di
maleducato...”
“Ora basta!” urlo furiosa. “Basta! Andate a
cuccia, entrambi!” ordino spingendoli in due angoli diversi
dell'ascensore. “Non voglio sentire un'altra parola da nessuno dei
due, sono stata chiara?”
Mi
guardano entrambi confusi e infine annuiscono. Sospiro e mi avvicino
ai pulsanti, premendo quello d'emergenza. Un secondo dopo, mi
risponde una voce metallica.
“Salve,
siamo rimasti bloccati tra il piano -1 e il piano terra. Siamo in
tre.”
“State
tutti bene?”
“Sì, per ora, ma non posso garantire per il
futuro, quindi fate presto.” rispondo lanciando uno sguardo
minaccioso ai due uomini.
“Come,
scusi?”
“Volevo dire, stiamo bene, fate presto.”
“Faremo
il possibile ma potrebbe volerci una mezz'ora.”
Oh,
fantastico. Questa sì che è una buona notizia!
“Senta,
io lavoro qui, non posso stare bloccata per così tanto tempo, fate
presto, per favore!”
“Ci proveremo.” conclude la voce
metallica.
Sbuffando
mi siedo a terra. Questa giornata finirà male. Me lo sento.
“Addio
pausa pranzo.” mormoro sentendo le lamentele del mio stomaco.
Tom
si siede accanto a me e mi porge una confezione di caramelle.
“Grazie,
Tom. Non è il pranzo che speravo, ma me lo farò bastare.”
Ridiamo
entrambi. Alzo lo sguardo e vedo Sherlock che ci guarda con severità.
Poi emette un sospiro e si siede anche lui a terra. Poggia i gomiti
sulle ginocchia e unisce le mani davanti al viso, osservandoci.
“Cosa
fa?” chiede incuriosito l'uomo accanto a me.
“Riflette, lo fa
spesso.”
“Sembra piuttosto assente.”
“A volte lo è.”
“Non
sono assente!” esclama il mio coinquilino con tono irritato. “Vi
guardo cercando di immaginare come sarebbero i vostri figli. Dubito
che il vostro DNA si fonderebbe bene, quindi eviterei.”
“Sherlock,
non sei divertente.” lo rimprovero irritata.
“Ah,
no? Io lo trovo esilarante.”
“Molly,
mi spieghi cosa trovi in questo tizio così arrogante? Insomma, dal
punto di vista professionale posso capirlo, ma a livello personale è
un completo idiota.” commenta Tom incredulo.
Sherlock
spalanca le palpebre per la sorpresa. Non è abituato a sentirsi dare
dell'idiota.
“Tom,
ti prego, lascia stare. E tu, Sherlock, chiuditi nel tuo Mind Palace
e smettila di essere così dannatamente irritante.”
Lui
si volta verso di me e mi guarda a bocca aperta. Non si aspettava
probabilmente che io lo rimproverassi. Richiude la bocca e lo vedo
stringere la mascella e tendere le labbra per lo smacco di essere
stato sgridato da me.
Restiamo
in silenzio per circa dieci minuti. Un vero miracolo. Poi,
finalmente, sentiamo dei rumori e delle voci fuori dall'ascensore.
Stanno arrivando a salvarci! Grazie al cielo...
Mi
alzo in piedi speranzosa e finalmente le porte scorrevoli si aprono
grazie alle mani di alcuni operai. Siamo a metà tra i due piani
quindi è necessario risalire per arrivare al pavimento del piano
terra. A causa della mia misera altezza, faccio fatica, nonostante
dall'alto ci siano delle mani pronte ad afferrarmi, ma sento qualcuno
prendermi per le gambe e sollevarmi. Mi volto e vedo Tom e Sherlock
che mi spingono verso l'alto, insieme.
“Grazie.”
sussurro confusa e mi arrampico uscendo da quel maledetto ascensore.
Poco dopo ne emerge anche Tom e infine Sherlock. Ringrazio gli operai
che ci hanno salvato così tempestivamente e decido che oggi userò
solo le scale.
I
due uomini mi seguono silenziosamente, ma sento ancora una tensione
incredibile fra loro. Quando arrivo di fronte alla porta della mensa,
mi volto a guardarli entrambi.
“Io
vado a pranzare. Tom, sei stato molto gentile a regalarmi il tuo
libro e a offrirmi le tue caramelle. Grazie.” dico sorridendo prima
di voltarmi verso il mio coinquilino. “Sherlock, ci vediamo a
casa.” e così dicendo entro nella mensa lasciandoli soli a cuocere
nel loro brodo.
Mi
siedo a mangiare una patetica imitazione di risotto e, poco dopo,
Sherlock mi si siede davanti. Per essere uno così intelligente, non
riesce mai a capire quando non voglio vederlo.
“Dobbiamo
parlare.” dice con tono autoritario.
“E
di cosa?”
“Del modo in cui mi hai trattato di fronte a quel
damerino.”
“Del modo in
cui ti ho trattato? Scherzi?
Sei stato infantile e aggressivo per tutto il tempo. E ti assicuro
che avrei potuto trattarti molto peggio!”
“Infantile e
aggressivo? Invece il tuo Tom è maturo e calmo, vero?”
“Smettila,
Sherlock! Lo hai provocato tu! Mi sembrava di essere tornata
all'asilo!”
Mi
guarda accigliandosi. Non gli piace quando lo colgo in fallo, e tanto
meno quando gli faccio notare quanto sia immaturo.
“Allora,
immagino che presto lascerai Baker Street per andare a vivere con Mr.
Gentilezza, giusto?”
“Non dire idiozie. Ti ho detto che non
sono interessata a Tom. Non vado da nessuna parte.”
“Lo farai,
prima o poi. Quello sciocco damerino ti conquisterà a furia di
regali, visite casuali e caramelle, e presto tu cederai e mi dirai
Oh, Sherlock, mi dispiace, ma
io lo amo! e te ne andrai. È
tutto così banale che mi nausea.”
Poggio
la forchetta nel piatto con rabbia. Non ne posso più.
“Sherlock,
non voglio sentire un'altra parola su questo argomento. Ti ho già
detto un miliardo di volte che non intendo andarmene, né con Tom né
con nessun altro. Se vuoi credermi, bene, altrimenti vattene al
diavolo!”
Lui
si raddrizza guardandomi con aria confusa. Possibile che non si renda
conto di quanto è esasperante? Mi alzo e porto il vassoio nel vano
apposito, mi è passata la fame. Esco dalla mensa e poco dopo sento i
suoi passi che mi seguono.
“Molly,
aspetta!” mi chiama ma io non rallento e mi dirigo alle scale.
Mi
sento afferrare per un braccio e tirare e mi ritrovo addosso a lui.
Il suo respiro è veloce e il suo viso è arrossato, come se avesse
corso. O come se avesse trattenuto il fiato a lungo.
“Sherlock,
lasciami. È imbarazzante. Io qui ci lavoro.”
E, soprattutto,
stare così vicino a lui mi confonde. Il mio autocontrollo rischia di
frantumarsi.
“Lo
so. È solo che... Mi dispiace.”
Sospiro.
Deve sempre rendere tutto così difficile. E ora eccoci qui, nel bel
mezzo dell'ospedale, dove chiunque può vederci, praticamente
abbracciati. Il mio cuore sta per esplodere e, forse sono pazza, ma
mi sembra di sentire anche il suo.
“Sherlock,
va tutto bene. Ora però devi lasciarmi in modo che possa tornare a
lavoro.”
Lui
annuisce e poi si china su di me, baciandomi la guancia. Sfiora
leggermente l'angolo della mia bocca e io, istintivamente, mi volto
verso di lui, unendo le nostre labbra. Dura solo qualche secondo, ma
riesco a sentire il sapore della sua bocca e la morbidezza di quelle
labbra meravigliose.
Mi
stacco subito dopo e incontro i suoi occhi che mi studiano in preda a
qualcosa di simile al terrore.
“Perdonami.”
sussurro prima di staccarmi da lui e correre giù per le scale.
Mi
guardo allo specchio. Che cosa ho fatto? Ho appena rovinato tutto.
Ero stata così attenta per sei mesi... E finisco per mandare a monte
tutto così?
Deve
essere colpa della situazione frustrante in cui si trova il mio corpo
negli ultimi giorni, mi ha talmente destabilizzato che non so più
quello che faccio. E poi sembra che proprio in questo periodo si
siano messi tutti d'accordo per far impazzire la mia testa e i miei
ormoni.
Sarà
un disastro. Finiremo per essere imbarazzati ogni volta che ci
incroceremo e alla fine sarò costretta a lasciare Baker Street
perché la situazione diventerà invivibile.
Sarò
costretta a lasciare lui.
Solo
l'idea mi spezza il cuore. Sherlock mi fa spesso arrabbiare ed è
frustrante ventiquattrore-al-giorno-sette-giorni-su-sette,
ma non posso più vivere lontana da lui. Lui dice di essere tendente
alla dipendenza, ma non si rende conto di essere lui la droga più
pericolosa in circolazione.
“Molly!”
mi chiama la sua voce oltre la porta.
Mi
ha trovato. Non che fosse difficile in realtà, ma speravo che
stavolta mi avrebbe risparmiato, lasciando che mi leccassi le ferite
da sola.
“Molly
Hooper, esci da quel bagno. Non intendo parlare con una porta.”
Io,
invece, non voglio parlare con lui affatto. In questo momento non
posso sopportare le parole cariche di disprezzo che vorrà
rivolgermi.
“Molly,
smettila di auto compatirti. Non è nulla di grave e faremo finta che
non sia mai successo, ma devi uscire dal bagno. Ora.”
Tanto
per cambiare, lui sa esattamente tutto quello che mi passa per la
testa. A questo punto tanto vale uscire e affrontarlo.
Su
la testa, Molly! Affrontalo in maniera matura!
Apro
la porta lentamente e lo vedo al centro dello spogliatoio. È rigido
e tiene le mani lungo i fianchi, con i pugni stretti nervosamente.
Nemmeno lui è del tutto sereno.
Lo
raggiungo attingendo a tutta la poca forza interiore che mi è
rimasta, e mi metto di fronte a lui, sostenendo il suo sguardo
indecifrabile.
“Molly,
intendo chiudere definitivamente l'argomento. Mi rendo conto che in
questo momento fai fatica a gestire i tuoi impulsi, quindi è
evidente che è stato solo quello a spingerti poco fa. Ecco perché
ho intenzione di non considerarlo. Non è mai successo. Non ho
intenzione di lasciare che una sciocchezza del genere rovini la
nostra convivenza e la nostra collaborazione lavorativa. Sono sicuro
che tu sia d'accordo con me.”
“Certo,
non succederà più e non è quindi necessario preoccuparsene.
Tuttavia...” inizio cercando le parole giuste. “Tuttavia, spero
che tu ti renda conto che il tuo atteggiamento nei miei confronti
nell'ultimo periodo non ha fatto che minare il mio autocontrollo, e
spero che eviterai che ricapiti.”
“Il
mio atteggiamento?”
“Sì,
Sherlock. Le tue scenate di gelosia, i tuoi mutismi, la tortura del
violino... Non hai fatto che mettermi alla prova, e sono esausta.”
Si
morde il labbro inferiore e so che lo fa solo quando è davvero in
difficoltà. Solo quando è davvero confuso.
“Hai
ragione. Mi dispiace. Non succederà più.” cerca di rassicurarmi
con tono colpevole.
“Certo
che succederà ancora... Lo so. Ma sei così bravo a osservare e
capire gli altri che non dovrebbe essere difficile per te capire
quando non ho la forza di gestire tutto questo.”
Lui
annuisce e mi guarda in maniera così intensa che potrei baciarlo
ancora. Prima di cedere a qualsiasi sciocco impulso, faccio un passo
indietro.
“Ora
dovresti andare, io devo tornare a lavoro.”
“Certo.
Prima però devo confessarti qualcosa.”
“Confessare...
a me?” faccio eco
stupita.
“Io ti ho sognato.”
“Me
lo hai detto. Qual è il problema?”
“Ecco,
era un sogno... sentimentale.”
spiega con una smorfia di disgusto malcelato.
“Cosa
intendi?” domando sentendo il cuore mancare un battito.
“Mi
riferisco al fatto che c'erano dei... baci.” conclude esitando e
stringendo le palpebre in un'espressione imbarazzata.
“Baci?”
“Sì,
tu mi avevi detto di aver avuto dei sogni simili, ma non avrei mai
creduto che potesse capitare anche a me.” aggiunge con tono
chiaramente irritato, apparentemente con se stesso o con il suo
inconscio.
“Sherlock,
non devi preoccuparti. So che non significa nulla. Probabilmente è
solo perché ne abbiamo parlato.”
“Ma
io non ho mai fatto sogni simili.”
“Mai?”
“Mai.”
Oh.
Questo sì che non me lo aspettavo. A quanto pare sono il primo sogno
sentimentale di Sherlock.
“Che
cosa credi che significhi?”
“Io
credo di desiderare una qualche intimità con te. Inconsciamente.”
“Che
genere di... intimità?”
“Non
di tipo sessuale, ovviamente. Mi riferisco a del semplice contatto
fisico.”
Lui
vuole toccarmi. E probabilmente vuole che anche io lo tocchi. Non
capisco, dovrei esserne felice? No, perché lui non è felice di
quello che prova.
“Hai
detto che è inconscio, come hai intenzione di
affrontarlo?”
“Ovviamente ho due possibilità. Posso ignorare
questo desiderio o assecondarlo. E, in questo momento, soprattutto
dopo quello che è successo poco fa, vorrei assecondarlo. E credo che
questa sia la motivazione per cui invece non dovrei. Sarebbe un
terribile errore. Sarebbe come cedere il potere ai bisogni del mio
corpo e non è quello che voglio.” conclude fissandomi in una
maniera che mi fa tremare le gambe.
Quindi,
come immaginavo, lui vorrebbe toccarmi, ma non è felice di questo.
Io, d’altronde, vorrei lanciarmi fra le sue braccia, ma so che non
sarebbe saggio. Finirei per soffrire. Forse i nostri motivi sono
diversi, ma abbiamo gli stessi dubbi e desideri. Solo che io non so
se riesco ancora a trattenermi.
Non
quando lui mi confessa certe cose.
Non
quando mi guarda così.
“Sherlock,
qualunque cosa decidi, per me va bene. Devi solo dirmelo, ok?”
Lui
sussulta, sorpreso. Non si aspettava che fossi così disponibile ad
accontentarlo, evidentemente. Forse pensava mi sarei allarmata o che
ne sarei stata in qualche maniera disgustata.
“Io
credo che sia meglio lasciare le cose come stanno.” decide infine
abbassando lo sguardo.
“Va bene.”
“Ma...”
aggiunge facendo un passo nella mia direzione e fermandosi
vicinissimo a me. “Prima di chiudere il discorso definitivamente,
vorrei una piccola concessione.”
Deglutisco.
È troppo vicino e il suo tono, il suo sguardo, sono così intensi
che non so bene come possa essere ancora in piedi. Ho le vertigini.
“Quale?”
“Chiudi
gli occhi, Molly. Tienili chiusi sinché non te lo dirò io. E quando
lo farai dimenticherai tutto questo. Me lo prometti?”
Annuisco,
confusa ed eccitata allo stesso tempo. Chiudo gli occhi e aspetto.
Sento la sua mano sfiorarmi una guancia, accarezzarla lentamente
scendendo verso il collo. Le sue dita mi solleticano la nuca. Poi,
sempre all'altezza del mio collo sento qualcos'altro. Un soffio
caldo, il suo respiro. Ha avvicinato il suo viso al mio collo e lo
sento annusarmi. Mi viene la pelle d'oca per l'emozione. È così
vicino ed è come se mi stesse studiando centimetro per centimetro,
con ogni suo senso. La sua mano dalla nuca va all'attaccatura dei
capelli e poi me li scioglie. Sento che li accarezza, pettinandoli
con le dita e poi mi annusa ancora.
“Sher...”
“Non
dire nulla, Molly. Ti prego. Non ti farò del male.”
“Lo so.”
sussurro per non rompere l'incantesimo.
“Non
ho mai sentito un profumo come il
tuo.” spiega lui mentre sento il suo naso sfiorare la mia fronte e
scendere sino al mio collo. “Volevo solo imprimerlo per sempre
nella mia mente. Ora sarà per sempre nel mio Mind Palace, ad
aspettarmi quando ne avrò bisogno.”
Sento
la sua mano che mi sistema i capelli dietro l'orecchio e poi ho
improvvisamente freddo, si è allontanato da me. Sento i suoi passi
attraversare la stanza.
“Quando
me ne sarò andato, Molly, potrai aprire gli occhi. E mi hai promesso
che dimenticherai tutto questo.”
Annuisco,
anche se so di mentire. Potrò non parlarne e fingere con lui di
averlo dimenticato, ma resterà per sempre scolpito nella mia
memoria.
“Ci
vediamo più tardi a casa, Molly Hooper.” mi saluta poco prima di
chiudere la porta con forza.
Aspetto
qualche secondo e poi apro gli occhi, trovandomi sola nello
spogliatoio.
Afferro
la chiave del portone per inserirla nella serratura, ma mi rendo
conto che la mia mano trema. Faccio dei profondi respiri. Devo
calmarmi. Ho promesso che dimenticherò tutto, quindi devo essere
calma in modo da poter fingere bene. Quando finalmente mi sento
pronta, apro la porta e salgo le scale. Entrata in sala lo vedo
subito. È sul divano, steso, con le mani unite davanti al viso, gli
occhi chiusi e almeno due cerotti alla nicotina nel braccio. Forse ha
trovato un caso. Forse è nel suo Mind Palace. Un brivido mi percorre
la schiena ripensando alle sue parole solo poche ore fa.
Non
ho mai sentito un profumo come il tuo.
Volevo
solo imprimerlo per sempre nella mia mente.
Ora
sarà per sempre nel mio Mind Palace, ad aspettarmi quando ne avrò
bisogno.
Stringo
le palpebre per cancellare quel pensiero e vado in cucina. Ho con me
un contenitore termico pieno di lingue umane da svuotare nel
frigorifero.
Inizio
a sistemarle nel vano che è riservato agli esperimenti di Sherlock.
Ho fatto una fatica immensa a convincerlo a usare sempre lo stesso
ripiano e a non sconfinare, ma sembra che finalmente abbia capito.
“Allora
sei riuscita a procurarmele. Non le aspettavo prima di domani.”
commenta la sua voce alle mie spalle.
“Sei
stato fortunato.” replico prima di trovare il coraggio di voltarmi.
È
in piedi davanti a me, spettinato e impassibile come sempre.
Ovviamente, lui ha davvero dimenticato quello che è successo poco
fa, io invece devo limitarmi a fingere.
Incapace
di sopportare troppo a lungo il suo sguardo, mi allontano e prendo in
mano il mio telefono.
“Io
mi ordino una pizza per cena. Tu ne vuoi?”
“No.
Usciamo.”
“Non
mi va di andare da Angelo.”
“Non
intendevo da Angelo. Potremo andare in qualche posto nuovo.”
Mi
volto a guardarlo, sorpresa e sinceramente preoccupata. Da quando in
qua Sherlock è interessato a conoscere posti nuovi?
“Perché?”
“Ho
voglia di fare qualcosa di diverso.”
“Tu non ami i
cambiamenti. Mi fai delle scenate se solo compro il latte di una
marca diversa. Perché dovresti voler fare qualcosa di diverso?”
“Perché
no?”
Ok,
non sono in vena di indovinelli stasera. Se ha voglia di fare il
criptico, può farlo da solo.
“Potresti
semplicemente ordinare una pizza diversa dalla tua solita quattro
stagioni.”
“Non
mi va la pizza. Voglio uscire.”
“A
me invece va. E non ho voglia di uscire, sono stanca. Quindi se vuoi
andare a conoscere posti nuovi, puoi farlo da solo.”
Mi
strappa il telefono di mano e mi si pianta davanti, osservandomi in
viso con aria sospetta.
“Sei
arrabbiata con me.”
“Sono solo stanca.”
“Sei
arrabbiata. Mi auguro che non sia per quello che è successo e che
hai promesso di dimenticare.”
“Non
sono arrabbiata e non so di che parli visto che ho dimenticato tutto
quello che è successo oggi.”
Lui
rimane a fissarmi negli occhi e io sostengo il suo sguardo con aria
di sfida. Finalmente si arrende e mi restituisce il telefono.
Compongo il numero della pizzeria a domicilio e lui si allontana
tornando in sala.
“Per
me la solita quattro stagioni.” urla dal divano poco prima che
rispondano dall'altro capo.
Alzo
gli occhi al cielo, esasperata. È come vivere con un bambino.
Dato
che per la pizza c'era da attendere, ho fatto una doccia e ho messo
un pigiama. E ora, comoda e rilassata, mi vado a guardare un po' di
TV in attesa della mia pizza ai funghi.
Il
divano è finalmente libero e mi ci siedo con in mano il telecomando,
iniziando a fare zapping. Mi fermo quando trovo una commedia
romantica.
Oh,
le adoro!
Magari
riesco a guardarne un pezzetto prima che arrivi la pizza... Le mie
speranze crollano quando ricompare Sherlock dalla sua camera.
Non
mi permetterà mai di guardare la TV in pace. Mi aspetto
immediatamente un commento sarcastico, ma sorprendentemente non
avviene. Invece, si siede accanto a me.
“Cosa
guardi?” chiede in uno strano tentativo di essere socievole.
“Perché
me lo chiedi?”
“Ho
forse fatto una domanda indiscreta? Non credevo che...”
“Voglio
dire, perché ti senti in obbligo di fare conversazione? Tu odi le
chiacchiere inutili. E poi da quando ti interessa cosa guardo alla
TV?”
Si
irrigidisce e stringe la mascella.
“Volevo
verificare se eri arrabbiata con me o no. Chiaramente lo sei.”
“Non
sono arrabbiata, ma sono stanca di essere presa per i fondelli. Non
pensavo di dover essere io a dire una cosa del genere proprio a te,
ma se hai qualcosa da dire, fallo, altrimenti non perdere tempo in
stupide chiacchiere!”
“D'accordo,
Molly Hooper.” esclama con tono irritato e mi strappa di mano il
telecomando per spegnere la TV.
“Cosa...”
“Vuoi
che parli in maniera diretta? Lo farò. Tu stai destabilizzando il
mio autocontrollo. Sono giorni che non fai che provocare in me
reazioni che non gradisco affatto. Voglio che la smetti.”
“Cosa?
Ma di che parli? Sei tu che mi stai destabilizzando! Cosa starei
facendo che non dovrei? E poi di quali reazioni parli?”
Lui
si alza in piedi e comincia a camminare avanti e indietro per la
stanza.
“Parlo
dello sbattermi in faccia i tuoi problemi ormonali, o i tuoi flirt o
il tuo corpo liscio e profumato... Mi impedisci di pensare.”
“Io
non ti sbatto in faccia nulla! Vorrei ricordarti che tu vai in giro
per casa seminudo e che solo qualche giorno fa hai improvvisato uno
spogliarello di fronte a me!” replico alzandomi in piedi e
mettendomi di fronte a lui.
“Dovevo
togliermi gli abiti inzuppati di sangue!”
“E dovevi farlo
proprio di fronte a me?”
“E allora tu che esci dal bagno con
addosso solo la vestaglia?
“Ti
prego! Quella vestaglia mi
copre sino ai piedi, dove sarebbe il problema? E poi sei tu che mi
hai detto che anche se andassi in giro nuda non ci faresti nemmeno
caso!”
Rimaniamo
a fissarci entrambi furiosi per qualche secondo quando suona il
campanello. Nessuno dei due ha intenzione di abbassare lo sguardo,
nella paura di ammettere involontariamente una sconfitta.
“Ragazzi,
le vostre pizze!” urla Mrs. Hudson dal piano di sotto.
Sospiro
e mi arrendo. Afferro i soldi e scendo al piano di sotto a ritirarle.
Quando risalgo lui è seduto in poltrona e abbraccia il suo violino.
Eccolo,
Linus e la sua copertina.
Senza
dire una parola, appoggio la sua pizza sul tavolo e mi metto a
mangiare la mia sul divano. E riaccendo la TV.
“Dobbiamo
finire il discorso.”
“No, non dobbiamo. Non ho niente da
dirti.”
“Ma io sì.” risponde alzandosi dalla poltrona e
raggiungendomi al divano.
Rimane
in piedi immobile di fronte a me, fissandomi, ma io lo ignoro.
Allora, proprio come se fosse un bambino dispettoso, si frappone fra
me e la TV.
“Sherlock,
spostati.”
“Dobbiamo
parlare.”
Sospiro
e spengo la TV per poi rivolgergli uno sguardo seccato e impaziente.
“Forza,
dì quello che vuoi dire e chiudiamo questa faccenda.”
“Il
tuo atteggiamento mi sta creando dei problemi. Voglio che smetti
immediatamente.”
“Quale atteggiamento? Dimmi esattamente cosa
devo smettere di fare.” gli chiedo ormai esausta.
“Smettila
di fissarmi sbattendo le ciglia e di arrossire ogni volta che mi
avvicino a te. Smettila di palesare in maniera così evidente quanto
desideri qualcosa di fisico con me. Smettila di pretendere che ci
confidiamo e diventiamo amici. E smettila di usare quel profumo, mi
sta facendo impazzire!”
Lo
guardo esterrefatta. Tutto ciò che dice non ha senso. Sherlock sta
davvero impazzendo.
“Non
uso profumo. È solo il bagnoschiuma, lo stesso che uso da anni. E
non faccio nulla di diverso da quello che ho sempre fatto! Per quanto
riguarda il volere qualcosa di fisico, è l'esatto opposto. Mi sono
sempre tenuta a distanza da te, proprio perché non volevo urtare la
tua sensibilità, e recentemente neanche la mia. Tutto quello che
dici non ha senso, Sherlock, te ne rendi conto?”
Lui
si copre il viso, premendosi le dita sugli occhi e fa un urlo
soffocato, esasperato. Sembra essere frustrato ma non ne capisco il
perché. Non l’ho mai visto così.
Mi
alzo in piedi e lo raggiungo. Sto a pochi centimetri da lui. Alzo una
mano e lo costringo a scoprirsi il viso.
“Mi
vuoi dire che ti prende?”
“Molly,
aiutami.”
Mi
si spezza il cuore a guardarlo in viso. I suoi occhi sono il ritratto
della disperazione.
“Non
capisco, Sherlock. Cosa succede? In cosa posso aiutarti?”
“Non
ce la faccio, non sono in grado di gestire queste cose... È
un'ossessione illogica ma non riesco a reprimerla.”
“Di
cosa parli?”
“Di
te.”
Credo
che il mio cuore abbia perso qualche battito. Devo aver capito male,
è chiaro. Non è quello che credo. È Sherlock, sta chiaramente
parlando d'altro. Giusto?
“È
tutto così illogico. Non riesco a smettere di pensare a te. È un
pensiero fisso che si intrufola ovunque. Quando lavoro, quando suono
il violino, quando dormo...” continua spiegandomi quello che non
riesco a credere. “Non sopporto di starti lontano e non sopporto di
doverti condividere con gli altri. E, so che avevo detto che il
discorso era chiuso, ma desidero toccarti. Continuamente.
La consistenza e il profumo della tua pelle mi stanno portando alla
follia... Aiutami, Molly. Ti prego. Aiutami a reprimere questa
ossessione.”
Rimango
a fissarlo, incredula, e devo ricordare a me stessa di respirare.
“Io
non posso crederci...” sussurro confusa, poi scuoto la testa
cercando di ritrovare lucidità. “Avevi detto che era solo un
desiderio inconscio.”
“Era
quello che credevo, ma è più di questo. È come una malattia.”
“Questa
ossessione, cosa ti fa desiderare?”
Lui
fa un passo in avanti e si ferma a pochi centimetri da me, incollando
i suoi meravigliosi occhi nei miei.
“Desidero
stringerti a me, aspirare il tuo profumo, accarezzare la tua pelle,
con le mani e con le labbra. Non è qualcosa di sessuale. È
l'intimità. Non ho mai sperimentato qualcosa del genere con nessuno,
perché ha a che fare con la fiducia e non c'è nessuno di cui mi
fidi quanto te, capisci cosa intendo?”
Capisco.
Molto meglio di quanto lui stesso riesca a fare.
“Sherlock,
io non posso guarirti. Non esiste un modo per farlo, se esistesse lo
avrei già usato su di me anni fa.” spiego abbassando lo sguardo
per non continuare a incontrare i tuoi occhi. “Tutto ciò che posso
fare, se lo vuoi, è darti ciò che desideri.”
Sento
che si irrigidisce e l'aria tra noi si carica di elettricità. Vedo
le sue mani chiudersi a pugno con forza. Mi decido a rialzare il viso
e incontro di nuovo i suoi occhi, ha aggrottato le sopracciglia e mi
sta osservando. Ha le labbra leggermente dischiuse e sembra che il
suo respiro sia accelerato.
“Molly,
lo faresti davvero?” domanda guardandomi incredulo.
“Pensavo
ti fosse chiaro, ormai, che io farei qualunque cosa per te.”
“Ma
questo non cambierebbe nulla fra noi. Non ci sarebbe mai niente di
sessuale. Noi non saremmo una coppia.” ci tiene a specificare,
preciso come sempre.
“Lo
so.”
Sherlock
afferra le mie mani, e poi inizia a camminare trascinandomi dietro di
sé, sino a che non arriviamo nella sua camera da letto.
Deglutisco.
Forse ho accettato troppo in fretta. Forse avrei dovuto valutare
meglio ciò che avrebbe comportato questo per me e per i miei ormoni
instabili. Oramai, però, non posso più tirarmi indietro.
Si
volta verso di me e, per prima cosa, mi scioglie in capelli. Proprio
come ha fatto oggi pomeriggio, ci affonda le dita e li accarezza
annusandoli. Poi le sue mani vanno alla felpa del mio pigiama.
Afferra i lembi inferiori e li solleva. Incapace di impedirgli
qualsiasi cosa, alzo le braccia in modo che possa togliermela.
Rabbrividisco per il fatto di essere rimasta con addosso solo la
canottiera. Lui si avvicina a me, come a volermi scaldare con la sua
vicinanza, mi abbraccia e inizia ad accarezzarmi le braccia nude, le
spalle e la schiena. In pochi secondi il freddo è scomparso. Poi le
sue mani scendono sino alla cintura dei miei pantaloni. Mi osserva
per un secondo, con gli occhi imploranti, ma io non faccio nulla per
fermarlo, quindi li fa scivolare a terra lasciandomi in slip.
A
questo punto non so più cosa aspettarmi. Ha detto di non volere
nulla di sessuale, ma mi sta spogliando, cosa dovrei pensare?
Mi
prende per mano e mi guida nel suo letto, facendomi distendere. Io
sono mezza nuda e lui è completamente vestito e, non so perché, ma
questo mi sembra estremamente eccitante.
Sale
sul letto anche lui e si mette sopra di me, sorreggendosi sui gomiti
e le ginocchia.
“Chiudi
gli occhi, Molly. Per favore.” mi implora con la voce così bassa
che mi sembra di sentirla vibrare nel mio petto.
Obbedisco
e, subito dopo, le sue mani iniziano a toccarmi. Parte dall'alto, dai
capelli, la nuca, il collo, le spalle, il petto, sfiora il seno
attraverso la canottiera e poi scende verso la pancia, solleticando
il mio ombelico. Poi sento il suo fiato caldo soffiare sullo stesso
punto e involontariamente, mi inarco verso di lui. Le sue labbra
sostituiscono le sue mani, e con esse risale facendo il percorso
inverso, sino ad approdare al mio viso.
Mi
rendo conto che sto ansimando, con gli occhi chiusi così stretti che
quasi mi fanno male, e il cuore che batte così velocemente da
sembrare un martello pneumatico.
“Molly,
dormirai con me stanotte?”
“Sì.”
rispondo con il poco fiato che ancora possiedo.
“E
anche domani notte?”
“Sì.”
“E
la notte successiva?”
“Sì.”
“Resterai
sempre con me?”
“Sì.”
Come
se potessi dare delle altre risposte.
La
sua mano mi accarezza il viso, sfiorando le mie labbra, e poi sento
la sua bocca posarsi sulla mia. È un bacio casto, delicato, ma in
questo momento è come benzina sul fuoco.
“Sei
mia, vero?” chiede ancora soffiando sul mio viso.
“Lo
sono sempre stata.” rispondo con un nodo in gola per l'emozione.
Sento
le sue labbra sfiorarmi le palpebre, come a volerle sigillare con il
suo respiro.
“Apri
gli occhi, Molly.”
Obbedisco
ancora e mi trovo immersa nelle sue iridi color giada. Deglutisco.
Sento di non essere completamente padrona del mio corpo. Il mio
bisogno è così forte che credo lui possa facilmente percepirlo.
Abbozza
un piccolo sorriso complice, quel genere di sorriso che ogni tanto mi
riserva come un premio, ma che da qualche tempo non avevo il piacere
di vedere. Dopodiché, si sposta di lato, posizionandosi su un
fianco, e mi attira a sé in modo che io sia di fronte a lui. Affonda
il suo viso nell'incavo del mio collo e rimane immobile facendo dei
lunghi respiri. Io non mi muovo e poi, qualche minuto dopo, mi rendo
conto che si è addormentato. Non ne sono sorpresa. Probabilmente è
da un po' che non fa una vera notte di sonno. Approfittando di questo
momento di pace, con un dito accarezzo la pelle del suo collo, lì
dove c'è quel piccolo neo, risalendo sino alla sua mascella e poi al
suo zigomo. Poi ridiscendo verso la nuca e affondo la mano nei suoi
riccioli meravigliosi. Ho sempre desiderato poterlo fare. Lui mugola
qualcosa e si stringe di più a me.
Mi
sento come se fossi il suo peluche ma, che
io sia dannata, non potrei
esserne più felice.
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