If necessary
[Le
farfalle cadono facilmente in reti d’argento…
Quando si alza il vento
…quando perdono il
controllo.
Provano a dimenarsi.
Battendo le ali, fanno
sentire in colpa il proprio carceriere, ma attendono composte degli occhi rossi
nella brina della sera.
Non è resa.
La morte della farfalla
è eleganza, come tutto il resto.]
Le particelle
si staccavano dal corpo, sparendo nella terra bruna.
Cadevano, rapide,
impercettibili nel buio della notte.
Di quello ne
era sicuro. Cadevano.
Ed erano veloci.
Erano silenziose.
Eppure lui le vedeva cadere a
rallentatore.
Gocce simili
a schegge di vetro, che avevano bagnato (o
incrinato?) lo scudo che indossava contro la realtà.
No, si sbagliava, non aveva mai avuto uno scudo.
Aveva già
degli occhi e quelli bastavano.
Non aveva mai
avuto bisogno di nient’altro.
Ma le sue gocce
contenevano fin troppa luce.
Fu costretto solo
per quello, a fermare il suo passo.
Aveva
imparato ad annientare ogni cosa che
gli provocava fastidio, che gli ricordasse di aver avuto una vita, una volta.
Ed era nero, il mantello che lo
avvolgeva.
Ed era bianca, l’anima che catturò, ancor
prima che ci si accorgesse di lui.
Celava il suo
divertimento, mentre la figura raggelava nello scorgerlo. Mille e mille volte, aveva visto quella smorfia d’ incredibilità
sul viso.
Probabilmente,
era perchè lo credevano un fantasma.
Ma –si
ricordava di averlo sentito bisbigliare da qualche parte - i fantasmi non parlano.
“Le ragazzine
non dovrebbero allenarsi a quest’ora”
E alzando lo
sguardo, gli occhi semichiusi –troppa,
troppa luce- scontornò a poco a poco quella donna. Capelli neri, lunghi. Pelle
eburnea, seno prosperoso, labbra sottili. Iridi nivee che a quell’avvertimento si
incresparono come la superficie lunare.
A nulla, però le onde valevano contro
uno scoglio.
“Una Hyuga”
E la figura provò
a bisbigliare qualcosa di rimando: non riuscendoci.
I nomi dei
fantasmi sono sempre reminescenze del passato, ma la domanda semmai è: i fantasmi hanno memorie?
“Hinata Hyuga”
No, i
fantasmi non dovrebbero neanche avere un respiro.
Eppure lui lo
aveva e adesso quel sapore, batteva sul suo collo e le dita fredde e grandi
andavano a bloccare quei polsi esili.
Lui stesso, non sapeva se i fantasmi
creano altri ricordi, una volta dimenticati. Se per sopravvivere al tempo,
cercano di continuare a tormentare l’esistenza di qualcuno (“…odiami”). Non lo sapeva, ma c’era qualcosa di
irresistibile (e di nocivo)
nell’imprimere su un’altra pelle, il peso del proprio essere.
Trascinando
entrambi in una danza fatta di luce e buio.
“Hinata Hyuga”
L’inferno, in un modo o nell’altro,
non avrebbe mai bruciato le ali ad una farfalla di tale bellezza. E uno scoglio
col passare del tempo, si sgretola al volere delle onde. È solo mera pietra.
“Potrei prendere
i tuoi occhi”
Le farfalle però, portano i segni
delle tentate catture sulle loro ali.
E le onde non fanno rumore senza
scogli. Senza ostacoli, non sono tali.
Hinata fece l’errore di osservare –per tentare di capire, di aiutare-
quelle iridi. Ma quei due pozzi di petrolio la risucchiarono impietosi in un vortice che mai, mai, l’aveva sfiorata prima d’allora.
Nemmeno li, quando, se ne stava incastonata in un amore platonico ad aspettare
anche il più piccolo gesto –la più
piccola attenzione.
Il respiro si
smorzò e Hinata si ritrovò a bramare quel qualcosa,
che non doveva sussistere.
Era
innaturale tutto ma, una voce dentro di lei le gridava
che era concreto: che stava succedendo –che
lo voleva. Così, non fece nulla -nulla- non si opponeva a quel fiato, che ora sfiorava la sua
guancia. D’altronde, quando il vento è troppo forte: la farfalla non si alza in
volo, le ali finirebbero col strapparsi.
E Hinata rimaneva in balia di una forza più grande di lei, -è il destino Neji-niisan?-,
proprio adesso che lui, con quel perenne sguardo fisso sulla sua persona, si
avvicinava pericolosamente alla piccola sporgenza carnosa posta sotto il naso.
E le labbra
erano fredde, smorte mentre si poggiavano sulle sue. Eppure bruciavano.
Un fuoco
innaturale le sorse da dentro e il cuore prese a battere incoerente. È violenza
quella. È dolore. No, è passione.
I mulinelli nel
mare si creano dal nulla.
-È qui per catturare Naruto-
E provò a
ribellarsi in onore di quel malcelato patto di amore platonico
ma, il contatto arrivò e la lingua di lui cercò e ottenne la sua.
Si accorse di essere viva.
Così, per sbaglio.
-Ma lui è qui per catturare Naruto-
La voce della
ragione finì per venire relegata dal rumore di un
semplice muscolo lì sotto la sua pelle, nel suo petto. Desiderò la piccola Hinata Hyuga (quella altruista, la farfalla) che quel
vortice non smettesse mai di avvolgerla.
–Anche se lui è qui per Naruto-
Anche se era
glaciale, il suo calore.
Anche se
aveva un marchio su un foglio, in
qualche cassetto dell’Hokage a Konoha.
Anche se avrebbe potuto sparire, tanto,
può costare la sua ombra.
Tuttavia era
solo lui, un fantasma. E lei sapeva cosa si provava a stare chiusi in gabbia
per troppo tempo (fantasma lo era stata anche lei).
Ed esistevano
veramente entrambi, per una sola sera.
Il resto non
contava, davvero.
Hinata non osò pronunciare nulla. Gli occhi erano
maledettamente bloccati in quelli di lui, in quel nero intenso, che le
strappava via le parole direttamente dalla gola. Si sentiva trascinata verso il
basso, ecco, capendo che la sua vita fino ad allora era stata vuota. Vuota. Era stata solo una misera farfalla che danzava nell’aria, solo per
l’altrui piacere.
E quando lui si
allontanò, piano, con dolcezza da lei, capì che non avrebbe più usato le sue
ali, invischiate di petrolio. Sorrise.
Sciocca e debole Hinata.
E quando
ancora –e ancora- gli occhi nivei della Hyuga si
fermarono nei suoi, forse - non ci è dato
di saperlo con certezza- anche lui, o quello che rimaneva al suo interno, era
stato contaminato un po’ da quel bianco. Il nero, l’unica e sola tonalità che
esisteva nei suoi occhi - almeno così
credevano gli altri: aveva perso la sua intensità....
In fondo
erano solo quello. Bianco e nero. Reciprochi, e ai poli opposti di una bilancia
chiamata vita.
“Ricorda il
mio nome”
Le incrinature erano troppo sottili e
passavano inosservate.
Le gocce erano effimere e silenziose.
Ritornò a
guardarla dall’alto –quasi come se non
riuscisse più a distinguerla- e già si allontanava via, sembrava già un
ricordo. Ma Hinata scosse il capo, piano poi sempre
più veloce.
No. Lui era
un fantasma.
E la morte
continuava ad aleggiare sul suo volto.
“…Uchiha”
La sua anima
si era fatta improvvisamente pesante dopo quel nome, come se stata intrisa di
un nero che non sarebbe più andato via ma, che anzi si sarebbe insinuato sempre
di più dentro la sua pelle. -È questo il dolore di Sakura-chan?- Hinata si guardò la pancia dove un rivolo di sangue
scivolava lentamente, macchiando anche
la sua divisa.
Cadde a
terra.
La ferita era
innocua e tutto quello era solo un segno
del suo passaggio.
-Va da Naruto!-
E il sangue scendeva
per sviare le immagini, un modo per mettere in salvo la farfalla.
Una maniera
per legarla a sé.
“Ti ha ferito Hinata! Lo so, che hai tentato di fermarlo!”
Il taglio è da
cercare più in profondità lì.
Si era
portato via le sue ali, il fantasma.
Ne avevi tanto bisogno…
“Itachi Uchiha” (?)
Coff Coff.
u.u prima di tutto un grazie di cuore a chi ha ideato il
concorso dei crack pairing mi sono divertita come non
mai e davvero ^^ mai l’avrei creduto XD grazie
di cuore a tutti!!
Che dire: una Itachi Hinata, o.o, una coppia che
mi incuriosisce parecchio. Sisi ahimè u.u’’ mi sto buttando sui generi crackkosi
si può dire così? (concedetemi la licenza XD)
E colgo
l’occasione per ringraziare di nuovo la mia best e la mia Takara.
Spero vi piaccia
Bye bye
yours
Sae