A penny
for your thoughts
Capitolo 2
Rachel
Berry era sempre riuscita in tutto.
La sua vita, seppur ancora relativamente breve, era stata un
susseguirsi di successi.
A 16 anni aveva incontrato quello che allora considerava l'amore della
sua vita. A 20 era riuscita a vincere lo showcase invernale che la
NYADA organizzava annualmente. A 26, dopo aver ottenuto il massimo dei
voti all'esame finale, aveva conquistato il suo primo ruolo off
Broadway. A 28, dopo un'ennesima meravigliosa esibizione, il suo nome
era stato menzionato sul New York Times.
L'articolo affermava che prima di morire, chiunque avrebbe dovuto
assistere ad una esibizione di Rachel Berry.
Quella mattina, la mattina dell'articolo, Rachel aveva avuto
l'impressione che persino il sole le stesse sorridendo.
Più tardi avrebbe imparato che anche il sole era in grado di ghignare,
maligno.
Più tardi avrebbe imparato che, esattamente come con le sue mani aveva
costruito il suo futuro, con esse avrebbe potuto distruggerlo.
A 32 anni, quelle mani avevano stretto la penna che segnava la fine
della sua storia d'amore.
Si dissero che lo facevano perché ormai troppo incompatibili.
A Rachel venne il dubbio che lo fossero sempre stati.
Semplicemente se avesse continuato a stare accanto a suo marito avrebbe
finito per odiarlo.
Traslocare significò cambiare vita.
Svegliarsi in un letto troppo grande per una sola persona la faceva
sentire triste, chiamare Kurt, la sera, prima di andare a dormire, la
faceva sentire patetica.
Impiegò qualche settimana per comprendere che ci vuole coraggio a
tornare ad essere soli dopo 16 anni. Iniziò a chiamare sempre meno Kurt
e a parlare sempre più con se stessa. Scoprì che la solitudine, dopo
così tanto tempo, non poteva spaventare più di quanto non potesse
emozionare.
Ringraziare mentalmente Finn fu automatico.
Alzare la cornetta e lasciarsi andare a parole mai pronunciate fu
ponderato.
E capì che aveva fatto bene quella mattina a firmare quei documenti.
Quella mattina aveva deciso che Rachel Berry non avrebbe mai odiato.
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Odiava dover dare spiegazioni.
Soprattutto dal momento che
non aveva mai avuto una grande attitudine per le bugie. Probabilmente
il suo inconscio ancora credeva alla storia del naso che si allunga.
Per quale motivo le persone
avessero tanto paura di dire la verità non era mai riuscita a
comprenderlo.
Avrebbe voluto semplicemente
dire che no, quando aveva 11 anni ed era nella classe del professor
Gibson, il cane non aveva mangiato i suoi compiti. Avrebbe voluto
chiamarlo ora e confessargli che, a dirla tutta, lei un cane non
l'aveva neanche mai avuto.
Avrebbe voluto non dover
mentire quando aveva chiesto una giornata libera, ma, quando erano
giunte le domande e la richiesta di spiegazioni, si era resa conto di
non potersela cavare se non con una giustificazione standard.
E così i suoi papà le
avevano fatto una sorpresa ed avevano fatto un salto a New York. Gli
stessi papà che in quel momento si trovavano probabilmente alla
riunione settimanale del club di letteratura a Lima, in Ohio.
Non riuscì a mantenere un
sorriso trionfante quando, il giorno dopo, si svegliò presto.
Non lo trattenne neanche
quando salì su una metro a caso.
Perché il viaggio è
immensamente più bello quando non c'è una destinazione.
Avrebbe lasciato scegliere
al caso anche quella e, semmai non avesse trovato la sua fermata,
semmai la sua fermata non fosse neanche esistita, avrebbe continuato a
godersi il viaggio.
Quel giorno, per lei e solo
per lei, il tempo si sarebbe fermato e le avrebbe permesso di lanciare
una rapida occhiata alla vita degli altri.
E per la prima volta essere
invisibile non sembrava una prospettiva tanto orribile.
Al contrario allettante.
Mise piede su quella metro e
si rese conto di non aver mai realmente viaggiato prima.
Perché non avere una meta
non significava non avere un obbiettivo.
Perché la sua meta poteva
essere qualunque luogo e qualunque persona, ma fu quella donna dai
capelli biondi e l'aria di chi ha bisogno di comprare una nuova sveglia
perché quella vecchia non fa più il suo dovere.
«Un penny per i suoi
pensieri.»
Note:
Ecco a voi il secondo capitolo!
Non ho molto da dirvi se non
che spero abbiate colto tutte le analogie con il capitolo precedente e
tutte le contraddizioni presenti in questo.
Un grande grazie a chi ha
recensito o aggiunto questa storia tra le preferite/seguite/da
ricordare. Siete meravigliosi.
Vi ricordo che questo fine
settimana io e ManuKaikan pubblicheremo il nuovo capitolo di "Do you
remember the time?" e vi lascio i miei account: Facebook, Twitter, Ask.
A presto!
- BB
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