La
mattina seguente le
fate e gli specialisti si ritrovarono all'esterno della scuola di
Fonterossa.
Il
sole splendeva nel
cielo e sembrava pronto a scaldare tutti i cuori.
Spesso
gli sguardi di
Musa e Riven si incrociavano,
freddi e indifferenti.
La
tensione tra loro
era palpabile.
Proprio
quando stavano
per oltrepassare la barriera della scuola, il professor Codatorta
li fermò.
“Ragazzi,
dove state
andando?”, domandò sorpreso.
Fu Sky
a
prendere parola per primo:“Ecco, stavamo andando a fare un
pic-nic,
una passeggiata...le ho chiesto il permesso l'altro giorno
professore!”, disse deciso il ragazzo.
Ma
l'uomo sembrava non
ricordare.
Stettero
quasi cinque
minuti a discutere su quello che aveva veramente detto lo specialista
e quello che le regole della scuola permettevano, fino a quando una
mano non artigliò Musa per un polso e le
fece fare un lungo
giro nella scuola, fino ad arrivare in una stanza e chiudere la porta
dietro di sé.
“Riven...”,
sospirò la ragazza, riconoscendo il possessore di quella
mano
misteriosa.
Lui
non disse una
parola, ma le veniva incontro in quei pochi metri liberi nella
stanza, fino a quando Musa non si
ritrovò con la schiena al
muro e il viso del ragazzo a pochi centimetri dal suo.
Tuttavia,
non era
spaventata.
Sapeva
che Riven
era molto geloso e possessivo e aveva intenzione di chiarire quanto
lei.
Non
importava a nessuno
dei due se qualcuno li avesse visti, così abbassò
lo sguardo e
cominciò a parlare.
“Io
non so chi ti
abbia chiamato Riven...io non ti avevo nemmeno
parlato di
quella festa...sapevo che avresti voluto che non ci andassi senza di
te, ma l'ha organizzata mio padre e non potevo mancare”.
Stranamente
al suo
carattere, il ragazzo non l'aveva interrotta e Musa
alzò lo
sguardo stupita.
Il
suo viso era
arrossato e si mordeva ininterrottamente il labbro inferiore,
nervoso.
Lo
osservò negli occhi
prima di continuare, percependo chiaramente la sua crescente voglia
di sapere.
“Mi
ha ingannato: a
quella festa c'erano soltanto ragazzi della nostra età.
Voleva che
mi trovassi qualcun altro, capisci? Poi abbiamo discusso e io avevo
intenzione di andarmene quando quei ragazzi con cui avevo parlato
solo per poco cominciarono a uscire, uno dopo l'altro.
Ma
io ti giuro che non
li conosco, e che non me ne importa niente di loro!”
Seguì
qualche minuto
di silenzio, quando Riven le dette le spalle
pensieroso.
Lo
vide alzare un
braccio e capì che si stava sfregando il viso: era confuso
quanto
lei dal comportamento del padre della sera precedente.
Poi
si rivolse di nuovo
verso Musa e finalmente parlò.
“Era
un numero
sconosciuto”, disse soltanto.
Così
la ragazza
collegò gli avvenimenti accaduti: il padre aveva avuto
numerose
occasioni per copiare il numero del ragazzo dal suo cellulare, e
quella sera, mentre lei era fuori sulla balconata, lui era andato in
un'altra stanza a chiamare Riven.
Altrimenti
la sua
apparizione improvvisa non si sarebbe assolutamente spiegata.
Stava
quasi per dirlo
al ragazzo, quando un pugno pieno di rabbia colpì il muro a
pochi
centimetri da lei.
Musa
chiuse gli
occhi, cercando di rilassarsi e soprattutto di rilassare l'autore del
pugno.
Si
aspettava una
reazione del genere dall'inizio della conversazione.
Ormai
lo conosceva
troppo bene.
“Tuo
padre non mi
accetta”, sussurrò Riven a
pochi centimetri dal suo
orecchio.
“Come
credi che
potremmo stare insieme in questo modo? Continuando a mentirci
reciprocamente?”, aggiunse il ragazzo.
Musa
spalancò
improvvisamente gli occhi. Lei non voleva assolutamente lasciarlo!
E se
suo padre non lo
accettava, lei avrebbe fatto qualsiasi cosa per convincerlo, ma
lasciare Riven non era una soluzione. In fondo
spettava a lei
decidere quale ragazzo amare.
Ma
solo in quel momento
si rese conto che in realtà non era lei a lasciarlo, ma
esattamente
il contrario.
E
mentre questi
pensieri confusi si affollavano nella sua mente, il ragazzo le
baciò
leggermente il lobo dell'orecchio, sussurrando
soltanto:”Forse è
meglio se ci lasciamo”.
Poi
scomparve,
lasciando la fata triste e in lacrime nella sua stanza.
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