How should I name this story?

di beatrjcemanvilova
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Una goccia le era scivolata tra i capelli, seguita da un altra subito dopo. Lei si alzò il cappuccio lentamente, senza dar prova di essere infastidita dal fatto che la pioggia filtrasse all'interno del vagone e che avesse, in poche settimane, fulminato tutte le lampade, lasciando lo scomparto al buio. Seduta sugli scalini, sembrava anzi preferire quel vagone deserto agli altri, facendolo diventare il ritrovo fisso con lui. Lui, e basta: il ragazzo senza nome che vedeva appoggiato alla parete. Ma non si trattava di incontri veri e propri, i due condividevano il tempo di due fermate e il loro rapporto non era platonico, ne ideale. I due si guardavano in un modo che nessuno poteva notare, e si osservavano, giorno dopo giorno, in quel vagone tetro e senza luce, e, giorno dopo giorno, avevano imparato a riconoscere i dettagli, i modi e i gesti l'uno dell'altro, senza essersi mai parlati. Ognuno si era semplicemente abituato allo sguardo dell'altro e lo aveva accettato, creando un equilibrio e una complicità, una comunicazione, che nessuna delle poche persone costrette dalla folla a occupare il vagone scomodo e umido, da evitare, non avevano nemmeno visto, indaffarati a ripararsi dalla pioggia e a farsi luce. E neppure quel giorno avevano notato il ragazzo alzarsi e dirigersi verso la ragazza, sedersi vicino a lei e toglierle delicatamente una cuffia dall'orecchio per impossessarsene. Eppure era un gesto del tutto inusuale, ma non per lei. Allora il ragazzo le diede l'auricolare e un leggero bacio sulla guancia e saltò fuori dal treno, sparendo tra la gente, lasciando la ragazza sola con la fine di "Hello, Goodbye". Non aveva nemmeno fatto in tempo a sospirare, che anche lei dovette uscire dal vagone, per cercarlo.




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