Un filo rosso sangue: Prologo
Un filo rosso sangue: Prologo
Parigi, 12/11/1923, ore 23:30, seminterrato di un
palazzo
-Ora penso che la tua utilità sia terminata, Elijah...-
dice una sagoma scura, grossa, imponente.
-Questo cosa vuol dire?- è la voce di un uomo, dal tono
arrogante, quasi indisponente -Che devo considerarmi licenziato?-
-Una specie.- ora le tre figure stavano estraendo le
pistole, puntandole contro di lui.
-Per i tuoi ventun anni sai troppe cose, per l'intera
famiglia sei un pericolo. Se tu "cantassi", l'intera mafia francese sarebbe in
pericolo. Per questa ragione dobbiamo eliminarti.-
Elijah estrae a sua volta la pistola. -Bene... a questo
punto è questione di chi spara prima, no?- I suoi occhi color ghiaccio erano
concentrati, i capelli albini, ricadenti sulle spalle, non avevano il solito
pallore opaco, ma erano come sporcati da un alone di malvagità. Le sue labbra
rossissime, contratte in un sorriso falso e isterico, contrastavano con la
carnagione bianca.
-No. Anche se sei il nostro miglior sicario, ci siamo
permessi di caricare la tua pistola a salve.-
-Che ca...- tutti e tre spararono e Elijah cadde a
terra, crivellato di colpi da quelli che fino al giorno prima avevano preteso da
lui fedeltà.
-Ritornerò... cosa credete... di essevi liberati di
me... eh?-
-A giudicare dalle tue ferite, si.- disse uno.
-Non penso che tu potrai ritornare... sei già
morto.-
Lui sputò sangue a terra -Come se... la morte... potesse
fermarmi.-
-L'ha già fatto, Elijah... l'ha già fatto...-
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Parigi, 12/11/1990, ore 23:30, sala parto di un
ospedale
Un chirurgo entra in sala portando un bambino, avvolto
nelle fasce.
-Signora... ce l'abbiamo fatta... non sembrava potesse
sopravvivere all'incubatrice... ma ce l'ha fatta... suo figlio è nato... è un
maschio e sta benissimo! Ha già pensato che nome avrà?-
la donna prese delicatamente suo figlio tra le braccia,
lo guardò, e in lui riconobbe i suoi occhi neri e i capelli castano scuro del
padre, che le stava accanto.
-Avevamo deciso che, se ce l'avesse fatta, il suo nome
sarebbe stato... Vixen...-
-Bel nome davvero. Originale... anche. Diventerà un bel
ragazzo, quando crescerà...-
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Parigi, 2008, ore 16:00, vicolo dell' Ile de
Notre-Dame
-Dannazione! Dannazione! Di nuovo.- Vixen era solo, nel
vicolo. Le mani rosse, a furia di picchiare sulle pareti di quel maleodorante
vicolo dei sobborghi parigini. Quella stupida Voce. Oramai si era fatta più
pressante, quella Voce. E veniva sempre accompagnata da fitte di dolore, con
conseguente annebbiamento della vista. E quei Fili. Li vedeva, aggrovigliati
sulle sue mani, attorno alle sue dita. Anche se la visione durava solo pochi
secondi, sapeva che erano lì. Fili rossi, color del sangue, FATTI col sangue. E
ora erano tre. Se ne era aggiunto un altro. Quando si riprese, contemplò il
corpo senza vita di un cane randagio accanto a lui, con un foro sul muso e uno
sul dorso, che continuava a perdere sangue. Non poteva crederci. Aveva ucciso di
nuovo. Era la sua terza vittima in cinque settimane. Per ogni essere a cui
toglieva la vita un nuovo filo rosso si attorcigliava alle sue dita affusolate.
Era tutta colpa di quella Voce. Gli parlava. Agli inizi era solo un debole eco
nella sua testa, che parlava con voce roca e lamentosa, dicendo frasi sconnesse,
come "dammi un'arma..." oppure "uccidi per me..." ma la più
frequente, ultimamente, era stata: "vendetta..."
Solo adesso, a diciassette anni, si stava manifestando
concretamente. Provocava a Vixen dei frequenti mal di testa e dei cambiamenti di
umore repentini, che lo facevano diventare, da dolce e sensibile che era, freddo
e arrogante. Si era espansa, nella sua mente, fino a parlargli in modo compiuto
e a pretendere una risposta da lui. Si era presentata come Elijah Ewing.
Pazzesco. Come poteva la Voce della sua testa avere un nome ed un cognome? Ed
una storia, perfino. Ma per lo più si manifestava per quello che era: uno
spietato assassino a sangue freddo. La sua presenza si era fatta così viva in
Vixen da controllarlo, a tratti, quando la sua personalità era più debole, fino
a costringerlo a uccidere animali solo per il gusto di ridere sui loro cadaveri.
Qualla voce era malvagia, ma Vixen non poteva non ascoltarla. Erano lo stesso
corpo. Non sapeva nemmeno cosa credere. Ma, soprattutto, si pentiva sempre dopo
di quello che faceva Elijah. Uccideva. E per di più dietro una Chiesa.
-Vixen, andiamo!- la voce di Sophie lo chiamava da
lontano. Sophie era la sua migliore amica, fino dai tempi dell'infanzia.
Condividevano tutto. Quasi tutto. Lei non sapeva nulla delle uccisioni, che, per
fortuna, erano state fino ad allora solo "animalicide".
\Cosa aspetti, seguila! Non fare che venga qui ad
esaminare il nostro operato\ Elijah.
-Subito.- annoiato, Vixen uscì dal vicolo cercando di
non sporcarsi col sangue, e raggiunse Sophie.
-Era ora!- disse lei. -Muoviti, o ci perderemo la
messa.-
-Un assassino in Chiesa?- chiese, rivolgendosi alla
Voce.
\Tu pensa ad andare\
-Cosa?- Chiese Sophie.
-Nulla.-
Vixen si fece forza e entrò a Notre-Dame. Doveva
liberarsi di quel fardello. Più lo portava e più ne era spaventato. Come poteva
fare? Elijah glielo aveva ripetuto più volte, quasi un centinaio, ormai.
Uccidiamo i discendenti dei
miei assassini e il loro sangue purificherà questo corpo corrotto da empi
demoni...
Non lo voleva fare. Assolutamente no. Ma
doveva. Doveva per liberarsi da Elijah. Doveva perchè l'assassino dentro di lui
non lo avrebbe lasciato in pace finchè non lo avesse fatto. Aveva già provato
più volte ad uccidere i suoi genitori, ma Vixen era sempre riuscito a fermarlo.
Per ora. Sapeva che si sarebbe fatto più pressante di momento in momento. E lui
noon doveva permettere che accadesse.
Fine del Prologo
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