DROGA

di CeciliaCollins
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Le voci mi battevano sulle tempie, e la musica sembrava volermi infiammare la nuca.
Barcollai.
< Stai bene Mat? > Sentii alle mie spalle.
Lo stomaco si chiuse in una morsa, e il senso di vomito aumentò.
La mia mente era vuota, e sentivo i muscoli delle gambe contrarsi.
La gente mi circondava, spingeva, e urlava, alzai gli occhi e metà dei loro volti erano confusi e sbiaditi, circondati da una nebbia nera.
Volevo urlare, volevo stendermi, strapparmi la pelle di dosso e scappare via, ma rimasi fermo.
< Mat, stai bene? > Alzai lo sguardo, Laura.
Barcollai nuovamente, e sussurrai a bassa voce.
Caddi a terra.
 
< Cosa mi avete dato? >
 
 
 
 
Arricciai il naso, queste lentiggini mi donavano un aspetto infantile.
Il mio riflesso sulla vetrina di un negozio di scarpe, di certo non era di mio gradimento.
< A me piacciono > Sentii una voce.
Mi girai di scatto, una ragazza mi sorrideva.
< Le lentiggini, dico >
I suoi capelli erano lunghi fino al seno, dorati, dalle punte blu.
Il suo sguardo nero mi catturava, e le sue labbra dal rossetto prugna sfumato mi sorridevano.
Era la ragazza più bella che avessi mai visto.
La matita nera sotto gli occhi era sbavata, segno di una nottata insonne, eppure la sua pelle era così candida, e il suo sguardo sembrava contenere la notte.
Le sorrisi, impacciato.
< Sono Laura, ma chiamami Lal > Disse porgendomi la mano.
La strinsi.
< Piacere, Mat >
< Mat di Matteo? > Chiese.
< Solo Mat > Mentii.
Lei sorrise, tirò fuori un bigliettino dalla tasca e stringendomi la mano, lo lasciò cadere sul mio palmo.
Mi fece l’occhiolino e se ne andò.
Sul bigliettino c’era un numero di telefono.
Il mio cuore saltò un battito, e strinsi il biglietto fra l’indice e il pollice.
 
Mi incamminai verso casa, la giornata era stata pesante, eppure ora mi sentivo così leggero.
 
‘’Sono Matteo’’ le inviai un messaggio.
‘’Non eri Mat? Ahah, cosa fai stasera?’’
‘’Uhm, niente’’
‘’Ora si, Vl, Avenue, Piazza Grande, alle 21.30’’
 
Un altro battito saltato.
‘’Ricevuto’’
 
 
 
Le ore, i minuti, erano interminabili.
Finalmente giunse l’ora, ed io ero già a destinazione.
La scorsi fra la folla, venne in mia direzione.
< Pensavo non saresti venuto >
< Sei in ritardo Lal > Le risposi.
Lei strinse gli occhi e fece una boccaccia, il rossetto nero le donava un aspetto sovrannaturale.
I suoi capelli erano sciolti, liberi, era ancora più bella di prima.
Mi prese la mano, sentii il cuore martellarmi sulla pelle.
Mi porto in una casa, le persone mi facevano agitare, ma non lo detti a vedere.
Laura mi sorrideva, ed era la cosa più bella del mondo.
< Bevi questo > Disse.
< Cos’è ?>
< L’ho preparato apposta per te Mat >  Disse mielosa.
Lo bevetti, e da lì incominciò l’inferno.
Le voci mi battevano sulle tempie, e la musica sembrava volermi infiammare la nuca.
Barcollai.
< Stai bene Mat? > Sentii alle mie spalle.
Lo stomaco si chiuse in una morsa, e il senso di vomito aumentò.
La mia mente era vuota, e sentivo i muscoli delle gambe contrarsi.
La gente mi circondava, spingeva, e urlava, alzai gli occhi e metà dei loro volti erano confusi e sbiaditi, circondati da una nebbia nera.
Volevo urlare, volevo stendermi, strapparmi la pelle di dosso e scappare via, ma rimasi fermo.
< Mat, stai bene? > Alzai lo sguardo, Laura.
Barcollai nuovamente, e sussurrai a bassa voce.
Caddi a terra.
 
< Cosa mi avete dato? >
 
 




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