Titolo
Questa è la prima volta che scrivo una fanfiction su Harry Potter. Commenti,
critiche e suggerimenti sono i benvenuti. Inoltre volevo ringraziare Lilyj
per avermi segnalato la castroneria che avevo fatto definendo le donnole dei
roditori, e T'Jill, la quale ha svolto un repentino e ottimo
mini-betaggio di questo capitolo.
Capitolo 1
Quando Draco si svegliò ebbe come
l'impressione di immergersi in una vasca di acqua calda. Tutto era ovattato e
indefinito. Forse ciò era dovuto dall'intorpidimento causato dal lungo sonno, o
forse, più probabilmente, dal cuscino premuto ben poco gentilmente contro il suo
viso.
“Vuoi deciderti a svegliarti? Abbiamo
fame e quell'odioso elfo domestico che ti ritrovi si rifiuta di servirci la
colazione fino a quando tu non gli abbia ordinato di farlo.”
Draco, ancora confuso dal brusco
risveglio e dal fatto di subire un attentato alla propria vita prima del caffè
del mattino, riuscì in un modo o nell'altro a liberare una gamba dal groviglio
di coperte e a dare un altrettanto poco gentile calcio verso il suo assalitore.
Dal lamento e dal tonfo che seguirono appena dopo, e dal fatto che la pressione
del cuscino contro il suo viso era diminuita, capì che il colpo era arrivato a
destinazione.
“Weasel*! Razza di mammifero
sottosviluppato affetto da gravi problemi mentali e di acne, che cosa credevi di
fare?” urlò Draco sedendosi sul letto ormai completamente sfatto e fissando con
la miglior espressione di disgusto in grado di assumere appena sveglio il suo
aspirante assassino.
Ron, con il viso paonazzo e i
lineamenti tirati un po' dal dolore e un po' dalla rabbia, si rialzò in piedi
massaggiandosi con la mano la bocca dello stomaco.
“Non è acne, sono lentiggini, quante
volte te lo devo ripetere? E poi è ovvio quello che avevo intenzione di fare:
ucciderti in modo da liberare tutti noi dal regime dittatoriale tuo e del tuo
stupido elfo domestico.”
Draco meditò per un attimo di come
non fosse un buon piano rivelare i propri intenti omicidi alla vittima e di come
sarebbe stata la storia se i rivoluzionari fossero stati tutti Gryffondor.
Ringraziò per l'ennesima volta in quell'ultima settimana di essere nato
Slytherin e, alzatosi, si diresse verso la porta del suo bagno personale.
“Per quanto sia onorato di essere il
protagonista assoluto di un complotto tanto ben congegnato, ti devo chiedere di
uscire dalla mia camera. I miei capelli necessitano di attenzione e la tua
ulteriore presenza potrebbe infliggere danni permanenti al mio specchio.”
Draco ebbe come l'impressione di
sentire un ringhio provenire da dietro le sue spalle, ma i suoi prodotti per
capelli richiamavano a gran voce di essere utilizzati e così non se ne curò.
“Non osare nemmeno pensare di
rinchiuderti nel bagno, Malfoy! Mettiti solo una maglietta e un paio di
pantaloni, e scendi a ordinare alla tua schiavitù con le orecchie a punta di
sfamarci!”
Sì, era proprio un ringhio. A quanto
pareva i Weasley non intrattenevano rapporti disdicevoli solo con mudblood, ma
anche con bestie ed affini. Con un brivido Draco cercò di togliersi dalla mente
un'immagine alquanto raccapricciante di Lenticchia che faceva gli occhi dolci a
Firenze, il centauro che insegnava Divinazione ad Hogwarts, e catalizzò tutta la
propria attenzione nell'assumere un tono di voce fintamente scandalizzato e
fastidiosamente acuto.
“E spogliarmi di fronte a te? Razza
di pervertito, non te l'ha detto mamma weasel che non si chiedono queste cose di
punto in bianco? Insomma, almeno prima regalami dei fiori o dimmi che la
lucentezza dei miei occhi riempie il tuo cuore di desiderio.”
Draco ebbe appena il tempo di
chiudere la porta del bagno dietro di sé prima di sentire il vaso della prozia
Betty sfracellarsi contro di essa. Perfetto, pensò con un ghigno, non vedeva
l'ora di contemplare l'espressione di Weasley quando gli avrebbe chiesto di
pagare i danni.
*
Dopo aver dato la dovuta attenzione
ai suoi capelli e aver perfezionato davanti lo specchio l'espressione di
disgusto che aveva intenzione di rivolgere a Lenticchia quella giornata, Draco
si diresse verso la sala da pranzo. Aperta la porta dovette fermarsi e sbattere
le palpebre per un paio di volte. I suoi occhi dopo una settimana facevano
ancora fatica ad abituarsi a quell'accozzaglia di pacchiano e volgarità tutta in
una volta. Scorse velocemente lo sguardo lungo quella marea di capelli rossi che
invadeva entrambi i lati del lussuoso tavolo situato nel mezzo della sala. Quel
colore faceva a pugni con le pareti, le tende e persino con i soprammobili. A
quanto pareva l'arredatore non aveva mai neppure preso in considerazione
l'eventualità che in quella stanza potesse entrare qualcuno con dei geni di tale
cattivo gusto.
Tutti e sette i componenti della
famiglia Weasley erano seduti nella tavolata dei Malfoy. Draco ricordò con un
misto di divertimento e di pietà il momento in cui suo padre, una settimana
prima, aveva per la prima volta visto tale chiaro segno dell'apocalisse
imminente. Da quel momento non era più stato lo stesso.
Mentre si avvicinava alla tavolata
Draco cercò di assumere un comportamento calmo e misurato. Sua madre da piccolo
gli diceva sempre che bisognava fare così quando ci si avvicinava ad animali
rimasti allo stato selvaggio. Loro erano in grado di odorare con i loro lunghi
nasi acnosi la paura, lo sapeva.
“Finalmente ti sei deciso ad
arrivare. Potevi evitare di spendere tanta fatica per quella faccia da furetto
che ti ritrovi, se i tuoi genitori non sono riusciti a cambiartela quando eri in
fasce non penso che ci siano più speranze”.
A quanto pareva Lenticchia ce l'aveva
ancora per la storia del calcio, e neanche gli altri sembravano essere molto
contenti di lui visti gli sguardi torvi diretti verso la sua persona.
Assumendo un'espressione ed una
gestualità raffinata, Draco accennò un inchino in direzione della signora
Weasley. Sua madre gli aveva detto anche che conquistati i favori del capo
branco avrebbe tenuto in pugno l'intero clan.
“Mi dispiace profondamente per avervi
fatto aspettare. Per farmi perdonare di tale ignobile leggerezza ho già dato
ordine agli elfi domestici in cucina di preparare la miglior colazione che abbia
mai sfiorato i vostri palati,” disse compiacendosi mentalmente per la propria
furbizia.
I lineamenti della signora Weasley si
addolcirono immediatamente e, con fare materno, lo spinse a prendere posto nella
tavolata accanto a Ron, con grande disappunto del suo ultimogenito.
“Oh caro, non c'è niente di cui tu ti
debba scusare. E' normale per un ragazzo della tua età non riuscire a svegliarsi
la mattina. Ecco, siediti comodo.”
“Grazie signora Weasley,” rispose
mellifluo Draco, approfittando dell'occasione per dare una gomitata al ragazzo
sedutogli accanto.
Improvvisamente la colazione apparve
sulla tavolata dal nulla e, mentre era intento a sporgersi per prendere un
barattolo di marmellata, Lenticchia approfittò di quell'attimo di disattenzione
per ricambiargli il favore. Due volte.
Nessuno dei presenti se ne accorse
essendo tutti apparentemente decisi a decimare la fortuna dei Malfoy con le loro
fauci voraci, se non la Weasleyuccia femmina, la quale rivolse una strizzata
d'occhi al fratello e una smorfia di disgusto a Draco.
“Hai dormito bene, caro?” chiese la
signora Weasley in un disperato tentativo di fare conversazione.
“Benissimo,” rispose con tono
soffocato Draco, massaggiandosi ancora le costole.
In effetti era proprio così. Gli
sembrava di aver fatto un lunghissimo sogno, anche se al momento gli sfuggiva
del tutto dalla memoria. Ora che ci pensava non si ricordava neppure di essersi
messo a letto la sera prima. Probabilmente ciò era dovuto dallo stress causato
dall'avere la propria casa invasa da un branco di bestie selvagge dai colori
osceni e con una particolare predilezione per cibi costosi e pregiati. Non
credeva affatto che i gemelli pel-di-carota fossero affetti da una gravissima
allergia alimentare che gli permetteva di mangiare soltanto piatti a base di
caviale e tartufo, e un giorno o l'altro sarebbe riuscito a coglierli in fallo.
Draco ripensò con profondo lutto agli
ultimi, lunghissimi, giorni. Il signor Weasley passava metà del suo tempo a
disegnare su pergamene schizzi di spine eclettiche o cos'altro fossero e l'altra
metà a ringhiare minaccioso a tutti i ritratti dei suoi avi appesi sulle pareti
della magione (sguardi peraltro del tutto contraccambiati dagli ospiti di questi
quadri). La moglie, apparente resa folle al cospetto di tanto lusso e splendore,
non faceva altro che preoccuparsi della sua carnagione (“Non sono pallido, sono
aristocratico. C'è una esplicita legge nel manuale deontologico della famiglia
Malfoy che vieta categoricamente a tutti i suoi componenti di bruciarsi la pelle
al sole,” aveva cercato di dirle più volte, inutilmente, Draco). I gemelli
(Forge e Grog o come cavolo si chiamavano) erano apparentemente giunti alla
conclusione che se non puoi sconfiggere il nemico almeno puoi ridurlo sul
lastrico riempiendoti la pancia nel contempo. Con Lenticchia e la Weasleyuccia
femmina, infine, era guerra aperta, con tanto di insulti, calci e gioco sporco.
Quelli erano i momenti migliori per Draco, gli facevano sempre venire in mente
le sue giornate ad Hogwarts permettendogli di distogliere per un attimo
l'attenzione da ciò che era rimasto della sua nobile ed illustre dimora.
Unica ancora di salvezza in quei
momenti di profondo sconforto era il pensiero che in quel momento sarebbe potuto
essere rinchiuso ad Azkaban ad essere mangiato vivo da pulci e zecche, senza
contare il danno che ciò avrebbe inflitto ai suoi capelli. Per riuscire a
riprendersi dal pensiero di tale mostruosità, Draco ingoiò una lunga sorsata di
caffè, come a volersi liberare da un orrendo saporaccio.
Tutto aveva avuto inizio una
settimana prima: la notte in cui aveva fatto entrare i Deatheater ad Hogwarts,
aveva fallito la sua missione e si era ritrovato per sbaglio a far parte
dell'Ordine della Fenice. Non propria una giornata delle più fortunate, insomma.
La prossima volta che avrebbe dovuto mettere in pratica un astuto piano
malvagio** sarebbe prima corso a controllare il suo oroscopo.
A volte sembrava che fosse passata
una vita da quei terribili momenti, altre volte li sentiva così vicini da aver
voglia di gridare e scappare, come se i seguaci del Signore Oscuro (“i tuoi
amichetti,” era solito correggerlo Lenticchia, ma aveva smesso da quando gli
elfi domestici gli avevano messo una tarantola nella zuppa) stessero ancora
rincorrendo lui e sua madre mentre si davano alla fuga, prima di venir salvati
dal Professore Snape.
Ora erano lì, circondati da una marea
di volgari teste rosse, certo, ma almeno erano insieme: lui, sua madre e suo
padre (richiamato improvvisamente agli arresti domiciliari nel caso che il
Signore Oscuro facesse una gita ad Azkaban per vendicarsi del loro tradimento).
E tutto perché lui era un codardo.
Aveva abbassato la bacchetta, non
aveva ucciso Dumbledore. Non è che avesse avuto particolari scrupoli morali o
altro, semplicemente non ne era stato in grado. Per tutto l'anno, mentre
lavorava disperato su quei maledetti armadi, non aveva fatto altro che
assaporare il momento che avrebbe messo fine a tutto. Invece, quando finalmente
esso era giunto, non era riuscito a completare la sua missione.
Per una volta nella sua vita, si
ritrovò a pensare Draco addentando una fetta di pane e marmellata, il fatto di
essere un debole non gli pesava affatto. Se non fosse stato un codardo ora non
sarebbe stato lì e non avrebbe riavuto la sua famiglia.
Ma, come dice il detto, non puoi
avere il calderone pieno e la moglie incantata, quindi improvvisamente l'Ordine
Della Fenice (che comunque aveva un nome orribile. Il Signore Oscuro poteva pure
essere un pazzo assassino, ma almeno aveva stile) sembrava aver deciso che i
Malfoy, per il semplice fatto che avessero chiesto le dimissioni dalla loro
carriera di cattivissimi Deatheater assetati di sangue, ora erano dalla loro
parte. Come se ciò non bastasse Malfoy Manor, dopo essere stata resa a prova di
Unforgivable da tutti gli incantesimi del caso, era diventata il loro nuovo
quartier generale.
Draco considerava la cosa alquanto
ingiusta. Insomma, avrebbero potuto mettere la cosa ai voti o almeno pagare un
giusto affitto mensile. Inoltre aveva sempre creduto che per entrare a far parte
di un organizzazione super segreta che combatte contro le forze del male ci
volessero qualità come altruismo e buon cuore, ma a quanto pareva avere una
gigantesca magione a disposizione e approfondite conoscenze del giro di amici
del Signore Oscuro bastavano come qualifiche.
Improvvisamente la porta della sala
si aprì e si udì provenire da essa un gemito di profonda disperazione. Draco
alzò il volto dalla propria colazione e scambiò col padre uno sguardo che voleva
dire 'sono qui con te, affronteremo insieme ogni sofferenza'.
Ciò sembrò dare un po' di conforto a
Lucius, il quale, avvicinandosi con fiera rassegnazione alla tavolata, diede una
veloce ed un po' maldestra pacca sulla spalla del figlio.
Draco non riuscì a trattenere il
formarsi di un sorriso sulle sue labbra, ma si premurò a soffocarlo
efficacemente dentro la sua tazza di caffè.
“Vedo che siete qui. E state facendo
colazione.”
Draco ebbe quasi l'impressione di
sentire un sibilo nelle parole del padre. Forse qualcuno dei loro antenati era
un parseltongue, sarebbe stato figo.
“Sai, questo è il quartier generale
dell'Ordine della Fenice, ordine di cui noi facciamo parte, nel caso tu te ne
sia dimenticato,” disse il signor Weasley con tono colloquiale alle sue uova
strapazzate.
“Certo,” sibilò a denti stretti
Lucius. “Quello che non avevo capito era che il quartier generale dovesse
disporre anche di una nursery, in questo caso mi sarei attrezzato.”
Per la prima volta da quando Draco
era entrato, il signor Weasley alzò il volto dal tavolo. Le sue orecchie
completamente paonazze quasi non si distinguevano dai capelli e il suo sguardo
era infuocato, in completo contrasto con l'atteggiamento freddo e controllato
dell'uomo biondo sedutogli di fronte.
“Su caro, non essere scortese con i
nostri ospiti.”
La nuova voce, un po' bassa e dalla
cadenza gentile, distolse l'attenzione di tutti i presenti dalla diatriba in
corso e Draco quasi si lasciò scappare un sospiro di sollievo. Non avrebbe mai
osato ammetterlo di fronte a suo padre ma, quando anni prima Lucius aveva
scatenato una rissa col signor Weasley al Ghirigoro, non ne era uscito un gran
che vittorioso.
“Non stavo mancando di rispetto, mi
stavo solo assicurando che i nostri ospiti” qui il signor Malfoy fece una pausa,
come se avesse appena pronunciato una volgarità disgustosa “disponessero di
tutto ciò di cui avessero bisogno.”
Narcissa, ancora ferma sullo stipite
della porta, fece un elegante gesto con la mano, come a voler scacciare una
mosca fastidiosa, senza, nel contempo, arrecarle alcun disturbo.
“Sono certa che ci penseranno gli
elfi domestici ad ogni loro necessità. Gli ho già dato l'ordine di preparare le
stanze per gli altri, ormai dovrebbero stare per arrivare.”
A Lucius andò di traverso la tazza di
tè.
“Altri? Vuoi dire che ce ne sono
altri?” riuscì a dire, tra un colpo di tosse e l'altro, mentre con ampi gesti
plateali indicava le teste rosse attorno a lui che lo guardavano con aria
contrita. A Draco non parve essere una buona mossa: gli animali selvaggi si
innervosivano dinnanzi a movimenti bruschi ed improvvisi, lo sapevano tutti.
“Harry sta arrivando?” disse la
Weasleyuccia femmina che, nel tentativo di scattare in piedi il più velocemente
possibile, ficcò il gomito nel piattino del burro.
Imbarazzante, pensò Draco stringendo
più forte la sua tazza di caffè, platealmente ridicola.
Narcissa strinse per un attimo gli
occhi dinnanzi a tale mancanza di ritegno e di buone maniere, e, impassibile,
riprese a parlare.
“Il signor Potter, il signor Lupin,
Severus e la signorina Ginger-”
“Granger,” ringhiò Lenticchia.
“dovrebbero essere qui a momenti,”
continuò incurante la signora Malfoy. “Mia sorella mi ha mandato un gufo poco fa
per avvertirmi.”
La schiena di Draco per un attimo
ebbe un fremito, poi gli venne in mente che, dal momento in cui la sua famiglia
non intratteneva più dei rapporti amichevoli con zia Bella (a quanto si sentiva
in giro aveva giurato al Signore Oscuro che gli avrebbe torturati, fustigati ed
infine uccisi per rimediare al disonore che avevano portato alla famiglia), sua
madre doveva riferirsi a zia Andromeda. Gli sembrava una tipa a posto nonostante
la conoscesse da solo una settimana. Aveva sì un gusto pessimo in fatto di
uomini, ma almeno non voleva farli tutti a pezzettini e usare il loro sangue per
scrivere sulle pareti di casa “Voldy, il mio oscuro cuore malvagio batte
soltanto per te”.
In quel momento un elfo domestico con
uno schiocco si materializzò nella sala e, con un profondo inchino che fece
strusciare le sue pesanti orecchie sul pavimento, informò i suoi padroni che sì
signore, erano arrivati, signor sì, gli ospiti, e che, certamente signore, li
aveva fatti accomodare nel salone.
Ci fu un movimento di massa. Draco
per un attimo si sentì annegare in un fiume color rosso sangue. Perfetto, pensò
addentando con tutta calma una brioche, mancava soltanto la piaga delle locuste
e sarebbero stati al completo.
*
Draco, finita in completa
tranquillità la sua colazione, si decise ad andare a fare gli omaggi di casa ai
suoi nuovi inquilini, non prima ovviamente di aver fatto una lunga sosta in
bagno a controllare lo stato dei suoi capelli.
Arrivato sullo stipite della porta fu
costretto a fare una ben poco dignitosa giravolta per evitare il placcaggio di
due elfi domestici che, indaffarati, stavano uscendo dal salone con le braccia
impegnate da grossi vassoi vuoti. Purtroppo Draco non aveva calcolato la
possibilità a metà dell'azione di inciampare sull'orlo del tappeto che si
trovava sotto i suoi piedi, e si ritrovò così a subire una ancor meno dignitosa
caduta.
Draco maledì per un attimo tutti gli
elfi domestici del mondo e il gusto di sua madre per le cose pelose e
completamente inutili, quando si ritrovò a sbattere contro qualcosa di caldo e
con due braccia.
Sfortunatamente la cosa calda e con
due braccia era anche parecchio più bassa di lui e con una massa muscolare
praticamente inesistente.
Con un tonfo lievemente soffocato
dall'orrido tappeto, Draco finì malamente a terra. Aprì gli occhi e si accorse
di avere le braccia piene di Potter.
Due spalancati occhi verdi lo
fissavano sorpresi da sotto di lui e Draco avvertì l'immediata urgenza di
alzarsi. Ci provò ma improvvisamente ogni sua articolazione era bloccata e il
suo corpo sembrava pesare cento chili.
Un'ombra minacciosa si allungò sopra
di loro. Draco alzò il capo e vide Lenticchia che, sul ciglio della porta,
sembrava essere intento ad assomigliare il più possibile ad un pesce palla.
“Non è come potrebbe sembrare,” disse
con le parole che uscivano cento all'ora dalla sua bocca.
“Per Merlino! Malfoy sta cercando di
uccidere Harry!” urlò Weasley inorridito.
“Beh, non è neanche quest'altra cosa
che potrebbe sembrare,” rispose Draco, un po' più incerto.
“Malfoy è inciampato e siamo caduti,”
affermò prontamente Potter, mentre cercava invano di ridarsi un contegno.
Draco improvvisamente avvertì
chiaramente il profumo di Potter, e il pensiero che i loro volti erano distanti
pochi centimetri l'uno dall'altro lo colpì come una scossa elettrica,
obbligandolo ad alzarsi il più velocemente possibile.
“Potter, sei appena arrivato e già mi
sei fra i piedi. Ti pregherei d'ora in poi di mantenere una distanza minima di
cinque metri tra te e la mia persona. Posso ammettere tre metri, ma solo in
situazioni di vita o di morte.”
Draco sapeva che quando era nervoso
aveva l'abitudine di parlare velocemente, ma in quel momento era la calma fatta
persona. Il fatto che le sue parole continuassero a susseguirsi una dopo l'altra
ininterrottamente non significava nulla, assolutamente.
Comunque Potter non pareva farci
troppo caso, era troppo impegnato a fissarlo. Non gli piacevano le persone che
lo fissavano: lo rendevano nervoso. Non che in quel momento si sentisse così.
Era completamente rilassato e a suo agio.
“E per situazioni di vita o di morte
non intendo terremoti, alluvioni o draghi imbizzarriti, in quel caso la tua
presenza sarebbe solo d'impiccio, ma situazioni davvero senza via di scampo,
quali per esempio nel caso che io fossi inseguito dai Death Eater, che
Tu-Sai-Chi cercasse di rapirmi per fare di me il suo schiavo-sessuale, che
finisse il mio shampoo specifico per capelli delicati e stressati-”
“Malfoy, stai bene.”
“che rischiassi di dover entrare in
contatto fisico con un Weasley, che... scusa, Potter?”
“Intendo dire che sembri stare
decisamente meglio. Meglio rispetto a una settimana fa, ecco. Cioè da quando eri
a scuola.”
Draco si sentì un poco rassicurato
dal fatto che, nonostante al momento non fosse in grado di controllare la
velocità con cui le parole gli uscivano di bocca, riuscisse comunque ad essere
più coerente di Potter e ad avere una maggiore padronanza lessicale.
“In effetti devo ammettere che il
fatto di non dover uccidere più qualcuno per evitare di vedere massacrata la
propria famiglia faccia miracoli alla carnagione. Non puoi nemmeno immaginare
quanto essere agli ordini di un Signore Oscuro possa essere stressante, per non
parlare dei danni che può procurare alla pelle.”
“Capisco,” rispose incerto Potter.
“Harry, ho trovato l'incantesimo di
traduzione per la mappa, ora possiamo- oh, ciao Malfoy.”
“Salve, Granger.”
A quanto pareva quell'ultima
settimana non aveva fatto altrettanto bene alla mezzosangue. Draco scorse
velocemente la figura della ragazza appena uscita dalla sala. I suoi capelli
erano come al solito un disastro, aveva le dita sporche di inchiostro e quell'espressione
nervosa sul volto non le donava affatto.
“Dicevo. Ho l'incantesimo di
traduzione... per la mappa di Londra. Malfoy, non puoi nemmeno immaginare quanto
sia complicato riuscire ad orientarsi per la metropolisiana, ci si perde di
continuo. E noi volevamo farci un giro per-”
“Volevamo andare a comprare dei
regali per te e la tua famiglia, per ringraziarvi dell'ospitalità, ecco,” si
intromise prontamente Lenticchia.
Malfoy non aveva nessuna idea di cosa
fosse una metropolisiana, ma nel riuscire a smascherare le bugie era un esperto.
Dopo sei anni nel dormitorio Slytherin certe cose diventavano naturali, come
anche l'abitudine di rendere il proprio letto impenetrabile, insonorizzato e a
prova di odori. Una lunga storia che riguardava Goyle, un incantesimo sbagliato
e un vaso da notte.
“E quindi capirai che è nostro dovere
andare da soli in qualche stanza, in modo da discutere su cosa sia meglio
regalarvi. Una stanza lontana e preferibilmente a prova di spie.”
“Per non rovinare la sorpresa,
naturalmente. Sia mai che qualcuno possa ascoltarci e capire quello che vogliamo
fare-”
“Che vogliamo regalarvi, voleva dire
Ron,” riprese la palla al balzo Granger, lanciando a Lenticchia uno sguardo
malevolo.
Draco inarcò un sopracciglio nel modo
in cui vedeva fare sempre a Blaise, e sperò di ottenere la stessa aria di
altezzoso scetticismo che veniva così naturale all'amico.
“Quindi vi serve un luogo appartato
per discutere senza il rischio di orecchie indiscrete?” disse soppesando ogni
singola parola.
“Ci sarebbe di enorme aiuto, sì.”
A Draco quasi sembrò di sentire il
sollievo nella voce della ragazza.
“Diciamo che, forse, ci sarebbe una
stanza che potrebbe fare al caso vostro.” Draco fece una pausa ad effetto. Gli
piaceva tenere col fiato sospeso la sua audience quando aveva l'opportunità di
esibirsi. “Ma ad una condizione.”
“Cosa vuoi, Malfoy, soldi?” ringhiò
Lenticchia.
“Non dire sciocchezze, weasel. Vivi e
mangi praticamente a mie spese e ti assicuro che il costo morale di ciò è mille
volte più pesante di quello monetario. Quello che voglio è sapere cosa avete in
mente di fare voi tre.”
“Te l'abbiamo detto. Vogliamo fare un
regalo alla tua famiglia.”
“Granger, risparmiami la commediucola
strappalacrime. Non sono solo uno Slytherin ma anche un figlio unico, dicevo
bugie per avere dei riscontri personali già da prima che tu sapessi scrivere il
tuo nome.”
“Malfoy.” La voce di Potter zittì
immediatamente Lenticchia e la mezzosangue. “Hai ragione, non dobbiamo fare
alcun regalo alla tua famiglia. Ma ci serve davvero un posto dove parlare
tranquillamente. Non è per fare nulla di male, lo giuro. È solo, sai, una cosa
complicata.”
Ora Draco era davvero curioso. Cosa
dovevano fare i tre Gryffondor di così misterioso, da soli in una stanza
appartata, senza il rischio di venire scoperti...
Oh.
“Quindi, questa cosa che dovete
fare...” disse Draco con la voce leggermente strozzata. “È urgente?”
“Molto.”
L'espressione della Granger era dura
e determinata. Suo padre si era sempre lamentato della mancanza di ritegno dei
mudblood, ma Draco credeva che si riferisse ai loro vestiti osceni e alle loro
maniere rozze, non alla loro deviata vita sessuale.
“E qualcuno ne è a conoscenza?”
“Beh, Dumbledore lo sa, è stato lui a
incoraggiarci a farlo,” rispose pensieroso Lenticchia.
Draco aveva sentito delle voci
riguardo al preside, ma non avrebbe mai creduto che quel vecchio potesse
spingere tre dei suoi alunni ad inoltrarsi nelle vie più estreme e sfrenate
della perversione sessuale. Insomma, ormai era un uomo in andropausa, avrebbe
dovuto imparare a mantenere un certo contegno almeno sul luogo di lavoro.
Improvvisamente la conversazione
avuta una settimana prima sul tetto della scuola assunse per Draco tutta una
serie di nuove sfumature. Avrebbe dovuto ricordarsi di chiarire la situazione
con il preside il prima possibile, sarebbe stato gentile ma irremovibile a
riguardo.
“Guardate, vorrei davvero aiutarvi,
in fondo sono un adolescente anche io e vi comprendo, ma come padrone di casa ho
delle responsibilità e non posso permettere che sotto il mio tetto avvengano
certe attività.”
“Ma questa non è solo la tua casa
ormai, è il quartier generale dell'Ordine della Fenice,” disse, insensatamente,
Potter.
“Volete dire che nel vecchio quatier
generale facevate questo tipo di cose?”
I tre Gryffondor si guardarono con
un'espressione confusa.
“Certo Malfoy, tutto il tempo,”
rispose Lenticchia, con lo stesso tono di voce che avrebbe usato per dire quale
fosse il suo piatto preferito.
Draco si chiese per un attimo se la
professoressa McGonagall fosse a conoscenza delle attività extracurricolari che
solevano intraprendere i suoi tre studenti prediletti, quando un atroce sospetto
gli si soffermò nella mente.
“E le facevate solo voi o anche...”
Potter lo guardò sbattendo per un
paio di volte le palpebre, come se non riuscisse a capire dove fosse il problema
in tutto ciò.
“Lo facevano anche tutti i componenti
dell'Ordine, naturalmente.”
Se le avesse sapute prima queste
cose, rifletté Draco mentre la sua mente gli proponeva migliaia di scene
sconvenienti e in un certo qual modo stranamente eccitanti, non ci avrebbe messo
così tanto tempo a cambiare schieramento.
“Beh, Malfoy potrebbe venire con
noi,” disse lentamente Potter.
“Harry!” urlò Lenticchia.
“Harry!” gli fece eco Granger.
“Cosa? Almeno in questo modo potrebbe
rassicurarsi, e poi mi sembra giusto. In fondo se non fosse stato per lui ora
Dumbledore sarebbe morto. Gli siamo debitori.”
A quanto pareva era pratica comune
per i Gryffondor mostrare riconoscenza invitando le persone a sessioni di sesso
di gruppo. Draco non ci trovava nulla di male in ciò, avrebbero dovuto renderla
una pratica diffusa anche nelle altre case, nazionale persino.
“La proposta è molto allettante, sono
decisamente lusingato, ma spero, Potter, che tu ti renda conto che accettare
significherebbe non solo dover violare la regola dei cinque metri, ma ritrovarmi
a dover subire contatto fisico da un Weasley.”
“Malfoy, ma cosa stai dic-”
“Quindi no, grazie davvero per avermi
preso in considerazione, ma non credo di esser pronto a certe pratiche fin dai
primi anni della mia giovinezza. Dicono che questo tipo di cose possono
diventare come una droga: inizi oggi con manette e biancheria edibile, e domani
ti ritrovi a chiedere pietà sotto ad un elfo domestico vestito da domatore di
draghi-”
“Malfoy!”
“Non sono mica sordo, Sfregiato! Cosa
c'è?”
“Ma cosa ti è venuto in mente?”
Draco trovava che il rosso non
donasse assolutamente a Potter, stava per farglielo notare quando
improvvisamente un dubbio iniziò ad insinuarsi nella sua mente.
“Vuoi dire che non mi hai appena
proposto di partecipare con te, Weasley e Granger ad un'orgia?”
“Certo che no!”
Draco avvertì l'aria intorno a lui
diventare improvvisamente più calda e sentì l'infrenabile bisogno di allentarsi
il colletto della camicia, poi si ricordò che quel giorno non aveva indossato la
camicia.
“Va bene, non c'è il bisogno di
scaldarsi tanto. Ho fatto un piccolo errore che poteva capitare a tutti,” si
difese Draco, un po' offeso. Insomma, non era certo colpa sua se Potter non era
in grado di formulare un concetto chiaro e coerente. “E poi per cos'altro
avreste dovuto aver bisogno di un luogo appartato, per scambiarvi le figurine
delle Cioccorane?”
“O forse per ideare un piano per
sconfiggere Tu-Sai-Chi e salvare il tuo brutto sedere purosangue?” disse
Lenticchia velenoso.
“Ron!”
“Non fare così, Hermione. È solo
Malfoy. Cosa potrebbe mai fare, andare dai suoi ex-amichetti e dire che i suoi
nuovi ospiti stanno ideando un piano per sterminarli tutti? Ed è meglio che
sappia la verità prima che inizi di nuovo a spargere strane voci.”
“Onestamente più che “ospiti”
preferirei utilizzare il termine “inquilini”, e poi vi assicuro che non ho
assolutamente idea di chi abbia mai messo in giro quella diceria su voi e il
mezzo gigante a scuola,” disse Draco guardandosi le unghie. “Comunque potevate
dirla prima la verità senza dover creare a tutti i costi tante incomprensioni.
Il terzo piano è pieno di stanze inutilizzate. Facevano parte degli appartamenti
della prozia Betty: le piaceva fare degli strani esperimenti sugli elfi
domestici e, anche dopo la sua morte, questi continuano a rifiutarsi di
avvicinarsi a quel piano. Dovrebbero andare bene, basta non fare troppo caso
alla polvere o alle macchie di sangue.”
Draco alzò lo sguardo e si accorse
che i tre Gryffondor lo stavano fissando stupiti.
“Cosa c'è? Voi tre che escogitate
qualche assurdo piano suicida non rientra esattamente nella mia definizione di
insolito. Vi ricordo che ho passato gli ultimi sei anni a cercare di mettervi il
ragno nel calderone, peraltro riuscendoci perfettamente ogni singola volta.”
“Ti sarebbe piaciuto, Malfoy,” sbuffò
Ron.
I tre Gryffondor si guardarono un
attimo titubanti, Harry fece un lieve cenno con la testa e iniziarono a
dirigersi verso le scale che portavano al terzo piano.
“Sapete che la storia degli
adolescenti che sconfiggono il male e salvano il mondo è terribilmente banale e
fuori moda?” gli urlò dietro Draco.
“Mi ricorderò di dirlo a Voldemort la
prossima volta che lo incontro,” rispose Potter, guardandolo da sopra la spalla.
Draco osservò per un attimo le
schiene dei tre ragazzi farsi sempre più piccole, sospirò e si accinse ad aprire
la porta della sala.
Aveva appena posato la mano sulla
pesante maniglia dorata quando udì delle voci provenire da dentro la stanza.
“Professor Lupin, Snape sta cercando
di avvelenarmi.”
“Ginny, non credo che Severus
potrebbe mai-”
“Le dico che il mio succo di zucca ha
uno strano odore, e quando ci ho immerso il cucchiaino questo SI È SCIOLTO!”
“Signora Weasley, dev'essere
movimentata la sua vita con così tanti figli.”
“Parecchio, signora Malfoy. Sono
cinque e le assicuro che è un lavoro a tempo pieno.”
“Immagino. Da anni mi sto battendo
per l'insegnamento a Hogwarts dei metodi anticoncezionali. Penso che lei, nella
sua situazione, sia d'accordo con me nell'affermare che ci sia troppa
disinformazione a riguardo.”
“Scusi?!”
“Finky, porta una bottiglia di whisky
incendiario”
“Malfoy, non credo che i ragazzi
dovrebbero bere superalcolici.”
“Infatti non è per loro, è per me.
Finky, sarà meglio che ne porti due.”
Forse avrebbe dovuto seguire i tre
Gryffondor, pensò Draco voltandosi e dirigendosi verso le scale, solo per
assicurarsi che non facessero danni, naturalmente. Sua madre ci sarebbe rimasta
malissimo se, oltre al vaso della prozia Betty, quel giorno altri cimeli di
famiglia fossero andati distrutti.
*
“Cosa ci fa lui qui?”
Draco si lisciò un attimo i pantaloni
nonostante gli calzassero già alla perfezione e pensò che indicare col dito una
persona fosse un gesto alquanto maleducato, ma in fondo da Weasley non poteva
aspettarsi di meglio.
“Perché, Lenticchia, si da il caso
che questa sia casa mia, e che pertanto io non veda alcun motivo che mi possa
impedire di rimanere nella mia sala, seduto sul mio divano, a godermi il calore
del mio camino.”
“Malfoy, è luglio.”
“E allora? Patisco molto il freddo e
mi piacciono i riflessi che il fuoco dona ai miei capelli.”
Ron si limitò a lanciargli
un'occhiata di profondo disgusto, ma solo perché al momento Potter e Granger lo
stavano trattenendo con tutte le loro forze affinché non facesse una
carneficina.
“Comunque sono parzialmente
d'accordo: siamo decisamente in troppi qui. Consiglierei una votazione per
decidere chi escludere. Io propongo Lenticchia, e visto che sono il padrone di
casa il mio voto vale triplo.”
“Qui nessuno voterà contro nessuno,
capito?” disse in tono autoritario Potter, ma l'effetto in generale non era un
gran che convincente poiché era ancora impegnato a trattenere a stento un
Weasley ringhiante e alquanto agitato. “Ron, in fondo Malfoy potrebbe esserci
utile. Potrebbe... ecco, potrebbe... potrebbe avere qualche buona idea.”
Stranamente le parole di Potter, se
tali potevano essere definite quell'accozzaglia di sillabe messe a caso una dopo
l'altra, non convinsero un gran che Draco, e neanche Lenticchia e la mezzosangue
stando allo sguardo scettico che rivolsero all'amico.
“Vi assicuro che sono in grado di
essere decisamente utile, inoltre i miei piani sono geniali,” cercò di
difendersi Draco.
“Malfoy, durante l'ultimo dei tuoi
geniali piani hai seriamente rischiato di farmi morire avvelenato,” disse
Weasley a denti stretti.
“E in ciò che problema ci sarebbe?”
“Che forse non ero io quello che
dovevi ammazzare?”
“Appunto, i miei piani sono così
perfetti da essere in grado di fare qualcosa di giusto anche quando non
funzionano.”
“Tu... tu razza di malvagio
Deatheater!” disse Weasley mentre cercava di liberarsi dalla presa di Potter e
Granger.
“Ci ho provato, ma a quanto pare non
mi hanno voluto perché per loro non ero malvagio abbastanza,” ribatté velenoso
Draco.
“Povero Malfoy, deve essere davvero
tragico scoprire di fare schifo anche nell'essere davvero cattivo, come se non
bastasse il quidditch e tutto il resto.”
Inutile dire che la seguente mezz'ora
fu piuttosto movimentata. Il risultato finale fu un tavolino dei primi del
settecento distrutto (a sua madre si sarebbe spezzato il cuore), diversi ematomi
e un occhio nero per Potter causatogli per sbaglio da Weasley. Draco sperò che
Potter non avesse intenzione di sconfiggere il Signore Oscuro ad un corpo a
corpo: la fazione dei buoni non avrebbe avuto molte speranze di vittoria.
“Ora che avete finito di fare i
bambini, possiamo iniziare a parlare di cose serie?” disse adirata Granger
mentre era intenta a curare l'occhio di Potter, rischiando così seriamente di
ficcargli la bacchetta in un occhio. “Ron, molla quel candelabro, e tu, Malfoy,
per una volta nella tua vita stai zitto.”
Draco riteneva fastidiosa la tendenza
della mezzosangue a voler essere sempre al centro dell'attenzione. Il fatto di
essere circondata da deficienti, incapaci di portare avanti una conversazione
decente, doveva averle provocato preoccupanti manie di grandezza.
Granger parve non notare il suo
sguardo di commiserazione e posò un pesante libro polveroso sul tavolo.
“Quello che sto cercando di dirvi da
ore è che ho trovato il libro contenente l'incantesimo per tradurre la mappa,”
disse accarezzando con amore la copertina.“Si tratta di un tomo molto antico e
per prenderlo ho dovuto schiantare Madam Pince. Non credo che l'abbia presa
molto bene, dovrò trovare un altro luogo dove studiare.”
La Gryffondor fece un profondo
sospiro malinconico, poi iniziò a sfogliare con gesti delicati ed attenti le
pagine del libro.
“Mi dispiace interrompere il focoso
amplesso che stai avendo con quel libro, Granger, ma sono un po' confuso. Cos'è
questa storia della mappa?” disse Draco, scostandosi appena in tempo per evitare
il candelabro che gli lanciò contro Weasley.
“Vedi, Malfoy, il fatto è che
sappiamo per certo che Voldemort è alla ricerca di qualcosa,” iniziò a spiegare
Potter, incurante dello sguardo tradito che gli rivolse Lenticchia. “Non
sappiamo di preciso di cosa si tratti, ma se Voldemort la cerca così
disperatamente, allora non può portare a nulla di buono. Quindi l'unica cosa da
fare è batterlo sul tempo e trovare questo oggetto prima di lui.”
“Snape ci ha detto che Tu-Sai-Chi è
ossessionato con la tomba di Slytherin,” riprese a parlare Granger. “Vuole
trovarla a tutti i costi, quasi quanto vuole uccidere Harry.”
“Felice di saperlo. Stavo iniziando a
sentirmi geloso,” disse Potter roteando gli occhi.
“Quindi è molto probabile che
l'oggetto in questione si trovi proprio nella tomba,” continuò la ragazza
lanciando un'occhiata di disapprovazione a Potter. “Fortuna ha voluto che
l'unica mappa che indicasse la sua esatta collocazione si trovasse ad Hogwarts.
Dumbledore ce l'ha data ma, essendo scritta in un linguaggio molto antico, per
leggerla è necessario un incantesimo di traduzione particolare, e quindi-”
“Ferma un attimo. La tomba di
Slytherin? Vuoi dire che esiste una tomba?” chiese Draco curioso. “Non ne avevo
mai sentito parlare prima d'ora.”
“Possibile che tu non sappia neppure
dove sia seppellito il fondatore della tua casa di serpi?” lo punzecchiò
malevolo Weasley.
“Come se tu sapessi qualcosa riguardo
a Godrig Gryffondor senza dover chiedere aiuto a Granger,” ribatté Draco punto
sul vivo.
“Beh, so che aveva una grossa spada,”
rispose il Gryffondor mentre le orecchie gli cominciavano a diventare scarlatte.
“Per favore, Weasley, dimmi che non è
un eufemismo per indicare la prestanza sessuale di voi Gryffondor,” pregò con la
voce che raggiungeva una tonalità particolarmente acuta.
Perfetto, pensò con un moto di
disperazione, ora non avrebbe più potuto guardare Longbottom senza che gli
fossero venuti in mente pensieri raccapriccianti riguardo alla sua di spada.
“Insomma, ragazzi!” urlò Granger con
le mani piantate sui fianchi e le linee del volto tese. “Qui stiamo cercando di
salvare la Terra, ve lo siete dimenticato?”
Weasley sbuffò e sprofondò nel divano
a braccia incrociate, Draco cercò di trovare qualcosa di sagace e ad effetto con
cui controbattere, ma era ancora troppo traumatizzato dal fatto di aver pensato
alle parti basse di Longbottom per riuscirci.
“Prima che mi interrompeste stavo per
dire che l'incantesimo, per funzionare, deve essere formulato all'alba.”
“Da quando c'è un orario specifico in
cui lanciare gli incantesimi?” chiese Potter.
“Ci sono un sacco di incantesimi che
per essere efficaci hanno bisogno di particolari condizioni,” spiegò paziente
Granger. “Per esempio ci sono un sacco di maledizioni che svaniscono a
mezzanotte, da dove credi che tutte quelle favole abbiano preso spunto?”
“Ah... ok,” disse il Gryffondor,
ancora un po' dubbioso.
“Pertanto domani sarà meglio partire
appena dopo aver eseguito l'incantesimo, in modo da non perdere tempo.”
“No, aspetta,” la interruppe Weasley.
“A me non pare essere assolutamente una buona idea. Insomma, non sarebbe meglio
dormire un po' di più in modo da essere ben svegli e riposati? Non possiamo mica
sconfiggere il male se non riusciamo nemmeno a stare in piedi.”
“Ron! Non sappiamo quando Voldemort
riuscirà a scoprire l'esatta collocazione della tomba, forse ne è già a
conoscenza. Non possiamo permetterci di perdere tempo!”
“Sì, ma se davvero ci sono degli
Inferi lì sotto forse dovremmo essere ben preparati per-”
“No, aspettate un attimo! Inferi?”
disse Draco balzando in piedi. “Non mi piacciono gli Inferi. Sono sensibile a
queste cose: non riesco nemmeno a sopportare la vista del sangue, immaginiamoci
a quella di un non-morto in putrefazione! Inoltre dicono che uccidano le
persone, sono troppo giovane e facoltoso per morire!”
“Beh sì, secondo la leggenda che ci
ha raccontato Dumbledore la tomba è sorvegliata anche da degli Inferi.” disse
Potter. Draco credeva che una delle mansioni principali di un eroe fosse
confortare le persone. Draco al momento non si sentiva affatto confortato.
“Anche? Cosa vuoi dire con anche?”
“Se non ricordo male di dovrebbero
essere anche diversi incantesimi protettivi molto oscuri, per non parlare dei
serpenti, immagino che non possano mancare nella tomba di Slytherin. E poi
secondo a quando viene detto ci saranno anche dei... ehm... dei gatti,” finì
Granger.
“Gatti? Che tipo di gatti?” chiese
Draco, immaginandosi una schiera di scheletrici portatori di morte miagolanti.
“Gatti normalissimi. Salazar era un
amante dei felini: ne aveva più di cinquanta. Ciò sembra essere stata una delle
cause per le quali l'avevano scacciato da Hogwarts, oltre a tutta la storia del
basilisco, naturalmente. A quanto pare i suoi gatti non facevano altro che
rifarsi le unghie sui mobili e sporcare. La leggenda vuole che essi lo abbiano
accompagnato anche nella morte.”
“Ah,” disse Draco, sentendo il
bisogno di sprofondare nuovamente nella poltrona. Ciò non corrispondeva
esattamente all'idea che si era fatto del fondatore della sua Casa. Si sentiva
un po' demoralizzato.
“Quindi ricapitoliamo,” riprese a
parlare Draco con tono isterico. “il Signore Oscuro vuole una cosa che non
sappiamo cosa sia, che si trova in un luogo che non sappiamo dov'è ma che
sicuramente è pieno di Inferi, trappole mortali, e gentili micini indifesi. E
noi dovremmo andarla a cercare sperando di non incontrare lungo la strada dei
non poi così indifesi Death Eater che stanno cercando la stessa cosa?”
“Sì, la situazione è più o meno
questa.” rispose Potter con l'aria di uno che si stava rivolgendo ad una persona
sul suo letto di morte.
Draco continuava a non sentirsi
affatto confortato. Potter era un eroe davvero pessimo..
“Ah... ok. Volevo solo vedere se
avevo capito bene,” disse mentre cercava di distendersi la fronte con le
dita.“E, in quanto capo di questo gruppo, mi sembra mio dovere chiarire una
questione: MA VI SIETE BEVUTI IL CERVELLO?!”
“E da quando in qua saresti il capo?”
chiese Weasley, guardandolo come se fosse una cosa disgustosa che si trovava nel
fondo del suo water.
“Da quando ho capito di essere
l'unico qui ad avere un minimo di istinto di auto preservazione,” rispose Draco
con un ringhio. “Insomma, non sappiamo neppure cosa cercare di preciso. Questo
misterioso oggetto potrebbe essere qualunque cosa. Che ne so: un'arma, un libro,
un vaso da notte!”
“Un vaso da notte, Malfoy?” chiese
scettico Potter.
“Ti assicuro che un vaso da notte può
essere un'arma dall'elevato potenziale distruttivo, specialmente se vivi nel
dormitorio Slytherin ed hai Goyle come compagno di stanza.”
“Chissà perché ma improvvisamente non
sono più curioso,” disse il Gryffondor con aria terrorizzata.
“Insomma, visto che da questa
missione dipende la mia vita mi sembra logico attrezzarsi al meglio,” continuò a
parlare Draco. “Riflettici Weasley, se io muoio non penso che i miei elfi
domestici ne sarebbero molto felici, ti metterebbero nella zuppa qualunque cosa.
Per non parlare delle maledizioni oscure che conosce mio padre: sono un numero
inimmaginabile, ed una peggio dell'altra.”
“Guarda, Malfoy, che nessuno ti ha
invitato a venire,” lo interruppe Lenticchia guardandolo di sbieco.
“Mi dispiace distruggere i tuoi
sogni, ma ti ricordo che è stato Potter prima a chiedermi di unirmi a voi,”
rispose Draco.
“Ecco, io...”
Potter si schiarì la gola. Sembrava
essere piuttosto contrito per qualcosa.
“Io avevo invitato Malfoy a venire
con noi, certo, ma solo per oggi. Insomma, non credo che sia una buona idea che
domani ci sia anche lui. Sarebbe meglio se rimanesse a Malfoy Manor con i suoi
genitori, al sicuro.”
A Draco parve improvvisamente che
l'aria fosse diventata cemento nei suoi polmoni. Per tutta la conversazione
aveva dato per scontato che il giorno dopo ci sarebbe stato anche lui a
scontrarsi contro Inferi, Death Eater e dolci gattini, ma a quanto pareva Potter
non lo voleva fra i piedi. La cosa avrebbe dovuto essere un sollievo. Oppure non
si sentiva affatto più tranquillo, anzi, improvvisamente si sentiva solo e
frustrato come non mai.
“Mi dispiace deluderti, Potter, ma
domani ci sarò anche io! Nonostante tu creda che io sia un incapace, sono
perfettamente in grado di badare a me stesso. Non me ne starò qui ad aspettare
che voi tre vi becchiate tutti gli onori. Farò anche io la mia parte e alla fine
mi dovrai ringraziare in ginocchio per aver salvato il tuo brutto culo
Gryffondor!” disse in un sibilo.
Potter improvvisamente arrossì
violentemente.
“Io non volevo... non volevo
assolutamente dire che sei un incapace. Non è per questo. Solo, Malfoy, non sei
obbligato a farlo, se non vuoi...” mormorò il moro, con voce impastata.
“Beh, Potter, si dà il caso che io
voglia,” ribatté Draco duramente. Rivolse lo sguardo verso Weasley e Granger
sfidandoli a dire qualcosa. I due ragazzi si scambiarono un fugace sguardo, ma
stettero in silenzio.
“Ok, perfetto. Mi pare di aver detto
tutto quello che ci fosse da chiarire,” disse Draco, alzandosi in piedi e
dirigendosi verso la porta. “Assolutamente magnifico. Penso di aver dedicato
abbastanza tempo oggi per la salvezza del mondo, ora devo proprio andare fare
una cosa. Ci vediamo domani all'alba all'entrata della magione.”
“Malfoy, dove vai?” gli gridò dietro
Potter.
“A controllare il mio oroscopo,”
rispose lo Slytherin, prima di uscire dalla stanza.
*
Il resto della giornata passò per
Draco con relativa tranquillità. La signora Weasley lo aveva allegramente
informato che gli avrebbe fatto un maglione, visto che la sera faceva piuttosto
fresco e che, delicato com'era, non poteva assolutamente andarsene in giro poco
coperto. Draco riuscì a ingoiare una rispostaccia solo perché Lenticchia e la
Weasleyuccia femmina lo stavano fissavano truci, aspettando solo un pretesto per
far scattare una guerra sanguinolenta.
Alla fine riuscì sgattaiolare fuori
dalla casa, trovando rifugio sotto uno dei maestosi alberi del giardino. Sfidava
qualsiasi maglione alla Weasley a trovarlo lì.
Posò la schiena contro il tronco e si
ritrovò a fissare i rami scossi appena dal vento. Ormai era buio, i contorni
delle cose si confondevano fra di loro e i colori erano velati dall'oscurità. A
Draco non era mai piaciuta la notte. Anche quella volta, quando a undici anni
era entrato nella Foresta Proibita con Potter, aveva avuto una fottuta paura.
Però in quel momento si sentiva bene.
Tutto nel buio era come indefinito e
confuso, e per un attimo si sentì anche lui come senza forma. Poteva essere
quello che voleva: un figlio ideale, un uomo coraggioso, una persona amata. In
quel momento sentiva di poter diventare tutte quelle cose che aveva sempre
desiderato essere.
Il rumore di passi appena soffocati
dall'erba lo fece uscire dal suo torpore.
“Potter, cosa ci fai qui? Mi sembra
di essere stato chiaro sulla regola dei cinque metri.”
Il Gryffondor si passò nervosamente
la mano fra i capelli.
“Ecco... scusa, ma ti ho visto dalla
finestra venire qui, e dovevo parlarti.”
“Ci siamo già detti tutto prima,”
rispose Draco con voce strascicata.
“Io... Diamine Malfoy, possibile che
tu debba rendere tutto così dannatamente complicato?”
“Cosa?”
Ora Draco si sentiva davvero offeso.
Non solo quel deficiente analfabeta lo trattava come un moccioso indifeso e
spaurito, ma ora gli affibbiava anche delle colpe assurde!
“L'hai presa nel modo sbagliato.
Prima non volevo dire che non ti ritenessi in grado, o abbastanza forte, per
combattere. Volevo semplicemente dire che non volevo che tu domani ci fossi.”
“Forse i tuoi amici sono troppo
sensibili e di buon cuore per dirtelo in faccia, Potter, ma io non ho di queste
qualità, e pertanto non ho problemi a dirti che quando parli sei assolutamente
incomprensibile.”
Harry fece un verso frustrato e si
avvicinò un po' di più a Draco. Anche lui si sarebbe sentito scontento se fosse
stato incapace a relazionarsi con il normale mondo civile, ma ciò non era un
buon motivo per invadere lo spazio personale altrui. Improvvisamente Draco sentì
l'aria entrare con più fatica nei suoi polmoni, nonostante il suo respiro si
facesse sempre più veloce.
“Non voglio che tu muoia, Malfoy.”
Lo Slytherin lo sentì a malapena, al
momento era troppo impegnato a osservare gli occhi del Gryffondor. Non c'era
solo il verde; anche con la barriera delle spesse lenti era in grado di vedere
delle striature più scure incorniciare la pupilla. Draco si disse che, in fondo,
la regola dei cinque metri era una gran cazzata. Al momento fra lui e Potter non
c'era più di una trentina di centimetri, e non voleva che ciò finisse.
“Domani, se vuoi, vieni pure. Ma
sappi che non ti lascerò morire. Ti proteggerò io.”
“Non credo di aver bisogno di
protezione, Potter, specialmente non da uno che è più basso di me.”
Draco ci mise un po' a capire che era
stato lui a parlare, e si stupì di quanto la sua voce suonasse roca e adulta.
“Davvero?” disse il Gryffondor con un
lieve ghigno. “Peccato. Mi sa che dovrai fartene una ragione.”
Potter lo
fissò ancora un attimo, infine si voltò e iniziò ad incamminarsi verso la
magione. Con il moro lontano, finalmente Draco riuscì a respirare normalmente.
Ciò gli dispiacque un po'.
Per qualche minuto rimase fermo,
rivivendo la conversazione più volte nella sua mente nel disperato tentativo di
trovarci un senso. Senza alcun risultato.
Infine si lasciò cadere sull'erba a
peso morto e respirò profondamente la tiepida, rassicurante brezza notturna.
Mille pensieri e domande gli riempivano la mente, oppure si sentiva stranamente
in pace col mondo intero. Sentì un sorriso nascere sulle sue labbra, ma questa
volta era da solo, quindi non c'era bisogno di nasconderlo.
Aveva la
casa infestata da donnole chiassose, il giorno seguente avrebbe partecipato ad
una missione ridicolamente suicida ed era sulla lista nera del Signore Oscuro,
ma non era solo. Suo padre gli aveva dato una pacca sulla spalla, il professor
Snape probabilmente avrebbe ceduto presto alla tentazione di avvelenare due o
tre Weasley e Potter aveva giurato di proteggerlo. Quindi, in fondo, era tutto a
posto.
*
Quando i due uomini entrarono nella
stanza lo fecero in silenzio. I mobili e gli oggetti all'interno erano resi
soffusi dall'oscurità, solo l'irrompere di qualche tuono fuori dalla finestra
proiettava di tanto in tanto delle ombre allungate sulle pareti. A quanto pareva
nessuno si era ricordato di accendere le candele in quella stanza.
Il rumore del temporale che
infervorava fuori da quelle mura giungeva soffocato all'interno dell'edificio.
L'ambiente era asettico, le pareti e i mobili completamente bianchi, come bianco
era anche il volto della persona distesa sul letto.
Le gocce di pioggia che si
schiantavano contro le finestre proiettavano una luce tremolante sul quel viso,
dandogli un aspetto spettrale. Tutto in lui era come sfocato: le mani diafane ed
inermi sopra il lenzuolo, le labbra esangui serrate come in una smorfia che non
aveva ancora fatto in tempo a formarsi, i capelli biondo chiaro che si
confondevano con le pieghe del cuscino, le ciglia pallide che fremevano
appena...
Uno dei due uomini si avvicinò al
comodino affianco al letto e, con un gesto appena accennato di bacchetta, accese
la candela. I suoi lineamenti erano delicati e giovanili, ma l'espressione sul
suo viso dava al suo aspetto più anni di quanti avesse. Sul camice bianco che
indossava c'era una targhetta con una scritta sbiadita:
J. Abbott
Healer
“E' in queste condizioni da una
settimana, dal giorno della battaglia di Hogwarts. Il padre non è ancora
venuto?” chiese debolmente l'healer, sfiorando il polso del ragazzo come se
volesse controllargli il battito ma non osasse farlo per paura di svegliarlo. La
sua voce si distingueva a malapena dalla litania della tempesta che faceva da
sottofondo.
“Non gli permetteranno di avvicinarsi
a lui se non alla fine del processo. Ci vorranno settimane, se non mesi,”
rispose, più bruscamente, l'altro uomo dalla barba folta, lo sguardo fisso sul
comodino accanto al letto. Secondo la targhetta sul camice il suo nome era K.
Randall ed era anche lui un healer.
“E nessuno è venuto a fargli visita?”
chiese dopo qualche secondo Abbott, che ormai aveva rinunciato a controllare il
polso del ragazzo e si limitava a fissarlo.
La sua domanda incontrò soltanto il
silenzio.
“Capisco.”
Randall fece una scrollata di spalle
e iniziò a dirigersi verso la porta.
“Le condizioni sono stabili e non
possiamo fare nient'altro. Aspettiamo e vediamo se si sveglia, altrimenti lo
spediamo al quinto piano,” disse quando già era arrivato sul ciglio della porta.
Non ricevendo risposta si voltò verso
il collega che, immobile, stava ancora fissando la figura distesa sul letto.
“Allora, vieni?”
Abbott annuì e raggiunse l'altro
uomo, ma prima di uscire si voltò per un'ultima volta verso il ragazzo
addormentato. Era così magro e pallido da sembrare di stare sul punto di
dissolversi nell'aria da un momento o l'altro, e si chiese per un attimo se ciò,
se anche fosse accaduto, sarebbe importato a qualcuno.
Con un movimento del polso spense la
candela e, infine, si voltò ed uscì dalla stanza.
Continua...
* Weasel: donnola
** Un piccolo omaggio al Draco di Maya e ai suoi astuti
piani.
|