we are not like the others 1
Questa storia è nata da una piccola sfida con una mia amica.
Spero che piaccia a tutti coloro che la leggeranno.
Io ci ho messo il cuore in questi personaggi :)
Buona lettura
WE ARE NOT LIKE THE OTHERS
Capitolo I: James
La neve scendeva leggera in quella fredda giornata di metà
novembre; la verde città di New Haven nel Connecticut era
abituata a quel clima così rigido.
Il vento era leggero, abbastanza per far rabbrividire le persone che
uscivano per strada, i marciapedi ed i prati erano ormai stati
ricoperti dai molteplici fiocchi bianchi che non si erano mai fermati
in quegli ultimi due giorni.
Un ragazzo, seduto sotto uno dei famosi olmi di New Haven, tremò
leggermente, cercando di crogiolarsi nel poco calore che poteva
ottenere dall'unico piumino che era riuscito a portarsi via da casa.
James abitava in quella città sin dalla nascita, ma non si era
immaginato che il freddo pungente potesse arrivare così presto
rispetto a come era abituato.
Cercò, invano, di scaldarsi le mani strofinandole
prepotentemente tra loro, sentendo come un milione di aghi trafiggergli
le dita e cominciando a perdere la sensibilità; quella tempesta
di neve improvvisa non ci voleva proprio.
Nelle ultime due settimane, con i pochi soldi che era riuscito a
guadagnare e a risparmiare, aveva trovato qualche ostello a poco costo
in cui dormire la notte, aveva anche alloggiato nelle case apposite per
i senza tetto, ma dopo qualche giorno era stato costretto ad andarsene
per fare spazio ad altre persone.
Ed ora si ritrovava nel parco di East Rock, completamente solo, in una
delle nottate che i telegiornali avevano definito come 'le più
rigide da venti anni a questa parte'.
' La mia solita fortuna' pensò il giovane, sentendo i denti cominciare a battere.
Doveva assolutamente trovare un posto in cui potersi scaldare o avrebbe
realmente potuto morire per ipotermia, non voleva fare una fine del
genere, ma non sapeva
proprio che cosa fare.
" Meglio morire assiderato che per colpa di quel pazzo maniaco di mio
padre " non potè fare a meno che commentare, con la poca voce che
aveva, James.
La sua vita, negli ultimi cinque anni, cioè da quando sua madre
era morta in un incidente stradale, era stata un inferno.
Anzi l'inferno non era nulla in confronto a quello che aveva passato.
Suo padre, che una volta si poteva definire come il padre migliore che un ragazzo potesse
mai desiderare, da quando aveva ricevuto la notizia della dipartita
della moglie aveva perso completamente la testa.
Aveva iniziato a bere, ogni santissima sera si scolava una cassa di
birra, per poi passare al vino o alla vodka, aveva smesso di pagare le
bollette della luce e del gas, aveva perso il lavoro ed iniziato a
deprimersi.
Ogni volta che guardava al volto del figlio vedeva la sua amata, così aveva iniziato ad odiarlo.
Un odio profondo, pieno di rancore che James, inizialmente non era
riuscito a comprendere, poi finalmente aveva capito che cosa fosse
accaduto nella mente del padre.
John infatti, non poteva sopportare la vista di quel viso così simile al suo,
quei corti e morbidi capelli castani e quegli occhi color ghiaccio che
aveva ereditato da Mara.
Dal bere al disprezzo e l'odio, era passato molto presto alla violenza.
Talvolta lo picchiava per talmente tanto tempo che James sveniva sul
pavimento e John continuava a dargli calci fino a che non muoveva
più un singolo muscolo; altre volte lo insultava semplicemente,
mandandolo in camera sua con qualche minaccia.
James voleva bene al padre, nonostante tutto quello che gli faceva, ma
il giorno in cui compì diciotto anni, capì che non poteva
più vivere in quel modo, che doveva andarsene.
Forse suo padre sarebbe stato meglio senza di lui, forse si sarebbe
ripreso senza la copia sputata al maschile della donna che non riusciva
a dimenticare.
Così James aveva raccattato le cose che riteneva importanti,
aveva scritto una breve lettera al padre e se ne era andato, sicuro che
il suo vecchio non l'avrebbe cercato.
Ormai viveva per strada da quasi quattro mesi e se la era sempre
cavata, grazie a qualche lavoretto o ai soldi che riusciva a
raccimolare quando vendeva uno dei suoi disegni.
Disegnare era l'unica cosa che sapeva fare in modo egregio, disegnare lo calmava e lo faceva sentire allo stesso tempo forte.
La sacca che si portava sempre a tracolla più che vestiti conteneva materiale per quella sua così grande passione.
Ogni volta che riusciva a vendere una delle sue creazioni, si sentiva
appagato, come se anche quel solo piccolo gesto potesse rallegrare la
sua vita.
Ma non era mai abbastanza purtroppo.
Senza un diploma, in quanto era stato
costretto a lasciare la scuola per colpa della retta troppo alta da
pagare, senza nessun tipo di qualifica, era molto difficile trovare un
impiego che gli permettesse anche solo di pagarsi da mangiare, tanto
meno un appartamento in cui vivere.
Fino a quel momento se la era cavata abbastanza bene, ma non avere
nessuno di cui fidarsi in una città così grande, non era
facile.
Non avere nessuno accanto più non avere quasi alcun soldo, poi, era un'accoppiata veramente perfetta.
I suoi pensieri vennero interrotti dal brontolio del suo stomaco, che non faceva altro che rigirarsi per la troppa fame.
Non mangiava un pasto sano da più di due giorni, sapeva che
prima o poi sarebbe crollato, con quel freddo poi non gli rimaneva
molto tempo.
Decise che rimanere rannicchiato sotto a quell'albero, ad aspettare la
morte senza potersi quasi opporre, non faceva proprio al caso suo;
James voleva vivere e anche se si trovava in tempi duri non aveva la
minima intenzione di mollare; un giorno avrebbe trovato la sua strada e
si sarebbe riscattato.
Ma per farlo doveva trovare un luogo più consono e soprattutto più caldo.
Si alzò a fatica, raccogliendo le poche forze che gli erano
rimaste e si incamminò verso il mare, forse lì avrebbe
trovato una torretta vicino alla spiaggia in cui potersi riparare.
Camminò seguendo il sentiero delineato nel parco, quando ad un certo punto, sentì come se fosse seguito.
Nei mesi passati da solo era diventato un buon ascoltatore e aveva
sempre potuto contare sul suo istinto, che proprio in quel momento gli
stava dicendo che qualcosa non andava.
Sentiva una presenza alle spalle, ma non sapeva che cosa pensare a
riguardo; avrebbe potuto essere un ladro, come un drogato o magari un
maniaco.
Cercò di scacciare dalla mente quegli ultimi pensieri, non
voleva morire in un modo così stupido come durante una rapina,
come non voleva essere violentato o anche solo toccato da un pervertito.
Decise che per non spaventarsi troppo non si sarebbe voltato a guardare
che cosa o chi c'era dietro di lui, così prese a correre, prima una
camminata veloce, poi una vera e propria corsa.
Il rumore e il presentimento di essere seguito però non sparì, anzi aumentò.
Si stoppò di colpo, sia per cogliere di sorpresa chiunque ci
fosse, sia perchè aveva decisamente troppo freddo per sprecare
le forze che gli rimanevano per scappare da qualcosa di ignoto.
" Si può sapere che cosa vuoi da me?!?! " Urlò, girandosi di scatto, raccogliendo tutto il coraggio che aveva.
Rimase sorpreso nel non scorgere nessuno, fino a che non sentì un piccolo mugolio alla base dei suoi piedi.
Abbassò la testa e proprio lì, con lo sguardo più
adorabile che avesse mai visto in vita sua, vi era un cucciolo di
pastore tedesco ad osservarlo con occhioni quasi lacrimanti.
Era bellissimo, avrà avuto al massimo 3 o 4 mesi, e si poteva chiaramente notare che era di razza pura.
James si abbassò al livello del cagnolino, che non faceva altro
che emettere quei mugolii che alle sue orecchie erano adorabili, il
cucciolo stava evidentemente piangendo.
Non appena la mano tremante, ma
sicura di James lo accarezzò sulla testa, questi iniziò a
scodinzolare e ad avvicinarsi al ragazzo, come in cerca di conforto.
Il giovane sorrise, amava i cani, ma suo padre non gli aveva mai permesso di comprarne uno.
Continuò ad accarezzare il cucciolo, che sembrava essersi
affezionato in pochi secondi a lui e scorse un collare rosso, con una
medaglietta.
" Klaus " Lesse ad alta voce James.
" Ah è così che ti chiami? Bel nome, molto tedesco,
proprio adatto a te cucciolo! Ma adesso vediamo di scoprire chi
è il tuo padrone e di riportarti a casa! "
Voltò la medaglietta e sul retro vi era l'indirizzo: Martin Luther King Street 15/A, quartiere Nord.
Bene, una camminata di una quindicina di minuti faceva proprio al caso suo, soprattutto con il freddo e la neve!
Prese in braccio il cucciolo, anche se era abbastanza pesante, ma non
voleva che si perdesse nuovamente, non poteva permetterlo, doveva farlo
per il suo padrone che molto probabilmente lo stava già cercando.
I minuti passarono veloci grazie alla compagnia di Klaus e in quello
che gli parve pochissimo tempo, senza neanche sentire la fatica come
aveva pensato che sarebbe successo, si trovò davanti
all'abitazione segnata sulla medaglietta.
Era un condominio di almeno una decina di piani, era evidentemente
storico, molto elaborato in tutti i dettagli e pareva appartenere ad
una persona benestante.
Senza togliere che si trovava nella zona 'ricca' di New Haven, in uno
dei quartieri più costosi e ben visti della città.
Trovò per un colpo di fortuna il cancello che dava sul giardino
aperto, nessun portiere però era al piano terra.
Si diresse al terzo piano prendendo le scale, dove si trovava
il numero 15/A, evitando l'ascensore come la pese, dato che James
odiava gli spazi chiusi e troppo piccoli.
Una volta localizzata la porta giusta, lesse sul campanello il nome della persona che doveva essere il padrone di Klaus.
Alexander Peterson.
Sempre tenendo tra le braccia il cucciolo, spostando il peso sul lato
sinistro in modo da liberare il suo braccio destro, allungo la mano e
suonò.
Una piccola parte del suo cuore sperò che nessuno avrebbe
risposto, così da poter rimanere in compagnia dell'animale
ancora per un pò di tempo, in fondo era l'unico amico che era
riuscito a farsi in quei mesi così oscuri della sua vita e gli
sarebbe dispiaciuto lasciarlo così; d'altra parte però
desiderava poter rendere felice il padrone del cucciolo, magari era un
uomo anziano, o un ragazzino che in quel momento stava piangendo dopo
essersi reso conto della scomparsa del suo amico.
Aspettò, cercando di captare qualche rumore all'interno dell'appartamento, ma non sentì nulla.
Strano.
Forse il padrone era uscito di casa per andare a cercare Klaus, o forse non si era ancora accorto della sua scomparsa.
James, che stava ricominciando ad acquistare sensibilità nel
corpo grazie al calore presente in quel corridoio; decise che, dato che
l'uomo a cui apparteneva Klaus non era in casa, avrebbe aspettato il
suo arrivo
nel pianerottolo.
Abbassando lo sguardo vide che il cucciolo di pastore tedesco si era
addormentato tra le sue braccia, James sorrise e la stanchezza
iniziò a prendere il sopravvento, sentì le palpebre farsi
improvvisamente pesanti, i suoi sensi essere sempre meno reattivi e nel
giro di pochi secondi, con la testa appoggiata al muro dietro di lui e
un piccolo cagnolino rannicchiato sul grembo, il castano si
addormentò.
Non si accorse che poco tempo dopo le porte dell'ascensore si aprirono.
Non si accorse che qualcuno era uscito da esso e si era fermato davanti alla porta vicino a cui era rannicchiato.
Non si accorse che la medesima persona si era ora inginocchiata davanti a lui, scrutandolo con sguardo interrogativo.
L'unica cosa di cui si rese conto, quando venne strappato dal torpore in
cui si trovava, furono due occhi color nocciola che lo fissavano
intensamente.
" Ehi tu, scricciolo, si può sapere che cosa ci fai davanti alla mia porta con il mio cucciolo di cane in braccio?!? "
ANGOLO AUTRICE
Buongiorno a tutti.
Ecco qui il primo capitolo della mia nuova storia slash/yaoi.
Spero che vi sia piaciuta, per quel poco che ho scritto.
Il personaggio di James era nella mia testa da un sacco di tempo ed ora finalmente potrò scrivere liberamente su di lui!
Nel prossimo capitolo verrete a conoscenza di Alexander, nella speranza che amerete questo personaggio come lo amo io.
Vi prego, fatemi sapere che cosa ne pensate di questo corto preludio :)
Baci baci Kiki :)
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