Dedicato a L
Lawliet,
il più bel personaggio che sia mai apparso in un anime e
manga. Non scorderò
mai quello che mi ha insegnato.
L-chan
Iocōse
“Se
ti vedi con altre
donne non devi fare altro che dirmelo! Non c’è
bisogno che ti inventi delle
cazzate così banali!! Ammettilo e basta!!”
“E io allora cosa dovrei
dire di te?!! Non fai altro che
scomparire nel cuore della notte e non ti degni neanche di darmi delle
spiegazioni al riguardo!!”
“Ma che cavolo stai
dicendo, si può sapere!? Non mi sono mai
mossa dal mio letto! Le tue sono solo scuse perché non sai
di cosa accusarmi,
dì la verità!”
“Vai a letto con un altro
non è vero?? Non sono stupido come
credi sai!!?”
“Basta non ne posso
più delle tue stronzate!! La mia
pazienza ha un limite Oliver!”
E dicendo così, la donna
dai lunghi capelli castani se ne
andò di casa sbattendo violentemente la porta dalle vetrate
colorate e
lasciando il giovane uomo da solo e sconvolto a fissarne i frantumi per
terra.
La sera prima lo aveva sorpreso
insieme ad un’altra donna, e
per giunta più
vecchia di lei di dieci
anni.
Era la seconda volta che succedeva e
sinceramente, la
faccenda si stava facendo sempre più insostenibile man mano
che il loro tempo
insieme trascorreva.
Basta. Era giunto il momento di
cambiare aria. Non ne poteva
più delle sue scuse..
-Collega di lavoro, collega di lavoro
e collega di lavoro..
Ma chi cavolo va a prendere per il culo??!- Pensava tra se e se la
ragazza
mentre percorreva la strada del parco.
Già, il parco. Era
lì che si recava ogni volta per scaricare
le energie negative e per rilassarsi quando tutto andava storto; quel
luogo
riusciva sempre ad infonderle un innato senso di
tranquillità e di serenità che
nessun altro posto era in grado di offrirle …
Percorse a testa bassa tutta la
stradina ghiaiata fino ad
intravedere in lontananza un panchina di legno completamente immersa
nel verde.
“Ah che bellezza.. meno
male che non c’è nessuno..”
Dio solo sapeva quanto odiava il
caos.. la gente, la massa e
il pianto dei bambini avevano su di lei lo stesso effetto delle unghie
sulla
lavagna.. e se in quel momento ci fosse stato qualcuno a disturbarla
probabilmente lo avrebbe fatto fuori con le sue stesse mani.
Raggiunse la panchina e vi si stese
sopra cercando di
rilassarsi e di sgombrare la mente da ogni pensiero malevolo.. decise
che un
buon quotidiano l’avrebbe aiutata a distaccare la mente e
così aprì la borsa e
lo tirò fuori.
Il
titolo in prima
pagina le balzò subito all’occhio:
[“Condor”
COLPISCE ANCORA: il Governo si ritrova costretto a
prendere una decisione drastica.]
- Altri strani casi di donne e uomini massacrati nelle loro case
lasciano la
polizia di Scotland Yard senza parole … Ma
nonostante il caos formatosi in seguito a
questi orribili eventi, siamo riusciti a contattare il capo della
polizia
londinese John Mc.Kanzy e lo abbiamo convinto a farsi
intervistare:
Intervistatore: “Cosa ne
pensa di questo caso? La Scotland
Yard è riuscita a raccogliere qualche prova?”
J.M.K: “Ci troviamo in una
condizione insostenibile sotto
tutti i punti di vista. La polizia ha provato in tutti i modi a
saltarci fuori,
ha indagato a fondo e ha fatto tutto quello era in suo potere.. ma
invano.
Siamo riusciti però a costruire una sorta di profilo
psicologico del killer: costui
lascia sempre dei segni sulla scena del crimine ovvero delle scritte
fatte col
sangue sulle pareti che costituiscono la sua firma. I nostri profiler
ne hanno dedotto
che per lui uccidere è una forma d’arte.. lo
eccita all’inverosimile.. si sente
un artista nel vero senso della parola..
Ma “C” ,( così si
autodefinisce il misterioso killer nella firma), è
diverso dagli altri criminali che ho conosciuto fino ad adesso nel mio
lavoro..
è intelligente, incredibilmente intelligente...
perché se c’è una cosa che è
quasi impossibile fare, beh quella cosa è riuscire ad
ingannare la Scotland
Yard..“
Intervistatore: “Cosa
farete a questo punto? Quale strategia
adopererete per riuscire a catturare
“Condor”?”
J.M.K: “Anche se mi duole
ammetterlo, le forze del Regno
Unito da sole no sono più in grado di affrontare una
situazione simile.. ci
occorre prendere una decisione drastica.. Richiederemo la convocazione
dell’assemblea dell’Interpol
e a quel
punto faremo di tutto per contattare lui, la nostra
ultima possibilità..”
Intervistatore: “Non
vorrete mica..?”
J.M.K: “Si, ormai
è l’ultima persona a cui possiamo affidare
il destino delle vite inglesi.. ci affideremo a...”
Una folata di veto le
portò via dalla mani il giornale.
“Non ci credo..!”
Esclamò Charlotte “La
fortuna non è proprio dalla mia parte..”
Non si scomodò neanche a
rincorrerlo. Era troppo stanca.
Poi si ricordò di quello
che aveva appena letto e cominciò a
preoccuparsi per la sua incolumità. Dopotutto non era
prudente starsene sola in
un parco desolato con un assassino in circolazione..
-Beh.. però il killer
colpisce sempre nelle case delle
vittime … quindi non dovrei correre grandi rischi a starmene
qui al parco
… il vero pericolo lo corrono le persone
che a quest’ora sono in casa- pensò saggiamente.
Dopo essersi tranquillizzata riprese
a rimuginare sui suoi
soliti pensieri..
La sua vita non andava.. non andava
per niente..
Il suo lavoro di medico legale stava
attraversando una fase
di crisi.. e tutto a causa di quel maledetto errore di sezionamento lombare sul corpo di
quella vittima affogata
in circostanze misteriose.. non sapeva più cosa provava per
Oliver e come se
non bastasse, a peggiorare il tutto c’era quella stupida
macchia rossa presente
sui suoi pantaloni che non voleva andarsene.. ma quando se
l’era fatta? Non lo
ricordava proprio…
-Calmati Charlotte.. tutto si
sistemerà vedrai..-
Lo stormire delle foglie autunnali e
il cinguettio degli
uccellini,al contrario del rumore della gente, erano per lei pura
musica.
A volte avrebbe
voluto avere con se un registratore per poter risentire,
una volta a
casa, quella dolce melodia udibile solamente nei giorni più
belli.. e meno
affollati.
Avrebbe dato qualsiasi cosa per
trasferirsi in campagna..
Londra non era il suo posto.. la
città non era il suo posto.
Non era fatta per il caos.. per le
auto e per i palazzi ..
odiava la massa. Odiava la gente.
Quello che desiderava erano gli
alberi, l’erba e il cielo
aperto! Era troppo da chiedere?
“Voglio andarmene da
qui!” Urlò prendendosi la faccia tra le
mani.
“Davvero? Io invece darei
qualsiasi cosa per potermi
stanziare a lungo in un posto.”
-Che cos..?-
Alzò lo sguardo e rimase
letteralmente sconvolta per quello
che le si presentò davanti:
Sulla panchina di fronte alla sua,
che no aveva notato
perché troppo immersa nei suoi pensieri, era accovacciato in
una posizione
assurda uno strano
soggetto
completamente diverso da qualsiasi altra persona avesse mai visto:
capelli
lunghi, scompigliati e neri come l’inchiostro che gli
ricadevano sul viso
cereo, due occhi a palla spalancati
del
medesimo colore e sottolineati da due profondissime occhiaie e uno
sguardo
assolutamente inespressivo. Era vestito di una semplice maglietta
candida e con
le maniche lunghe e indossava un paio di jeans sbiaditi che avevano
l’aria di essere
stati usati per Dio solo sapeva quante volte. Assomigliava ad un panda
che
aveva visto due anni fa in uno zoo di Tokyo.
Era scalzo.
Completamente scalzo.
Ma la cosa che più
sorprese e messe in imbarazzo Charlotte fu
la posizione che quest’ultimo aveva assunto: era accovacciato
con le gambe
piegate verso lo stomaco e le mani sopra le ginocchia.
-Dio, ma chi è questo
tipo?- si domandò a quel punto confusa
dalla vista che le si presentava davanti; ma poi si ricordò
del fatto che pochi
secondi prima il
ragazzo le aveva
rivolto la parola e decise di farsi coraggio per evitare la brutta
figura.
“Oh..
mi perdoni.. non avrei mai
dovuto urlare così forte in un luogo
pubblico.. ma vede, non
mi ero proprio accorta
della sua presenza..”
Quello
alzò lo sguardo e la fissò
in un modo indefinibile per alcuni secondi , poi prese a mordersi il
pollice
come se la stesse studiando.
A
Charlotte questo diede molto
fastidio.
“Q-qualcosa non
va?” domandò imbarazzatissima.
Il giovane fece uno strano sorriso,
solo una lievissima
increspatura delle labbra, impercettibile da chiunque si trovasse a
più di
cinque metri da lui, per poi rispondere con voce pacata:
“Vede, il fatto
è che non mi capita tutti i giorni di avere
una vera e propria conversazione
con
qualcuno.. tantomeno con una bella ragazza come
lei…”
Charlotte rimase
sconvolta da quella affermazione.
Conversazione? Ma se si erano
scambiati solo due parole!
“C-come prego..?”
domandò arrossendo.
“Niente.. faccia finta di
non aver sentito quello che le ho
detto.”
E tirò fuori dalla tasca
un libro dalla copertina azzurra
che sollevò in aria con la punta delle dita.
-Questo qui è pazzo. Ed
è anche maleducato.. sembra divertirsi
a mettere la gente in imbarazzo..-
Passarono alcuni minuti senza parlare
e la ragazza quel
punto cominciò a chiedersi se davvero avesse delle brutte intenzioni nei suoi
confronti.
-Per quel che ne so, potrebbe anche
trattarsi di Condor..
dopotutto non si sa mai.. niente è impossibile..-
“Gradisce una
fragola?”
“Cos..?”
Buttò l’occhio
sulla panchina dove era seduto e solo all’ora
notò il sacchettino stracolmo di frutti rossi.
“No, grazie la
ringrazio..” Rispose vistosamente in
difficoltà..
Ma quello sembrò non
accorgersi neanche del suo imbarazzo e
riprese tranquillamente a leggere.
-Probabilmente è
consapevole di fare questa impressione alla
gente..- pensò Charlotte.
E a quel punto la domanda le
risultò icredibilmente
spontanea:
“Senta, so che non
è affar mio.. ma mi spiega il motivo per
cui si siede in quella posizione?”
Il giovane alzò lo sguardo
per l’ennesima volta e rispose:
“Non posso sedermi in
nessun altro modo perché se mi siedo
come una persona normale le mie capacità deduttive ed
intellettive calano del
40%...”
La ragazza rimase a fissarlo
incredula di quel che aveva
appena sentito.
“E mi spiega su quale libro
ha letto una cosa del genere?”
“Non esiste nessuna teoria
ufficiale per il semplice fatto
che sono stato io a scoprirla.^^”
-Ma chi si crede di essere questo
qui? Einstein? -
“Una bella ragazza come lei
non dovrebbe stare qui da sola,
non è prudente.. e tantomeno
con un
pazzo assassino in circolazione..” affermò
cambiando discorso e addentando una
fragola contemporaneamente .
“S-si.. ha ragione.. ma
vede il fatto è che mi sono detta:
il killer colpisce sempre in casa delle vittime e quindi non dovrei
correre
grossi rischi standomene qui..”
Il giovane si bloccò di
colpo e assunse un’espressione
grave.
“Posso sapere il suo
nome?”
Charlotte lo
guardò
indecisa se dargli fiducia o meno..
-.. magari sta indagando sul mio
conto..-
“Per quel che ne so, lei
potrebbe benissimo essere il
killer. Quindi non ho la minima intenzione di dirle il mio nome. Ma se
proprio
ci tiene può chiamarmi Catherine.” Rispose quindi
sicura di se e aspettandosi
una reazione negativa nei suoi
confronti.
Rimase stupita nel notare un bel
sorriso di soddisfazione
sul volto del ragazzo.
“Mi congratulo con lei. Una
donna così non può di certo
correre rischi.. la mia era solo una prova per
verificare il suo grado di prudenza nei confronti degli
sconosciuti..
ora posso stare tranquillo.” ^^
-Sta scherzando?-
“Beh
la ringrazio di
tutto.. ma non ce n’era bisogno..”
“Invece si. Se lei avesse
dato il suo nome al killer a
quest’ora sarebbe già morta.”
“Cosa?!
E per quale motivo
dice questo?!”
“Perché il
killer ha bisogno del nome della vittima per
uccidere. Se non conoscesse il nome della donna che ha ucciso non
potrebbe dare
un titolo alla sua opera d’arte.”
“Cosa vuole dire? Si
spieghi meglio..”
“Condor ama dare un titolo
alle sue opere. Dopotutto un
artista che non da un titolo a una sua opera non si può
considerare un vero
artista a tutti gli effetti. Dico bene? “
“Quindi quello che vorrebbe
dire è che sulle pareti oltre a
scrivere la firma scrive anche il titolo
dell’opera?”
Non si ricordava di aver mai letto
un’informazione simile
sul giornale.. come poteva quel tipo essere a conoscenza di certe cose?
“Esattamente. Ma non solo:
sulle pareti sono presenti anche
la data di nascita e quella del decesso della vittima. Le persone
uccise sono tutti
giovani ragazzi nel pieno della
loro giovinezza..”
“E’ tremendo come
un uomo possa
definire arte una persona massacrata.. e
per di più un ragazzino..!”
“Uccidere una persona
è una cosa spregevole sotto tutti i
punti di vista. Non conta se si tratta di un bambino , di un uomo o di
un
anziano.. di qualunque essere vivente si tratti è pur sempre
un reato..
indipendemente dall’età.”
“Ma cosa sta dicendo?!
Vuole forse insinuare che uccidere un
bambino equivale ad
uccidere un anziano morente??!”
Il giovane non si scompose
minimamente e rispose:
“Forse non mi sono spiegato
bene. Quello che intendevo dire
è che la vita è l’unica
vera cosa che
l’uomo possiede fin dalla nascita, e che nessuno e dico
NESSUNO su questo
pianeta ha il diritto di privare un essere umano di tale
privilegio.”
Charlotte lo guardò non
proprio convinta.
Come poteva quel ragazzo pensare che
togliere la vita a un
bambino potesse equivalere a toglierla a un anziano a cui rimangono
solo due
giorni di vita?? Erano talmente tante le domande che le sorgevano a
proposito
di quell’individuo.. per un momento pensò di
scappare via, ma qualcosa la
trattenne: probabilmente la curiosità
ebbe il soppravvento sul suo istinto di sopravivenza..
“Mi scusi ma non approvo
quello che ha detto. Un bambino ha
un’intera vita davanti a se, mille cose da scoprire e da
imparare.. un anziano
al contrario ha già avuto le sue opportunità.. ha
già vissuto la sua vita e ha
già imparato la maggior parte delle cose che c’era
da imparare sul mondo.. ha
conosciuto la gioia, il dolore e l’amore.. un bambino ucciso
non potrà mai
conoscere queste cose perché la sua vita è stata
troncata nel bel mezzo delle
sue scoperte. Quindi come può dire una cosa del genere? Se
davvero si trovasse
costretto a decidere fra la vita di un bambino e quella di un anziano
quale
sceglierebbe?”
Rimase zitto per alcuni secondi a
fissarla poi rispose
sorridendo:
“Penso che piuttosto di
scegliere mi farei uccidere al loro
posto” ^^
La donna provò
uno
strano senso di tranquillità nel sentire quella frase..
Non poteva trattarsi del killer.. un
assassino pluri-omicida
non direbbe mai una cosa del genere.. a meno che non si trattasse di un
individuo estremamente abile nel recitare la parte del giovane ragazzo
per bene
…
Se davvero quello che aveva davanti
agli occhi era il killer..
allora la sua vita era in grave pericolo perché significava
avere davanti un
individuo capace di tutto e con tutti..
-E pensandoci bene i
profiler della Scotland Yard hanno proprio affermato che
l’assassino con cui
l’Inghilterra ha a che fare è
intelligentissimo.. al di là di ogni
immaginazione.. per cui non avrebbe
nessun problema a fingere di essere un ragazzo per bene davanti a me
… devo
stare attenta.. le probabilità che lui sia
“C” aumentano sempre di più… -
“So a cosa sta
pensando.”
Charlotte si voltò di
scatto e guardò colui che aveva di
fronte.
“Allora me lo dica.. a cosa
sto pensando?”
“Lei crede che io sia il
killer.”
Rimase sorpresa nel constatare che il
giovane era riuscito a
mettere a nudo i suoi pensieri così facilmente.
“E cosa glielo fa
pensare?”
“Il fatto che ci troviamo
in questo posto da soli, che lei è
una giovane ragazza (l’ideale per un killer assetato di
sangue che considera la
morte una forma d’arte), che agli occhi delle persone posso
sembrare un
individuo strano e contorto, che sono stato io ad aprire la nostra
conversazione e che le ho chiesto il nome. Se io fossi stato al suo
posto, probabilmente
non avrei esitato a scappare … ma lei non lo ha fatto. Per
quale motivo?”
Non sapeva cosa rispondere. Per quale
motivo era rimasta lì,
davanti a un potenziale assassino?
Perché non era scappata
via con un scusa?
La verità era che
c’era qualcosa in quell’individuo..
qualcosa di estremamente particolare e unico nel suo genere che aveva
l’effetto
di una calamita su di lei.
Chi era quella persona?
Qual’era il vero motivo per cui le
aveva rivolto la parola?
Aveva come la sensazione che le
stesse nascondendo
qualcosa..
“Mi scusi, prima mi ha
chiesto il nome.. era una prova,
questo è vero.. ma fin da piccola mi hanno insegnato che
prima di chiedere il
nome a una persona è educato presentarsi.. quindi le
dispiacerebbe dirmi il
suo?” Domandò senza rispondere alla sua domanda
precedente.
Sorrise per l’ennesima
volta.
“Il mio nome è
Louis”
“Piacere Louis. Adesso
possiamo conversare come si deve..”
“Si sbaglia.”
“Come scusi?”
“Si sbaglia. Io le ho detto
il mio nome, lei invece ne ha
usato uno falso. Quindi la nostra conversazione non è una
vera e propria
conversazione, e non lo sarà fino a quando ognuno di noi due
conoscerà il vero
nome dell'altro.”
“Non capisco dove vuole
arrivare Louis..”
“La confidenza in un
rapporto si stabilisce solamente nel
momento in cui ci si da del tu e quindi quando tutte e due le persone
si
conoscono abbastanza. E per fare ciò, occorre sapere il nome
della persona che
si ha di fronte.”
-Ho come l’impressione che
sia tutta una messa in scena per
riuscire a cavarmi il nome di bocca.. -
“Strano come lei ragioni
così tanto su un semplice argomento
come la conversazione..”
“Ma tutto quello che ci
circonda è fondato sul
ragionamento.. si guardi in torno Miss. Catherine e prenda ad esempio
questa
fragola..” disse afferrando con la punta delle dita uno dei
frutti “i
coltivatori avranno sperimentato più e più
volte il modo migliore per coltivarla.. si saranno scervellati per
cercare di
trovare il terreno più adatto alla coltura delle fragole e
il giusto grado di
inclinazione dei raggi solari in modo tale da costruire una serra
adatta per la
coltivazione di fragole … e tutti i loro sforzi alla fine
sono stati ripagati..
perché hanno guadagnato un cliente in più, amante
delle loro grosse, succose e
dolci fragole giganti..^^”
-In effetti non ha torto …
-
“E così come le
fragole.. anche i rapporti sociali possono
essere studiati.” Affermò infine con soddisfazione.
“Non so lei, ma a me
interagire è sempre risultato
automatico..”
“Sindrome di
Asperger.”
“Come scusi?”
“Sindrome di Asperger, una
delle più note forme di autismo
che colpisce la popolazione. Ecco la malattia di cui soffrivo.
Impedisce
all’individuo di riuscire ad interpretare correttamente le
emozioni degli altri
individui.”
“Cosa intende dire con
“la malattia di cui soffrivo”? Non
sapevo si potesse guarire dalla S.A…”
“Si in effetti sono stato
il primo, se non l’unico a
riuscirci …”
“E come ha fatto?”
“Studio. Come le ho detto
prima, anche i
comportamenti umani possono essere studiati
e compresi come qualsiasi altra cosa. Studiai per anni psicologia e
alla fine
riuscii a raggiungere un buon livello di abilità nel
riconoscere ed
interpretare i comportamenti umani.. anzi, diciamo che lo superai di
gran
lunga.^^”
Stava mentendo per caso? Era molto
probabile …
-Ma perché mai una persona
dovrebbe mentire su una cosa
simile? Non ne avrebbe nessun motivo… -
Se davvero quello che le aveva appena
detto era tutto vero,
allora si trovava davanti all’unico essere vivente che sia
mai riuscito a
guarire da una forma di autismo grave.
Quel ragazzo la sorprendeva ogni
secondo di più che
passava e chissà quante altre cose
nascondeva dietro al suo viso cereo..
“Bene. Ora che ha saputo
qualcosa in più di me Miss. Catherine,
è giunto per me il momento di sapere qualcosa in
più di lei.”
Era assurdo come Louis potesse
considerare una semplice
conversazione come una partita a scacchi, basata sui turni, sulle mosse
dell’avversario e sui ragionamenti.. a cosa voleva arrivare
realmente?
“Perché si trova
qui? Qual è il vero motivo per cui se ne è
andata via di casa? Non mi dica che voleva fare una semplice
passeggiata perché
è passata circa un’ora dal suo arrivo.”
Quella domanda la spaventò
molto. Ora le possibilità che lui
fosse il killer aumentavano a vista d’occhio e il suo battito
cardiaco cominciò
ad accelerare.
“P-perchè le
interessa?”
“Questo non
le deve
importare. Io ho risposto alle sue domande sulla mia vita privata e ora
ho il
diritto di avere una risposta da lei.”
-Merda, non ho scelta.. devo
rispondere.-
“La verità
è che non ne potevo più.” Disse a voce
bassa e
senza guardarlo negli occhi.
“Non ne potevo
più di fare questa vita. Casini, casini e
casini.. il caos totale. Il lavoro va male, il mio ragazzo si vede con
altre
donne e questa città mi fa perdere la testa.. odio la
città.. ecco perché sono
venuta fin qui.. per rilassarmi i mezzo alla natura e lontano dalla
gente.”
Louis a quel punto
ricominciò a mordersi il pollice e la
fissò per alcuni secondi senza dire una parola per poi
essere interrotto dalla
voce della ragazza.
“Volevo rilassarmi.
E’ così strana come cosa?”
“No. Al contrario.
“
Charlotte alzò
lo
sguardo e lo osservò con più attenzione
stabilendo un vero e proprio contatto
visivo con il giovane... fino a quel momento non aveva mai osato
guardarlo
dritto negli occhi per più di tre secondi. In effetti era
piuttosto imbarazzante..
ma era necessario per scoprire qualcosa in più di lui.
-Le occhiaie. Scommetto che sono
dovute al lavoro. Il suo
deve essere un lavoro estenuante, ecco perché è
venuto a rilassarsi.. perché è
stanco, esattamente come me .-
“E lei? Per quale motivo si
trova qui?” Gli chiese a quel
punto.
Sorrise. Questa volta molto
vistosamente.
“Diciamo che è
per lavoro.”
-Lavoro? Ma
certo!
Potrebbe essere un impiegato per la manutenzione del parco..
perché non ci ho
pensato prima?-
“Ah, e di che tipo di
lavoro si tratta?”
“Ogni cosa ha il suo tempo
Miss. Catherine.. presto lo
scoprirà.”
-Cristo, mette proprio i brividi.
Sembra che stia solo
aspettando il momento migliore per farmi fuori.. guardandolo bene
però, non mi
sembra abbia nessun tipo di arma con se.. ma un attimo!. Ha qualcosa in
tasca!
Cos’è quello strano rigonfiamento sui suoi
fianchi? Non può essere una
pistola.. è troppo piccolo e sottile.. che sia un coltello?
No, nessuno
terrebbe mai un coltello in tasca..”
“Bene, è il mio
turno. Ha mai desiderato , anche solo per un
secondo, che una persona morisse?”
La domanda la colse letteralmente alla sprovvista.
“Ma che diavolo sta
dicendo??! Le sembro forse
una persona che possa desiderare una
cosa del genere!!?
E’ vero.. non sopporto la
gente.. ma arrivare a tal punto..!
Solo un pazzo potrebbe volerlo..!”
“Appunto.”
“Cosa vuole dire con
“appunto” ?”
“Niente. Non mi ascolti e
risponda semplicemente alla mia
domanda.”
“Ma le ho già
risposto!”
“Quindi lei afferma con
certezza che non desidererebbe mai
la morte di una persona. Ne è sicura al 100%?”
“Senta, non so lei ma
questa conversazione si sta facendo troppo
strana. Insomma.. si metta nei miei panni.. arrivo qui per i fatti miei
e
improvvisamente uno strano individuo mi rivolge la parola chiedendomi delle cose sul mio conto..
secondo lei come mi
dovrei comportare?”
“Dovrebbe stare al gioco
Miss. Catherine. Semplicemente
stare al gioco.” Rispose lui con tranquillità.
-Gioco? Gioco?!! Ma come fa a
definire questa conversazione
un gioco??! Possibile che non abbia niente di meglio da fare?-
“Senta, non ha il diritto
di trascinare le persone dentro i
suoi stupidi giochi psicologici senza prima avere il loro consenso!
“
“Oh..
invece ce l’ho
eccome Miss. Catherine.”
Silenzio.
- In che senso ha il diritto?-
“Vede, si da il caso Miss.
Catherine, che in questo preciso
momento, lei costituisce il mio lavoro.”
“Che cavolo vuole dire??!!
Insomma arrivi al punto!!” Perse
la pazienza.
“Si ricorda quando prima le
ho parlato della mia sindrome?”
“Si, certo che me lo
ricordo!”
“Beh, le
interesserà sapere che conversando con lei sono
riuscito a diagnosticarle una patologia simile.”
Rimase spiazzata.
-Se c’è una cosa
di cui sono sicura è che è questo qui ad
essere pazzo non io.
“Scusi, ma chi è
lei??! Cosa le fa pensare che io sia
malata??!”
“Cosa mi fa pensare che lei
sia malata dice? Oh,
tante cose Miss. Catherine.. come
ad esempio il fatto che non si ricordi di aver compiuto certe
azioni.”
“E di quali azioni sta
parlando?!! Si può sapere?!”
“Azioni
terribili.”
La ragazza alzò un
sopracciglio e sorrise per la prima volta
da quando si erano incontrati.
-Lei ha bisogno di aiuto.- Disse
quindi sorridendo per poi
afferrare la borsa nell’intento
di
andarsene.
“E io le assicuro che
è il contrario”^^
Si alzò di scatto e si
incamminò verso la stradina sghiaiata
che l’avrebbe condotta a casa.
“E’ stato un
piacere ma si è fatto davvero tardi.”
-Questo è troppo. Una
persona che accusa un’altra persona di
essere malata di mente senza neanche avere delle prove plausibili, non
è degna
neanche di essere ascoltata.-
“E’ mai stata
accusata da qualcuno di aver compiuto azioni
di cui non si ricordava?”
Si bloccò.
“Non sono affari
suoi.“ Rispose con irritazione.
“E
invece si, perché
gliel’ho detto Miss. Catherine.. questo è il mio
lavoro e lei è gravemente
malata.”
“E di quale malattia si
dovrebbe trattare, sentiamo…”
“Lei è affetta
dalla
S.D.P. , meglio conosciuta come Sindrome della Doppia
personalità. E
questo spiega molte cose mi creda.. cose, che non riguardano solo
lei..”
“Adesso basta!! La smetta!!
Cosa cazzo vuole da me?!! Me lo
dica una volta per tutte!!” Urlò perdendo
completamente il
controllo e strattonandolo per il
colletto. Dopotutto, la pazienza non era mai stata il suo forte..
“Si calmi per
favore”
“No che non mi calmo,
cazzo!! Lei è un maniaco lo so! Sta
solo aspettando il momento migliore per fare la sua mossa! Allora
avanti.. la
faccia così la finiamo una volta per tutte!!”
“Le ho detto di calmarsi.
Non mi costringa a fare quello che
non vorrei fare.. la prego..”
Solo all’ora la ragazza si
rese conto che il giovane stava
tremando come una foglia.
Smise subito di fare quello che stava
facendo e lo fissò
dritto negli occhi in cerca di una risposta.
“Mi dispiace Miss.
Catherine.. ma vede, ne io ne lei ci
possiamo fare niente.. quindi si prepari a quello che le sto per dire,
perché
probabilmente il suo organismo non reggerà..”
Era sconvolta. Semplicemente
sconvolta. Come poteva una
semplice visita al parco trasformarsi in una situazione simile??!
Il vento soffiò
intensamente tra le foglie.
“Lei è il
killer.“
Il cuore le si fermò. Non
poteva aver sentito bene..
“Non se ne è mai
resa conto a causa della sua malattia.. di
notte la sua “lei” malvagia ha il soppravvento su
la sua “lei” normale e la
induce ad uccidere inconsapevolmente. Ci sono arrivato grazie alla
nostra
conversazione: all’inizio mi ha detto che prova un odio
profondo per tutte le
persone.. questo mi ha fatto pensare ad una possibile collegamento con
l’assassino.. inoltre l’iniziale del suo nome falso
è la stessa che compare
nella firma del killer, sicuramente, quando avrà pensato ad
un nome da usare
per presentarsi, ne avrà adoperato uno che abbia a che fare
con quello vero. Lo
so perché anch’io ho fatto il suo stesso
ragionamento. Un’altra fattore che mi
ha indotto a giudicarla colpevole è stata la sua reazione
alla mia domanda se
era sicura al 100% di non aver mai desiderato la morte di una persona.
Ha
reagito cambiando discorso, una chiara dimostrazione della sua
difficoltà
davanti a quella domanda. E perché era imbarazzata Miss.
Catherine? Perché in
fondo, nel suo animo, ha sempre pensato che il mondo sarebbe stato un
posto
migliore senza la gente. Quindi ne ho dedotto che in qualche modo, le
due
personalità erano collegate.
Naturalmente queste informazioni non erano assolutamente
sufficienti per
giudicarla colpevole, quindi mi sono spinto più in
là: le ho chiesto se si
ricordava di essere mai stata accusata di aver compiuto azioni di cui
non aveva
ricordo. Non mi ha risposto e così ho interpretato il suo
rifiuto come un si
perché spesso
quando la gente non vuole
ammettere una cosa si rifiuta di rispondere.
Il fatto che non
si ricordi di
aver compiuto delle azioni significative è la prova che lei
soffre della
Sindrome della Doppia personalità, e che di conseguenza
è il killer.”
La risata le venne spontanea.
“No. Non è
possibile.. lei si sbaglia..”
“Io non mi sbaglio mai
Miss.
Catherine.”
La ragazza a quel punto non ce la
fece più e cadde in
ginocchio davanti al ragazzo che pareva annoiato da quella vista.
“Quindi lei sta insinuando
che io sono la responsabile della
morte di quelle persone? Ma si rende conto di quello che sta
dicendo?”
“Si. Ma non mi fraintenda.
Non la sto accusando di ciò,
perché lei soffre di una grave malattia neuropsicologica. E
quando una persona
è malata, non possiede più la capacità
di intendere e di volere. Ora, la
dichiaro in arresto, la polizia a questo punto può cavarsela
anche da sola.
Dopo di che verrà condotta in un istituto psichiatrico dove
verranno accertate
le sue condizioni psicologiche e dove riceverà
tutte le cure necessarie.”
E così dicendo
afferrò due grosse manette argentate che
teneva in tasca e le agganciò prima al polso di lei e poi al
suo.
“Ma cos..? Lei è
pazzo!! Mi lasci andare subito!! Ci deve
essere un errore!!”
“Non provi a scappare. Io
sono un uomo e lei è una donna e
la sua forza fisica è molto inferiore alla mia.”
Era in stato catatonico.
Assolutamente inconsapevole di
quello che le stava accadendo.
Louis
a quel punto
prese il suo
cellulare con la punta
delle dita:
“Mi chiamo Louis Wellington
e ho catturato il killer.
Femmina, bianca, di costituzione esile e… ehm..”
Rivolse la parola a Charlotte:
“Quanti anni ha Miss.
Catherine?” Le chiese con falsa
gentilezza.
La ragazza lo fissò
intensamente. Aveva le lacrime agli
occhi.
“Che importanza ha.. che
importanza ha si può
sapere??!! Sono
innocente!! Che
importanza ha la mia età!!??? Siete tutti impazziti per
caso??!! Le sembro
forse un’assassina??!”
“Glielo ripeto per
l’ultima volta Miss. Catherine …”
rispose
evidentemente scocciato il giovane.
“…lei soffre di
una rara malattia psichiatrica che la rende
assolutamente incapace di avere
la piena
padronanza delle sue azioni.. E’ naturale che non si ricordi
di quando
uccideva.. perché in quel momento il suo cervello agiva da
solo. Non è né colpa
mia ne colpa sua. Inoltre scommetto che quella macchia rossastra
presente sui
suoi pantaloni è sangue... comunque sia, se non vuole
credere a me sicuramente
crederà alla scientifica..”
E dicendo così la
strattonò con vigore verso l’uscita del
parco dove l’attendeva una macchina della polizia.
“ Il suo vero nome
è Charlotte Walker, abita nel distretto
di Blexey in un piccolo appartamento in stile rustico dove convive con
il suo
ragazzo, il quale ha già chiamato più di una
volta la polizia a causa delle sue
misteriose uscite notturne.” Disse uno dei poliziotti.
La donna parve non sentirlo neanche.
L’unica cosa che fece
fu quella di abbassare il finestrino per domandare al moro “Louis
è un nome falso. Qual’e il tuo vero
nome?”
Non le rispose.
Non c’era bisogno di
risponderle.
Riprese in mano il telefono con due
dita e compose quel
numero che gli era tanto familiare.
“Allora Ryuzaki?
Come
è andata? Ah a proposito.. il governo ugandese ti ringrazia
per aver fermato
quell’epidemia..”
“Troppo semplice Watari.
Quante volte ti devo dire di
scegliere dei casi alla mia altezza? E’ stata una noia
mortale.. mi è bastato
scambiarci due parole per arrivare alla conclusione esatta.. Non ti ho
scelto
come mio assistente solo perché sei bravo a preparare dolci
ma anche perché
ammiro molto il tuo ingegno e la tua intelligenza.. per cui mi aspetto
sempre
un buon lavoro da te.”
“Ha ragione Ryuzaki. Mi
perdoni. Se le interessa ho trovato
qualcosa che sarebbe degno della sua attenzione..”
“Ah, sul serio? E di cosa
si tratta?”
“Riguarda il Giappone.
Strani casi di persone morte tutte
per attacco cardiaco sono l’argomento principale della
stampa, dei giornali e
di Internet in questo periodo.. ”
“Interessante.. puoi
svolgere delle ricerche più
approfondite?”
“Certamente. Dunque.. ecco..
le vittime sono tutti criminali. Strano vero?”
“Niente male.. sai Watari,
ho come la sensazione che questa
volta ci sarà da divertirsi.”
Fine.
border="0">
Nota
dell’autrice
Allora.. devo ammettere che questa
fanfic mi è venuta
abbastanza bene.. non so perché ma le cose mi saltavano in
mente
automaticamente.. forse è stato L a farmi questo effetto.. XD
Iocōse in latino significa
“per gioco”.
La mia intenzione iniziale era quella
di scrivere una ff
basata interamente su L, ma poi un’idea fantastica mi
è balenata alla mente:
perché non partire da un’altra persona?
Perché non inserire nella storia un
personaggio che avesse il ruolo di protagonista e contemporaneamente
quello di
antagonista? Il risultato è stato il seguente: una storia
che parlasse di uno
dei tanti casi (1500!) che
ha risolto L
nel corso dei suoi 25 anni di vita narrato attraverso gli occhi di una
persona
apparentemente normale nel suo complesso. Solo un semplice caso per
lui.. ma
qualcosa di estremamente importante per lei e per
l’Inghilterra, suo paese di origine. Ho
voluto creare apposta un contrasto tra le emozioni di Charlotte quelle
del
detecktive per
sottolineare la
quotidianità e l’abitudine di L nello svolgere il
suo lavoro. Ecco perché era
annoiato.. il caso era troppo semplice per una mente geniale come la
sua.
L non lavorava mai allo scoperto lo
so. Ma ho immaginato
questa vicenda come una sorta di cambio di programma. Evidentemente era
stanco
di nascondersi sempre dietro uno schermo e aveva voglia anche lui di
uscire
all’aperto.. tanto non correva rischi.. non avrebbe mai dato
il suo nome e
nessuno avrebbe mai saputo che era stato lui a catturare il killer
grazie al
nome falso.
E per quanto riguarda la Sindrome di
Asperger fidatevi che
ogni sintomo coincide alla perfezione con questo personaggio.. andate
su
Wikipedia se non mi credete!
Spero vi sia piaciuta e mi raccomando
recensite!
L-chan
|