I won’t change who I am, I can’t

di Delenaforevah
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Mi giro di scatto verso di lei e la trafiggo con un’occhiata carica di risentimento. «Allora perché sei ancora qui?» le domando, in tono d’accusa. Scuoto la testa e la guardo, confuso, chiedendomi perché mai non riesca a capirlo da sola, perché si ostini così tanto a non accettare la verità per quella che è. «Io sono cattivo, Elena! Non vado bene per te. Quindi perché non sei scappata da me e non te ne sei andata il più lontano possibile?» La mia voce vibra di rabbia, sarcasmo, incertezza, frustrazione. Sono combattuto, eppure ora posso vederlo con estrema chiarezza: la colpa in realtà è solo mia. Non merito di averla accanto. Non ho fatto altro che ferirla, deluderla, esporla al pericolo. Tutto quello che so per certo è che non posso permettermi di rischiare che accada di nuovo, e davvero non trovo alcuna ragione per cui non se ne sia già andata da un pezzo...
«Perché ti amo, Damon.» La osservo mentre si alza in piedi e mi si avvicina, rivolgendomi uno sguardo perentorio e incredibilmente intenso che non ammette “se” o “ma”, prima di aggiungere, come se fosse la cosa più ovvia del mondo: «Perché ti ho scelto, ed io resto insieme a chi ho scelto.»
E in questo preciso istante vorrei tanto poterle promettere che niente le farà pentire di essersi innamorata di me, ma con rammarico realizzo che sarebbe solo l’ennesima bugia. «Adesso sono io a scegliere...» sussurro, ripetendomi che la cosa più giusta da fare è liberarla e che sarà sicuramente felice senza di me, molto più di quanto non lo sia stata con me finora. «...e scelgo di lasciarti andare.»
«Che cosa?!» domanda in un soffio, perplessa. Di colpo i suoi occhi si riempiono di sorpresa e vagano per la stanza, quasi fossero in cerca di qualcosa a cui aggrapparsi. «No, Damon...»
«Ho scelto di non dover pensare...» la interrompo, distogliendo a mia volta lo sguardo per qualche secondo, incapace di guardarla «...a come tu ti possa sentire ogni volta che un fantasma del mio passato tornerà nelle nostre vite.» Elena batte le palpebre, stordita, schiudendo le labbra forse nel tentativo di controbattere. «Scelgo di darti sollievo» proseguo a malincuore, insistente e persuasivo nel tentativo di convincerla, di convincermi che quella che sto per prendere è la decisione migliore. Per il suo stesso bene. «Non mi dovrai più difendere per tutto ciò che di orribile ho commesso...»
«Piantala di comportarti come se io sia perfetta!» replica a quel punto, indignata, indietreggiando di qualche passo. La sua voce, inizialmente ferma, trema per un attimo tradendo esitazione e sofferenza. Le do le spalle passandomi una mano sul viso e l’ascolto continuare con il magone: «Damon, anch’io ho fatto cose orribili. Tu pensi che starò qui a giudicarti dopo aver scoperto che sei stato torturato per cinque anni?»
Ed è allora che il risentimento e la paura prendono il totale sopravvento: mi volto nella sua direzione ormai fuori controllo, dominato da una collera indomabile e improvvisa. «Smettila di difendermi!» urlo in preda alla disperazione, con tutta la voce che ho in corpo.
Lei resta immobile, in silenzio, ammutolita dalla mia reazione brusca ed improvvisa, osservandomi con quei suoi grandi occhi da cerbiatta spalancati e le lunghe ed esili braccia abbandonate lungo i fianchi.
Qualcosa dentro di me mi scongiura di andare ad abbracciarla e rassicurarla, darle la certezza che un giorno diventerò un uomo migliore. Tuttavia la consapevolezza mi impedisce di farlo perché lo so, so perfettamente che...
«Io non cambierò chi sono. Non posso...» mormoro, chiedendole silenziosamente scusa con lo sguardo. «Ma mi rifiuto di cambiare te.»




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