Nessuno vede le leggende
C A P I T O L
O U n i c o
“ Nessuno vede le
leggende „
Si
trovava esattamente in mezzo all'aria, sfrecciante sotto
l'immensità di un buio cielo pennellato di qualche nuvola a
coronare la Luna e a celare qualche gruppo di stelle – talmente
numerose da non soffrire di quell'occultamento parziale.
Sotto di lui, il medesimo scenario si rifletteva in uno specchio
d'acqua immenso e scuro, che racchiudeva in sé la
trascendentalità di quella notte fredda che abbracciava un
paesaggio in cui lui aveva deciso ci sarebbe dovuta essere la neve.
Un piccolo regno si ergeva su un istmo di terra abbastanza grande da ospitare addirittura una foresta di contorno e Jack Frost,
spirito e padrone dell'inverno, lasciò che i suoi occhi d'acqua
fredda si riempissero dell'immagine di quel pugno di case che
circondavano il loro immenso e articolato castello posto al centro
della loro concentricità.
Aveva visitato quel posto anni or sono e qualcosa era sicuramente
cambiato, lasciando più spazio alla modernità guadagnata
in quello scorrere del tempo di cui teneva minuziosamente il conto
– senza ottenere mai le risposte alle domande che lo attanagliavano
nella gabbia che lo teneva prigioniero della sua costante
invisibilità agli occhi di chiunque.
Lasciò che il vento lo trasportasse velocemente in quello che
poteva sembra un enorme salto perfettamente calibrato, fino a poggiare
fulmineamente il piede destro si sanpietrini che componevano il
pavimento della piazza principale di Arendelle
– ancora ricordava il nome di quel posto, sebbene molti
particolari non lasciavano quasi più intendere che quello era lo
stesso di una volta.
«Ciao, Arendelle!» si inchinò dopo aver pronunciato
con un tono più alto e maturo del solito quel saluto volutamente
teatrale.
Rimase piegato come se stesse aspettando una risposta a quel suo
omaggio al reame e, sebbene sapesse perfettamente che questa non
sarebbe mai potuta arrivare, si rialzò di scatto assumendo
un'espressione forzatamente delusa e oltraggiata.
«Ma, ma... Ma come! Io vi saluto, e voi fate finta di
niente?» canzonò al silenzio tombale che regnava in
quell'istante – l'ora era troppo tarda perché qualcuno
fosse ancora fuori dalle coperte dei propri letti.
«Oh, giusto… Giusto» continuò allora,
corrucciando i suo lineamenti facciali in una smorfia saccente, per poi
esplodere in un grido increscioso, «È PERCHÉ NON PUOI VEDERMI!».
L'idea di non poter essere visto semplicemente perché lì
non c'era nessuno non gli importava minimamente, poiché se ci
fosse stata anche solo un'altra persona oltre lui, era perfettamente
convinto non sarebbe stata comunque capace di vederlo – nessuno
credeva in lui e sebbene ci avesse fatto l'abitudine a questa
prospettiva, non riusciva comunque ad accettarla e, in quel momento, la
rabbia per quella costante consapevolezza era esplosa senza un reale
motivo che giustificasse la sua azione scollegata da ogni nesso logico.
Con la collera sul volto, strinse i denti ed iniziò a camminare
sempre più al centro della piazza, raggiungendo un piedistallo
vuoto che non sapeva esattamente se dovesse essere considerato un
monumento così com'era, o se c'erano ulteriori lavori futuri
mirati ad ultimarlo.
«E questo sarebbe l'architettura che merita di primeggiare sulla
tua piazza più importante!?» aprendo le braccia
esterrefatto e alludendo al feudo, si rivolse nuovamente al nulla con un
pizzico di sarcasmo nelle note vocali.
Ancora una volta rimase in attesa di una risposta che sapeva non gli
sarebbe giunta, fino a che non abbassò gli arti e accompagnò le
sue scocciate movenze con una sonora sbuffata.
Lo stava facendo diventare pazzo, la solitudine forzata in quella
libertà assoluta che non aveva mai richiesto – e si
domandava spesso se davvero potesse chiamarla libertà, poter
andare ovunque volesse senza però mai interagire con anima viva.
Ne aveva viste davvero di ogni nei suoi centocinquant'anni di vita,
eppure non aveva nessuna persona con cui poter condividere
l'epicità dei suoi incredibili viaggi.
Puntò allora il bastone verso il piedistallo, rimanendo per
qualche secondo a fissarlo senza sapere nemmeno lui esattamente cosa
volesse fare.
In un impeto di speranze da nessuno mai ascoltate – mischiate a una
considerevole dose di rancore – agitò la sua arma energicamente,
lasciando fuoriuscire dalla punta di legno arcuata una prepotente scia
di gelo brillante che si concretizzò sulla base di marmo scuro a
terra davanti a lui, provocando inizialmente una condensa di aria
troppo refrigerata perché si potesse vedere attraverso. Attese
che questa si estinguesse, per poi ammirare la sua opera d'arte con
sguardo compiaciuto e fiero.
«Ciao... » si lasciò scappare dalle labbra ricurve in un sorriso.
Sopra il ripiano monumentale che aveva puntato prima, si ergeva ora una
statua di ghiaccio finemente lavorata e dettagliata, che rappresentava
quella che sembrava una giovane donna non oltre i vent'anni. Una
treccia laterale racchiudeva l'eleganza dei suoi morbidi capelli
– contrasto incredibile, sulla durezza del ghiaccio – e un
viso dai dolci lineamenti sembrava osservarlo e contraccambiare il suo
sguardo. L'esile corpo della giovane di cristallo era ricoperto di
quello che pareva essere un raffinato vestito da sera –
sicuramente fatto di qualche pregiata stoffa, se solo fosse stato vero
– e un brillante mantello sottile come la brina si estendeva a
coda lungo tutta la sua altezza.
Jack iniziò a girarci attorno, fingendosi un timido
corteggiatore privo del coraggio necessario per avvicinarsi alla
creatura incantevole e affascinante quale era lei.
Tintinnò l'indice sul labbro inferiore un paio di volte,
lanciandole qualche fugace sguardo d’imbarazzato ma pieno di
voglia di conoscerla – e non si preoccupava di apparir pazzo in
quel siparietto messo su per puro gioco, poiché l'unico attore
del tutto era lui e nessuno sarebbe stato suo spettatore per giudicarlo.
«Lei...» iniziò dunque, facendosi infine coraggio, «lei è davvero molto bella, signorina».
Rimase ad osservare il suo volto incredibilmente armonico da qualunque
angolazione lo si guardasse – le ciglia che contornavano i suoi
grandi e splendidi occhi erano folte e perfettamente separate l'una
dall'altra – ma la scultura rimase ovviamente in silenzio e lui
decise di attribuire alla sua astensione di dialogo un significato
sicuramente più romantico del suo essere inanimata.
«Oh, mi perdoni se le sono sembrato maleducato
nell’interromperla, solo… Non ho potuto fare a meno di
rimanere soggiogato dalla sua incantevole figura»
continuò, avvicinandosi di qualche passo ancora.
Incrociò poi le mani dietro la schiena, prendendo a camminare nuovamente attorno a lei con l'eleganza di un gentiluomo.
«Ho viaggiato molto, sa? E difficilmente ho incontrato donne
degne d’esser messe a paragone alla sua bellezza».
Riservò un'ennesima occhiata alla corteggiata, come se si
aspettasse davvero che da un momento all'altro questa avrebbe
interagito con lui.
«Come dice? Elsa?» esordì poi, quasi stupito,
«Ma è un nome splendido! Ha un suono così
regale».
Si fermò, infine, per fare un piccolo balzo nell'aria che delicatamente lo trasportò dinanzi a lei.
Fluttuante nel vuoto, la guardò in viso e con intensità e declamata malizia sorrise ancora.
«Vuole essere la mia regina, Elsa?»
le domandò con una serietà in cui quasi lui stesso aveva
iniziato a credere, aspettando per diversi istanti senza muovere un
muscolo o compiere un respiro – il silenzio era talmente
prepotente da fargli fischiare le orecchie.
Si allontanò poi da lei, voltandole le spalle e piegando
leggermente la sua postura – pronto a lanciarsi nuovamente nel
suo amato vento, unico compagno in quella sua esistenza eterna e
dannata.
«Tornerò a trovarla, lo prometto», sigillando con lo
sguardo quell'impegno, guardò poi disordinatamente i tetti delle
case attorno a lui.
«Ciao, Arendelle!» salutò prima di congedarsi, ma
ancora una volta il brusìo del suo elemento fu l'unica replica
al suo arrivederci. Con un malinconico e rassegnato sorriso a guidare
la linea della sua bocca, lasciò che da questa fuoriuscisse
l'ultimo, provocatorio ossequi definitivo.
«Maleducata come sempre».
Senza che null'altro alterasse l'equilibrio della staticità di
quella quiete atmosfera, Jack si lasciò definitivamente soffiare via dalla
fredda corrente che aveva richiamato in suo soccorso – e non
poteva sapere che, seppur non volendo, alla vista dell'arrivo della
neve e di quella suggestiva e perfetta statua di ghiaccio nata dal
nulla, il giorno dopo avrebbe sotterrato la sua leggenda per dare vita
a quella della regina delle nevi.
F I N E
»
N O T E
A U T R I C E
;
Giusto pochi giorni fa mi sono lamentata dell'eccessiva presenza di Jelsa ma, sebbene in questo periodo spopolino, penso sia proprio quello più buio per la coppia. Questa mia fanficion
vuole dunque essere una sorta di protesta silenziosa per manifestare quanto
una ship possa essere bella e pulita senza per forza doverla rovinare
con prompt triti e ritriti o con l'assenza di originalità.
Continuo a non sostenere
nemmeno minimamente le Jack x Elsa,
ma quest'idea mi solleticava la
mente da un po' e penso che comunque possa essere una buona favola da
immaginare, nell'ambito crossover – e ho pensato potesse inoltre
fungermi da terapia, scrivere su di loro. Hahaha.
Un po' non nego mi abbia ammorbidita ma, nonostante tutto, persisto comunque nella mia totale incomprensione
per l'amore verso questa coppia anche dopo averla trattata di persona
e, e... E boh, reputatemi pure eretica ed ignorante ma proprio non mi
piace e non riesco a vedere tra loro un legame che possa andare oltre
quello che ho descritto qui o simil. x°
Detto questo, l'idea che fosse lo stesso Jack a dare vita alla
leggenda riguardo la regina delle nevi, la trovavo una cosa estremamente autodistruttiva per
lui, così tanto che mi ha affascinato hahaha – e da qui prende il
titolo la fic, poiché gli abitanti di Arendelle, vendendo la
statua di Elsa (che, premetto, né lei né Anna esistono
fisicamente in questa realtà) e vedendosi circondati dopo una
sola notte dalla neve, hanno iniziato a vaneggiare sull'esistenza della
regina delle nevi; Elsa per l'appunto.
Molto bene, concludo con la solita speranza che anche questo mio
ennesimo scritto sia potuto piacere a tutti – e spero di aver lasciato
trapelare soprattutto il messaggio che vuole essere alla base del
tutto. Chi volesse lasciarmi qualche recensione mi farà solo
piacere! Sebbene come già ho detto, non ami la Jelsa, in questa
fiction ci ho comunque versato la stessa attenzione e passione che ho
adoperato per tutte le altre che ho già postato e posterò.
Un saluto a tutti e grazie per le letture!
©
a u t u m n
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