Disclaimer: i personaggi appartengono
alla scrittrice CJ Daugherty e questa fiction non è stata
scritta a scopo di lucro.
ATTENZIONE SPOILER!
Per chi di voi non ha
ancora letto o finito di leggere il secondo romanzo della saga, Night
School-Il Segreto della Notte, uscito poche settimane fa in Italia,
è consigliabile chiudere questa pagina. Ripeto, contiene
enormi spoiler sul finale del secondo libro. Siete state avvisati.
Questo era il maggiore dei mali, ora posso dirvi anche che contiene
qualche anticipazione, da me modificata, sull'inizio del terzo capitolo
appena uscito in inglese.
Per chi volesse continuare a leggere, be' buona lettura!
Ps: Vi consiglio di ascoltare la canzone dei Within Temptation che vi
ho proposto mentre leggete. Non so voi, ma mi fa entrare molto nella
parte. :)
She didn’t make it, Allie.
“If
she closed her eyes, she could see it all –
the blanket of
white snow,
the blue
moonlight,
the fragile body
thrown like a rag doll on to the road …
The cloud of blood
blooming around her
like the petals of
a deadly flower."
-Night
School: Fracture-
Sinéad
– Within Temptation
“Jo non ce
l’ha fatta, Allie.”
Allie rimase a fissare
la gocciolina di sangue, che dal suo ginocchio correva lungo la gamba,
persa nei suoi pensieri. La ferita non le faceva poi così
male, ma la vista del sangue le ricordò la notte di qualche
settimana prima, quando tutto andò a rotoli. La voce bassa
ma ferma della preside le rimbombava ancora nelle orecchie; le lacrime
di Isabelle mentre le diceva che la sua migliore amica era morta, erano
vivide nella sua testa. Se n’era andata per sempre
lasciandola sola, con la consapevolezza che non avrebbe più
rivisto il suo magico e splendente sorriso, i suoi corti capelli biondi
sbarazzini, i suoi immensi occhi azzurri. Con il pensiero che Jo non
avrebbe più potuto sognare, realizzare i suoi desideri,
farsi strada nel mondo e soprattutto crescere, sposare qualcuno, avere
dei figli. Tutte le gioie che ora per lei erano irrealizzabili
riempivano il petto di Allie di dolore. Il ricordo di quella notte,
quando la vita di Jo era stata miseramente spezzata su un vialetto di
ghiaia, le faceva venire i crampi alla pancia e salire le lacrime agli
occhi. Il pensiero di Gabe, che uccideva a sangue freddo la sua
ex-ragazza con un pugnale, le faceva ribollire il sangue nelle vene e
le accendeva dentro una furia mai provata. Gabe, che probabilmente
aveva finto di amarla per tutto questo tempo; Gabe, il ragazzo per cui
Jo era totalmente persa e di cui, ancora, si fidava, l’aveva
tradita nel peggior modo possibile. Mentre lei cercava di scappare, lui
aveva tirato fuori il coltello, l’aveva pugnalata al petto e
poi l’aveva lasciata sdraiata scompostamente in mezzo alla
strada a morire dissanguata, nella speranza che attirasse
l’attenzione di Allie. E poi, Gabe l’aveva rapita,
avevano fatto un incidente in macchina, era scappata e ora era viva.
Ciò che Allie non riusciva a realizzare era che lei era
sopravvissuta, ma Jo non c’era più. Da quel
momento niente era più stato lo stesso per Allie; lo
specchio si era incrinato e le schegge di vetro le erano cadute addosso
lentamente. Ora, il solo sentire il nome di Gabe le provocava una
rabbia cieca; Allie sapeva cosa fare. Quando sarebbe giunto il momento,
non avrebbe esitato: l’avrebbe ucciso. Avrebbe conficcato le
sue dita negli occhi di Gabe e glieli avrebbe strappati fuori; avrebbe
preso un coltello e poi gliel’avrebbe piantato nel cuore;
avrebbe voluto tagliargli la gola e lasciarlo lì a
dissanguarsi, mentre la sua intera vita gli passava davanti.
L’avrebbe fatto per Jo, e per Ruth, e anche per se stessa.
Per lei che era cambiata così tanto in quel periodo, per
tutti i suoi amici con cui ora non parlava, per Isabelle e il modo
orribile in cui la trattava, per Rachel che aveva perso la sua migliore
amica, per Sylvain che l’amava così tanto mentre
lei continuava a ignorarlo, per Carter che ancora cercava i suoi occhi
mentre stava con Jules. Per il suo stupido ginocchio, che dopo
l’incidente, non era più stato lo stesso e le
lanciava di quelle fitte che Allie a volte desiderava solo tagliarselo
via. Per quegli incubi che la colpivano a tradimento appena poggiava la
testa sul cuscino e chiudeva gli occhi; sogni troppo vividi per non
essere veri, sogni che lei sapeva essere reali. Per tutto il dolore che
Gabe le aveva causato, per le sue gesta orribili e per il modo in cui
l’aveva fatta soffrire. Allie lo sapeva meglio di chiunque
altro: quel ragazzo andava fermato e lei gliel’avrebbe fatta
pagare con gli interessi. Sì, era assolutamente decisa,
risoluta: avrebbe ucciso Gabe.
Allie alzò
la testa di scatto ricacciando indietro le lacrime non volute e si
guardò i pugni, che senza accorgersene aveva serrato; le
nocche ormai bianche per lo sforzo, la forma delle sue unghie avevano
lasciano delle mezzelune rosse sui suoi palmi. Rivolse lo sguardo al
campus della scuola: fece scorrere i suoi occhi sugli alberi che
tutt’intorno formavano il bosco della Cimmeria; sugli
studenti che sotto di lei si affrettavano a raggiungere le loro
prossime lezioni, dopo la pausa pranzo; sugli uomini in giacca e
cravatta, fermi in mezzo al vialetto, con gli occhi puntati dritti su
di lei. Raj, dietro di loro, la guardava con disapprovazione, le
braccia incrociate sul petto.
Merda. Mi hanno trovata,
pensò Allie. E’
ora di trovare un altro posto.
Ormai, andava avanti
così da settimane. Dopo la morte di Jo, tutto era tornato
alla normalità. Gli studenti avevano continuato ad andare a
lezioni come bravi damerini, gli insegnanti avevano finto che non fosse
successo niente tornando a spiegare nozioni di chimica e storia, la
Night School si riuniva come al solito. Tutto era tornato
com’era prima, come se nessuno fosse morto. Tutti erano
occupati con le loro attività, senza badare troppa
attenzione a quel corpicino da ragazza che era stato seppellito
chissà dove. Tutti tranne Allie. Aveva ripreso
l’abitudine di saltare le lezioni, passando intere giornate a
nascondersi per la scuola, evitando così che Isabelle si
piantasse davanti alla porta della sua camera stressandola
all’infinito per andare a lezione, o che Jules saltasse fuori
dal nulla e la trascinasse in classe senza il suo volere.
Così era tutto più semplice e le guardie di Raj
avevano qualcosa da fare piuttosto che perdere tempo come al solito:
pattugliavano la scuola da cima a fondo nella speranza di trovarla.
Finora nessuno di loro c’era ancora riuscito, e Allie poteva
godersi qualche ora di pace in solitaria compagnia di se stessa e dei suoi
orribili pensieri. Poteva osservare il tran tran della gente che
camminava per i corridoi della Cimmeria senza essere notata,
sgattaiolare via quando non c’era nessuno in vista e
gironzolare per la scuola deserta di notte. Poteva fare quello che
voleva senza essere disturbata. Nessuno aveva ancora scoperto i suoi
nascondigli migliori, o almeno fino ad ora.
Scattò in
piedi e scese con agilità lungo il tetto, stando attenta a
non scivolare sulle tegole bagnate per la pioggia; sotto di lei
c’era il vuoto. Poté quasi avvertire gli occhi
delle guardie di Raj che la fissavano con apprensione, aspettandosi che
cadesse da un momento all’altro. Non dovevano preoccuparsi:
Allie conosceva a memoria quel percorso, poteva farlo a occhi chiusi.
La prima volta che si era arrampicata fino a quel punto, fu quando Jo,
bottiglia di vodka in mano, salì sul tetto e
cominciò a ballare ubriaca fradicia. Pazza, allegra,
incasinata Jo. Dopo di che, Allie aveva percorso quella strada un sacco
di volte; principalmente, per raggiungere la stanza di Carter nel lato
del dormitorio maschile. Ma ora non poteva più, non
c’era nessun Carter da cui rifugiarsi, perché lui
stava con Jules. La perfetta bionda Jules. Allie avrebbe dovuto
aspettarselo da Jules, ma non da Carter. No, Carter non era quel genere
di ragazzo che correva dietro solo alle ragazze più
perfette. E allora perché diavolo stavano insieme? Avrebbe
dovuto farci l’abitudine ormai, ma ogni volta che li vedeva
insieme, felici e sorridenti, era una pugnalata al cuore che le
ricordava tutto ciò che aveva perso. Jo. Carter. Jo. Jo, e
ancora Jo.
Passò
attraverso il cornicione della finestra e atterrò sulla
scrivania ingombra di fogli, lasciandoci le impronte delle scarpe
impresse sopra. Si avvicinò alla porta ma quando la
spalancò, si ritrovò davanti Isabelle, con le
braccia incrociate sul petto e un’espressione severa in viso.
Allie spalancò gli occhi per la sorpresa, qualcuno doveva
averla avvertita. Si riprese subito e cercò di sbatterle la
porta in faccia ma Isabelle la fermò con una mano,
spingendola indietro. Allie fece un sospiro melodrammatico.
“Ora basta.
Hai superato il limite, Allie.” La preside entrò
nella stanza e si sbatté la porta alle spalle con forza.
“So cosa provi. So che stai passando un periodo di inferno e
mi dispiace che tu stia soffrendo. Ma non puoi continuare
così, Allie. Ti stai facendo del male da sola. Devi
superarlo e andare avanti.” Isabelle lottò per
controllare il suo temperamento, la sua voce era quasi spezzata per
l’emozione. Allie rimase a guardarla dritta negli occhi, il
viso impassibile, le braccia incrociate. Inclinò leggermente
la testa di lato e con voce noncurante e annoiata, come se non le
importasse nulla, chiese: “Hai finito?”
Isabelle le rivolse
un’occhiata attonita, il suo volto era una maschera di dolore
e tristezza. “Allie, sono preoccupata per te. Voglio
aiutarti, ma non so come fare se non me lo permetti.”
“Il fatto
è, Isabelle, che il tuo aiuto fa uccidere le persone.
Quindi… no grazie.” Oltrepassando la preside,
raggiunse la porta e, una volta uscita, se la richiuse alle spalle. La
mente di Allie ripensò all’espressione sconcertata
di Isabelle e i suoi occhi si riempirono di lacrime.
Nessuno
può aiutarmi.
Cercò di
controllare le sue emozioni, non doveva piangere. Non in mezzo al
corridoio dove chiunque poteva vederla.
Perché
queste maledette lacrime non stanno al loro posto?
Ogni volta che voleva
piangere e liberarsi di tutte le sensazioni che le opprimevano il
petto, non ci riusciva; semplicemente le lacrime non venivano fuori e i
suoi occhi rimanevano completamente asciutti. Quando invece non aveva
tempo per piangere, o non era il momento opportuno, come ora, quelle
maledette scendevano da sole a tradimento, sgorgandole sulle guance
come fiumi in piena.
Si nascose in bagno e
controllò che fosse vuoto, prima di lasciarsi andare. Il
punto è che non
voleva ferire Isabelle. In fondo, sapeva che non era colpa della
preside quello che era successo a Jo ed era crudele da parte sua
continuare a farle credere il contrario. Il problema era che Allie era
così arrabbiata; da una parte voleva abbracciare Isabelle ed
essere consolata da lei, dall’altra voleva prenderla pugni
per tutto quello che stava accadendo. O meglio, per tutto quello che
non stava facendo. Da quando Jo era morta, infatti, tutti facevano
finta di niente. Tutti erano tornati alle loro vite normali, come se si
fossero appena risvegliati dal letargo e la morte di una ragazza appena
sedicenne fosse solo un brutto sogno. Nessuno di loro stava facendo il
minimo sforzo per trovare Gabe, Nathaniel o quella maledetta spia.
Nessuno di loro voleva farla pagare agli assassini di Jo e
Ruth. Allie era così confusa, ma su una cosa era
certa.
Appoggiò le
mani ai bordi del lavandino e si guardò allo specchio, gli
occhi grigi piantati in quelli del suo riflesso.
“Prenderò a calci in culo Gabe e Nathaniel, e poi
li ucciderò.” La sua voce piena di determinazione
era solo un sussurro, ma abbastanza forte da far rimbombare il silenzio
della sala da bagno quando si spense.
Se
nessuno vuole fare qualcosa, allora ci penserò io. Gliela
farò vedere a tutti quanti.
“Aiutami,
Allie!” La voce di Jo squarciò il silenzio della
notte, come un tuono in piena tempesta. “Allie, ti prego.
Aiutami!”
Allie
non riusciva a capire da dove provenisse la voce. Continuava a correre
nel bosco alla cieca, senza nessuna idea di dove andare.
“Jo,
dove sei?” urlò di rimando. Le rispose il
silenzio. “Jo!” Chiamò il suo nome
ancora più forte e questa volta le rispose un lamento
strozzato. Da qualche parte udiva i singhiozzi di Jo ma non riusciva
proprio a capire da dove provenissero. Non poteva raggiungerla.
“Oh,
Dio. Allie, aiutami. Ti prego, aiutami.” La sua voce spezzata
fece venire i brividi ad Allie, le lacrime scorrevano ora sulle sue
guance. Disperata, continuò a correre tra gli alberi, con i
rami che le intralciavano il cammino, ferendola e impigliandosi nei
suoi capelli. Allie non ci badava, continuava a correre e vagare a caso
per la foresta, nella speranza di trovarla il prima possibile.
“Jo,
tieni duro! Sto arrivando da te.” Ma anche così
Allie sapeva che non era vero. Tutto ciò che riusciva a
vedere era il buio e una serie infinita di alberi tutti uguali.
Sperò che fosse la direzione giusta, sperò che la
sua amica fosse ancora viva. Aveva bisogno di crederlo, doveva riuscire
a salvarla.
“Allie,
perché mi fai questo? Perché mi lasci qui a
morire?” Il lamento di Jo ora sembrava più vicino
e Allie sapeva che mancava poco. Doveva resistere, anche se il
ginocchio le faceva male e le fitte le mandavano in panne il cervello.
“Aspettami,
Jo!” Non riuscì più a sentire la sua
risposta. Spaventata, Allie fece un ultimo sforzo. Girò
intorno a un albero, raggiunse il cancello di ferro e finalmente la
vide. Tra le sbarre del pesante cancello spalancato notò la
sua figura sdraiata scompostamente per terra, i capelli biondi
sparpagliati intorno alla sua testa come un’aureola.
“Jo!”
gridò. Allie accelerò, infilandosi tra le pesanti
porte del cancello che si stava richiudendo, tagliandola fuori e
impedendole di chiamare aiuto. S’inginocchiò
accanto a lei e le afferrò la mano.
“Jo,
sono qui. Stai tranquilla, sono qui,” le sussurrò
all’orecchio. Ma gli occhi di Jo erano già
rovesciati all’indietro, bianchi e vuoti, la sua pelle
fredda, le dita rigide e blu.
“E’
troppo tardi, Allie,” bisbigliò. “Sono
già morta, ed è tutta colpa tua.”
Allie
realizzò ciò che stava vedendo: il cadavere
sanguinante di Jo, giaceva sul vialetto d’ingresso della
Cimmeria come una bambola di porcellana spezzata. La sua amica era
morta.
Il suo stesso urlo
risvegliò Allie dall’incubo; si tirò su
a sedere di scattò, il respiro mozzato, le coperte strette
tra le dita serrate. I capelli le si erano appiccicati alla fronte per
via del sudore. Allie cercò disperatamente di riprendere
fiato, ma l’aria sembrava non voler entrare e i suoi polmoni
non funzionavano. Poi, l’immagine di Carter che le diceva
come fare riaffiorò tra i suoi ricordi e Allie
inspirò ferocemente. L’aria fu come una boccata di
ossigeno, come una raffica di vento freddo, come l’acqua
gelata che ti circonda quando ti butti in mare. Cercò di
calmarsi, gli occhi spalancati per lo spavento. Armeggiò con
la lampada e in qualche modo riuscì ad accenderla, la stanza
si riempì di luce nell’esatto istante in cui
qualcuno aprì piano la porta. Rachel era ferma sulla soglia,
un’espressione molto preoccupata in viso. Rimase ferma a
fissare Allie, sconvolta. Doveva sembrarle un fantasma, nel suo pigiama
bianco della Cimmeria, tutta sudata, ansimante e spaventata a morte.
Rachel si riprese dallo shock e si avvicinò lentamente.
“Ti ho
sentita urlare. Non sembra che tu stia bene,”
sussurrò. Allie avrebbe voluto dire che no, non stava per
niente bene, ma le mancava la voce. Parlare, ora, era uno sforzo troppo
grande. Si limitò a scuotere la testa. A quel movimento, le
lacrime cominciarono a inondarle gli occhi e scivolarle sulle guance.
Rachel la raggiunse, le prese la testa tra le mani dolcemente e si
sedette sul letto accanto a lei stringendola a sé. Allie
scoppiò a piangere senza freni. La sua amica le era mancata
troppo e dopo quell’orribile sogno aveva bisogno di qualcuno.
“Jo…
è morta. Ed è tutta… colpa
mia,” singhiozzò forte, la voce smorzata dal
pianto e dal viso premuto contro il petto di Rachel.
“Sshhh,”
disse lei dolcemente, accarezzandole la testa con una mano.
“Non è colpa tua, Allie. Hai fatto tutto il
possibile per lei. Nessuno poteva salvarla, neanche tu.”
Allie
non le credette del tutto; il tono di accusa nella voce di Jo era il
suo incubo peggiore ed era ancora troppo recente per ignorarlo e basta.
Ma forse Rachel aveva ragione, forse nessuno poteva salvare Jo. Allie
seppe in quel momento che non poteva continuare così:
avrebbe dovuto accettare la sua morte e andare avanti. E solo allora,
avrebbe cercato i suoi assassini e fatto giustizia. In quelle
condizioni non sarebbe stata di nessun aiuto, non sarebbe mai riuscita
a sconfiggere Gabe o Nathaniel. Doveva farlo per lei, doveva farlo per
Jo. E Allie avrebbe fatto qualsiasi cosa per Jo.
And
girl you know that I’ll be there
I
am here to stay
You
are not alone
I
am here with you
Though
we’re far apart
You’re
always in my heart
You are not alone -
Michael Jackson
Se siete dei fans della saga Night School e vi è
piaciuta questa fiction, passate a dare un'occhiata anche all'altra
storia che ho scritto su questa bellissima serie: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1932634&i=1
Spero di non avervi troppo
traumatizzato e, soprattutto, rovinato il finale del 2. Non potete
accusarmi, ve l'avevo detto! ;)
Mi raccomando, lasciate un commento!
Grazie a tutti per l'attenzione.
Saluti,
Elis.
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