Margaret si svegliò per prima. Dormiva su un lato dando le
spalle a Turner, che però la costringeva in un abbraccio.
Sentiva la pelle del petto di Turner contro la sua schiena e il respiro
regolare di Alex era vicino al suo orecchio. Le loro mani erano
intrecciate e lei non si ricordava di essersi addormentata
così.
L'ultima cosa che ricordava era quella di aver sentito Alex avvicinarsi
a lei mentre la insultava perché era troppo lontana. Aveva
caldo, nonostante non si fosse quasi rivestita per dormire. Il calore
corporeo di Alex la soffocava quasi, o almeno, lei dava colpa a quello,
anche se sospettava che il problema risiedesse altrove: il senso di
colpa forse. La consapevolezza che quella notte trascorsa insieme
poteva solo peggiorare il loro già precario rapporto.
Si divincolò dalla stretta e Alex le chiese, ancora
dormendo, dove stesse andando. Lei gli accarezzò la testa e
gli sussurrò di continuare a dormire. Era in mutande e
andare in quelle condizioni sul balcone non era una gran mossa,
così raccolse i pantaloni del pigiama, cercò le
sigarette di Alex e valutò l'idea di indossare la camicia
bianca di Alex, ma preferì appropriarsi del lupetto di lana,
sia per evitare cliché ridicoli, sia perché
l'ottobre inglese limitava le scelte dell'abbigliamento, soprattutto
verso le sette di mattina.
Dal piccolo balcone poteva vedere il letto nella sua
interezza e dal piumone bianco appariva solo la testa scompigliata di
Alex, anche se non si vedevano i suoi tratti delicati abbandonati al
sonno. Margaret chiuse gli occhi e provò a ricordarsi le
espressioni del volto di Alex. Le tornavano in mente in modo
inesorabile i suoi occhi. Non aveva mai visto uno sguardo
più profondo, una luce così intensa. La cosa
sconvolgente era il fatto che celassero qualcosa di nascosto, nascosto
veramente bene, a molte persone. Pochi avevano la
possibilità di leggere cosa scuotesse l'animo di quel
ragazzo di ventidue anni, all'apparenza così innocuo,
regolare ed equilibrato, ma nel profondo scosso da violenti passioni,
ardenti desideri e chissà cos’altro.
Perché Alex era così: manteneva un profilo basso,
non amava mettere in mostra sé e quello che lo riguardava.
Riservato non era la parola giusta; le veniva in mente solo la parola
‘geloso’.
Forse non era fiero di quella pensava e voleva, forse non lo riteneva
di interesse per le persone che lo circondavano, o forse viveva
semplicemente in un mondo tutto suo.
Mondo in cui, di tanto in tanto, aveva fatto entrare qualche figura,
perché probabilmente il filtro fatto dal suo viso da bravo
ragazzo aveva ceduto.
Matt e le scimmie conoscevano Alex, forse non del tutto e comunque
sapevano della sua tendenza a rinchiudersi nel suo mondo.
Miles era andato oltre. Non riusciva a capire come, Miles aveva
abbattuto la barriera tra Alex e il mondo esterno, oppure era entrato
direttamente, senza chiedere permesso.
Miles, così diverso da Alex, così espansivo,
cristallino, regolare sotto molti punti di vista, ma del tutto
particolare sotto molti altri.
Insolito, turbato, verosimilmente dallo stesso tipo di passioni e con
la stessa intensità dalle cose che sconvolgevano
l’animo di Alex, però più incline ad
abbandonar visi, non come Alex, che se le teneva per sé.
Matt era l’ancora di salvezza di Alex, come quella di
Margaret del resto; il reale contatto con il mondo esterno, il suo
amico più vecchio, caro e vicino, quello che capiva la
“follia” di Alex, l’assecondava quando
poteva, lo faceva riflettere, lo riportava con i piedi per terra quando
esagerava.
Matt proteggeva Alex in modo fraterno, lo curava quando lo vedeva in
difficoltà, lo faceva ridere quando era triste.
Perché Alex sembrava regolare, anche lei una volta ci era
cascata, e per molti aspetti era un ragazzo regolare, considerato il
lavoro, se così si poteva chiamare, che faceva. La fama non
può che far perdere la testa un pochino, anche
all’adolescente più maturo.
Alex aveva ventidue anni e sarebbe stato considerato maturo ad
un’osservazione superficiale: mai un eccesso, un colpo di
testa, mai un crollo nervoso; ma questo era quello che vedevano
‘gli altri’.
Lei aveva capito con il tempo, Alex non era maturo: era come un bambino
pieno di capricci, che non si era ancora abituato al fatto che il suo
mondo non coincidesse con la realtà.
Trascorreva una vita regolare, come quella che poteva essere la vita di
un cantante famoso, stava con una ragazza fantastica e riscuoteva
successo qualsiasi cosa facesse, ma tra la vita che conduceva e il suo
universo c’era un abisso e Margaret non sapevo dove si
posizionasse la sua figura.
Era il capriccio represso del bambino intrappolato dentro quel corpo,
una figura incidentale che era capitata sul suo percorso che non faceva
altro che alimentare la sua ‘follia’, o
semplicemente una ragazza per cui provava un’attrazione
fatale?
La sigaretta finì e lei pensò che era troppo
presto perché il suo cervello si mettesse sul serio a
ragionare su queste questioni.
Rientrò in camera e ritardò il momento in cui
avrebbe capito qualcosa in più di quell’assurda
situazione. Si tolse il lupetto e si preparò a godere ancora
del calore del corpo di Alex, lasciando fuori dal letto i sensi di
colpa, la paura, tutto ciò che c’era di sbagliato
in quella stanza.
Ci avrebbe pensato più tardi, in quel momento tutto
ciò a cui valeva la pena di pensare era il fatto che le
braccia di Alex l’accolsero non appena il ragazzo
notò che era tornata.
Si accucciò contro di lui e incastrò il suo viso
sotto quello di Alex, facendo aderire il più possibile i
loro corpi seminudi e rilassati, dopo anni di tensioni, che si
sarebbero comunque ripresentate di lì a qualche ora.
Turner fu scosso da un brivido, perché il naso di Margaret
era freddo e sorrise comunque nel sonno, perché era tornata
tra le sue braccia.
Il telefono di Margaret iniziò a suonare e si svegliarono
entrambi all'improvviso. Era appoggiato sul tavolino vicino alla porta.
"È il tuo."
"Lo so." disse Margaret strofinando il viso praticamente sul petto di
Alex, per poi alzarsi e andare a recuperare il cellulare. Margaret
uscì dalle coperte e senza pudore alcuno, anche se aveva
addosso solo le mutande, raggiunse il telefono.
Alex si ritrovò a pensare che avrebbe potuto svegliarsi ogni
mattina con quel suono fastidioso, se quello era il prezzo da pagare
per avere Margaret accucciata al suo corpo che strofinava il viso
contro il suo collo.
"È Helders..."
"Ignoralo" buttò fuori Alex. Margaret era di spalle e Turner
non la vide sorridere, anche se non si perdeva un solo movimento di
quel corpo.
"Pronto!"Margaret iniziò la telefonata contro la
volontà di Alex, ma tornò a stendersi sotto le
coperte perché aveva freddo.
"No, non lo so." rispose Margaret a una domanda di Matt.
"Starà dormendo..."Alex capì che stavano parlando
di lui, perché Margaret sorrideva e lo guardava. Alex non
voleva essere disturbato e probabilmente Matt aveva provato a
chiamarlo, ma lui aveva spento il cellulare da quando erano usciti da
casa di Miles la sera prima.
Non voleva telefonate o messaggi e anche questa telefonata di Matt lo
stava infastidendo, così si avvicinò a Margaret e
iniziò a disegnarle tratti indefiniti sul corpo con le dita
sotto le coperte. Piccoli cerchi intorno all'ombelico, vicino al seno,
carezze vere e proprie sulle gambe distraevano Margaret dalla
telefonata, alla quale cercava di dedicarsi comunque, perché
Matt era preoccupato per Alex e lei doveva mentire, mentre quel cretino
stava monopolizzando le attenzioni della ragazza.
Margaret cercò di fingersi indifferente a Turner, ma
più ci provava, più Alex alzava il tiro.
Margaret non era intenzionata a cedere alle provocazioni di Alex, ma
era difficile, soprattutto perché quelle dita maledette
avevano iniziato a giocare con l'elastico delle sue mutande.
"Scusa Matt, posso richiamarti tra un po'? Devo sistemare le ultime
cose e ho paura di essere in ritardo." non aspettò la
conferma da parte di Matt per interrompere la conversazione.
"Cosa stai facendo, idiota?"
"Oggi sei solo mia. Domani chiami chi vuoi, vedi chi vuoi, ma
questa mattina sei nel mio letto e sei mia." Alex si
accomodò su di lei, tenendosi su con le braccia per non
gravare troppo sul corpo della ragazza e le sue labbra andarono a
coprire i disegni fatti prima con le dita.
Ad ogni bacio ripeteva "mia".
Margaret sul serio voleva ribellarsi e non capiva tutta questa fame di
Alex appena sveglio.
Fino a pochi minuti prima stavano dormendo tranquillamente ed era
bastata una breve telefonata a svegliare Alex. Margaret aveva sgranato
gli occhi, perché non si aspettava niente di tutto
ciò e cercava da qualche parte la forza di
volontà di fermare Alex, ma la voce, la voce di quel cretino
era come ipnotica.
Era cambiata nell'ultimo periodo, era diventata più profonda
e intensa quasi.
Lo voleva fermare, perché non era proprio il caso
di farlo continuare, sapevano benissimo dove sarebbero finiti, ma
quelle piccole parole sussurrate contro il suo ventre e le sue mani
delicate che vagavano impazienti e i suoi baci distratti, le tennero la
mente occupata, e anzi, la convinsero che avrebbe potuto sentirsi dopo
una stronza, in quel momento non aveva molto senso.
Afferrò la testa di Alex infilandogli le mani tra
i capelli e lo baciò con trasporto per fargli capire che
ormai l'aveva convinta, anche se non gli ci era voluto molto.
"Non si può fumare a letto, vero?" chiese Margaret
oziosamente.
"Dubito."
"Che palle." si tirò su svogliatamente, smettendo di
accarezzare il petto glabro di Alex, si rivestì con quello
che trovava in giro e fregò un'altra sigaretta dal pacchetto
di Alex.
Alex si mise a sedere appoggiando la schiena alle testiera del letto
per osservate Margaret.
"Vedi Alexander, queste sono tue." iniziò Margaret prima di
accendersi una Marlboro Light.
"E anche il maglione che hai addosso"
"Giusto."
Margaret diede un tipo alla sigaretta.
"E anche i segni che hai sul collo." rispose Al sorridendo.
"Ma le cose si fermano qui."
"No. Anche il ricordo di questa notte è mio."
"Se ci tieni tanto."
Ci fu qualche minuto di silenzio.
"E i sensi di colpa di chi dovrebbero essere?"
"Dobbiamo pensarci adesso?" chiese Alex alzandosi e andando a cercare
qualcosa da indossare, visto che Margaret gli aveva fregato tutto.
La raggiunse sul piccolo balcone.
"Quando vuoi pensarci, scusa?"
"Quando tu non sarai più con me."
A Margaret stava scappando la pazienza. Il ragazzo non sembrava
minimamente ammorbato da quella situazione.
"Andiamo a fare colazione?"
"Devi chiamare Matt. Io vado a farmi una doccia."Concluse Margaret
spegnendo la sigaretta e facendo per rientrare.
Alex la bloccò per i fianchi e l'avvicinò a
sé.
"Non riesco a starti lontano oggi." disse prima di baciarla per
l'ennesima volta. Margaret all'inizio provò ad allontanarlo,
ma poi si arrese, rispondendo al bacio.
Quando si staccarono, rimasero fronte contro fronte.
"Sei abituato a starmi lontano, non dev'essere così
difficile."
"Dopo stanotte sarà impossibile." rispose Al
accarezzandole il viso.
"Succede." Chiuse Margaret fredda.
Margaret raccolse le sue cose e uscì dalla stanza di Alex.
Questi andò a recuperare il cellulare e lo accese. Si
ritrovò pieno di messaggi di Alexa e Matt.
Lesse distrattamente quelli della sua ragazza e ignorò
quelli del batterista, perché lo chiamò
immediatamente.
"Testa di merda, perché avevi il telefono spento?" fu
l'inizio della conversazione.
"Era scarico, tesoro."
"Non fare l'idiota. Ho chiamato il tuo ragazzo e mi ha detto che ieri
sera sei uscito con Margaret. Ho chiamato quella stronza ed
è stata evasiva." Alex si cacciò a ridere.
"Mi vuoi dire che cazzo è successo? Ero preoccupato."
"Va tutto bene, Matt, stai tranquillo." rispose serenamente Alex, come
se sul serio non fosse successo niente.
"Dio, quanto odio quel tono di merda." Matt stava perdendo la pazienza,
non capiva niente.
"Matt, stai calmo. Margaret è in camera sua ora."
"Cosa vuol dire ORA?"
"Ieri sera siamo usciti, è vero e non è andata
benissimo. Siamo tornati in hotel e io potrei aver sclerato, diciamo
così." Alex parlava facendo delle pause per fumare la
sigaretta. Ogni frase era staccata. Era un discorso meccanico.
"Cosa vuol dire che potresti aver sclerato?"
"Ho detto cose che non pensavo sarei arrivato a dire davanti a lei."
"Mi sto preoccupando, Al. Avete fatto delle stronzate?"
"Se mi stai chiedendo se abbiamo fatto l'amore, la risposta
è sì, Helders." Alex concluse con tono tranquillo.
"Alex, ti giuro. Ti spacco e ti rimetto a posto appena ti becco."
"Matt, prima o poi sarebbe dovuto succedere, era inevitabile."
"E ora come pensi di fare?"
"io...Io non lo so."
"Alex, cresci, devi pensare alle conseguenze delle tue azioni ogni
tanto."
"Ora non riesco a pensare a nient'altro che alla sensazione di essere
dentro di lei."
"Cosa che tutti hanno provato ormai." Sfuggì a Matt.
Silenzio da parte di Alex.
"Scusa, mi è scappato."
"Oh, non scusarti, tanto non stai parlando della mia Margaret." rispose
Alex inacidito.
"Alex, forse non ti è chiaro: Margaret non è di
nessuno, tanto meno tua."
"Vedremo." fu la risposta secca di Alex.
"Alex, cosa c'è da vedere? Cresci un po'. Vedremo che lei
tornerà in Francia e proverà a dimenticarti con
ogni fibra del suo corpo, ecco cosa vedremo."
"Matt, tu non l'hai vista stanotte. Eravamo insieme, abbiamo fatto
l'amore. Due volte. Era presa, come me. Non è possibile che
faccia una cosa del genere."
"E dimmi Alex, non ha minimamente accennato ad Alexa?"Alex non rispose.
"Come pensavo."
"Devo andare."
"Bravo Alex. Scappa dalle tue responsabilità. Bravissimo."
"Matt, vaffanculo."
"Sì, Alex, continua a prendertela con gli altri, come se non
fosse sempre colpa tua."Alex chiuse la conversazione e andò
sotto la doccia.
Il getto di acqua gelida non lo infastidì affatto. Era
già troppo nervoso e incazzato per preoccuparsi anche di
questo.
Dopo la doccia gli passò la voglia di fare colazione. Si
stese a letto ancora mezzo nudo. Sentiva l'odore dei loro corpi e le
immagini di quella notte tornarono a colpirlo: gli occhi di Margaret,
le sue labbra, il suo corpo, le sue gambe che lo circondavano in una
morsa dolcissima. Non si era immaginato tutto.
Non poteva tornare in Francia a fingere che nulla fosse successo.
Però le reazioni di Margaret quella mattina sul balcone
erano strane, non erano quelle di una ragazza felice.
Non capiva niente. Si rivestì in fretta e notò
che le sue mani tremavano leggermente.
Uscì da quella camera, spettatrice di qualcosa di maledetto,
e andò a bussare da Margaret.
"Sì?"
"Sono Alex."
"Cosa vuoi, Turner?" ecco il solito tono acido di Margaret, quello che
lo mandava fuori di testa.
"Apri." Margaret ubbidì all'ordine perché sapeva
che Alex non avrebbe desistito.
Era già vestita, pronta per partire probabilmente,
nonostante il suo volo decollasse a pomeriggio inoltrato.
Alex entrò e si sedette sul letto intatto, mentre Margaret
continuò a preparare le sue cose.
Dopo almeno cinque minuti di silenzio, Margaret perse la pazienza.
"Cosa vuoi?"
Alex sospirò. Doveva dirle cosa voleva.
"Voglio svegliarmi con te ogni mattina. Voglio tornare dai
tour e sapere che ci sei tu ad aspettarmi. Voglio chiamarti la sera
dopo i concerti per raccontarti la mia giornata, quello che ho visto in
giro per città sconosciute..."
"Non hai già qualcuno con cui poter fare queste cose?" lo
interruppe Margaret stizzita.
"Voglio te, non voglio qualcuno."Margaret lasciò la valigia
e andò a sedersi di fianco a lui sul letto. Notò
che gli tremavano le mani e prese una mano del cantante fra le sue.
Alex sorrise, fiducioso che quel gesto potesse significare qualcosa.
"Alex, non è il caso. Torna in te stesso."
"Non sono mai stato più me stesso come in questo momento."
"Stai dicendo cose che non pensi veramente." Margaret era seria. Stava
cercando di ignorare i discorsi deliranti di Alex, perché le
facevano malissimo, perché non volevano le stesse cose e
quindi doveva convincersi che Alex non pensasse sul serio quelle cose
per potergli dire quello che voleva dirgli.
"Non sono la persona giusta da cui tornare a fine tour. Non sono la
persona giusta da chiamare la sera dopo i concerti. Io non sono fatta
per una relazione del genere. Finiremmo per lasciarci dopo nemmeno una
settimana."
"Non puoi saperlo questo." disse Alex alzandosi in piedi.
"Alex, io mi conosco meglio di te. Non hai mai vissuto la mia
quotidianità, non sai come mi comporto nella vita di tutti i
giorni."
"Voglio scoprirlo." replicò Alex, mentre camminava avanti e
indietro per la stanza.
"Non ti lascerò fare una scelta così stupida come
quella di lasciare Alexa per me. Fattene una ragione, non voglio stare
con te. Non voglio stare con un musicista che sta lontano da casa per
mesi, sempre circondato di gente, modelle, sempre in giro per feste
piene di alcool e chissà che altro. Non riuscirei mai a
fidarmi. Mai."
Alex si fermò paralizzato al centro della stanza.
“Non…non è vero…”
Iniziò a dire.
Margaret si alzò in piedi e tornò a dedicarsi
alla valigia. Aveva gli occhi lucidi e non voleva farsi vedere da Alex.
Quel discorso era doloroso tanto per lui quanto per lei.
Alex notando l’apparente tranquillità della
ragazza sembrò scuotersi un attimo.
“Perché sei venuta a letto con me
allora?”
“E’ successo.”
“Queste cose non succedono, queste cose si fanno
succedere.”
“Abbiamo sbagliato, Alex. Basta.”
“Basta un cazzo. Non stai rispondendo alla mia domanda.
Perché hai fatto l’amore con me
stanotte?”
Alex aveva cambiato terminologia per parlare di quella notte e la
seconda domanda fu più dolorosa della prima.
“Perché sono debole. Ero consapevole del fatto che
stessimo sbagliando, ma non mi sono opposta. Evidentemente lo volevamo
entrambi, ma entrambi abbiamo sbagliato. Ora ci dobbiamo assumere le
nostre responsabilità.” Margaret non aveva il
coraggio di guardare Alex negli occhi. Sarebbe crollata sotto il peso
di quello sguardo e non poteva permettersi di far capire ad Alex. Non
potevano stare insieme e lei era l’unica tra i due che
sembrava abbastanza razionale da capirlo. Non era fatta per una
relazione a distanza con una rockstar. Non poteva ancorarsi a una cosa
del genere. Aveva ventidue anni e tutta la vita davanti per impegnarsi.
“Io non ho sbagliato a venire a letto con te. Ho sbagliato a
credere che ciò potesse cambiare qualcosa tra noi, che
questo potesse renderti più umana. Povero illuso, sei un
animale più pericoloso di quanto la gente possa
credere.” Alex si era avvicinato alle spalle e le aveva
sussurrato queste parole all’orecchio, poi le aveva
accarezzato il braccio.
Margaret rabbrividì.
“Esci.” Margaret chiuse la valigia di scatto dopo
quelle parole e guardo dritto davanti a sè
“Buon rientro.”
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