“So when I’ll win
your heart, Emma,
and
I will win it.
It
will not be
because of any trickery.
It
will be because
you want me.”
Demonstration
«È
stato uno sbaglio.»
Emma si allacciò
la camicia bianca con fretta,
osservandosi allo specchio senza realmente vedersi: i suoi occhi
venivano
continuamente catturati dall’immagine dell’uomo che
ancora giaceva serenamente
tra le lenzuola bianche, il busto scoperto e le braccia incrociate
dietro la
testa. L’uncino rifletteva la luce del sole che filtrava
attraverso le tende
celesti e mandava bagliori per tutta la stanza.
Incrociò il suo
sguardo e si sentì arrossire un po’. La
guardava ancora come se fosse a caccia e in procinto di balzarle
addosso per
intrappolarla.
Il che, in effetti,
assomigliava in maniera piuttosto
precisa a quanto era successo la sera prima. Non che lei si fosse
tirata
indietro, naturalmente. Ricordava con estrema chiarezza il sorriso
sghembo di
Hook, il modo in cui si era avvicinato lentamente, quasi con cautela,
così da
non lasciarle scampo. E lei si era lasciata catturare
perché, be’, Neal l’aveva
lasciata sola – e questa volta non sarebbe tornato
– e il suo cervello cominciava
a divagare in direzioni non proprio convenzionali, né furbe.
Ma Emma in fondo
non se ne era stupita troppo. Era da una vita che prendeva decisioni
sbagliate.
Perciò, quando
l’uncino di Hook le aveva sfiorato il
colletto della camicia, era rimasta immobile come un cerbiatto di
fronte ai
fanali di un’auto e aveva atteso che lui compisse la prima
mossa. Si era
aspettata di tutto, in realtà, ma non un sorriso. Non
quell’aria serena, né
tantomeno emozionata. Andiamo, Hook emozionato era quasi
fantascientifico da
immaginare.
Eppure, mentre le sfiorava
le labbra con la punta delle
dita, sembrava quasi spaventato. Incredibilmente – sia per
lui che per lei –
era stata Emma ad avventarglisi conto. L’aveva baciato con
talmente tanto
impeto che erano finiti entrambi distesi sul divano, lei a cavalcioni
sul suo
bacino e lui talmente sorpreso da non riuscire a pensare lucidamente.
C’erano
solo le labbra di Emma e le sue mani fredde sotto la maglietta.
Aveva preso il controllo
dopo qualche istante: aveva
ribaltato le posizioni e lei non aveva protestato, nemmeno quando
l’uncino
aveva stracciato il retro della camicia.
Strappo che ora riusciva a
vedere perfettamente, mentre
Emma se ne stava in piedi davanti a quel dannato specchio facendo finta
che non
fosse successo niente.
«Sapevo che ti
saresti tirata indietro, Swan.»
Lei storse un po’
il naso, dando le spalle allo specchio
mentre si allacciava il bottone dei jeans neri. Nel corso della notte
– ed era
stata davvero lunga –
l’aveva sempre
chiamata Emma. Quando l’aveva baciata la seconda volta,
quando l’aveva spinta
sul letto e anche quando era entrato dentro di lei. Emma,
Emma, Emma.
La infastidiva che adesso
fosse tornato al Swan, anche se
non gliel’avrebbe certo data vinta. Con un pirata, era sempre
meglio stare
all’erta, soprattutto con qualcuno come Hook.
«Non mi sto
affatto tirando indietro, Hook.»
marcò per bene l’ultima parola, tanto per dargli
un assaggio
di come si era sentita lei. Killian sorrise sornione, si
stiracchiò per
un’ultima volta e si alzò in piedi, per niente
preoccupato della sua nudità.
Emma arrossì e cominciò a passare le dita tra i
capelli, per mascherare un po’
di imbarazzo. Poi, visto che lui non sembrava intenzionato a vestirsi e
riacquistare un aspetto decente – non che fosse orribile, ma
Emma trovava
piuttosto difficile concentrarsi su quanto intendeva dirgli –
afferrò i boxer e
glieli lanciò con stizza.
«Vestiti, per
l’amor di Dio.»
«Non è
niente che tu non abbia già visto, amore.»
«E non chiamarmi
amore.»
«Swan non ti va
bene, amore non ti va bene. C’è qualcosa
che ti sia piaciuto?» ghignò Hook, facendo
schioccare l’elastico dei boxer
contro i fianchi in maniera piuttosto eloquente.
Di nuovo, Emma
arrossì. Aveva un figlio, maledizione! Era
una donna adulta, non poteva comportarsi come una ragazzina alla prima
cotta,
né permettere ad Hook di trattarla come tale.
Perciò al
diavolo il tono di voce con aveva sussurrato il
suo nome per tutta la notte e al diavolo anche l’abbraccio
protettivo in cui
l’aveva stretta alle prime luci dell’alba.
Non rispose,
perché in tutta sincerità non sapeva dove
trovare la forza per dire che no, aveva odiato ogni singolo istante.
Sarebbe
stata una menzogna e lei, per principio, non mentiva mai. Tranne a
Hook. E a i
suoi genitori, quando le avrebbero chiesto dove aveva passato la notte.
E ad
Henry, in effetti. E poi c’erano anche Ruby e Belle, con le
quali avrebbe
dovuto vedersi ma che invece aveva bidonato senza remora alcuna.
Okay, non era propriamente
la persona più sincera del
mondo, ma la colpa era di Hook. Era lui che minava la sua
sincerità. E la
pazienza. E qualsiasi barriera avesse faticosamente costruito per
difendersi da
quelli come lui.
Grugnì qualcosa
di incomprensibile e si voltò per cercare
la giacca di pelle rossa. Hook le arrivò alle spalle e le
circondò la vita con
le braccia. Emma si immobilizzò e prese un respiro profondo.
Comportati
da
adulta. Lui non ti fa nessun effetto. Non hai nessuna cotta per questo
tizio.
Non ti piace affatto.,
si ripeté, mentalmente. E avrebbe funzionato, se Hook non
avesse cominciato a
baciarle la mandibola.
«Potremmo
parlarne?»
«Non
c’è niente da dire.» protestò
Emma debolmente. Tutto
quello che voleva era allontanarsi da lì, da lui e dalla sua
presenza
intossicante, che le impediva di vedere chiaramente e di pensare in
maniera non
idiota. Di quel passo, avrebbe finito col cedere alle sue carezze e
rivelare
segreti imbarazzanti che avrebbero dovuto rimanere esclusivamente nella
sua
testa.
«Permettimi di
dissentire, mia cara.»
Emma si
spazientì. Come faceva a rimanere così calmo,
così
posato e imperturbabile, mentre lei si sentiva sul punto di esplodere e
fare
una strage? Non sarebbe mai riuscita a far finta di niente, non se lui
la
guardava in quel modo e le accarezzava i capelli con una dolcezza
assolutamente
inaspettata.
«D’accordo.
Cosa vuoi ancora? Direi che il tuo scopo l’hai
raggiunto.» berciò, allontanandosi di qualche
passo. Si rendeva conto di
sembrare una pazza completa, ma non è che avesse poi tanta
scelta. In qualche
modo doveva proteggersi da quello che lui le avrebbe detto. Non era
pronta a
ritrovarsi di nuovo con il cuore spezzato. Neal aveva già
fatto abbastanza e
lei non avrebbe retto un altro colpo come quello, anche se il fatto che
stesse
prendendo in considerazione l’ipotesi di starci male,
significava ammettere che
Hook le piaceva più di quanto immaginasse.
«Il mio
scopo?» sembrava sinceramente interdetto e per un
attimo Emma pensò che fosse sincero. Poi la paura prese il
sopravvento.
«Volevi
portarmi a
letto, no? Sarai soddisfatto.» sibilò, gelida.
Hook spalancò gli occhi,
piuttosto sorpreso, poi fece l’ultima cosa che Emma si
aspettava e che la
convinse di essere alle prese con uno psicopatico degno di lei: rise.
Di gusto, come se gli
avessero appena raccontato la più
divertente delle storielle. Le rivolse un’occhiata
indecifrabile, alla quale
Emma rispose con uno sguardo scettico.
«Cosa
vuoi?» domandò di nuovo, offesa. La prendeva in
giro.
«Vorrei precisare
che sei tu che mi sei saltata addosso.
So di essere irresistibile, perciò ti capisco, ma non negare
che quello che c’è
tra di noi-»
«Assolutamente
niente. Non esiste nessun noi.»
lo interruppe Emma, con le braccia
incrociate sopra il seno e le guance ancora un po’ rosse. Non
poteva prendere
in considerazione l’ipotesi che tra di loro ci fosse qualcosa
perché, di
qualunque cosa si trattasse, non
avrebbe avuto una bella fine.
Ad Hook morì il
sorriso sulle labbra.
«Dici sul
serio?»
«Sì.»
«Capisco.»
Emma rabbrividì.
Non le piaceva quell’espressione. L’aveva
già vista altre volte e non aveva portato a niente di buono:
Hook tendeva a
fare cose piuttosto stupide quando si sentiva preso in giro o, come in
quel
caso, contraddetto dalla persona con la quale aveva appena trascorso la
notte e
con cui avrebbe desiderato passare quelle a venire.
«Ne ho
abbastanza, va bene?» urlò Emma,
all’improvviso,
spezzando il silenzio carico di tensione che si era venuto a creare tra
di
loro. Sembrava che la situazione stesse raggiungendo un punto dal quale
era
impossibile tornare indietro.
Il che poteva essere un
bene. Avrebbero chiuso
definitivamente quella cosa, oppure…
oppure? Emma non riusciva nemmeno ad ammettere
l’eventualità che Hook facesse
sul serio.
«Tu? Sono mesi
che ti sto dietro, amore! Ma ti
piace fare la difficile, a quanto pare.» Hook la
indicò
rabbiosamente, mentre Emma resisteva alla tentazione di estrarre la
pistola dal
fodero – le sarebbe piaciuto sparare a quell’idiota
– e lo osservava come se
fosse, be’, un idiota.
«La
difficile?» tuonò, inferocita. «La difficile! Lascia che ti ricordi una
cosa, pezzo d’asino che non
sei altro: sono rimasta incinta a diciannove anni e il mio fidanzato mi
ha
incastrata, sono finita in carcere, ho dato mio figlio in adozione e
dopo
undici anni, undici!, ho scoperto tutta questa fottuta storia della
Salvatrice
e blablabla e poi arrivi tu e osi
dirmi che faccio la difficile! Dico, ma che vi aspettate tutti quanti
da me? E
si può sapere cosa diavolo stai facendo adesso?»
strillò, sull’orlo di un
esaurimento nervoso. Hook alzò lo sguardo dal mobile in cui
stava frugando e la
guardò come se fosse effettivamente impazzita –
cosa che non era poi tanto
lontana dalla verità.
«Prendo il
rhum.» spiegò, del tutto a suo agio.
«Non è
il momento.»
«Non dire
assurdità, dolcezza. È sempre il momento giusto
per un po’ di rhum. Soprattutto quando cominci a delirare
senza sosta.»
Hook versò una
quantità generosa di rhum nel bicchiere e
lo porse ad Emma che lo buttò giù tutto
d’un sorso.
«Che schifo. Sono
solo le otto.» si lagnò. «Non si
può
bere a quest’ora…» biascicò
poi, mentre il calore dell’alcol le invadeva lo
stomaco e le infiammava il sangue.
«Non si
dovrebbero nemmeno fare certe sparate, ma non
sembra che ti interessi.»
«Sei un idiota,
Hook.»
Emma si lasciò
cadere sul bordo del letto e si prese la
testa tra le mani, sconsolata. Non ricordava di essersi mai sentita
così
confusa per colpa di un uomo. Quando aveva conosciuto Neal era stato
tutto
molto naturale. Certo, non la situazione, ma il loro amore era
sbocciato nel
modo più giusto. Era convinta che fosse vero amore, fino a
quando non l’aveva
abbandonata.
Certo, una volta venuta a
conoscenza del vero motivo per
cui l’aveva fatto l’aveva perdonato, ma tornare a
fidarsi di un uomo, o di
qualcuno che non fosse se stessa, era tutta un’altra cosa.
Era così
difficile che, pur di non affrontare il problema,
si ritrovava a bere rhum alle otto di mattino, in compagnia
dell’unico uomo che
le faceva venire voglia di scappare e al tempo stesso di restare.
«Swan, dico
davvero. Potrebbe funzionare.»
«Sì? E
cosa farò, io, quando deciderai di tornare a
Neverland sulla Jolly Roger?»
«Perché
parti dal presupposto che me ne andrò?»
«Lo fanno tutti,
prima o poi. Tu non sei diverso.»
«E tu sei solo
una codarda. Mai sentito parlare di vero amore,
Swan?»
«Stai dicendo che
noi… o, andiamo, Killian, non essere
assurdo.»
Era la prima volta che lo
chiamava per nome ad alta voce e
le fece uno strano effetto. Suonava maledettamente bene. Ed era una
cosa che la
terrorizzava a morte.
Hook sorrise appena, si
riempì il bicchiere una seconda
volta e buttò giù tutto d’un fiato.
«D’accordo
allora. Vuoi le prove? Così sia.»
Fu allora, che Emma si rese
conto di essersi appena
cacciata in un grosso, gigantesco casino.
~
Il vero amore era una
faccenda complicata, i suoi genitori
ne erano la dimostrazione esatta. A parte tutti i “ti
troverò sempre” ai quali
Emma aveva finito per credere, quando li si guardava insieme non si
poteva
avere alcun dubbio: quello, era
vero
amore. C’era complicità, completa e totale fiducia
e quel qualcosa in più che
non era possibile spiegare a parole.
Per questo motivo non
riusciva a credere che Killian
Jones, alias Hook, meglio conosciuto come il pirata più
temibile di tutti i
mari, avesse avuto il coraggio di pronunciare le parole vero
amore e abbinarle addirittura a due soggetti come loro, che
erano quanto di più lontano esistesse dall’esempio
di Snow e Charming.
Tanto per iniziare, Emma
non era cresciuta nel mondo delle
favole e il “felici e contenti” non rientrava
minimamente nella sua concezione
di amore. Era più il tipo da “come va,
va” e non si aspettava niente da
nessuno, soprattutto dopo che il suo ultimo fidanzato l’aveva
fatta finire in
carcere – intenzionalmente
– e
l’ultimo per il quale si era presa una bella cotta, invece,
era morto perché
Regina gli aveva sbriciolato il cuore, dopo averlo tenuto sotto il suo
giogo
per un tempo incredibilmente lungo.
Perciò, che
adesso Hook le dicesse che il loro era vero
amore, be’, la lasciava francamente terrorizzata e senza la
minima idea di come
fosse giusto agire.
Se non avesse avuto Henry
sarebbe fuggita a gambe levate
da Storybrooke, ma c’era troppo in ballo e, per la prima
volta in vita sua,
qualcuno per cui sarebbe valsa la pena restare e combattere.
«Ho un
problema.»
Belle sollevò lo
sguardo da quello che aveva tutta l’aria
di essere Guerra e Pace e le rivolse un’occhiata curiosa.
Emma si passò una
mano tra i capelli e si stupì di ricordare il tocco gentile
e malizioso di
Hook.
«Un grosso
problema.» si affrettò a precisare. «E
non so nemmeno perché sono qui, visto
che non ne voglio parlare.»
«Un passo alla
volta, vuoi?»
Emma annuì e si
sedette ad uno dei tavoli seminati per la
biblioteca. Belle la raggiunse e le sfiorò la spalla in un
gesto di conforto e
affetto poi, sapendo che l’amica si sarebbe sentita a disagio
se fosse rimasta
lì a fissarla, riprese a sistemare i libri.
«Di che si
tratta.»
«Uomini.»
«Ovvio, domanda
stupida. Di quale uomo stiamo parlando,
per la precisione?»
«Un uomo
orribile. Spregevole e scorretto, insensibile,
maleducato, vendicativo e-»
«Killian Jones,
chiaro. Cos’è successo?»
«Lui,
io… be’.»
«Oh.»
«Già, oh. Mi ha parlato
di vero amore, capisci?»
Belle si
immobilizzò con Cime Tempestose strette nella
mano pallida. Non riusciva a credere alle proprie orecchie. Killian
Jones che
parlava di vero amore era quanto di più assurdo potesse
esistere eppure, per
quanto strano, sembrava incredibilmente probabile. Tutti gli uomini,
prima o
poi, trovavano la donna giusta. E che Emma fosse la prescelta non era
poi così
strano, viste le loro affinità caratteriali e il modo in
cui, sin dall’inizio,
sembravano attirarsi come due calamite.
«Cosa ti
spaventa, di preciso?» domandò, curiosa. Doveva
pur esserci un motivo, se la prospettiva di stare con l’uomo
che amava la
terrorizzava a quel punto.
Emma si prese la testa tra
le mani, resistendo alla
tentazione di sbatterla ripetutamente sul tavolo fino a quando il suo
cervello
non si fosse sbarazzato dell’immagine di lei e Hook dopo. Dopo l’amore, dopo la
guerra, dopo il passato.
Se pensava al suo futuro,
Emma non poteva negare di averci
visto anche Killian. Certo, non nelle vesti di fidanzato, ma
più che altro come
un sorta di rivale/alleato. Qualcuno da picchiare quando era nervosa,
con cui
organizzare piani nel caso in cui le cose si mettessero male
– e non aveva dubbi
che sarebbe successo. Insomma, una presenza costante, con un ruolo non
ben
definito. Ma il vero amore…
rendeva
sempre tutto più complicato.
«Hook non
può essere il mio vero amore. Non credo nemmeno
che esista, andiamo!»
«Tua madre e tuo
padre ne sono l’esempio, Emma.»
«E infatti si
è visto cosa ne è uscito fuori!»
«Tu, tanto per
iniziare. E poi che ti aspetti, scusa?»
«Non lo so
nemmeno io, a dire la verità.»
«L’amore
non è perfetto, Emma.» Belle si strinse nelle
spalle, un sorriso appena accennato a piegarle gli angoli delle labbra.
«Ci
innamoriamo di persone completamente diverse da noi, ma non vuol dire
che siano
sbagliate. Pensiamo che lo siano, perché amare qualcuno che
non ci assomiglia è
più difficile e bisogna combattere. Fino a che punto saresti
in grado di
lottare? Hook fino a dove è disposto ad arrivare, per
te?»
Emma tamburellò
con le dita sul piano del tavolo e, subito
dopo, spalancò gli occhi, mentre la comprensione le
illuminava lo sguardo e una
vampata d’adrenalina – e panico – le
invadeva le membra.
«Devo
andare.» scattò in piedi e si catapultò
fuori dalla
libreria, lasciando Belle con un discorso ancora da concludere e
l’impressione
di aver appena assistito ai deliri di una pazza.
Emma corse a perdifiato,
tanto che quando raggiunse la
camera del Bed and Breakfast in cui lei e Hook avevano trascorso la
notte,
aveva l’impressione che stesse per scoppiarle la milza. E
anche i polmoni, a
ben pensarci.
Si guardò
intorno freneticamente, sperando di incrociare
la figura di Killian, ma non ci volle molto affinché si
accorgesse che la
stanza era completamente deserta. Il letto era stato rifatto e non
c’era alcun
segno che lui si trovasse – o fosse mai stato –
lì.
Continuava a pensare al suo
sguardo quando l’aveva
lasciato quella mattina e non poteva fare a meno di chiedersi cosa
avesse in
mente. Perché non aveva dubbi in proposito: avrebbe fatto
qualcosa e lei ci
sarebbe finita in mezzo.
Henry la
intercettò a metà strada tra Granny’s e
la scuola
elementare. La chiamò a gran voce e le corse incontro come
se avesse il diavolo
alle calcagna. Emma sentì un’ondata di
preoccupazione stringerle lo stomaco e
lasciò che Henry le avvolgesse le braccia esili intorno ai
fianchi.
«Abbiamo un
problema, mamma.»
Ecco, appunto.
Si incamminarono
velocemente verso il negozio del signor
Gold, mentre Henry la aggiornava sulla situazione.
«Qualcuno ha
rubato l’Incantesimo del Sonno dalle scorte
di mamma.»
Emma sentì un
brivido percorrerle l’intera spina dorsale.
Non poteva essere stato Hook, vero? Non sarebbe mai stato tanto idiota
da
commettere un’atrocità simile. Era al corrente di
ciò che comportava
l’Incantesimo del Sonno. Nessuno sano di mente ci si sarebbe
sottoposto di sua
spontanea volontà. E il problema, in fondo, era proprio
questo: Killian Jones
non era affatto sano di mente.
Entrarono da Gold qualche
minuto dopo e trovarono Regina,
il signor Gold, Mary Margareth e David – Emma non ne fu per
niente stupita –
raccolti intorno al bancone, con gli sguardi puntati su una mappa di
Storybrooke e l’aria alquanto preoccupata di chi non sa
assolutamente quali
pesci prendere.
«Che
succede?»
«Pensiamo che
Hook abbia rubato l’Incantesimo del Sonno.
Stiamo cercando di rintracciarlo, per bloccare sul nascere qualsiasi
cosa abbia
intenzione di fare.» spiegò Regina, concisa come
suo solito. Non era mai stata
il tipo di donna che si perdeva in chiacchiere. Nessuno di loro lo era,
in
effetti. Avevano imparato che era meglio agire prima che le cose
peggiorassero
del tutto.
«Lo
farà su se stesso.» sibilò Emma,
prendendo coscienza
di quanto quell’uomo fosse profondamente stupido. E
presuntuoso.
«E
perché dovrebbe?» domandò Gold,
rivolgendole
un’occhiata indagatrice che la fece arrossire fino alla punta
dei capelli. Il
silenzio che ne seguì, costrinse anche Mary Margareth e
David ad osservare la
figlia con un po’ di preoccupazione.
Poi Mary Margareth
capì.
«Oh.»
«Dite tutti
così.» brontolò Emma.
«Non
capisco.» David la scrutò con estrema attenzione,
fino a quando Emma non si decise a parlare.
«Lo fa per
me.»
«Ah.»
«Già.»
«Il bacio del
vero amore. Non è un po’ azzardato?»
cominciò scetticamente Regina, beccandosi
un’occhiata in tralice da parte di
tutti i presenti e una un po’ divertita da Gold.
«Che c’è? Non c’è
modo di
tirarlo fuori dall’Incantesimo, una volta dentro!»
«Dov’è?»
«Sulla Jolly
Roger. Spero per te che non sia stato davvero
tanto incosciente, Emma.»
«Devi sperarlo
per lui. Perché questa è la volta buona che
gli sparo.» ringhiò Emma, truce, prima di intimare
ad Henry di non muoversi e a
Regina e Gold di trovare una soluzione, perché se quello era
il suo vero amore,
be’, non avrebbe vissuto a lungo.
~
Emma avrebbe ricordato per
tutta la vita la sensazione di
impotenza e terrore che provò lungo il tragitto verso il
porto. Avrebbe ricordato
il suono dei suoi passi sull’asfalto e, dopo, sulle assi di
legno. Avrebbe ricordato
le ginocchia tremare mentre saliva la pedana che l’avrebbe
portata sul ponte
della Jolly Roger e, più di qualsiasi altra, avrebbe
ricordato Hook che le
sorrideva incredibilmente sereno.
«Volevi una
dimostrazione, amore?»
«Non
farlo.» supplicò Emma, muovendo un passo in
avanti,
cauta. Aveva come l’impressione che se si fosse avvicinata
troppo Hook avrebbe
affrettato i tempi. Se invece fosse riuscita a convincerlo, allora,
c’era la
possibilità che non si condannasse al sonno eterno. Certo,
lei gli avrebbe
sparato comunque, ma almeno non sarebbe morto per una cosa tanto
stupida.
«Sei una donna
testarda, Emma Swan. Ma te l’ho detto, il
tuo cuore sarà mio.» sollevò
l’ampolla nella sua direzione poi sorrise di nuovo
e bevve tutto d’un fiato.
Emma urlò e gli
corse incontro, giusto in tempo per
impedirgli di schiantarsi al suolo. Lo prese a schiaffi nel tentativo
di
svegliarlo, ma lui rimase immobile, il volto disteso e il corpo
completamente
rilassato.
Emma si rese conto di
piangere solo qualche minuto dopo,
quando una lacrima cadde sulla guancia di Killian e tracciò
una scia umida
sulla gota pallida.
«Maledizione, e
adesso?»
Gli sfiorò le
labbra con la punta delle dita, pensierosa e
lievemente atterrita. E se avesse avuto torto? Se il loro non fosse
stato vero
amore e lei lo avesse condannato al sonno eterno? Non avrebbe
sopportato di
essere lei l’artefice di un destino tanto infausto. Non
poteva essere il vero
amore di nessuno. Non era come Mary Margareth, non era come Belle. Non
era
pura, fiduciosa, ottimista.
Emma era diversa. Era
cresciuta nel mondo reale, in cui
gli Incantesimi del Sonno non esistevano e il vero amore neppure.
E se Hook avesse avuto
ragione invece? Se si fosse
svegliato, sarebbe stata pronta alle conseguenze? Avrebbe accettato la
sconfitta? Il suo cuore gli apparteneva già. Killian avrebbe
solo dovuto
aspettare che fosse pronta ad ammetterlo. E okay, ci avrebbe messo
secoli, ma
prima o poi l’avrebbe fatto.
Guardandolo si rese conto
che lui aveva sempre avuto
ragione: nel suo mondo in bianco e nero, Emma non aveva preso in
considerazione
la magia e il suo tripudio di colori. Se lui era disposto a morire per
dimostrarle che l’amore supera ogni ostacolo, il minimo che
lei potesse fare –
visto che in un modo assolutamente inconcepibile e assurdo lo amava a
sua volta
– era provare.
«Idiota.»
mormorò. Prese un respiro profondo, portò
nervosamente una ciocca di capelli dietro le orecchie e si
chinò sul volto di
Killian.
Lo osservò per
un istante, poi premette le labbra sulle
sue e si scostò. Rimase in attesa, col cuore che batteva
tanto veloce che
sembrava stesse per scoppiare e le lacrime agli occhi. Non si
svegliava.
La delusione la fece
scoppiare in singhiozzi. Non si
svegliava. Non l’avrebbe mai più visto sorridere
in quel modo tutto suo che la
faceva arrossire. Non le avrebbe più accarezzato i capelli,
non l’avrebbe più
stretta fra le sue braccia.
Non si svegliava.
«Sei un bastardo,
Killian Jones. Che te ne fai del mio
cuore, se il tuo non batte più?» pianse,
chinandosi sul petto dell’uomo. Lo strinse
e, in un disperato tentativo, lo baciò di nuovo.
«Non sono sicuro
che abbia funzionato. Provaci ancora, amore.»
Ehm, ciao.
Se qualcuno è
arrivato fino a qui complimenti, perché questa cosa
è incredibilmente lunga. E senza senso, forse, ma dovevo
dare uno sfogo allo shipping compulsivo per questi due. Se l'ho
scritta, comunque, è merito di Martina, grazie, Signora
delle Gif, che mi ha fatto vedere un post su Tumblr che ha scatenato
tutta questa cosa. E niente, spero che non sia assolutamente indecente
e spero anche che vi sia piaciuta un pochino.
Se vi va, fatemi sapere
che ne pensate, sarei felice di leggere i vostri pensieri :)
Con affetto, Fede.
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