Emma la fissava stralunata. Era incantevole, non poteva negarlo. Aveva
due ciocche di capelli biondi, ed un corpicino esile il cui petto si
abbassava ed alzava più volte al minuto, placidamente
addormentato. Mary Margaret la stringeva a sè con una
dolcezza sconvolgente, cullandola appena, avanti e indietro,
delicatamente.
Quella neonata era sua sorella, ma per certi versi un'estranea.
Mary Margaret e David erano entusiasti della loro piccola Angel, e le
stavano accanto il più possibile. Erano dei bravi genitori.
Degli ottimi genitori, per Angel. E di certo lo sarebbero stati anche
per lei, ma il fato aveva previsto per Emma un altro tipo di percorso.
Non era una figlia. Non lo era mai stata. E non era neanche una mamma:
lei era la Salvatrice.
Ella aveva il compito di salvare chiunque fosse in pericolo, e lo aveva
fatto. Sempre.
Nonostante le facesse male ammetterlo, era nata per quello.
Guardava quella "famigliola felice" con una punta di rammarico. Quella
è la vita che lei avrebbe dovuto avere. Una vita felice.
Piena di cose belle, solo di cose belle. Come l'anno trascorso a New
York con Henry.
Ma il fato aveva di nuovo deciso di rovinare la sua
felicità, perché lei non aveva il diritto di
essere felice.
Era tornata sui suoi passi, a Storybrook, solo per salvare la sua
famiglia. E adesso era costretta a rimanere quasi impassibile di fronte
a quella scena disgustosamente dolce.
Scosse la testa un paio di volte, sconcertata. Passare tutto quel tempo
con Regina le stava facendo male! Certi pensieri non avrebbe dovuto
averli, in nessun caso.
Angel era sua sorella. La sua sorellina. Ed era una creatura innocente,
nata in un mondo ingiusto e bastardo.
Ma Emma la odiava. Odiava le attenzioni che tutti le rivolgevano,
odiava essere messa da parte dopo tutto ciò che aveva dovuto
subire, odiava non poterla odiare, ma era una sensazione impossibile da
scacciare. Partiva dal suo cuore, dall'interno.
<< Emma? Vuoi prenderla in braccio? >> Mary
Margaret si avvicinò titubante alla sua primogenita,
porgendole il fagotto raggomitolato tra le sue braccia, con una nuova
copertina. Le lettere "Angel" rilucevano di un bel rosa confetto.
La bionda scosse la testa, indietreggiando appena. Non voleva essere
scortese, non voleva che sua madre venisse a conoscenza di tutti quei
pensieri spiacevoli che le passavano per la testa. Perché
sappiate, miei cari lettori, che una mamma sa sempre tutto, anche se a
volte (per il bene comune), finge di non sapere.
<< Scusa, Mary Margaret, ma ora ho da fare.
>> biascicò qualche parola confusa.
Negli occhi di Biancaneve passò un velo di malinconia, ma si
arrese quasi subito, annuendo, chiedendosi cosa mai dovesse fare a
quell'ora!
Da quando Angel era nata, appena un mese prima, Emma era stata accanto
alla sorellina molto di rado, e non l'aveva mai presa in braccio. Mai.
Neanche una volta!
Avrebbe voluto che sua figlia si confidasse con lei, che iniziasse a
parlarle nel vero senso della parola. Ma no, Emma era un libro chiuso.
Sigillato.
Era lei a scegliere a chi e quando far leggere ciò che
conteneva al suo interno, e raramente sceglieva sua madre per questo
compito.
In genere andava a rifugiarsi da qualcun altro. Con sua grande "gioia".
La figlia uscì di casa spedita, camminando per le vie della
città in maniera quasi autoritaria, come Regina le aveva
insegnato.
Nonostante questo, la adoravano tutti. Perché lei era la
Salvatrice. E non potevano odiarla...altrimenti chi li avrebbe salvati
la prossima volta?
Ipocrisia. Opportunismo.
Emma arrivò da Grammy, salì al piano di sopra e
bussò un paio di volte ad una delle stanze, cercando di non
fare un eccessivo rumore.
<< Arrivo, Arrivo...spero per te che sia urgente.
>> borbottò una voce a lei molto famigliare.
Sempre la stessa negli ultimi tredici anni.
Neal fece capolino, e quando la vide sembrò improvvisamente
sveglio.
<< Emma? Che ci fai qui? Sono le sei del mattino! Di
domenica, ad essere preciso! >> Neal si spostò
per farla passare, notando la sua aria truce.
<< Angel si sveglia ogni tre ore, ovviamente. E' un mese
che in casa non si dorme più. >>
spiegò con una punta di acidità.
<< E' normale...è una bambina!
>>
Emma si distese sotto le coperte di un letto sfatto, cercando di
stringersi il più possibile contro la parete.
<< Posso rimaere qui con te? Non voglio tornare a casa.
>>
Neal sorrise tenero, annuendo.
Dio quant'era bella, persino avvilita e corrucciata era bellissima.
E qualsiasi problema avesse, era felice che aveva cercato lui per
primo. Esattamente come tanti anni fa, quando per lei era un fratello,
un amico, un amante, l'amore della sua vita.
<< Ah, bè....se vuoi, posso andare in un'altra
stanza...cioè, io... >> Neal
arrossì, ed Emma non potè far a meno di sorridere.
<< Stupido! Vieni qui con me. Non lasciarmi sola.
>>
Neal, incerto, si distese al suo fianco.
Erano passati anni dall'ultima volta che avevano dormito insieme,
quando lei si rigirava nel sonno e lo abbracciava senza neanche
svegliarsi.
Adesso era tutto così complicato...ma l'amava, esattamente
come il primo giorno.
Emma poggiò la testa sul suo petto, lasciandosi stringere, e
chiuse gli occhi, addormentandosi quasi subito.
Al suo risveglio non si era spostata di un millimetro, e Neal la
fissava dolcemene, con una luce strana negli occhi.
<< Neal? >>
<< Si? >>
<< Ti posso confessare una cosa? >>
Scattò su a sedere, fissando i suoi occhi chiari in quelli
color nocciola di lui.
<< Io la odio. >>
<< Chi? >>
<< Angel. Io la odio. >>
Neal strabuzzò gli occhi, inorridito. <<
Emma...non è che sei gelosa? >>
<< Forse. E' probabile. Non lo so. >>
La bionda chinò il capo, vergognandosi di ciò che
provava. Alla sua età non poteva permettersi il lusso di
essere gelosa o capricciosa.
<< Emma, i tuoi genitori ti adorano. >>
commentò Neal, in tono che faceva sembrare la frase banale e
scontata.
<< E tu che ne sai? >>
<< Basta guardare gli occhi dei tuoi genitori! Se
potessero, ti donerebbero la luna. >> mormorò.
Emma gli accarezzò teneramente una guancia paffuta, un paio
di volte.
Era sicura che in quel momento, nella mente di Neal aleggiava il
ricordo vivido e doloroso del padre, e dell'ultima volta che si erano
visti, solo per dirsi addio.
La vita era stata ingiusta con loro due, ed Emma, guardando Neal
devastato da un dolore improvviso, capii tutte le certezze di cui aveva
bisogno.
Loro erano stati abbandonati, ed anche se per ragioni differenti,
ciò faceva si che fossero simili. Più di quanto
ambedue immaginassero.
Loro erano fatti per stare insieme, per amarsi e proteggersi.
<< Forse hai ragione. >>
<< Lo so. Io ho sempre ragione! >>
commentò l'uomo.
Emma scoppiò a ridere. << E' meglio che torno
a casa, ho bisogno di parlare con i miei genitori. >>
Neal annuì sorridente, andando ad aprirle la porta con una
galanteria improvvisa.
<< Allora...a dopo! Spero! >>
mormorò a disagio.
Emma sorrise, più sicura e tranquilla, con tutte le certezze
al proprio posto, ed ogni paranoia sparita, o quasi.
Passò una mano dietro al collo di lui, e gli si
aggrappò senza forza, lasciandogli un timido bacio a stampo
sulle labbra.
Neal rimase immobile, paralizzato, sconcertato. Senza sapere bene cosa
lei si aspettasse.
<< Grazie Neal, per tutto. >> gli
sussurrò teneramente all'orecchio, prima di sgattaiolare via
in direzione di casa, imbarazzata come un'adolescente.
Appena uscì dalla piccola struttura iniziò a
correre verso casa.
Che ora si erano fatte? Le otto? Le nove?
<< Mary Margaret? David? >>
Chiamò.
Nessuna risposta.
Si guardò in giro. I suoi genitori erano accoccolati,
addormentati teneramente l'una accanto all'altro, sfiniti.
La piccola Angel, nella culla accanto a loro, lagnava appena,
pretendendo attenzioni.
Dolcemente la prese tra le braccia.
Fu facile, spontaneo.
Angel piantò i suoi occhi in quelli della sorella, e la
fissò come se la vedesse per la prima volta, stringendo il
dito di Emma nella sua piccola mano.
La Salvatrice la cullò piano, inspirando il suo profumo
innocente.
<< Ehi, principessina. Benvenuta nei nostri cuori.
>> le mormorò all'orecchio.
La piccola continuò a fissarla, stralunata, facendo
sogghignare la sorella maggiore.
Mary Margaret aprì piano un occhio, sorridendo a quella
scena. Emma sarebbe stata una fantastica sorella maggiore! Angel
sarebbe stata fortunata ad averla con se.
Ci sono cose, purtroppo, che una figlia riesce a confidare solo alla
migliore amica, o ancora meglio alla sorella maggiore.
Ed Emma rimase lì, con in braccio la piccola, per un tempo
infinito: a coccolarla, a fissarla, a viziarla, a viaggiare con la
fantasia, immaginandola già grande.
Angel era la "custode della pace". Li univa. Era diventata il punto di
riferimento di quella famiglia. Ed Emma non poteva odiarla, non
più.
L'odio è per persone deboli.
E loro avevano già dimostrato, con tanto amore, di essere
forti.
|