Eclissi di luna

di Tsuki82
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Il vento ululava forte in mezzo alle fronde, c'era panico misto a sudore sul suo viso e, nonostante fosse pronto e sicuro di sé, non poteva impedire al cuore di battere all'impazzata.

Il calcio della magnum gli scivolava dalla mano, l'indice non riusciva più a piegarsi, ogni muscolo, ogni parte del corpo doleva e bruciava.

La lucidità stava sparendo dai suoi occhi e prima che fosse davvero consapevole di ciò che avveniva, sarebbe tornato ad essere una macchina assassina, incapace di contenersi, di fermarsi, capire o risparmiare il nemico, chiunque esso fosse.

Conosceva bene questi sintomi, li aveva già provati.

Guardò il rossore intorno alla piccola iniezione subita e stinse forte la mascella, poi la sentì chiamarlo.

Il suo nome era un grido disperato, pieno d'angoscia e paura, intriso di quel profondo affetto che solo lei sapeva dare e che dava solo a lui.

In un attimo tutta la loro vita insieme gli passò davanti agli occhi, ogni momento insieme, ogni lite, ogni sorriso, ogni sguardo...

Le avrebbe fatto del male, dì lì a poco l'avrebbe anche potuta uccidere.

Prendere tempo non serviva a nulla eppure non sapeva che altro fare. Attese un momento che sembrò infinito, poi udì il clic del cane che si abbassava, il suo nemico era pronto ad ucciderlo, ma avrebbe trovato pane per i suoi denti. Non si era guadagnato il nome di Giustiziere per nulla, e, proprio quando si stava concentrando per localizzarlo, l'effetto della PCP ebbe il sopravvento sul cervello ed ogni altra possibilità di ragionamento si spense in una frazione di secondo.

Il resto furono ricordi confusi.

Le mani strette attorno alla gola dell'uomo, i suoi occhi fuori dalle orbite, erano solo una piccola parte di ciò che aveva fatto, poi aveva attaccato anche lei. Sapeva che non era un nemico, ma non era sufficiente, non in quello stato.

L'aveva afferrata, lanciata e le si era scagliato contro come un lupo affamato, poi...

Poi qualcosa scattò, si ribellò a se stesso e, con un dolore enorme alle tempie, riuscì a scostarsi, a lasciarla, ma il prezzo fu duro da pagare.

Un rivolo di sangue gli colò dal naso, un urlo innaturale squarciò la fredda notte invernale e finalmente seguì l'incoscienza, l'oblio.

Forse non l'aveva uccisa, forse si era fermato in tempo, eppure quell'incertezza lo dilaniava anche da svenuto. Non sentiva nulla, non provava nulla, vedeva solo quei ricordi passargli davanti come diapositive, fermi immagini di una vita che non avrebbe mai più avuto.

Infine anche quei ricordi svanirono e rimase solo il nero ignoto del nulla.

 

 




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