Per molte
persone, il
Venerdì dopo il Ringraziamento consisteva nell'avventurarsi
nei
negozi sovraffollati cercando i saldi natalizi e regali perfetti per i
loro cari. Per Payson Keeler era solo un altro giorno. Anche se
ufficialmente la Rock era chiusa, non aveva intenzione di prendersi un
altro giorno di riposo e di certo non aveva intenzione di
passare
la giornata con la sua famiglia, non dopo il disastro che si era
rivelato essere il Ringraziamento a casa Keeler. Era il segreto peggio
mantenuto nella loro famiglia che la zia Cathy si sentisse inferiore
alla sorella. Così, quando i Keelers si erano trasferiti a
Colorado cinque anni prima per seguire il sogno di Payson di diventare
una ginnasta olimpica, Cathy aveva afferrato al volo l'occasione. Aveva
sempre messo in discussione la decisione, insinuando che fossero pazzi,
e incolpando Payson per un fallimento da cui non si sarebbe mai
ripresa. Tutto questo era venuto a galla la sera prima, quando Sasha
tra tutti i presenti l'aveva difesa di fronte a tutta la sua famiglia,
che per la maggior parte aveva imparato a prendere le chiacchiere di
Cathy per quello che erano, le parole pungenti di una donna infelice
della sua vita. Payson non se ne era curata, non proprio, ma sentire
Sasha descrivere lei e i suoi risultati, utilizzando il tono
più
duro che possedeva, le aveva fatto venire le farfalle nello stomaco.
Toccò appena
la mano di sua
madre mentre si alzava dal tavolo, comunicando in silenzio che avrebbe
seguito Sasha. Era andato verso la cucina e Payson capì che
non se ne era andato, aveva semplicemente lasciato la
situazione
imbarazzante dopo il suo sfogo.
"Sembrava arrabbiato,"
disse Becca mentre si faceva strada verso la cucina. "Cosa è
successo?" chiese.
Payson guardò
i suoi cugini
più giovani e scosse la testa verso Becca, "Ha solo bisogno
di
una boccata d'aria," rispose e Becca annuì. Uscì
di casa,
non pensando a come fosse fredda l'aria di fine novembre. Lo vide
vicino a uno dei grandi alberi nel loro cortile, che spezzava un
piccolo ramoscello, gettando via i pezzi.
"Ehi," lo
chiamò, abbracciandosi e sfregando le mani contro
la pelle, cercando di scaldarsi.
Senza dire una parola
Sasha si tolse
la giacca e con un colpo dei polsi gliela mise sulle spalle, unendo
ermeticamente i lembi. Aspettò che Payson sostituisse le sue
mani con le proprie prima di fare un passo indietro, la vicinanza che
già faceva effetto su entrambi. "Mi dispiace. E' stato
vergognosamente scortese da parte mia dire quelle cose a tua zia.
Dovrei tornare dentro e chiedere scusa."
Payson gli sorrise, "Non
dispiacerti," disse, "hai detto quello che per anni avrei voluto dire
io. Lei eccelle a sminuire quello che faccio senza effettivamente
venire allo scoperto e dirlo direttamente. Principalmente la ignoriamo
ormai, ma grazie lo stesso."
"Probabilmente dovrei
andare," disse
con un cipiglio che rovinava il suo bel viso. "Penso di aver causato
abbastanza problemi per una notte."
Payson sorrise, "Sono
contenta che
tu sia venuto stasera," disse. "E' stato bello averti qui con la mia
famiglia, quasi come..." si interruppe.
"Quasi come se gli
avessimo detto
tutto e fossimo solo una normale famiglia che celebra una festa
insieme?" finì per lei e un sorriso triste
sostituì
l'espressione seria che aveva assunto da quando era uscito.
"Sì,"
rispose, guardandolo
negli occhi. Per un momento, un momento terribile e meraviglioso,
pensò che avrebbero stracciato il loro accordo e l'avrebbe
baciata. Poteva sentire il magnetismo che sembrava sempre scorrere tra di loro che
l'attirava più vicina.
I suoi occhi guizzarono alla bocca di Sasha e si umettò le
labbra con la punta della lingua, in attesa. Lo guardò negli
occhi e il contatto visivo ruppe il momento. Non potevano farlo.
"Dovrei andare.
Dì ai tuoi
genitori che li ringrazio per la bella serata," disse e lei
annuì, togliendosi la giacca, non prima di inalare
il suo
profumo. Era da tempo svanito dalle sue lenzuola e il pensiero di
spruzzare la colonia sul suo cuscino le era sembrato oltre il limite
del patetico. I suoi occhi si chiusero, mentre una piccola scossa di
piacere la attraversava, il suo corpo che reagiva istintivamente a
ciò che il suo profumo evocava in lei, la mente intorpidita
da
sensazioni meravigliose .
"Lo farò.
Grazie per essere venuto," disse incrociando di nuovo il suo sguardo.
"Ci vediamo domani,
Payson," disse, e
prima che lei potesse reagire si chinò e la
sfiorò con un
bacio morbido sulla guancia. Poi se n'era andato, marciando a grandi
passi fuori dal cancello laterale e lontano dall'entrata. Payson
portò la mano alla guancia e lasciò che gli occhi
le si
chiudessero, cercando di memorizzare di nuovo la sensazione delle sue
labbra. Era passato così tanto tempo. Udì il
suono
inconfondibile del motore che si avviava e l'auto di Sasha che si
allontanava prima di riaprire gli occhi e rientrare in casa.
Sua madre era in piedi
in cucina con
una strana espressione sul viso. Le comunicò il messaggio di
Sasha ed entrambe ritornarono alla sala da pranzo, mentre sua madre
continuava a guardarla con la stessa strana espressione. La mantenne
per tutto il resto della terribile cena e anche mentre stavano pulendo.
Alla fine, mentre stava
mettendo via
l'ultimo dei piatti, Payson guardò sua madre, "Cosa
c'è?
Perché continui a guardarmi in quel modo?"
Kim scosse la testa e
fece una smorfia, "Sai che puoi parlarmi di qualsiasi cosa, giusto?"
chiese e Payson sospirò.
"Mamma, se si tratta di nuovo di Austin, non so quante volte
posso ripetertelo."
Lei scosse la testa,
"No, non si tratta di Austin. Ma lo sai, vero? Qualsiasi cosa."
Payson sapeva che c'era
stata una
spaccatura tra lei ei suoi genitori da dopo i Mondiali. Era troppo
difficile star loro
vicino,
anche se li amava molto. Era comunque
bello sapere che la sua mamma era lì per lei, almeno in
teoria.
"Lo so, mamma."
"E non mi nasconderesti
niente di importante, vero?"
Il suo sorriso
sbiadì e
sospirò, mettendo giù il canovaccio e guardando
seria sua
madre, "Mamma, ci sono solo alcune cose che è meglio non
sapere." Era l'unica risposta che poteva dare senza mentirle
direttamente. La verità era che lei aveva nascosto a sua madre
qualcosa di importante e avrebbe continuato a farlo senza esitazione.
Sapeva che era semantica a questo punto, le bugie di omissione erano
state sufficienti a garantire una completa rottura nel loro rapporto
una volta che la realtà dei fatti fosse venuta fuori, ma
Payson
non riusciva a dire la verità.
Kim aggrottò
le sopracciglia,
ma rimase in silenzio sull'argomento, riportando la sua attenzione
sugli avanzi che dovevano essere messi via.
***
Payson sospirò mentre finiva i suoi esercizi di
riscaldamento,
Sasha che la guardava in piedi vicino a lei. Non avevano riaperto
l'argomento, ma la tensione era rimasta. Sapeva che avrebbero dovuto
affrontare il problema alla fine, ma dal momento che Payson non aveva
idea da dove questa nascesse, non sapeva cosa avrebbe potuto fare.
Andò al distributore d'acqua e ne bevette velocemente un
bicchiere, prima di muoversi verso le parallele asimmetriche.
"Sono andati a casa?" Domandò Sasha, le sue prime parole da
quando si erano augurati buongiorno quando Payson era arrivata.
"Domani mattina," rispose, alzando gli occhi al cielo. "Non
andrò lì finchè non se ne vanno.
Dovevi restare.
Maureen era così arrabbiata con la madre per averti
spaventato,"
lo prese in giro con leggerezza, cercando di farlo sorridere.
Funzionò, facendogli sollevare un angolo della bocca in un
piccolo sorriso sbilenco. "Grazie, tra l'altro, per quello che hai
detto."
Si strinse nelle spalle, "Era la verità," disse. Payson
annuì e si allontanò verso le parallele per
iniziare il
suo esercizio. "Payson," la chiamò Sasha e lei si
fermò
di colpo, guardando verso di lui con curiosità. "Non sono
invitate."
Payson corrugò la fronte, confusa. "Non sono invitate?"
"Al matrimonio."
Payson non sapeva cosa l'avesse possedduto per fargli dire una
cosa del genere, ma non appena le parole erano uscite dalle sue labbra,
sapeva che erano quelle giuste. Avevano bisogno di un promemoria,
qualcosa di più tangibile dei ricordi che avevano creato nel
corso dell'ultimo anno. Aveva preso le sue parole come vere, ma
improvvisamente aveva poco a che fare con un invito ed era
più
l'idea generale. Si sarebbero sposati, un giorno. Le parole penetrarono
in entrambi e un bel sorriso apparve sul volto di Payson, subito
ricambiato da Sasha, prima che entrambi annuissero e distogliessero lo
sguardo. Payson si mosse di nuovo verso le parallele e prese un lento,
profondo respiro, mettendo da parte le sue emozioni e concentrandosi
sulla sua nuova routine, con cui doveva subito iniziare ad allenarsi se
voleva che ci fosse qualche speranza di vincere i suoi ori alle
Olimpiadi.
***
Payson tornò a casa dagli allenamenti con la sensazione di
essere piena di lividi dalla testa ai piedi. La doccia in palestra non
era servita a molto e l'unica cosa che voleva più di ogni
altra
cosa era fare un lungo e caldo bagno nella sua vasca. Era una cosa
fantastica, la sua vasca. Poteva facilmente ospitare due persone,
qualcosa che lei e Sasha aveva scoperto in tempi relativamente brevi,
ed era una vasca idromassaggio, con getti potenti che avrebbe alleviato
il dolore nel suo corpo. La routine alle parallele asimmetriche stava
venendo fuori bene, ma per lavorare alla sua sequenza di uscita era
finita sul tappeto più volte di quanto potesse contare.
Gettò la borsa da ginnastica sul suo letto, aprì
l'acqua
calda e accese alcune candele poste strategicamente in tutto il bagno.
L'odore calmante della lavanda invase i suoi sensi mentre si toglieva i
vestiti, raccolse i capelli in cima alla testa e poi, mentre la vasca
si riempiva, aggiunse rapidamente alcune gocce di bagnoschiuma
nell'acqua calda. Lentamente si è calò in acqua e
i suoi
muscoli si rilassarono quasi istantaneamente, mentre sistemava
la
testa contro il lato della vasca e chiudeva gli occhi. Si
rilassò completamente, lasciando affluire i ricordi di lei
appoggiata contro il forte petto di Sasha, le mani che correvano lungo
il suo corpo per lavare via la sporcizia e lo stress del giorno,
le sue labbra contro il suo collo e le spalle. Sospirò
mentre le
immagine evocate bruciavano nella sua memoria. La sua mano
scese
sott'acqua, scomparendo sotto la superficie-
"Payson!" urlò una voce maschile in preda al panico. Payson
riaprì gli occhi e vide che Austin Tucker era in piedi
contro la
porta del suo bagno, con l'aspetto di uno che stava venendo strangolato.
Non aveva neanche la forza di urlare contro di lui e lasciò
semplicemente ricadere la testa contro la vasca. "Austin, che ci fai
qui?" chiese stancamente.
"Io, uh, io," balbettò. Non l'aveva mai visto
così
agitato. "Non rispondevi al cellulare e poi non hai risposto al
campanello. Mi sono preoccupato. Sembravi addormentata e poi hai mosso
la mano e ho capito che sicuramente non dormivi. Mi dispiace, volevo
solo sapere che programmi avevi per cena."
Payson sospirò, "Ci sono gli avanzi del
Ringraziamento in
frigorifero," rispose. "Li avrei riscaldati più tardi, ma lo
farò adesso."
Lui scosse la testa, "No, tu, uh, rimani lì. Li scaldo io,"
disse. "Mi dispiace per l'interruzione." Fuggì velocemente
dalla
stanza e Payson rise piano con se stessa.
Una mezz'ora più tardi, dopo aver indossato i pantaloncini
del
pigiama e una canottiera, scese al piano di sotto, seguendo l'odore del
cibo nella sua cucina. Austin era al tavolo circondato da un ricco
buffet. "Ne vuoi un po'?" chiese, la bocca piena di quello che sembrava
purè di patate e patate dolci.
Scosse la testa, "Ho portato a casa la maggior parte di quella roba per
te, comunque. Sai che non posso mangiarla."
Austin annuì, indifferente, e si immerse di nuovo nel cibo.
Ci fu
un bussare alla porta e Payson andò a rispondere. Fu
scioccata
nel vedere sua madre dall'altra parte.
"Mamma, cosa ci fai qui?" chiese, aprendo la porta per lasciar entrare
la madre, lontano dal freddo esterno.
"Oggi ho fatto un pò di shopping di Natale per Becca e tuo
padre
e mi chiedevo se potevo nascondere i regali qui. Tuo padre è
un
tale segugio e Becca non è da meno." Sollevò le
borse
della spesa che aveva in mano.
Payson sorrise, "Certo," disse, facendole strada in casa.
"Hai scaldato gli avanzi?" chiese Kim, sentendone l'odore
mentre si avvicinavano alla cucina.
"Cosa, uh," cominciò, ma non fu in grado di finire
perchè Austin uscì dalla cucina, con uno sguardo
perplesso
e stringendo in mano un Tupperware pieno di torta di mele.
"Ehi, Pay, come si fa ad aprire questo coso?" chiese, senza alzare lo
sguardo.
Kim Keeler si fermò per osservare la scena e Payson
sospirò. Sapeva quello che sua madre stava pensando. Si
diede
un'occhiata. Era praticamente in pigiama, a piedi nudi, i suoi capelli
erano bagnati e Austin si comportava come se fosse casa sua.
Stava per aprire di nuovo la bocca, quando sua madre le rivolse uno
sguardo tagliente. "Andiamo, li metto nel mio armadio," disse Payson,
prendendo alcuni dei sacchetti di sua madre e portandoli al piano di
sopra. Austin non aveva bisogno di sentire la predica che Payson stava
per ricevere, soprattutto perché non aveva fatto niente per
guadagnarsela.
Appena entrati sua camera da letto di sua madre iniziò, "Che
succede, Pay?" chiese con tono eloquente.
Payson sospirò, "Niente, mamma. So che non ci credi, ma non
succede niente." Sapeva come sembrava e sapeva che la fiducia di sua
madre in lei era in calo, soprattutto dopo l'incidente ai Mondiali.
Immagini e video erano difficili da negare, nonostante stesse
dicendo la verità quando si trattava del suo
rapporto con Austin.
"Vedi, lo trovo difficile da credere. Io proprio non capisco cosa ti
sta succedendo, Payson." Fece qualche passo e poi si
voltò,
scorgendo il bagno, le candele accese intorno alla vasca, le luci
soffuse e il bagnoschiuma non ancora del tutto defluito. "Questo... voi
due stavate..." sua madre non riusciva nemmeno a esprimere i pensieri
che le rimbalzano in testa.
Payson sospirò e scosse la testa, "Ho fatto un bagno quando
sono tornata a casa dopo l'allenamento,
da sola."
Kim si sedette sul letto e la guardò, la preoccupazione
sostituì l'oltraggio di un attimo prima. "So che tu pensi
che io
non capirò, ma io penso di sì."
Scosse la testa, "Mamma, ne dubito molto."
Kim scosse la testa e sospirò, "So che ci si può
sentire
confusi, soprattutto se si hanno per qualcuno dei sentimenti che non si
possono avere. A volte ti lanci in qualcos'altro o torni da
qualcuno che puoi avere perché è più
facile. Devi
sapere, Payson, che non è giusto per te o per l'altra
persona.
Finirai soltanto per ferirlo."
Payson aggrottò la fronte nella confusione più
totale,
"Mamma, io davvero non ho idea di cosa tu stia parlando. Stiamo
parlando di Austin? Non ho sentimenti del genere per Austin e lui non
sente quello per me. Io non..."
Sua madre la interruppe, "Ieri ho visto te e Sasha nel cortile," disse.
Payson non era ancora sicuro a cosa alludesse sua madre, non era
successo niente nel cortile dopo cena, avevano parlato e lui se ne era
andato. "Okay, non capisco," disse.
"Davvero non lo capisci, vero?" disse Kim, scuotendo la testa.
"L'ho visto baciarti sula guancia, Payson, e ho visto il modo in cui lo
guardavi mentre andava via. Mi ha quasi spezzato il cuore a vederti
così. Volevo solo farti sapere, va bene avere questi
sentimenti.
Sasha è un brav'uomo, il tipo di uomo per cui
dovresti
provare dei sentimenti in futuro, ma lui è il tuo
allenatore,
tesoro, ed è molto più vecchio di te. Sono sicura
che te
ne rendi conto. Deve essere così difficile per te allenarti
con
lui. Ti sentiresti più a tuo agio ad allenarti con qualcun
altro? Ci inventeremo qualcosa."
Payson la fermò, alzando la mano e scuotendo la testa con
fermezza, "Mamma, non hai bisogno di dire altro. Io non voglio
assolutamente parlare di questo. Sasha è il mio allenatore e
quello che stai dicendo, è solo...non sai di cosa stai
parlando.
Quindi, per favore, lascia stare." Scelse con cura le parole, cercando
di non mentire, anche se a quel punto, che senso aveva?
"Payson, sto solo cercando di aiutare. Non può essere facile
per te. L'hai capito a Istanbul? E' per questo che ultimamente sei
così triste, tesoro?"
Payson chiuse gli occhi, cercando di nascondere il dolore. Sua madre
aveva colpito troppo vicino e il dolore sordo che aveva sentito
dentro quando si svegliava da sola ogni mattina fino a quando
non
l'aveva seppellito, tornò prepotentemente a farsi sentire.
Non
aveva capito quanto volesse condividere quello che stava passando con
la sua mamma. Erano sempre state così vicine. Una ragazza
dovrebbe essere in grado di parlare con sua madre dell'uomo di cui si
è innamorata, soprattutto quando era un uomo come Sasha, che
era,
come sua madre aveva appena detto, un brav'uomo, il tipo di uomo che
voleva per lei. Non c'era proprio nessun modo in cui avrebbe potuto
dirglierlo, non ora, e quando alla fine fosse venuto fuori, dubitava
molto che sua madre avrebbe capito. "Mamma, per favore, non," disse,
guardandola negli occhi. "Sasha è il mio allenatore e Austin
è mio amico. Tu non sai di cosa stai parlando." Non aveva
idea
di cosa altro dire.
Kim annuì, mordendosi il labbro e Payson sentì la
colpa
stringerle lo stomaco. "Va bene. Solo che non voglio vederti commettere
un errore e fare qualcosa che il più volte si finisce per
rimpiangere."
Si alzò e fece qualche passo, avvolgendo le braccia attorno
a sé. "Mamma, per favore."
"Non posso lasciar perdere. Sei stata così felice per un
po',
Pay, e odio vederti sconvolta. Non si può negare che sei
stata
giù, ultimamente."
"Sono stato concentrata. C'è una differenza, ho poco meno di
dieci mesi, fino alle Olimpiadi. E' l'allenamento più
difficile
che io abbia mai fatto."
"Sei diversa rispetto a prima, Payson, e qualunque cosa sia
responsabile di questo cambiamento, non posso dire di esserne una fan.
E non è il tuo allenamento. Ho visto concentrarti prima,
Pay, e
questo è diverso. Tu sei diversa."
Payson sbuffò appena. "Mamma, non te lo chiederò
ancora,
per favore lascia perdere." Incontrò gli occhi di sua madre,
supplicandola. Non aveva alcun desiderio di trasformare la
conversazione in una battaglia, ma l'avrebbe fatto se avesse dovuto .
Kim alzò le mani in segno di sconfitta, "Bene, ma fai
attenzione, Payson. Non farti coinvolgere in qualcosa che non puoi
gestire. Farà solo male alla fine."
Pochi minuti dopo sua madre se ne andò,
evidentemente
insoddisfatta della loro conversazione, ma non c'era molto Payson
potesse fare. Austin andò via solo un poco dopo, prendendo
la
maggior parte degli avanzi con lui.
Payson sospirò, sedendosi sul letto, fisicamente ed
emotivamente esausta. Impostò la sveglia per le
quattro del
mattino, anche se sapeva che il suo corpo probabilmente si sarebbe
svegliato senza l'aiuto di un cellulare che squillava insistendo che
era ora di svegliarsi. Guardò il suo telefono e lo
studiò
per un momento prima di prendere una decisione. Bastò la
semplice pressione di pochi pulsanti per far partire la chiamata.
"Pronto?" la voce di Sasha gracchiò nel ricevitore,
piena di sonno.
"Ehi," disse e la sua voce suonò piccola, anche a se stessa.
"Payson," mormorò, col tono un po' più vigile.
"Qual
è il problema?" chiese e Payson sospirò,
sentendosi
improvvisamente molto sciocca e un po' infantile.
"So che abbiamo detto che non l'avremmo fatto, ma ho bisogno di sentire
la tua voce," rispose.
"Stai bene,amore?" chiese, la preoccupazione palpabile anche attraverso
la linea telefonica.
"Sì, mia mamma è passata a trovarmi. Pensa che io
sia
innamorata di te e vada a letto con Austin per cercare di dimenticarti."
Sapeva che le parole lo avrebbero svegliato completamente, "Beh, una
metà è giusta," disse ed entrambi risero piano.
Payson
gli raccontò tutta la storia, proprio come sua madre l'aveva
detta a lei. "Non possiamo farci niente, Pay. Lei in
realtà non sa nulla. Sospetta solo i tuoi sentimenti.
Dovremo
solo continuare ad essere attenti."
Payson cominciò a sentirsi meglio, "C'era una cosa che ha
detto, ho pensato che ti avrebbe fatto piacere saperla."
"Che cos'è?" chiese.
"Ha detto che eri il tipo di uomo che dovrei amare."
"L'ha detto davvero?"
Payson poteva sentire il sorriso nella sua voce. "L'ha detto, anche se
c'era in mezzo qualcosa sulla tua età avanzata e il tuo
ruolo
come il mio allenatore."
Sasha sospirò, "Ci scometto." Rimasero in silenzio per un
attimo, "Vai a dormire, Payson. Prova ad immaginare che sono
lì,
con le braccia intorno a te, mentre tu posi la testa nell'incavo del
mio collo. Potresti persino mettermi i piedi freddi contro i miei
polpacci, non mi lamenterei stasera."
"Ti amo," disse, cercando di immaginare che fosse proprio come aveva
detto.
"Ti amo anche io."