Piccola nota iniziale:
Ecco a voi il mio primo tentativo (nevvero, ne ho una mezza (AU)
iniziata precedentemente nel computer) di E/R che, a stento,
può essere considerata una On - shot (scritta tutta per Marta
♥
), da collocarsi la notte prima della della rivolta (ma
penso si sarebbe capito, alla fine lol).
Ringrazio Meli
per la betatura. ♥
“Distrazione
di un Angelo”.
A
Marta, per aumentare i suoi deliri
nella speranza di una lunga amicizia.
♥
I
tuoi pensieri sono in ricci biondi: adagiati su
una testa in guerra, intrappolati tra due labbra serie, irrigidite dal
non sorridere ed allenate alla perseveranza, mentre proclamano e
rendono onore ad ideali d’altri tempi. Sono bloccati tra le
pieghe di una giacca rossa, incastonati tra i filamenti in cotone di
una bandiera tricolore; la stessa che il tuo angelo lascia
sventolare fieramente sopra il proprio capo, incurante della morte
dalla marcia veloce e del respiro gelido. Sospesi a
mezz’aria, vagano tra la sua predilezione e la tua
indifferenza, cibandosi di attimi, piccoli sguardi rubati e rimproveri
urlati a cui rispondere a tono; cosicché tu posa cibarti a
gran bocconi dell’irritazione mal celata colta a grandi sorsi
dai suoi occhi chiari.
“Dovresti sorridere di più,
Apollo,”
proclami, con un ghigno sulla faccia, mentre lasci scorrere del vino da
quattro soldi giù per la tua gola ed un retrogusto acido si
deposita sulla tua lingua. “Non lo sai che le rughe si
manifestano prima se continui con quella riga dritta?” e non
gli lasci il tempo di replicare, che hai già letto nei suoi
occhi l’insulto che vorrebbe dedicarti se solo avesse la
sfacciataggine di osare, con te, un po’ di più.
Per questo il tuo pollice segue lentamente quella linea
dritta, soffermandosi al centro quel tanto che basta
affinché l’altro schiuda la bocca
involontariamente e volti il capo perché va bene farti
osare, ma imbarazzarsi e mostrartelo è quasi come cedere.
Ghigni soddisfatto: hai smosso il tuo angelo e ti accontenti, lo fai
sempre, delle briciole che ti lascia; tutto quello che puoi fare ora
è bere ancora da quella bottiglia – depositarla
sul tavolo ed andare via da quella taverna ormai vuota (fatta eccezione
per lui).
La terra sembra girare in modo diverso stanotte
– e non puoi
neanche dare la colpa al vino acido da due soldi, ormai –
perché il tuo angelo ti insegue e ti chiama a gran voce
anche se ci impieghi un po’ a rendertene conto
perché “Ohoh, ho decisamente bevuto troppo
stanotte”.
Quando ti volti lui è lì,
illuminato fieramente
dalla luce della luna, e tiene dignitosamente la sua linea dritta
guardandoti negli occhi.
“Resta a casa domani,
Grantaire” ti dice e tu ridi,
perché sembra che dar ordini gli riesca così
particolarmente bene che non può far altro che aumentare
(quasi a dismisura) l’adorazione che gli proclami e che ti
spinge, ogni volta, a sfidarlo. Anche questa notte non puoi farne a
meno: ti inchini in modo brioso e sorridi soddisfatto di una vittoria
segretamente gradita.
“Non capisco” gli dici
“se non ti aggrada
che io muoia per ideali che non condivido o per te, mio unico Re.” Non
gli servirà replicare stavolta, perché le parole
sembrano essersi intrappolate tra corde vocali sempre pronte e tu sei
già lontano prima che se ne renda conto.
Il dì ha un alba strana quel giorno, e
sei quasi certo che
le nuvole cupe poco abbiano a che fare con l’aria irrequieta
che si respira, satura di aspettative e paura. La morte sembra aver
aumentato la cadenza della propria marcia; puoi quasi udirne i passi
strascicati ed il dolce richiamo mentre, malamente, ti lasci cadere su
di una sedia – la prima che ha incontrato il tuo cammino,
così distante dall’angelo seduto poco
più avanti, i ricci spettinati tra le mani e lo sguardo
basso.
“Stai forse vacillando,
Apollo?” non puoi far altro
che dire, beffarti di lui sino all’ultimo.
Sarà questa la vostra fine?
Sarà questa la tua
ultima immagine? E fra quei ricci spettinati che depositerai tutto il
tuo amore, per un’ultima volta, prima di abbandonarti al
dolce oblio? Avrai bisogno di più vino, di più
rammarico. Avrai bisogno di credere, ancora una volta, che è
tutto quello che vuoi. Si viene al mondo per una ragione, ma tu non ne
hai mai avuta una finché i tuoi occhi non hanno accarezzato,
febbrilmente, quella giacca rossa, decidendo di rendere quelle labbra
dritte la causa del tuo delirio.
Proprio in quel momento il tuo Angelo, il tuo
unico Re, alza la testa e
lascia comparire un parziale sorriso sarcastico sul proprio volto
scolpito; pare quasi una smorfia. “Ti avevo chiesto di
restare a casa, mi sembra” replica, senza neanche avere
l’accortezza di rimettere al proprio posto quei due ricci
ribelli – come se fossero loro, la cosa più
ribelle! – che mollemente gli ricadono sulla fronte.
“Perché,
Enjolras, cosa cambia il modo in cui muoio?”
“Sarai solo una distrazione per gli
altri, con i tuoi deliri da ubriacone.”
“Nasconderti dietro gli altri ti rende
forse più audace, mio Apollo?”
Segui i contorni del tavolo di legno con il
pollice, in attesa di una
risposta che non arriva. Hai quasi terminato la tua linea dritta quando
alzi il capo e lui ti guarda, in silenzio, scuotendo la testa.
“Lasciami morire
accanto a chi amo.”
“Sei una distrazione” ti
ripete facendoti ridere.
Hai vissuto la tua intera vita distraendo,
traviando le anime e
godendo, sentendoti quasi fiero di essere arrivato a tanto: sei ormai
divenuto la distrazione di un angelo.
“Allor
pare che io sia la distrazione di un angelo, mio Re, e mai morte mi fu
più cara”.
E fai il pieno di quegli occhi chiari stanotte,
lasciando per
un’ultima volta che i tuoi pensieri vaghino e si riposino,
ormai stanchi, tra quei ricci biondi spettinati, cullandosi tra le
pieghe della sua giacca rossa.
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