NOTE
DELL'AUTRICE: Questa canzone mi è parsa adatta al capitolo,
soprattutto riguardo il titolo “The Other World”;
buon ascolto e
buona lettura :) http://www.youtube.com/watch?v=4Nzq4UySA2Y
Dedicato
a tutti voi, per scusarmi del ritardo.
CAPITOLO DUE
La colonna di nani avanzava
ordinatamente e in silenzio
da lunghe ore, ormai; il sole aveva già iniziato la sua
discesa
verso l'orizzonte, pennellando il cielo di colori vivaci e caldi,
meravigliosamente roventi. Quasi tutti i membri della Compagnia
prestarono scarsa attenzione a quel meraviglioso fenomeno, tranne il
giovane Ori: cercava di annotarsi mentalmente le macchie di colore
rossastre, aranciate e violacee decidendo di voler inserire quel
particolare suggestivo nel suo piccolo diario, pronto per essere
riempito con pagine e pagine riguardanti la nuova avventura. Con una
stretta al cuore ricordò che non avrebbe più
menzionato Fili e Kili
raccontando del loro cacciarsi perennemente in guai più
grandi – e
forzuti - di loro. Sospirò gravemente senza accorgersi
dell'occhiata
curiosa lanciatagli da Dori e puntò lo sguardo verso la
testa della
fila, trovando immediatamente la figura di spalle del Re sotto la
Montagna. Non si era voltato nemmeno una volta com'era solito fare
abitualmente preferendo concentrarsi sui contorni indistinti degli
Ered Mithrin, via via meglio delineati.
Si agitò sulla
sella sentendosi stanco e dolorante, ed
emise un breve gemito; si domandò per quanto tempo avrebbero
continuato la marcia ma dedusse dovesse mancare poco, dato che il
sole era praticamente tramontato. Come in risposta alle sue domande,
Thorin tirò le briglie del pony fulvo facendolo girare
leggermente.
<< Ci
accamperemo qui per la notte! >>
annunciò tonante.
La lunga colonna si
fermò, e Ori poté udire diversi
sbuffi alle sue spalle; non indagò se i soldati fossero
felici o
meno di quella sosta, ma di una cosa era profondamente sicuro: era
impensabile procedere con l'oscurità imminente.
Thorin smontò dalla
cavalcatura e gli altri lo
imitarono, lieti di potersi sgranchire le gambe intorpidite; il
giovane scrivano faticò un poco nel ritrovare l'equilibrio
ma dopo
una manciata di minuti tornarono come nuove.
<< Ah, quanto
desidererei un bagno caldo e
rilassante! >> piagnucolò Dori, asciugandosi
il sottile velo
di sudore sulla fronte.
Se sperava di trovare manforte
sarebbe rimasto deluso,
giacché non era dello stesso avviso << Siamo
partiti solo
stamattina e già ne senti il bisogno? >>.
<< Tu non puoi
capire >> disse l'altro, ben
convinto << Voi giovani non ne sentite mai la
necessità >>.
<< Di cosa?
>> si intromise Bofur, gioviale
come sempre a dispetto della stanchezza. Aveva ancora le briglie del
pony strette tra le mani, e non vedeva l'ora di potersi finalmente
stendere tra l'erba alta con uno stelo giallastro tra i denti e il
colbacco calato sugli occhi.
<< Stavamo
parlando di un bagno caldo. Il genere
di cose che servirebbero adesso! >> riprese Dori, alzando
gli
occhi al cielo come se potesse trovarlo lassù.
Il
giocattolaio lo guardò compassionevole per poi stringersi le
spalle
<< Bé, proprio adesso
no, posso resistere un altro giorno. Siamo fortunati che il viaggio
finirà presto, quindi su con la vita, Dori! Potrai lavarti
domani a
questa ora >>.
Il
nano borbottò qualcosa che assomigliava vagamente a <<
Giovani! >>
e Bofur lo ringraziò per il complimento allontanandosi per
portare i
pony con gli altri, legati a vari alberi.
Una volta assicuratosi fossero
sistemati per bene corse
dal fratello e dai suoi aiutanti, già intenti a raccattare
il
necessario per la cena frugale.
La maggior parte dei soldati
era impegnata ad erigere
delle tende mentre i restanti, per ordine di Thorin, erano stati
mandati in avanscoperta alla ricerca di possibili minacce.
<< Due ore fa
abbiamo oltrepassato i confini di
Erebor. Siamo totalmente esposti a qualsiasi nemico >>
decretò
il Re con voce cupa, muovendo gli occhi azzurri lungo il paesaggio
poco rassicurante.
Anche Bofur si
affrettò a dare una rapida occhiata
attorno, giusto per precauzione << Le Terre Selvagge
sembrano
più inospitali, qui >>.
Dwalin, pochi passi
più in là, sentì ed annuì
<<
E lo saranno ancora di più verso la meta >>.
<< Non mi ero
mai avventurato da queste parti >>.
<< E' una
novità per tutti >> disse calmo
Gloin, allontanando la pipa dalle labbra << E non vedo
perché
preoccuparsi adesso. È quasi ora di cena >>
concluse, come a
voler porre fine alla questione col solo pensiero del cibo.
Ma Bofur non intendeva
demordere << Sulle mappe ho
notato che troveremo anche una Brughiera, più avanti
>>.
Fu sempre Dwalin a
rispondergli << Al centro della
catena montuosa, già >>.
<< Capisco
>>.
<< Se non ti
conoscessi abbastanza direi che sei
spaventato, amico >> lo canzonò Nori,
sistemandosi meglio con
la schiena addossata ad un masso per metà ricoperto di
muschio.
<<
Vedi, amico,
è
piuttosto normale >> lo rimbeccò, facendogli
il verso <<
soprattutto se parti per una battaglia verso un luogo sconosciuto non
sapendo se
e come
tornerai a casa >>.
L'istinto lo portò
a girarsi verso sud, dove in una
qualunque giornata di sole si sarebbe potuta scorgere la massiccia
linea della Montagna Solitaria e gli altri, loro malgrado, si
ritrovarono a seguirlo condividendone in parte i pensieri e timori.
Dopo la recente Battaglia dei
Cinque Eserciti era più
che naturale aver paura del futuro, perciò nessuno se la
sentì di
biasimare il solito scherzoso giocattolaio.
Chi avrebbe potuto
rassicurarli sulla buona riuscita
dell'impresa e sul rientro nella propria terra? In fondo, bastava
così poco per morire...
Fece per aggiungere altro
però venne interrotto da un
soldato, venuto ad informarli che l'accampamento era stato montato;
Thorin lo congedò con un cenno del capo e diede loro le
spalle,
perdendosi in chissà quali riflessioni. La Compagnia
scambiò una
lunga occhiata preoccupata mentre il silenzio aleggiava, carico di
parole che non sarebbero state pronunciate poiché erano
guerrieri e
nani rudi. O troppo intimiditi e giovani.
Perciò, lasciarono
che il chiacchiericcio dei soldati e
il sibilare del vento riempisse quell'opprimente vuoto, e a stento
udirono i passi di Bombur finché la sua voce non li
destò del
tutto.
<< La cena
è pronta! >> esclamò allegro,
cambiando espressione dopo averli visti in volto; si
avvicinò al
fratello e gli strattonò la manica della giacca marrone,
curioso <<
Che è successo? >> sussurrò,
scoccando qualche rapida
occhiata agli altri, che sfilarono loro accanto.
Bofur scosse la testa
amareggiato, ma tentò comunque di
mostrarsi sorridente << Nulla, Bombur. Forza, andiamo, o
non ci
lasceranno nulla! >>.
<< Oh, non devi
temere, ho già riempito le nostre
ciotole! >>.
L'altro lasciò che
l'ilarità scacciasse la tristezza
<< Te l'ho mai detto che, quando vuoi, sei un vero genio?
>>
scherzò, tirandogli la barba intrecciata.
<< Mi stai dando
dello stupido? >>.
<< No no
>>.
<< Ehi, stupido
a chi? Ci sarai tu! >>.
Avevano raggiunto gli altri
che, con un'alzata di occhi
verso il cielo, si erano già preparati a sorbirsi il loro
infantile
battibecco; Thorin tentava di mantenere una sorta di calma, ma i
nervi a fior di pelle causati dall'intera vicenda minacciavano di
fargli perdere il lume della ragione, specie nel sentirli berciare.
Si era giusto ritrovato ad aprire bocca per una sfuriata quando i
fratelli smisero per conto loro, dopo che il buon Bofur si era arreso
battendo una manata amichevole sulla schiena del fratello.
La cena si consumò
senza ulteriori intoppi e il momento
di ritirarsi giunse rapidamente; Dwalin rimase a sovrintendere i
turni di guardia dei soldati, disposti a coppie lungo i lati del
semplice quadrato formato dalle tende. Pochissimi bracieri
illuminavano il paesaggio brullo e molte discussioni si erano
sollevate in proposito, ma Thorin era risultato irremovibile:
chiunque avrebbe notato una marcia di quattrocento nani, e solo gli
sciocchi che cercavano di crogiolarsi in una chimera di instabile
sicurezza potevano permettersi il lusso di credere di passare
inosservati. Loro non lo erano di certo, quindi dovevano fare i conti
con quella realtà: molto probabilmente gli orchi li avevano
già
avvistati e, forse, li stavano seguendo o accerchiando. Era inutile
nascondersi. Certo, l'accortezza era sempre presente, ma nulla di
più.
Si era trovato immediatamente
d'accordo con questa
logica, non aveva obiettato. Anzi, se fosse stato per lui avrebbe
raccolto un manipolo di nani per correre a stanare quei maledetti
prima che loro potessero anche solo pensare all'idea! Invece l'aveva
scartata per la troppa avventatezza, oltre al fatto che Thorin non
sarebbe stato d'accordo; e se avesse acconsentito si sarebbe gettato
a capofitto senza pensarci due volte, incurante della sua vita.
In fondo Dwalin non aveva
cuore a proporre quel piano.
Era già abbastanza penoso – oltre che frustrante -
vedere il
proprio amico e fratello di armi in quello stato senza riuscire a far
nulla. Servirgli la morte su un piatto d'argento era assolutamente
disgustoso.
Salutò con un cenno
un soldato che conosceva bene
poiché figlio di un carpentiere di Erebor, e si
ritrovò a sbuffare
scocciato quando notò un'ombra irrequieta che camminava
nella tenda
del Re. Diresse i passi verso di essa e, dopo essersi annunciato,
entrò quasi con impeto scorgendo l'inconfondibile stazza di
Thorin,
con le mani intrecciate dietro la schiena.
<< Potresti
anche accendere una candela >>
borbottò, avviandosi verso la lanterna.
<< No, lascia
perdere. Preferisco così >>.
Il guerriero si
immobilizzò e si girò, rivolgendogli
uno sguardo truce che non venne colto dall'altro, anche se gli parve
d'intuirlo.
<<
Così non va bene, Thorin. Devi provare a
dormire >>.
Un
verso sprezzante seguì la sua frase, la voce tagliente e
roca del
sovrano giunse veloce << Non ricordo di essere ai tuoi
ordini. Decido io cosa è meglio per me >>.
Non si fece intimorire e, per
dimostrarlo, incrociò le
grosse braccia piene di tatuaggi e cicatrici al petto <<
Non mi
pare siano buone decisioni >>.
<< Attento,
Dwalin. Ti stai addentrando in un
terreno rischioso >> lo ammonì, minaccioso e
autoritario. Non
avrebbe tollerato oltre, ed era bene che l'amico ne venisse a
conoscenza.
<< Questo lo so
>> le labbra si piegarono in
un sorrisetto ironico che non riuscì a vedere
finché non udì il
tono con cui parlò << La Brughiera Arida
è un luogo davvero
pericoloso >>.
Thorin assottigliò
lo sguardo azzurro lasciando che una
tempesta di collera li adombrasse e riempisse il suo corpo facendolo
scattare in avanti di un passo << Non prenderti gioco di
me! Se
sei entrato per i tuoi commenti sarcastici puoi togliere il disturbo
e tornare al lavoro! >> sbraitò.
<< Stavo solo...
>>.
<< Non mi
interessa, vattene >>.
Dwalin sbuffò,
piuttosto contrariato << Thorin...
>>.
Nemmeno stavolta ebbe il tempo
di terminare << Non
hai sentito ciò che ho detto? >> l'interruppe,
secco.
Il guerriero strinse
maggiormente le braccia e cercò di
scorgere il volto teso e furibondo dell'amico, ma questi gli era
celato. Un silenzio greve piombò su di loro, opprimente come
l'oscurità che li circondava; fu questo a spingerlo ad
eseguire la
rabbiosa richiesta e, a malincuore, comandò ai piedi di
muoversi.
L'andatura rispecchiava appieno il suo animo poiché era
lenta e
pesante esattamente come percepiva il cuore, gravato da quei
sentimenti che nulla avevano in comune con la sincera amicizia che da
sempre aveva accompagnato la crescita di entrambi.
Una parte di sé gli
impose di disubbidire e lui, senza
riflettere, l'assecondò; quando lo affiancò,
trovandosi ad alcuni
centimetri dalla sua spalla sinistra, si fermò.
<< E' difficile
anche per tutti noi >>
sussurrò, cercando di trasmettergli quanto fosse vero.
Il Re serrò la
mascella e inspirò profondamente per
sopire la rabbia << Fuori di qui. Ora >>
scandì bene,
trapassandolo con sguardo gelido.
Dwalin dovette mordersi la
lingua per non rispondergli
sgarbatamente, evitando l'ennesimo diverbio. Già era
complicato
esprimergli i pensieri al riguardo, in più Thorin si
impegnava
particolarmente ad evitare qualsiasi confronto rimarcando la sua
autorità con ordini ai quali doveva sottostare. La
situazione non
era delle più rosee, eppure si ritrovava a sperare sempre in
un
qualche cambiamento che, forse grazie a quella missione, sarebbe
avvenuto.
Una volta che il lembo della
tenda tornò al proprio
posto e l'aria umida della notte gli sfiorò il viso stanco,
si
permise di sospirare impotente per l'ennesima volta; maledì
l'assenza di Balin, anche se, in fin dei conti, nulla sarebbe
cambiato. Nemmeno il fratello maggiore era riuscito a risollevare lo
spirito dolorosamente ferito e ingiustamente colpevole di Thorin, e
Mahal solo sapeva quanto questo lo scoraggiasse.
Scosse brevemente la testa per
recuperare lucidità e,
senza voltarsi, tornò alle proprie mansioni, certo solo di
una cosa:
quella notte difficilmente avrebbe chiuso occhio.
Ripartirono
non appena spuntò l'alba, dopo aver consumato una ben misera
colazione; inutile dire che il vecchio Bombur si lamentò
immediatamente e continuò per un bel pezzo fin quando non
intervenne
un irascibile Bofur, zittendolo malamente. Gli amici si scoccarono
occhiate stupite, dato che era un avvenimento a dir poco epocale: mai
avevano visto il giocattolaio perdere le staffe così
rapidamente.
Anzi, mai
l'avevano
visto perdere la pazienza! Attribuirono la colpa alla terra
straniera, sempre più spoglia e brulla; man mano che le ore
si
susseguivano, infatti, il suolo diveniva più secco, l'erba
sempre
più rada, le Montagne Grigie più vicine. Non
erano lontanamente
paragonabili alla fierezza della Montagna Solitaria o all'imponenza
delle Montagne Nebbiose, ed erano meno inquietanti ma non per questo
meno pericolose, poiché da qualche parte un esercito di
Orchi era
pronto a replicare l'attacco dell'anno precedente. Thorin fece
raddoppiare la sorveglianza e spedì un numero maggiore di
sentinelle, ma tutte riferirono che non vi era ombra di nemici;
ciò
aumentò l'irrequietezza nel gruppo e l'impazienza di
arrivare:
procedettero spediti senza abbandonare ogni prudenza però
nulla
mutò, tranne il paesaggio attorno a loro.
Le montagne ora erano un
gruppo possente, si stagliavano
per chilometri; pur non vedendola perché nascosta, i nani
sapevano
che dietro quella fila ve n'era un'altra, separata dalla temibile
Brughiera Arida. Più di una volta le lamentele dei compagni
riguardo
quel luogo si erano susseguite nel corso del pomeriggio terso e
afoso, rinfrescato solo sporadicamente da un alito di vento, ed erano
partite le immancabili scommesse: chi puntava sul doverla
attraversare tutta e chi, al contrario, affermava che si sarebbero
fermati ben prima di perdere il senno tra la terra arida e polverosa.
Tutti però erano d'accordo su un fatto: non conoscevano
l'esatta
ubicazione dell'entrata del Regno. Non era stata menzionata nella
lettera, né ne erano giunte altre. In sostanza procedevano
alla
cieca. E questo divenne ulteriore motivo di malumore per Thorin
Scudodiquercia, che si ritrovò a maledire per l'ennesima
volta il
momento in cui aveva accettato la richiesta d'aiuto. Non poteva certo
rischiare la vita dei suoi uomini marciando avanti e indietro senza
meta, per Durin! Ed era inammissibile perlustrare ogni minimo
anfratto o crepa lungo i versanti alla ricerca di una porta nascosta;
non intendeva ripetere alcuna esperienza passata.
Trattenne l'ennesimo ringhio
frustrato mentre numerosi
pensieri martellavano con insistenza nella sua testa, specie nelle
tempie pulsanti e doloranti. Non riusciva a darsi pace, soprattutto
se ripensava allo scontro con Dwalin; una piccola –
minuscola, in
realtà – parte dell'anima lo rimproverava
duramente, dato che
l'aveva aggredito senza motivo. La restante, invece, tentava di non
fargli pesare tale rimorso e lui, con vergogna, si accorgeva di
assecondarla; non voleva ammettere d'essere cambiato ma era la dura
realtà con cui conviveva da più di un anno a
questa parte.
Si
massaggiò la radice del naso e chiuse brevemente gli occhi,
cercando
un po' di riposo che ultimamente faticava a trovare. La bolla di
pensieri lo isolò dal resto: dal calpestio dei soldati a
quello dei
pony, dal vento che aveva iniziato a sibilare tra le
asperità della
roccia e da quel rumore strano,
come
di uno stridere di lama su pietra...
Riaprì gli occhi di
scatto e fece per urlare un
avvertimento quando una freccia sibilò pericolosamente
accanto
all'orecchio destro, talmente vicina che udì lo spostamento
d'aria;
caracollò giù dalla sella e sguainò
Orcrist, indietreggiando
finché non si ricongiunse con i compagni, scesi a loro volta
e
pronti a dar battaglia agli orchi.
<< Dove diamine
sono? >> domandò Dwalin a
voce piuttosto elevata, chiaro invito a mostrarsi.
<< E' arrivata
da sinistra, circa lassù >>
l'informò Thorin, indicandogli il punto col capo.
Nel frattempo i soldati si
erano schierati, alcuni
avevano levato gli scudi sopra le teste per evitare di essere colpiti
e si erano posizionati davanti alla Compagnia, a loro protezione. Con
grande stupore nessun'altra freccia lasciò il suo arco,
né si
mostrò qualche orrido orco; rimasero immobili a scrutare
dovunque,
non scorgendo nulla. Spazientiti, iniziarono a muoversi e alcuni
abbassarono le armi, ma la voce potente e autoritaria di Thorin li
fermò.
<< Non abbassate
la guardia! >> si azzardò
a guardarsi indietro, verso i soldati << Sono ancora qui
>>.
Ebbe
appena il tempo di terminare la frase che dei ringhi gutturali li
fecero scattare allarmati, i muscoli pronti e gli occhi vigili alla
ricerca della fonte: ed eccoli, tre Mannari comparvero alle loro
spalle, ringhiando e sbavando dalle fauci protese in avanti, pronti
ad azzannare le loro prede. Il sovrano dovette ricacciare un ordine
formatosi sulla labbra, perché non sarebbe stato eseguito:
aveva
quasi urlato a Kili di scoccare una freccia. Il cuore si strinse in
una lieve eppure dolorante morsa al ricordo del nipote morto e del
fratello maggiore ma non ebbe il tempo di pensarci a lungo, dato che
un altro latrato provenne da davanti. Dovette girarsi di scatto con
Orcrist saldamente in pugno, pronto ad affrontarli; ma ve n'era solo
uno e, ad un'occhiata più attenta, notò che non
era esattamente
un
Mannaro: possedeva più l'aspetto di un lupo, anche se la
stazza era
decisamente più grande del normale. Scosse la testa, non era
il
momento opportuno per pensarci; attese l'occasione giusta
però la
belva non avanzò, limitandosi solo a ruggire famelica.
<< Thorin
>> lo chiamò piano Gloin,
stringendo quasi convulsamente il manico della sua ascia
<< che
facciamo? >>.
<<
Perché non si muovono? >> proruppe
Dwalin, spazientito così com'era il sovrano.
<< Non saprei,
ma non mi pare il caso di aizzarli!
>> rispose Dori, nervoso.
<< Sembrano...
in attesa >> mormorò il
giovane Ori, abbassando di poco il braccio che reggeva la fionda.
<< Sicuro!
Stanno aspettando il momento adatto per
mangiarci! >> disse Bofur, sbilanciandosi un poco verso
destra;
la creatura che aveva di fronte abbaiò, e grosse gocce di
saliva
scesero a terra. Il giocattolaio tornò nella posizione
iniziale
senza pensarci due volte, temendo un balzo improvviso.
<< Silenzio!
>> intimò Thorin, rabbioso;
tentava febbrilmente di trovare una soluzione a quella situazione di
stallo, non riuscendoci col chiasso provocato dagli altri.
Tutti attendevano un suo
ordine, un cenno, e non aveva
intenzione di deluderli; ma d'altra parte aveva anche notato il
comportamento piuttosto sospetto delle bestie: non si decidevano ad
attaccare, chiaro segno che non appartenevano ad un branco selvatico,
o le lame avrebbero già assaggiato artigli e denti aguzzi.
No, erano
parte di un gruppo cresciuto in cattività, e chiunque li
aveva
addestrati non voleva nani morti. Per quale motivo?
Irritato ogni oltre misura
mandò alla malora qualsiasi
prudenza << Fatevi avanti, chiunque siate! Solo i codardi
osano
nascondersi! >> gridò a pieno polmoni, facendo
risuonare l'eco
tra la roccia dura e scura della montagna al loro fianco sinistro.
I lupi brontolarono feroci,
schioccando le fauci. Alcuni
mossero passi in avanti, altri indietro; erano terribilmente agitati,
frementi e desiderosi di colpire, lacerare, sbranare, mordere. I nani
percepirono chiaramente la tensione raggiungere un picco vertiginoso,
i cuori parvero sfondare la gabbia toracica e battere rumorosi e
rapidi, ma i loro volti mostrarono cocciuta determinazione unita allo
spirito battagliero tipico della loro razza. Li avrebbero affrontati
senza paura, persino a mani nude!
In mezzo a quella confusione
non si accorsero dei nuovi
arrivati finché una nuova voce tonante e bassa non li
sorprese più
di quanto potessero ammettere.
<<
TIKHUZH!
>>.
Alla parola, pronunciata in
una familiare però ormai
pressoché dimenticata lingua aspra, lo sguardo di Thorin
saettò
incredulo verso l'alto; sulla parete, con i piedi ben saldi su uno
stretto passaggio roccioso, stavano delle tozze figure con gli archi
tesi, alcune con asce bipenni o balestre.
Cogliendo un movimento si
affrettò ad abbassare lo
sguardo, notando come le bestie si calmarono visibilmente all'ordine;
ridusse gli occhi a fessure e li riportò sospettoso verso i
nani –
perché di essi si trattava – ancora tesi e pronti
a scoccare dardi
e frecce al loro indirizzo.
<<
Chi
siete? >>
domandò colui che aveva parlato poco prima, dal volto
anziano
percorso da vecchie cicatrici, segno che in passato era stato un
valoroso guerriero; Thorin immaginò dovesse esserlo anche
adesso, e
che ricoprisse un ruolo di spicco all'interno della cerchia del re.
Comprese
che si sarebbe spazientito presto perciò fu lesto a
rispondergli in
Khuzdul, sperando di ricordarlo sufficientemente bene << Parli
al cospetto di Thorin figlio di Thrain figlio di Thror, Re sotto la
Montagna >>.
Il tono fiero e il portamento
regale furono ulteriori
prove per il nano: dopo un lungo esame alla sua figura e all'esercito
alle sue spalle, con un cenno della mano destra obbligò i
compagni a
rinfoderare le armi; anche Thorin fece altrettanto, senza mai
staccare gli occhi di dosso dai lupi, o dai nani sullo sperone
roccioso.
Lo straniero si rivolse a due
sottoposti che scomparvero
ben presto alla sua vista per ricomparire dopo pochi minuti dietro
alle belve: con un sonoro fischio le richiamarono e quelle,
obbedienti, girarono le spalle e andarono verso di loro; quelle alla
coda della fila sorpassarono i nani di Erebor senza degnarli di
un'occhiata e raggiunsero i compagni, mordendoli giocosi sul collo
ricoperto di pelo.
<<
Ubûnat,
khahith
>> disse uno dei due, un giovane nano dai lunghi capelli
castani, accennando un sorrisetto paterno verso i lupi;
batté una
pacca sul fianco di uno, alto e grosso quanto un pony e poi
tornò
serio stringendo distrattamente il manico dell'arma.
Dwalin si portò
alla destra di Thorin e mimò lo stesso
gesto sul manico di una delle sue due asce, lanciandogli un
sorrisetto sarcastico quando lo vide corrugare le folte sopracciglia
scure.
Il secondo nano, un soldato
nel fiore degli anni, si
issò sulla groppa di un lupo dal pelo grigio e bianco e gli
diede un
ordine; la bestia mosse il capo da una parte all'altra e
schioccò le
fauci mettendosi a correre subito dopo sparendo presto alla loro
vista.
<< Chi siete
voi, e perché intralciate il nostro
cammino? >> domandò imperioso Thorin nella
Lingua Corrente,
prendendo il comando della situazione; era rimasto in silenzio anche
troppo a lungo, e pretendeva delle risposte.
Il capo di quello strambo
gruppo di nani decise
finalmente di scendere e mostrarsi completamente; era più
basso e
tozzo di Thorin anche se il volto era austero quasi quanto il suo:
numerose rughe costellavano gli angoli degli occhi scuri e della
bocca severa, i capelli erano ingrigiti da tempo, le spalle erano
ancora larghe e salde come la roccia frustata dal vento fresco ai
piedi delle montagne. Non indossava abiti di gran foggia, il che
poteva far supporre fosse un nano vagabondo e quelli i suoi compagni
di ventura, ma poteva significare il contrario: sotto quella maschera
dismessa poteva benissimo nascondersi un nobile. O un Re.
<< Parlate in
fretta, poiché questo luogo non è
sicuro >> incalzò Thorin, gettando un rapido
sguardo ai
soldati e ai nuovi venuti.
Il nano lo osservò
attentamente per alcuni secondi,
dopodiché gli rispose in una Lingua Corrente piuttosto
incerta e
stentata, tipica di chi non è avvezzo a parlarla
<< Non vi è
da temere. I nostri confini sono sicuri >>.
<<
I vostri
confini?
>> ripeté Dwalin, parlando per la prima volta
da quella sorta
d'imboscata.
Lo straniero lo
squadrò da capo a piedi, e annuì <<
Siete nel Regno di Ered Mithrin, ora. Seguitemi, vi condurrò
a
palazzo >>.
<< Aspetta
>> lo fermò Thorin, prima che
gli voltasse le spalle << Ti ho detto il mio nome e sai
chi è
la mia gente, però non hai intenzione di appurarlo,
né ti sei
presentato. Dove si cela l'inganno? >> chiese,
già sul chi va
là e pronto a dar battaglia grazie all'esercito che stava
alle sue
spalle, in trepidante attesa.
Il
nano alzò un lato della bocca << E' vero, non
mi sono
presentato: Magan, Seconda Guardia del Re. Al vostro servizio
>>
aggiunse come di consueto, senza però inchinarsi
<< E ho avuto
il piacere
di
combattere al vostro fianco, sire >> concluse, trasudando
disprezzo da ogni parola.
Thorin strinse rabbiosamente
le mascelle e si chiese
come ciò fosse stato possibile, dal momento che solo
l'esercito di
Dain accorse in suo aiuto. Un altro mistero. Altre domande.
<< Se non vi
sono altre questioni... >>.
<< No. Andiamo
>>.
Magan
si voltò verso i suoi soldati ripetendo l'ordine in Khuzdul
<<
Ganag!
>>.
Immediatamente
gli si affiancò un grosso lupo dal pelo nero e si
abbassò,
permettendogli di montare in groppa senza alcuna difficoltà;
Thorin
dovette adeguarsi mentre il senso di non essere del tutto fuori
pericolo minacciava di fargli perdere la calma per lasciare il posto
all'irascibilità e al dubbio. Possibile fossero davvero
quei
nani che dopo secoli di assoluto silenzio si erano abbassati a
chiedere un aiuto esterno a causa delle circostanze? Stava nuovamente
mettendo a repentaglio la vita dei suoi amici e compagni, e dei suoi
soldati? Era una trappola architettata a loro discapito? Doveva
scoprirlo. Ed era necessario rischiare.
Sbuffò spazientito
quando ricordò il numero nettamente
superiore rispetto a quei nani dall'antica parlata: erano
quattrocento contro una decina. Di che doveva preoccuparsi? Con un
paio di poderosi fendenti sarebbe crollato anche quel Magan, riverso
in una pozza di sangue rosso brillante. Certo, sempre non ce ne
fossero altrettante centinaia nascosti tra le rocce, magari in
combutta con un numero altrettanto corposo di luridi orchi.
Questi furono i suoi costanti
pensieri mentre rimontava
in sella al pony ed alzava il braccio destro a catturare l'attenzione
delle file di soldati, e non lo abbandonarono mai, nemmeno quando il
fedele Dwalin lo affiancò.
<< Che te ne
pare? >> gli domandò il
guerriero a voce bassa, lanciando occhiate intimidatorie verso il
branco di lupi e rispettivi cavalieri.
<< Ci sono molte
faccende che non mi convincono
>>.
<<
Già, anche a me. Speriamo di ottenere qualche
informazione in più una volta raggiunto il palazzo reale
>>.
Thorin annuì,
stringendo le redini della cavalcatura
tra le dita appena tremanti di rabbia << Speriamo non sia
tutta
una messinscena >> sibilò, gli occhi azzurri
sempre più
furenti.
Gli occhi di Dwalin saettarono
un momento sul volto
scuro dell'amico e sovrano, ma si mostrò più che
d'accordo poiché
i suoi erano gli stessi sospetti; rimpianse l'assenza di Balin,
giacché il fratello maggiore era sempre stato portato per la
diplomazia. Ed aveva un fiuto particolare nel riconoscere una
menzogna, specialmente se ben nascosta come forse in quel caso.
<< Come sappiamo
che non ci tradirà? >>.
Thorin girò la
testa verso l'amico, non volendo
mentirgli << Non lo sappiamo >>.
Sorpassarono
le pendici delle Montagne Grigie e il panorama cambiò
notevolmente
lasciandoli stupiti e in un certo senso meravigliati. I loro occhi
non avevano mai veduto una tale terra martoriata
ed essi compresero il perché del nome: le belle vallate tra
i monti,
un tempo rigogliose, ora erano aride
e
secche, nulla vi cresceva. Profonde crepe segnavano il terreno e
numerosi sbuffi di polvere e granelli si alzarono in aria quando
cavalli, lupi e nani vi camminarono. Davanti e dietro di loro la
catena montuosa sembrava avvolgerli in un enorme semicerchio di dura
pietra grigia, fredda e inospitale. Morta
così come si erano pensati i suoi abitanti per centinaia di
anni.
Cavalcarono ancora, avanzando
finché non raggiunsero le
pendici delle altre grandi montagne, le cui cime erano ora nascoste
ai loro occhi; il vento sferzava i mantelli facendoli ondeggiare, ed
era fresco come se l'estate lassù non fosse sopraggiunta a
riscaldare ogni cosa. Ma le grandi ombre massicce lasciavano la
Brughiera in una sorta di penombra perenne, ed il sole difficilmente
trovava il suo spazio. Fu così – tremando
leggermente ed
avvolgendosi nei rispettivi mantelli che, per fortuna, avevano
portato appresso – che la compagnia di Erebor
seguì le loro guide
finché non si fermarono ai piedi di una parete rocciosa
difficile da
scalare; non vi erano appigli, né un accenno di sentiero.
Magan fece voltare il suo
lupo, ed accennò ai pony <<
Lasciateli qui. Non possono proseguire lungo il sentiero
>>.
<< Di quale
sentiero stai parlando? >>
domandò scettico Thorin, assottigliando gli occhi dato che
non ne
scorgeva alcuno.
Il
soldato puntò il dito davanti a sé e il Re sotto
la Montagna ne
seguì il percorso vedendo che effettivamente qualcosa
c'era,
seppur davvero poco visibile: infatti, nascosto ad occhi attenti, vi
era un percorso appena accennato a ridosso del fianco di un rilievo.
<< E dove
condurrai gli animali? >>.
<<
C'è un passo tra queste due montagne che si
collega ai livelli inferiori del Regno. Di solito vi portiamo i lupi
>>.
Thorin ponderò
velocemente la proposta, vagliando i
vari pro e contro; purtroppo per loro non vi erano alternative,
dovevano seguirli. Strinse brevemente l'elsa di Orcrist cercando di
riprendere un minimo di certezza e sospirò a fondo prima di
scendere
dal pony. Subito la Compagnia lo imitò e si portò
attorno al suo
sovrano dopo aver slegato i fagotti; la tensione era palpabile,
ciascuno attendeva un qualche segno, una mossa di entrambe le parti
per capire come dovevano comportarsi. In special modo, gli sguardi di
tutti erano concentrati su Thorin Scudodiquercia e Magan, i quali si
scrutavano guardinghi e diffidenti, tutt'altro che cordiali.
Dopo momenti di interminabili
silenzio la voce bassa e
profonda di Thorin ruppe il silenzio << I soldati
rimarranno
qui. Facci strada >> ordinò.
<< Thorin!
>> esclamò Oin, allarmato; gli
si avvicinò, agguantandolo per un braccio <<
Non possiamo! E
se fosse un trucco? >>.
<<
Già >> intervenne Dwalin, guardandolo di
sbieco << io non mi fido, lo sai bene >>.
<< No
>> li zittì il sovrano, alzando una
mano << Porteremo una decina di soldati, nulla di
più; i
restanti seguiranno le cavalcature, e basteremo >>.
Gli altri annuirono
soddisfatti e vennero date le
disposizioni adatte; in poco tempo furono scelti i soldati e
iniziarono così ad inerpicarsi verso l'alto tenendosi il
più vicino
possibile alla parete. Gli stranieri si muovevano con grande
sicurezza mentre i nani di Erebor cercarono di non mettere un piede
in fallo. Salirono a lungo e aggirarono l'intero versante fin quando
il sentiero non divenne uno spiazzo roccioso sufficientemente largo
dato dalla parete scavata e rientrante; una gigantesca porta li
attendeva, tanto imponente da togliere il fiato, su cui vi erano
incise rune naniche. Lì fuori li attendeva il nano che era
stato
mandato indietro da Magan; quando li scorse si precipitò dal
suo
comandante e gli parlò nella propria lingua facendo
sì che loro non
capissero alcunché. L'unico che riusciva a decifrare il
tutto era
Bifur, che iniziò a borbottare venendo immediatamente notato.
<< Un vero
peccato non conoscere il Khuzdul >>
bisbigliò Bofur, amareggiato << Potevamo
farcelo tradurre >>.
<< Non ce
n'è bisogno >> rispose Thorin a
denti stretti; si avvicinò a grandi e sicuri passi a Magan,
attirandone l'attenzione con voce autoritaria << Portami
dal
tuo sovrano, perché desidero conferire con lui. In fretta
>>
aggiunse, emanando un'aura tanto potente e che non ammetteva repliche
da far ammutolire i due.
Il soldato lo
guardò circospetto volgendosi poi verso
il superiore, chiedendogli spiegazioni con un'occhiata; egli protese
un braccio verso l'entrata ancora chiusa, mormorando un
<<
Seguitemi >> piuttosto secco.
La porta
scricchiolò e produsse un rumore roboante e
profondo quanto un potente tuono, quasi come un ruggito animalesco
che a Thorin ricordò per un assurdo momento quello di Smaug;
strinse
i pugni mentre seguiva la sagoma del nano all'interno della montagna,
e fu solo un caso se distolse la mente dai nefasti pensieri per
ammirare il lungo ed enorme corridoio dalle volte a crociera,
sostenute da imponenti pilastri lavorati in forme spigolose alla cui
base si trovavano nicchie con statue di pietra, probabilmente
antenati della famiglia reale. In alto, grandi lanterne dalle candele
quasi consumate e dal vetro impolverato illuminavano fiocamente il
luogo; i passi sulla pietra liscia e scura risuonavano e
rimbombavano, il silenzio era padrone. Percorsero il corridoio senza
incontrare anima viva, e ciò allarmò oltremodo la
Compagnia, poiché
non sapeva se pensare ad una trappola o meno; finalmente
però esso
lasciò il posto ad una finta porta a forma di arco a sesto
acuto e
al di là vi trovarono la sala regale: giganteschi arazzi
colorati
impreziosivano le pareti altrimenti fredde e spoglie, il fuoco dei
grossi bracieri accesi danzava in lingue rossastre ed aranciate
facendo scintillare il trono sopraelevato, posto quasi al termine
della stanza e arricchito d'intarsi d'oro. Ai suoi piedi vi erano dei
nani, posti in semicerchio e, su questo, stava seduta una figura dai
contorni indistinti; solo quando si avvicinarono riuscirono a
comprendere di chi poteva trattarsi e, con stupore, trattennero il
fiato. Thorin udì distintamente il suo migliore amico
sbuffare come
contrariato, ma non aveva certo il tempo di appurarne la causa, anche
se poteva intuirla.
Chi sedeva sul trono
parlò con voce limpida e chiara,
seppur guastata dalla difficoltà con cui si esprimeva nella
Lingua
Corrente << Non siete Dain, Signore dei Colli Ferrosi?
>>.
Thorin incontrò il
suo sguardo e alzò fieramente il
capo, muovendo due passi avanti << Siamo i Nani di
Erebor,
venuti a rispondere alla vostra richiesta di aiuto. Thorin
Scudodiquercia è il mio nome. Voi chi siete?
>>.
Gli
occhi nocciola si sgranarono appena ma rimasero freddi, le mascelle
si contrassero leggermente non appena capì chi si trovava al
suo
cospetto; le dita strinsero di poco i braccioli di pietra nera al
sentire la sfrontatezza nella voce del nuovo – eppure
indesiderato
- venuto. Non poteva crederci davvero, però sapeva che quel
nano non
mentiva perché non
era Dain.
Inghiottì con
difficoltà la bile che raschiava la
gola, e si accinse a parlare << La Regina di Ered Mithrin
>>.
CANTUCCINO
DELL'AUTRICE
Buonasera! Innanzitutto vorrei
scusarmi enormemente per
il ritardo con cui pubblico: so che vi avrò deluse e me ne
scuso
:'(. l'ispirazione se n'era andata e non sapete la rabbia nel
mettermi davanti al pc senza riuscire a scrivere nulla! Sono un
essere ignobile, e merito i peggio insulti :/ almeno spero possa
piacere questo secondo capitolo ^^, anche se non succede niente di
eclatante! Pazientate, dal prossimo dovrebbero iniziare i giochi veri
e propri ;)))
Ringrazio
le carissime Carmaux_95,
LadyDenebola, Eressea Manx, innamoratahobbit, Krystal91, LilyOok,
kenjina, Neryssa, lily75, Yavannah, MrsBalck90, pamagra, Lady of the
sea che
hanno speso tempo a recensire :))) che farei senza di voi???
Ringrazio coloro che hanno
inserito la storia tra le
Preferite, Seguite e Ricordate e grazie a chi legge soltanto :) :).
Inoltre vorrei ringraziare certe ragazze che col loro sostegno mi
hanno confortata, spronata ed aiutata ad andare avanti col capitolo:
SIETE FANTASTICHE e vi amo <3!
Un bacione grande, alla
prossimaaaaaa
Anna :*
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