Povero figlio mio.
Non ti sono lontana, vedo le tue lacrime, la tua disperazione.
Il tuo racconto è pregno d'angoscia, i tuoi occhi affranti
cedono al ricordo drammatico della caduta di Troia, le tue parole
sono imbevute di lacrime.
Stai aspettando il nostro segnale, il nostro comando; il fato l'ha
deciso, Zeus me l'ha confermato: toccherai le coste dell'Italia.
Ricordi quando ti svegliasti di soprassalto, nel cuore della notte,
poichè il fantasma di Ettore ti mostrò il destino
di
Troia e del suo re, Priamo, che fu vittima del crudele Pirro: i Greci
erano entrati nella città, con un'astuto progetto di Ulisse
dal multiforme ingegno. Un enorme cavallo di legno fu il dono che
segnò la fine dei troiani.
Ricordi di quando ti fermai, ti persuasi a non vendicarti su Elena
per le tragedie che subivi e che vedevi compiere.
Ricordi, ora, quando prendesti sulle spalle tuo padre Anchise, che
giustamente intrerpretò la fiammella sulla testa del tuo
figlioletto Ascanio, quella che inutilmente cercasti di estinguere.
E la dolce Creusa, ora non più solo mortale, si confuse tra
la
folla e si smarrì, perì per mano dei Greci.
Inutilmente la cercasti, tu volli tornare indietro a cercarla, per
portarla con te; ma di lei trovasti solo la sua ombra che, come lo
spirito di Ettore, ti spinse a proseguire.
Lasciasti così la tua casa, mentre Troia bruciava del fuoco
della guerra.
Salpasti con i Penati, il piccolo Julo e tuo padre, ma nella
traversata incrociaste lo sguardo d'odio della pronuba Giunone, che
vi fu ostile ed ancora lo è: tu e l'equipaggio subiste la
sua
ira; una tremenda tempesta vi colse e solo l'intervento dell'offeso
Nettuno calmò il vento e le acque, scosse senza il suo
permesso.
Povero figlio mio.
Ora raccogli i tuoi ricordi e li offri a questa corte cartaginese;
è
così difficile descrivere gli occhi di chi ha visto la
morte,
i tuoi occhi; è impossibile ridipingere la ferocia di una
guerra.
Nemmeno noi numi possiamo immaginarla, poichè non siamo
mortali.
Come potremmo concepire la morte?
La vita eterna è nostra, il mondo ci appartiene.
Ma una madre pena per il proprio figlio, ed io mi affliggo per te,
Enea, nonostante io sappia che il Fato ti protegge.
Non
realizzerai i tuoi sogni, ma compirai il volere degli dei; non
ritroverai tua moglie Creusa, nè rimarrai qui accanto a
Didone, ormai perduta per l'amore che già prova per te.
Ecco; tuo fratello, Cupido, prese le sembianze di tuo figlio Ascanio,
ha completato il suo incarico: Didone è ormai rapita dalle
tue
parole, presto capirà che il cuore che porta nel petto
è
ricolmo di passione: non potrà mai insidiarti, non
potrà
mai recarti danno, se ti ama.
E' stata una mia decisione, che porterà molte e forse
sgradite
conseguenze: ma, creatura mia, non potevo rischiare in un suo
intervento.
Ti odierà Cartagine, perchè quando dovrai salpare
per
l'Italia, il tuo involontario tradimento alzerà la mano
della
sua regina contro se stessa.
Forse non capirai mai, l'ho voluto per il tuo bene.
Ma, ti prego, per ora continua il tuo racconto.
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