Introduzione
breve: questa storia è presa in parte dalla vita reale, in
particolare per quanto riguarda l'introspezione. Ovviamente i nomi non
sono attinenti alla realtà e i personaggi sono di mia
invenzione.
Ormai è molto tempo che non pubblico, ma come sempre sono
graditi commenti e critiche (nei limiti imposti anche dal
regolamento del sito).
Grazie di aver aperto questa pagina.
Buona lettura,
Sara.
Andando Oltre
Le spirali di fumo che si sollevavano dalla sigaretta le passavano
davanti agli occhi, e se avesse avuto ancora quattro anni, le avrebbe
trovate bellissime nuvole, e in mezzo vi avrebbe visto principesse e
principi su cavalli bianchi.
Adesso le davano solo il senso di una lenta danza di serpi sinuose.
Ma in fondo non era neanche per quello che stava aspirando l'ennesima
boccata di amaro tabacco, probabilmente neanche il gusto c'entrava, e
la nicotina men che mai – lei la dipendenza non sapeva
neanche cosa fosse, o almeno di certo non quella da stupide sostanze
nocive.
Probabilmente l'unica ragione per cui fumava era lui.
Il suo odore di fumo e
bagnoschiuma le bruciava le narici, creandole una dipendenza molto
più nociva di quella per nicotina, alcol o droghe.
Bastava la sua presenza
per intossicarla, la sua voce per rilassarla: lui era la sua droga, e
per lei era assolutamente indispensabile.
Ormai non provava neanche più dolore, probabilmente la
soglia, oltre la quale c'è solo incoscienza, l'aveva
già superata molto tempo fa.
Non faceva male vedere altre mani che gli accarezzavano i capelli,
altre braccia che gli circondavano le spalle, altre bocche che godevano
del sapore della sua pelle.
Mai lei non aveva mai
fatto quelle cose, o almeno non le aveva mai fatte mentre lui pensava a
lei come qualcosa di ben diverso da un amica.
La storia più
vecchia del mondo: lui ti vuole come amica, tu lo vorresti come tuo
fidanzato.
Spense la sigaretta, lasciandola cadere sul pietrisco che pavimentava
il vicolo, schiacciandola sotto la suola delle converse nere.
Lui era a meno di tre metri, la sua nuova ragazza attaccata al petto e
intenta a farlo ridere in quell'intimità che si crea solo
tra amanti.
Lei
quell'intimità non l'aveva mai provata, troppo occupata a
guardarlo da lontano per accorgersi del mondo che la circondava: troppo
intenta ad amarlo in silenzio, per godere di qualcun altro.
Vergine a venti anni,
perchè si era innamorata prima di dare il tuo primo bacio, e
da allora qualsiasi contatto che andasse oltre a carezze più
o meno ardite, diventava una violenza contro se stessa.
C'era qualcosa di profondamente patetico e sbagliato nell'amore per
Francesco, ma lei non riusciva proprio a liberarsene, neanche facendosi
violenza: il suo corpo sembrava in mano al suo cuore, che rideva
beffardo della sua mente.
“Ehi Fra!”
Lui neanche si girò, ma lei lo sapeva già, quindi
si scambiò uno sguardo con Sara, e sorrisero per qualcosa
che passava tra i loro occhi.
Ormai di fianco alla coppietta, sogghignava pensando che questa sarebbe
durata meno di quella che l'aveva preceduta.
“Ehi piccioncini, almeno fate finta di salutarmi!”
Lui finalmente alzò la testa, e sorrise appena
incrociò lo sguardo ironico di Emma.
Anche se non aveva
quell'intimità che deriva dal sesso, con lui c'era sempre
stato un legame di profonda comprensione, non per conoscenza vera e
propria, ma per semplice alchimia, e forse questo, più di
tutto, la uccideva: sapere come potrebbe essere, ma non riuscire ad
averlo.
La ragazza – il cui nome era assolutamente insignificante
– la guardava con superiorità e attenzione al
tempo stesso, come se Emma fosse un animale feroce in gabbia: certa che
le sbarre reggeranno, ma sempre attenta ad ogni passo della belva.
Probabilmente, il sorriso tutto ghiaccio e menzogna, le
confermò ancora una volta che certamente non avrebbe trovato
alleati da quelle parti.
“Oilà, sei venuta a raccattare Sara?”
Emma sorrise – di un sorriso sincero 'sta volta, guardandolo
negli occhi, provando quella pace mista ad inquietudine, che di solito
comportava averlo vicino.
“In realtà pensavo di venire a romperti le palle,
con l'università è da un po' che non godo del
piacere di picchiarti, quindi credevo di potermi rifare, ma a quanto
pare hai qualcosa di più interessante a cui
dedicarti...” L'occhiata assolutamente equivoca e poco
rispettosa che lanciò alla moretta – che proprio
sembrava essere incollata con l'attack a Francesco – non fu
affatto gradita, ma per tutta risposta quella lasciò un
bacio sulle labbra del proprio fidanzato, che tornò a
guardarla con l'interesse di qualsiasi uomo per la donna che lo ha
catturato, temporaneamente o meno.
Di sicuro quella nuova era più furba di quella vecchia:
Virginia (l'ultima ex) era talmente gentile e credulona, che non le
aveva mai davvero dato fastidio, nè tanto meno si era mai
accorta dell'interesse ben diverso che aveva nei confronti del suo
ragazzo.
Non che se ne accorgessero in molti, era brava a mentire e ancor
più a negare.
“Bene, allora io e Sara leviamo le tende: mi raccomando, non
fatemi diventare zia prima del tempo!”
Detto questo e presa a braccetto la sua migliore amica, si diresse
verso la piccola stradina che si diramava in direzione della piazza in
cui era riunita la loro compagnia, pronta a divertirsi e far finta
– anche con se stessa – di essersi dimenticata di
lui.
“Se ti chiedo come stai mi risponderai che stai bene
vero?”
Emma sorrise una volta di più “Certo, e non
sarebbe una bugia. Diciamo che ormai ci ho fatto il callo, e poi domani
ho un appuntamento con Alex, andiamo a fare un giro per Firenze dopo le
lezioni, e sono più che certa che mi chiederà di
passare da casa – che sarà casualmente vuota
– per invitarmi a vedere un film sul divano. In fondo,
poverino, è molto stressato per l'esame vicino.”
Sara rise, la sua solita risata spensierata e chiassosa, che tutte le
volte le faceva venire una gran voglia di unirsi, così che
ancora una volta si lasciò prendere dal contagio senza
alcuna resistenza.
Alex aveva i capelli più morbidi che avesse mai visto ad un
uomo, erano anche tra i più scuri, e ricci, e guarda caso
lunghi fino alle spalle, e lasciati liberi dalla coda che di solito li
costringeva.
Anche le sue labbra erano morbide, ed in bocca aveva il sapore
dell'espresso che avevano preso poco meno di un ora prima.
Lo aveva conosciuto alla facoltà di medicina di Firenze,
quando all'uscita da un esame, lo aveva trovato a prendere a calci la
ruota della sua macchina, perchè non era passato.
Erano corsi due mesi, e in quei due mesi quel ragazzo aveva fatto
miracoli.
Non era Francesco, non vi assomigliava fisicamente –
escludendo il fatto che i suoi canoni erano mori, alti, occhi scuri,
fisico asciutto e spalle larghe – il viso era armonioso e i
tratti assolutamente mascolini a dispetto dei capelli lunghi. Aveva una
mente brillante e bizzarramente fuori da ogni schema, e lei di schemi
mentali ci capiva qualcosa, vista la sua aspirazione a divenire
psichiatra.
Mentre la sua mano si divertiva a solleticarle la base della schiena e
poi risalire fino al collo sotto il tessuto della maglietta,
sentì chiaro dentro di se l'urlo di qualcosa che si spezzava.
C'era qualcosa in lei,
che finalmente si ribellava al giogo di un amore velenoso e corrosivo,
che le portava via la sua stessa vita. Qualcosa sembrava non accettare
il diniego che tra poco sarebbe soggiunto prima interiore e poi buttato
fuori come un gemito a metà tra il rassegnato ed il
sofferente.
Quando le sue mani, dotate di vita propria, cominciarono a sbottonare
la camicia di Alex, si ritrovò a sorridere sulle labbra di
lui, facendo montare il suo orgoglio alla tensione dei muscoli appena
vi passava sopra con una carezza decisa e lenta.
“Non farlo...” Lei si allontanò un poco,
per guardandolo interrogativamente, mentre il mostro dell'insicurezza
sembrava prendere la ricorsa per sfondarle l'anima.
“Perchè?” lo baciò piano
sulle labbra, come una preghiera.
“Perchè non sono certo che mi fermerei dopo. Non
bisogna dare troppo cibo ad una persona digiuna da tempo, potrebbe
morirne.”
Lei ridacchiò, aprendo del tutto la camicia e facendo
correre le mani sulle sue spalle per farla scivolare via in un fruscio
di stoffa e sospiri.
“Non ho intenzione di fermarmi, non quando sono
così sicura di volermi lasciare andare. Non
quando...” non trovando le parole – o la
sfacciataggine di dirlo ad alta voce – passò le
mani sul cavallo dei jeans di Alex, premendo piano contro l'evidente
rigonfiamento e poi avvicinandosi al suo orecchio e con l'arroganza che
sembrava esserle venuta in contro , bisbigliò:“...
non adesso che sento l'incontenibile voglia di sentirti
completamente.”
Si aspettava la sua reazione, ma ne fu comunque impressionata e
travolta come da un fiume in piena. La stese sul divano, facendole per
altro piegare le gambe in maniera innaturale, per poi vedere di
sistemarsi più comodamente solo dopo goffi tentativi di
velocizzare il processo.
Le tolse la maglia rischiando di portarle via i piccoli orecchini che
le ornavano quasi interamente la cartilagine dell'orecchio destro,
insieme a un po' di carne magari.
Si spogliarono con fretta, i baci erano goffi e insaziabili al tempo
stesso, sembrava che fossero la furia incarnata insieme alla lussuria.
Fu solo quando arrivò il secondo stadio di rifiuto che le
sorgeva dentro al contatto con uomini che non fossero Francesco, che si
riprese. Ma senza cedere le armi.
Stanca di soffrire il
freddo di un letto senza un uomo. Stanca di non poter capire e
sperimentare in tutte le sue forme l'amore fisico. Stanca di doversi
negare ciò che era normale per causa di un uomo che neanche
sapeva di esserlo.
Chiamò piano il nome di Alex, un sussurro fragile e gentile,
mentre sentiva un calore ben diverso da quello che le scorreva tra le
gambe inondarle il petto, e farla sospirare una volta di più.
Lui le lasciò dei piccoli baci delicati sul viso,
rallentando i movimenti delle mani, smettendo di divincolare le gambe
per far scivolare via i pantaloni.
Ripresero con calma, baci e sospiri delicati prendevano il posto di
scuse che non sentivano comunque di doversi fare.
Fu lento e veloce.
Fu doloroso in un primo tempo, ma strinse i denti, e lasciò
sospiri che sperò somigliassero ad apprezzamenti.
Ci furono sussurri -
“Piano...” “Così?”
“Si, oh si...” “Ancora...”
“Ti prego...” - gemiti, i loro odori
si fondevano, la scomodità del divano sembrava dimenticata,
e tutto si riduceva a quell'universo che sembrava crescerle nel ventre,
per esplodere. Forse soffocato dal dolore che ancora bruciava ogni
tanto, ad un movimento diverso, ma pur sempre qualcosa che sembrava
doverla far rinascere.
Spero, oh lo spero
così tanto... Sono esausta di questa vita, di questo corpo,
e di questi sentimenti. Voglio nascere di nuovo, e stavolta non dover
mai più guardare negli occhi di Francesco e vederci il senso
di ogni cosa.
Questa volta, voglio
– devo – innamorarmi di qualcuno come Alex.
Alex quel pomeriggio le sussurrò piano che la amava.
Se c'è
qualcosa che mai mi scorderò è lo sguardo di
Francesco quando gli presentai Alex: felice, rilassato, come se gli si
fosse levato un peso dal cuore.
In altre parole, anche
lui, come me, stava aspettando qualcuno che lo sostituisse nella mia
mente. La cosa buffa è che anche allora, ho sperato in una
improvvisa e insensata scena di gelosia, dopo la quale lui mi avrebbe
rivelato i suoi sentimenti nascosti e mai sospettati.
Fu la cosa che mi
ferì più di ogni altra da quando mi ero
innamorata di lui, all'età di sedici anni.
Eppure adesso tra le
braccia di Alex, dopo una delle nostre tante notti d'amore e sesso,
penso che domani dovrò esporre la mia tesi di laurea ed
ancora non l'ho neanche stampata, troppo presa dalle labbra del mio
fidanzato (con tanto di anello al dito). Nonostante tutto la vita
è andata avanti, esco ancora con Francesco, Sara e tutti gli
altri. Ho ventisei anni, tra quattro mesi mi sposo – presto
per i canoni attuali – e ancora, ogni tanto, i capelli di
Alex mi sembrano troppo poco gonfi, i suoi discorsi non hanno quel tono
sognatore – fanatico – che ho tanto ammirato in
Francesco, non ha lo sguardo perso davanti ad una fiammella, e... beh
non è lui, eppure lo amo, e lui ama me.
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