Life’s like a Comedy.
La vita è come una commedia.
Come uno sceneggiato di cattivo gusto in cui ogni personaggio deve
recitare una parte,in cui basta abbottonarsi gli abiti di scena ed
entrare sul palco,a fingere di essere chi non si è.
Bill Kaulitz se ne rese conto alla veneranda età di diciotto
anni,vissuti portandosi appresso delle deliziose e spesse fette di
pancetta coppata sugli occhi.
Li aveva passati a recitare un copione,a mettersi la maschera da
perfetta diva,atteggiandosi davanti alle mille luci dei flash impazziti.
Li aveva passati a guardare suo fratello cucirsi addosso la figura da
navigato playboy,portandosi in camera una ragazza diversa ogni sera.
Che fosse bruna.
Bionda.
Rossa.
Riccia o liscia.
Naturale o tinta.
Per suo fratello,nel corso del tempo,non aveva avuto più
importanza,gli bastava soddisfare la curiosità dei media,gli
bastava che parlassero.
-Bene o male,l’importante è che se ne
parli…-gli aveva detto qualche settimana prima.
Entrambi se ne stavano stravaccati sui divani di casa loro,in pantaloni
della tuta e a torso nudo,a godersi le ultime ore di vacanza,prima di
riprendere la loro vita da super star. Bill aveva avuto la geniale idea
di connettersi in rete,e,girovagando fra i forum,ne avevano trovato uno
in particolare che aveva attirato la sua attenzione.
Del resto la sua era sempre stata una mente attiva e curiosa.
Vi era spesso citata quella parola di cui tanto sentiva parlare nelle
interviste.
TWINCEST
Aveva ciccato sulla freccetta che compariva e si era trovato davanti
delle immagini che lo avevano scandalizzato non
poco….manipolazioni di corpi in atteggiamenti sessuali
ambigui,a cui erano state messe le teste sue e del gemello. Aveva
storto il naso inorridito,attorcigliandosi una ciocca di capelli
attorno al dito –come faceva sempre quando era teso per
qualcosa- e l’aveva fatta vedere a Tom,che in un primo
momento aveva rischiato il soffocamento,facendosi uscire la red bull
dal naso,e poi era scoppiato a ridere,calcandosi di più la
visiera del cappellino sugli occhi e scrollando le spalle.
-Che vuoi che ti dica,ognuno ha le proprie fantasie…e se
questo include il vedere me e te che scopiamo…tu
lasciaglielo pensare!-
Sorrise amabilmente,facendo spazio al gemello che gli si stava sedendo
accanto con aria perplessa.
-Tomi ma sei scemo?no dico hai idea di cosa si potrebbe dire in giro?ci
rovinerebbero la reputazione…e fomenterebbero le voci su di
me…oltre ad essere una checca morta di anoressia,ora mi
faccio sbattere anche da mio fratello....ma scherziamo?-
Lui era scoppiato in una fragorosa risata,con annesse lacrime che gli
facevano bagnare le guance rosee e paffute,poi se le era asciugate con
il dorso della mano,e gli si era avvicinato,schioccandogli un bacio
sullo zigomo appuntito.
-Bene o male,basta che se ne parli…è
pubblicità,sai fratellino?dovresti farti più
furbo,non ci sarò sempre io a dirti che fare e cosa
no…-
E infatti non c’era nemmeno in quel momento.
Il moro si era letteralmente immobilizzato davanti allo specchio della
suite in stile Luigi IV ,la matita sospesa a mezz’aria,un
occhio perfettamente truccato e l’altro da ritoccare.
Non avevano fatto altro che apparire per quello che non erano,non
avevano fatto altro che fingere,che recitare:chi aveva avuto la parte
del Don Giovanni,pur essendo ben lungi dall’esserlo;chi la
parte del timido e quieto batterista,quando in realtà Gustav
faceva casino per dodici giocatori di rugby messi insieme;chi dello
sfigato con le ragazze,come Georg,che nelle interviste si lasciava
strapazzare dal gemello,mentre lui era l’unico ad avere una
relazione stabile con una ragazza bellissima e dolcissima.
E,dulcis in fundo,c’era lui.
Bill Kaulitz.
Conosciuto dal mondo come uno stinco di santo,come dolce,sensibile,come
la creatura più romantica e perfetta esistente sul globo.
Praticamente gli avevano cucito addosso l’immagine della
donna perfetta.
Lui che non era come il gemello,non voleva una ragazza diversa nel
proprio letto ogni notte.
Lui che era alla costante ricerca del sentimento vero,puro,autentico.
Lui che era diventato un’utopia,irraggiungibile da chiunque
non raggiungesse il suo stesso grado di perfezione.
Lui che non era affatto così.
Era solo un normalissimo ragazzo di diciotto anni,cresciuto troppo in
fretta per il successo a cui erano stati sottoposti,catapultato nel
mondo degli adulti,ma pur sempre un ragazzo. Con gli ormoni che,ogni
tanto,se ne andavano a passeggio per la tangente.
Sempre più spesso si svegliava durante la notte con il
bisogno impellente di “svuotarsi”,a causa di sogni
erotici ricorrenti.
-Devi scopare,Bill,scopare!!!hai il vago ricordo di
com’è fatta una figa?-
Suo fratello lo bombardava,ma in effetti aveva ragione,o sarebbe
rimasto un verginello in eterno.
Per lo meno davanti agli occhi delle telecamere.
Perché un santo,di certo,non era.
Non del tutto.
Erano in molte le ragazze entrate nella camera di Tom e poi finite nel
letto di Bill…e a tutte loro era stato intimato di tenere
per se i particolari,per non minare la sua figura angelica;si sa,alle
parole melliflue sussurrate dal moro nessuna può resistere.
Solo per quelle ore.
Solo per quelle ore in cui si concedeva di essere un ragazzo
normale,che va a letto con chi vuole,quando vuole,tornava a vivere.
Posò la matita nera dopo essersi sistemato perfettamente il
trucco,diede un colpo di piastra ai capelli e prese la borsa bianca di
Gucci,mettendosela a tracolla. Controllò di non aver
dimenticato nulla nella stanza,e,come sempre tese l’orecchio.
Rumore di una porta che si apriva,lentamente,rumore di tacchi a spillo
sulla moquette costosissima di quei corridoi,rumore di mani che si
univano e schiocchi di labbra che si sfioravano.
Suo fratello che diceva sommessamente alla fortunata di turno che
l’avrebbe chiamata presto.
Rumore delle sue labbra che si stendevano in un sorriso.
Rumore di passi che,finalmente,si allontanavano…sicuramente
avrebbe raccontato alle sue amiche che Tom Kaulitz le aveva giurato
amore eterno,che l’avrebbe chiamata per invitarla a uscire e
che,fino alla fine,l’avrebbe sposata.
Anche se sapeva che non sarebbe mai andata a finire in quel modo.
Solo nelle fiabe si inizia con “C’era una
volta…” e si termina con “…e
vissero tutti felici e contenti.”;ma era giusto
così,almeno alla gente resta l’illusione che tutto
possa concludersi per il meglio.
Chiuse a chiave la spessa porta di ciliegio e sorrise al gemello,che
gli si avvicinò,dandogli una pacca sulla spalla.
-Divertito stanotte?-
-Uh guarda,da morire…una tanto frigida non l’ho
mai avuta…o forse sono io che mi sono stufato di
scopare…chi lo sa…ci vediamo
giù,fratellino…-
Gli diede velocemente le spalle,stringendosi in vita il lenzuolo di
cotone bianco,passandosi una mano fra i lunghi rasta biondi.
Il moro si incamminò lungo il corridoio,stringendo il manico
della borsa fra le mani.
Dentro di se sorrise.
La vita era davvero una strana commedia.
FINE.
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