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di Shin83
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So if you're too school for cool
And you're treated like a fool
You can choose to let it go
We can always, we can always party on our own





 
“E’ fatta!” Esclamò Steve una volta raggiunto il suo ragazzo e la sua migliore amica.
Il suo sorriso a trentadue denti non lasciava spazio ad alcun dubbio: aveva risolto la questione della borsa di studio con il professor Hofstadter.
“Allora?” chiese curioso Tony.
Steve si fece spazio in mezzo a loro due sulla panchina e iniziò a raccontare com’era andato il suo appuntamento.
“Il professore mi ha rassicurato che pur lasciando la squadra adesso, non avrò ripercussioni, mi farà da garante lui con Yale nella malaugurata ipotesi che dovessero sollevare questioni. In più, pare che ci daranno un premio vittoria, così avrò una quota per le prime spese di trasloco, senza dover chiedere nulla a mia madre.”
Era letteralmente raggiante. Allungò le braccia per abbracciare le due persone più importanti della sua vita, dopo la mamma, naturalmente.
Peggy era visibilmente sollevata: “Non sai che notizia grandiosa ci stai dando. Steve sono così felice per te.” Gli disse, lasciandogli il segno del rossetto sulla guancia con un bacio.
“Grazie Pegs, adesso sì che va tutto bene.” Le rispose e poi si rivolse al suo ragazzo, stringendolo a sé: “E tu, non mi dici niente?”
Tony alzò la testa per guardarlo dritto negli occhi: “Sono così felice che non so cosa dire.”
“Oh, bè, questo sì che è un evento.” Ridacchiò il ragazzo e si chinò appena per baciarlo, nonostante il labbro fosse ancora un po’ gonfio e gli doleva.
“Ehi, voi due! Ci sarei ancora anche io!” Protestò Peggy colpendo Steve sul torace.
I due ragazzi scoppiarono a ridere e lei li seguì a ruota.
“Che ne dite di andare a festeggiare con un bel caffè? Offro io!” Propose a quel punto Tony.
“Se la metti così, Stark, non si può rifiutare.” Concluse Peggy.
 
******
 
Era arrivato il momento di inscatolare tutte le sue cose. Gli esami erano finiti, la burocrazia era stata sistemata, mancava solo partecipare alla cerimonia di laurea, da lì a due giorni.
Nonostante fosse un perfezionista al limite del maniacale quando si trattava di ordine, Dio solo sapeva cosa provava Steve ogni qual volta entrava in camera di Tony, che viveva nel caos più estremo. Sgombrare quella stanza significava mettere il punto a quattro importanti anni della sua vita. Per quanto, comunque, spesso fossero stati una recita, erano stati fondamentali per la sua crescita. Gli avevano fatto capire chi effettivamente fosse Steve Rogers e cosa voleva davvero, cosa voleva lui e non gli altri per lui. E poi, quegli ultimi mesi erano stati la parte più bella di quei quattro anni: aveva trovato l’amore e una vera amica.
Gli dispiaceva aver perso quello che credeva il suo migliore amico, ma si era detto che poteva succedere a tutti, la vita andava così.
 
Mentre svuotava la libreria, gli capitò tra le mani una foto incorniciata scattata l’anno prima, era con Bucky, durante l’estate passata a Brooklyn.
La guardò con un velo di tristezza, ripensando al loro ultimo incontro, anche se era stato più che altro uno scontro. D’istinto si toccò lo zigomo dove l’aveva colpito l’amico, dove gli era rimasto soltanto un alone giallo del livido che stava sparendo.
Aveva deliberatamente evitato la festa per la vittoria del campionato perché aveva preferito stare con Tony. Gli aveva fatto già abbastanza male e non riusciva più a stare anche solo un altro minuto lontano da lui.
In più, il suo dovere per la squadra l’aveva fatto, dunque non vedeva la necessità di presenziare ad un qualcosa che non sentiva più suo da ormai parecchio tempo.
Quella notte, quella della partita, dopo che Tony si era già appisolato, aveva controllato il suo Blackberry, trovandoci innumerevoli messaggi e chiamate perse da parte di Bucky. Li ignorò tutti quanti.
Il suo ex migliore amico andò a cercarlo due giorni dopo in camera sua, trovandolo intento a prepararsi per andare a trovare il suo ragazzo al laboratorio. Entrò arrabbiato e lasciando la porta aperta. Non lo salutò neanche, gli urlò subito contro: “Che cazzo fai, Steve? Ti avevo avvertito.”
“Ormai per te bussare è un optional, no, Bucky? Cosa vuoi ancora da me? Il campionato l’abbiamo vinto. COSA CAZZO VUOI ANCORA DA ME?” Disse Steve, alzando di un tono la voce mentre parlava e lasciando cadere la borsa sul pavimento e puntando gli occhi dritti in quelli dell’amico.
“Voglio che torni in te. E che lasci perdere quel finocchio sfigato.”
Steve strinse i pugni, le braccia gli cadevano lungo i fianchi e la tentazione di alzare le mani sul ragazzo era fortissima.
“Non ti azzardare mai più a chiamarlo in quel modo. Ha un nome, Tony.”
Bucky non riuscì a trattenere una risata di scherno:  “Guardati. Ha fatto diventare una checca anche te, il capitano della squadra di basket campione nazionale. Certo che è buffo.”
La pazienza di Steve si stava esaurendo.
“Non sono diventato una checca, ci sono nato. Fattene una ragione.”
“Ma come fai ad essere nato finocchio se fino a poco tempo fa ti scopavi la più figa dell’università. Perché te la scopavi, vero?”
“Non tirare in ballo anche Peggy, altrimenti…”
Bucky lo interruppe immediatamente: “Altrimenti cosa mi fa? Ora le checche sono anche violente, adesso?”
“Vattene, Bucky. Vattene. Io e te ormai non abbiamo più nulla da spartire.”
Ma il ragazzo non sembrava avesse alcuna intenzione di andarsene via.
“Dì un po’, ma almeno è lui che lo prende, vero? Non dirmi che uno come te si fa sottomettere da quella mezza sega.”
La vista di Steve si annebbiò, sentì una sensazione rabbiosa e violenta salirgli dalle viscere e percorrergli le vene. Un istante dopo un rumore sordo unito ad un leggero scricchiolio riempì la stanza, il ragazzo aveva sferrato un destro in pieno volto a Bucky, che quasi aveva perso l’equilibrio.
“CHE CAZZO TI PRENDE, STEVE?” Gli urlò, portandosi una mano al naso dolorante e notando che gli stava uscendo sangue.
“Non devi parlare in questo modo di Tony, hai capito?” Gli rispose, puntandogli l’indice contro e con un’espressione rabbiosa in volto.
“Io parlo di quel finocchio come mi pare e piace e non sarai tu---“ Steve non gli fece neanche finire la frase che sganciò un altro pugno al ragazzo, stavolta riuscendo a farlo cadere per terra.
Gli si gettò praticamente sopra, tenendogli fermo il busto in mezzo alle gambe e colpendolo senza esitazione.
“Visto che con le parole non lo capisci, vediamo se con le mani ce la fai. NON DEVI PARLARE DI TONY IN QUEL MODO, E’ CHIARO?”
Bucky si trovò spiazzato dai colpi dell'amico e ci mise un po’ per raccogliere le forze e reagire, tirandogli un pugno sullo zigomo sinistro. Ma Steve non si scompose e continuò imperterrito a sferrare colpi.
“Steve sei un coglione, tu ti sei bevuto il cervello.” Riuscì a sputare Bucky tra un pugno e l’altro e ribaltando le posizioni, atterrando con la schiena a terra Steve, che però non si fece sopraffare per molto tempo mandando k.o. l’ex amico con una ginocchiata dritta nello stomaco.
Steve si alzò barcollando, sistemandosi i vestiti e pulendosi la bocca sporca di sangue, guardando dall'alto Bucky che si teneva l’addome piegato in due sul pavimento.
“I bulli non mi sono mai piaciuti. Azzardatevi tu o uno di quegli altri deficienti tuoi amici a rompere il cazzo a Tony e vi mando tutti in ospedale, fosse l’ultima cosa che faccio.” Lo minacciò, riprese fiato e continuò: “Ora fammi la cortesia di uscire da questa stanza e di non farti più vedere, chiaro?”
Si piegò su di lui e quello si coprì il viso d’istinto, ma Steve lo afferrò per il collo della camicia e lo tirò su, per sbatterlo in malo modo fuori dalla stanza.
Si sentiva la faccia dolorante e andò a controllare in che condizioni fosse in bagno. Per fortuna i danni erano limitati, rispetto a quelli che aveva fatto all’ex amico.
Come sempre, previdente, teneva del ghiaccio medico nel suo mini frigo e si tamponò le botte più gravi.
Sperava che Tony non gli facesse troppe ramanzine, sicuramente si sarebbe arrabbiato perché per un paio di giorni non sarebbe stato in grado di baciarlo.
 
Steve ripose quella e un paio di altre foto nella scatola con le cose che non avrebbe portato con sé a New Haven, molto probabilmente sarebbe finita in cantina a casa di sua madre.
Poco dopo gli capitò tra le mani il suo album da disegno, si mise comodo, sedendosi per terra, con la schiena appoggiata al letto. Aveva voglia di sfogliarlo, per vedere se un po’, col tempo, aveva migliorato a disegnare.
I primi schizzi, in effetti, erano più grossolani, sicuramente perché li faceva di fretta e senza troppa cura, erano per lo più paesaggi tratteggiati col carboncino, magari momenti catturati dalla sua finestra.
Poi iniziarono a sopraggiungere copie schizzate prese dai libri di storia dell’arte della biblioteca, lo stile non era proprio il massimo, ma si iniziavano a notare dei miglioramenti e maggiore pignoleria.
Via via si passava al disegno dal vero, solitamente erano angoli nascosti del campus.
Alla fine arrivarono i primi ritratti, che avevano come soggetto praticamente solo Tony, si ricordò di averne promesso uno anche a Peggy e sperò di riuscire a fargliene uno prima di andare via da Washington.
Il suo preferito era proprio l’ultimo foglio, il carboncino fatto a Tony mentre dormiva, quello che per poco Bucky non gli aveva strappato la sera che l’aveva scoperto.
Era sempre molto duro nel giudicare i suoi lavori, ma quello era il suo preferito e lo amava particolarmente. Trovava Tony bellissimo, forse perché l’aveva ritratto in un momento in cui entrambi erano felici.
Ci passò sopra i polpastrelli, come se volesse accarezzare il corpo del ragazzo, ma l’unico risultato fu che si sporcò le dita di nero.
Lo mise da parte, aveva deciso di incorniciarlo e regalarlo a Tony.
Si alzò e destreggiandosi tra uno scatolone e l’altro andò in bagno a lavarsi le mani, era tempo di darsi una mossa e di non struggersi tra i ricordi, seppur di poco tempo addietro.
 
*******
 
L’indomani si presentò con il disegno incorniciato in camera del suo ragazzo.
“Ho un regalo di laurea per te!” Esordì Steve, appena aprì la porta della stanza.
Si rese conto subito dopo che Tony era circondato dal caos primordiale e che stava facendo seriamente fatica a raggiungerlo.
Se già il ragazzo era disordinato di suo, con in ballo uno sgombero a Steve veniva voglia di prendere a testate il muro per il completo e totale disastro in cui la stanza versava.
Facendo slalom a fatica, Tony lo raggiunse e gli si buttò letteralmente al collo. “Un regalo? Per me? E che cos’è? Voglio vedere!”
“Eh no, Stark, prima sistemiamo un po’ di questo ciarpame, DOPO, se fai il bravo, ti do il regalo.”
La reazione di Tony fu quella che ci si aspettava da un ventitreenne quasi laureato: sbuffò e sbatté i piedi per terra.
Steve quindi ripose il pacchetto sul ripiano più alto della libreria e si guardò attorno, sfregandosi le mani.
“Bene, iniziamo a sistemare le cose nei sacchetti dell’immondizia.”
Tony si allarmò immediatamente: “Non ti azzardare a buttarmi via niente.”
“Senti, non posso credere che tutto quello che c’è ammucchiato sul pavimento sia roba che ti serve, avrai anche resti di cibo nascosti da qualche parte. Avanti muovi il culo e rimbocchiamoci le maniche, non voglio sentire reclami, siamo intesi?”
L’altro sbuffò e neanche provò a contraddirlo, sapeva che se ne sarebbe andato lasciandolo a sbrigarsela da solo e in quel momento due braccia in più gli facevano comodo.
 
Due ore e mezza e tre sacchi grandi della spazzatura dopo, la stanza aveva finalmente sembianze quasi accettabili. C’erano un sacco di scatoloni ovunque, come era normale che ci fossero.
Tony si buttò sul materasso coperto solo da un vecchio lenzuolo e si proclamò esausto.
“Dammi il mio regalo, Steeebe. Ho fatto il bravo, ora mi spetta.”
Il ragazzo si stravaccò proprio accanto a lui: “Prima ordiniamo la pizza? Mangiamo qui?”
“Va bene, la voglio margherita. E stavolta non discuti tu.”
“D’accordo, d’accordo. Sta’ calmo.”
Steve tirò dalla tasca dietro dei jeans il suo Blackberry per chiamare la pizzeria take away del campus e ordinare una margherita gigante.
“Fra mezz’ora è qui.” Annunciò, schiacciando il bottone rosso del telefono.
Tony si mise a sedere in mezzo al letto, “Dammi il mio regalo. Dammi il mio regalo oppure ti faccio un pompino con i denti.”
“Ehi, ehi! Cosa sono queste minacce? Tony Stark, devi imparare ad avere un po’ di pazienza!” Lo bacchettò Steve.
“Un po’ di pazienza? Con te ne ho portata fin troppa, Rogers!”
“Ah sì? Ti faccio vedere io.”
Steve si buttò addosso a lui riempiendolo di baci a fior di labbra e sul collo.
“Sono tentato di lasciarti un bel succhiotto proprio qui.” Disse, indicandogli un punto proprio sotto la mascella. “Così il domani sarai costretto a metterti il fondotinta.”
“Non oseresti!”
Scoppiarono a ridere entrambi e continuarono a baciarsi, finché non vennero interrotti dalla porta che si spalancò senza preavviso.
“Ehi voi due! Chiudete a chiave se dovete fare le vostre porcherie!” Li ammonì una squillante voce femminile.
Steve si mise a sedere di scatto, mentre Tony esclamò: “Pepper!” Correndole incontro.
La sua migliore amica era rientrata dalla Germania giusto in tempo per la cerimonia di laurea.
“Vieni, ti presento Steve.”
Il ragazzo si mise in piedi, cercando di darsi una sistemata ed un contegno e porse la mano alla ragazza.
“Piacere, Steve Rogers.”
“Virginia Potts, ma per tutti Pepper. Il piacere è mio.” Rispose, mostrandogli un sorriso raggiante.
La ragazza analizzò un po’ la stanza e affermò: “Bè, direi che sei a buon punto con lo scatolame, l’appartamento a Cambridge è a posto?”
“Oh, sì. Mamma mi ha detto che i mobili sono arrivati tutti, manca solo spedirci questa roba. Ma vieni a sederti con noi, stiamo aspettando la pizza.”
“No, dai. Non voglio disturbarvi, sono solo passata ad avvertirti che sono arrivata, tanto domani ci vediamo, no?” Sorrise.
I due insistettero ancora un po’, ma lo speedy pizza interruppe le trattative e Pepper riuscì a svignarsela mentre erano impegnati a pagare il conto.
 
“Io aspetto mh il mio regalo, ancora.” Disse Tony a Steve, con la bocca piena.
“Se te lo do adesso lo sporchi tutto col sugo della pizza.”
“Oh, Rogers, sei insopportabile quando fai così.”
“E tu sei adorabile.”
La pizza finì e così anche la pazienza di Tony, che dopo aver sgombrato il letto dalle lattine di Coca Cola e dal cartone della pizza, afferrò la sedia della scrivania per raggiungere il pacchetto sopra la libreria.
Ma Steve lo fermò in tempo, caricandoselo in spalla e buttandolo sul letto.
“Te lo do io e taci.” Gli puntò il dito contro, sapendo che era già pronto a sparare qualcuna delle sue solite battutine acide.
Si avvicinò alla libreria e allungò il braccio per prendere il pacchetto.
“Ecco, tieni. Se mi dici che non ti piace, però, guarda che ti disfo tutte le scatole e rimetti a posto da solo.”
Tony glielo strappò letteralmente di mano per aprirlo e rimanere a bocca aperta e senza parole.
Quando vide la sua reazione, Steve pensò di aver colto nel segno.
“Ma… Ma… Steve, è stupendo. Grazie.” Gli saltò al collo e lo riempì di baci.
Steve era contento, adorava vederlo sorridere e immaginava non fosse un gesto a cui era abituato.
Aveva imparato a conoscerlo molto bene in quei mesi e sapeva che fondamentalmente Tony era un ragazzo profondamente solo, le uniche due persone che tenevano molto a lui erano Bruce e Pepper e le aveva conosciute soltanto all’università.
“Questo andrà dritto nel mio nuovo appartamento.”
“L’ho salvato dalla grinfie di Bucky.” Confessò Steve.
Tony lo guardò incuriosito. “Cioè?”
“Quella sera… bè, la sera che sono sparito, quando sono entrato in camera mia aveva in mano questo disegno.” Sfiorò il vetro della cornice e continuò: “Ero terrorizzato che potesse strapparlo, invece lo buttò insieme agli altri. Avevo fogli sparsi per tutta la stanza.”
Tony lo accarezzò: “Dormiamo assieme stasera? E’ la nostra ultima notte da non laureati, voglio dormire con te.”
Steve gli prese la mano e la baciò: “D’accordo. Ma adesso finiamo di mettere via gli scatoloni e fammi controllare se i tuoi vestiti per domani sono stirati.”
Tony obbedì senza fare questioni e dopo un’oretta di duro lavoro era tutto a posto, erano rimaste fuori le ultime cose che servivano al ragazzo per la cerimonia e il giorno successivo.
Dopo essersi disfatti anche dei sacchi della spazzatura, si stavano dividendo, per andare ognuno nella propria stanza.
Steve, però prese Tony per mano e lo guardò dritto negli occhi. “Andiamo da me?”
L’altro non rispose neanche, strinse la mano e lo seguì in camera sua.
Erano piuttosto stravolti a causa di stanchezza ed agitazione per il giorno successivo e si addormentarono abbracciati circondati da scatole e ricordi.
 
********
 
Il grande giorno era arrivato e l’agitazione era a mille. Tony si era svegliato prima di Steve, defilandosi in camera sua, il ragazzo ci rimase un po’ male non trovarlo accanto a lui quando la sveglia suonò, ma capì anche che doveva trovarsi in uno stato di nervosismo piuttosto avanzato, visto che avrebbero presenziato i suoi genitori e sapeva  benissimo come era il suo rapporto con Howard.
Quanto a lui, non vedeva l’ora di riabbracciare sua madre Sarah, che non vedeva da Natale, anche se la sentiva regolarmente tutti i giorni.
Il vestito grigio e la cravatta blu erano perfetti ed immacolati, sua madre aveva messo via i soldi da quattro anni per potergli regalare un completo Armani per quella giornata.
Ci indossò sopra la toga, ma il tocco aspettò che fosse proprio Sarah a sistemarglielo.
Si incontrarono nella piazzetta in cui era stato allestito il palco per la proclamazione.
“Mamma!” La chiamò il ragazzo, correndole incontro e abbracciandola con trasporto.
Lei era bellissima: capelli biondi ondulati che ricadevano sulle spalle, occhi azzurri identici a quelli del figlio e indossava un completo tailleur azzurro.
“Steve, tesoro!” Rispose lei, che quasi si commosse a vederlo con la toga indosso. “Sei bellissimo.” Gli disse, quando, staccandosi da lui lo squadrò dalla testa ai piedi.
Lui fece spallucce un po’ imbarazzato e le porse il tocco: “Devi mettermelo tu, questo.” Si chinò leggermente così che la donna gli sistemasse il cappello e poi gli diede un buffetto sulla guancia.
“Come stai?” Le chiese il ragazzo.
“Come una mamma il giorno della laurea di suo figlio. Sono così orgogliosa di te.”
Mentre Steve parlava con la madre, vide arrivare Tony con i suoi genitori. I due si scambiarono uno sguardo d’intesa e la donna, capendo che c’era qualcosa, si girò per controllare a chi fossero rivolti gli occhi del figlio.
Lei ancora non sapeva nulla dell’omosessualità di Steve, ma da buona madre quale fosse, aveva capito già da tempo qualcosa.
Si girò verso di lui e non disse nulla, sorridendo e sistemandogli il nodo della cravatta che sbucava fuori il collo della toga e lisciandogli la stoffa sul petto.
“Mamma, dopo la cerimonia vorrei presentarti una persona.”
Lei rispose semplicemente: “D’accordo Stevie. voglio anche salutare Peggy, non l’ho ancora vista, ok?”
Sarah aveva intuito immediatamente che quella persona doveva essere il moretto che aveva incrociato lo sguardo del figlio poco prima.
“Ora vai a sistemarti al tuo posto, non voglio farti ritardare.”
“A dopo.” La salutò lasciandole un bacio sulla guancia.
 
La proclamazione scorse via senza intoppi, Bruce era stato scelto per fare il discorso a nome degli studenti e commosse un po’ tutti quanti. Anche Tony aveva ottime credenziali per farlo, ma gli era stato preferito Banner per una questione caratteriale. In quelle occasioni era meglio andare sul sicuro.
Nella confusione del dopo, Steve riuscì nell’ordine a: scontrarsi con Bucky, congratularsi con Peggy e recuperare Tony.
“Ehi! Siamo dottori” Lo abbracciò il ragazzo.
“Senti, voglio presentarti mia madre. E’ un problema per te?” Chiese Steve, in maniera un po’ supplichevole.
Tony scosse la testa. “No, per niente.”
“Ah, senti… Lei non sa, bè, che mi piacciono i ragazzi.” Concluse.
L’altro gli strinse la mano e si limitò a dire: “Andiamo a cercarla, dai. I miei sono già spariti, sono rimasti giusto in tempo per farmi gli auguri.”
Trovarono la donna qualche minuto dopo, facendosi largo a spintoni tra la folla.
“Mamma, mamma!” La chiamò, facendole segno con una mano e avvicinandosi a lei.
“Congratulazioni, dottore!” Gli fece gli auguri lei, baciandolo e abbracciandolo.
Tony stava in disparte a guardare la scena, non era stata proprio la stessa cosa, per lui.
“Mamma, volevo presentarti Tony.” Il ragazzo si girò verso l’altro facendogli cenno di avvicinarsi.
La donna lo accolse con un sorriso a trentadue denti.
“Tony Stark, signora Rogers.” Le allungò la mano, cortesemente. Quando la donna porse la sua, lui le fece un baciamano degno di un cavaliere.
“Sarah, sono solo Sarah.”
“Ma’, bè, Tony… Tony è il mio ragazzo.” Lui la guardò con occhi timorosi, sapeva che lei lo amava al di sopra di ogni cosa, ma aveva sempre il terrore di deluderla.
Lei lo sorprese, regalando ad entrambi un sorriso sincero.
“Oh, bè. Ma allora il piacere è doppio!” Allargò le braccia, per stringerli entrambi forte a sé.
“Tutto ok, ma’?” Chiese Steve, quando si liberarono dell’abbraccio.
“Certo, Stevie. Tu sei felice? A me basta solo questo. Ora andate a festeggiare con i vostri amici, noi avremo tempo di parlare, dopo a pranzo. Ti aspetto al bistrot più tardi. Ho visto i signori Carter e voglio andare a salutarli.” Baciò sulla guancia entrambi e si allontanò.
Steve e Tony si guardarono, felici e si presero per mano, per raggiungere Peggy, Pepper e Bruce.
Quello, per Steve, era diventato il giorno più bello della sua vita.
 
********
Le scatole di Steve erano dirette a New Haven, Connecticut. Quelle di Tony a Cambridge, Massachusetts.
Due ore di macchina li avrebbero distanziati l’uno da l’altro a partire da settembre.
Ma due mazzi di chiavi, Skype e i telefoni avrebbero sopperito alla lontananza durante la settimana.
A quello, però, ci avrebbero pensato più avanti, in quel momento li aspettava un mese di vacanza in Europa, d’altra parte Tony doveva pur ricambiare il regalo di laurea di Steve.


 
Toh, guarda, mi sono ricordata di star scrivendo una long!
Non ricordo neanche quando è stata l'ultima volta che ho aggiornato.

Però, ecco, bè... Try è finita. Questo è ufficialmente l'ultimo capitolo della storia e forse ci ho messo così tanto perché mi dispiace troppo lasciare questi due testoni.
Seguirà un ultimissimissimo capitolo/epilogo/chiamatelo come volete voi e poi sarà davvero la fine. :(
Niente, mi mancheranno da pazzi, non solo perché questa è la mia prima long ma perché mi sono proprio affezionata a questi Steve e Tony.

Dovrei ringraziare un paio di persone, ma a parte la Marti per il betaggio, rimando alla conclusione, insomma quando l'intro avrà ufficialmente la dicitura "conclusa".

Un saluto speciale a quella stronza che ha letto il capitolo in anteprima e che non voglio che stia giù di morale.


 

 




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