68th Hunger Games.
La notte non è mai stata mia amica, sopratutto quella prima
della mietitura. Sbuffai per l'ennesima volta, alzandomi da quello che
poteva sembrare un letto e cominciai a prepararmi per la raccolta del
grano della mattina.
Mi venne in mente la parola “mietitura” e cominciai a
rifletterci sopra: è buffo, davvero buffo che la mietitura per
gli Hunger Games porti lo stesso nome della mietitura del grano; forse
ha questo nome perché, come nel caso dei Distretti Favoriti sono
scelte solo le spighe migliori, quelle che possono fruttare più
farina o più pane, ma non credo sia solo per questo, anzi la
storia è ben diversa. Noi tributi siamo come spighe pronte a
essere strappate da madre natura per andare a fare il piacere dei
commensali che seduti comodamente sulle poltrone che aspettano di
essere soddisfatti.
Sorrisi al pensiero di tutti noi ragazzi trasformati in pagnotte, ma
smisi di farlo quando capì che tra quei ragazzi ci sarei stato
anch’io, e che probabilmente sarei stato estratto per finire
dentro la macina, come succede per le spighe di grano. Mi risvegliai
dai miei pensieri e cominciai a prepararmi, indossando quegli odiosi
stivali che i Pacificatori e il sindaco davano a tutti gli abitanti del nove, per
poter permettere a tutti noi la possibilità di incominciare a
lavorare e portare loro soddisfazioni il più presto possibile.
Uscii dalla casa in tutta fretta notando il mio, ormai enorme, ritardo
per il lavoro e m'incamminai verso quello che nel mio distretto
è definito il pratone, in altre parole gli immensi campi di
grano che ogni giorno ci fanno compagnia.
- Jay, grazie al cielo sei arrivato, tuo fratello ti sta aspettando da
un pezzo!- disse, anzi urlò mia madre non appena mi vide.
Annuii con un breve cenno del capo e andai da mio fratello maggiore,
che stava tranquillamente dormendo sotto un albero, in attesa del mio
dolce arrivo. Lo guardai dubbioso e mi fermai per qualche minuto per
osservarlo. Yoan, era un bellissimo ragazzo, per questo era molto
corteggiato sia nei campi sia a scuola. Occhi azzurri, ciuffetto biondo
e genio della matematica: chi non lo vorrebbe uno del genere in giro
per casa? Tutte lo vogliono, ma non io. Personalmente lo credevo troppo
smielato quando passava del tempo con Haileth, la sua ragazza; inoltre
era un rompiscatole di prima categoria e notevolmente sfaticato per
alzare un solo muscolo per tutto il giorno, tanto che lasciava fare il
suo lavoro a me, non che fosse particolarmente pesante, ma ero stanco
di sgobbare dalla mattina alla sera facendo il doppio di quello che
normalmente fa in un giorno un contadino con corpo troppo esile e
fragile. Lo guardai un'ultima volta attratto dalla sua bellezza,
attratto dal suo essere diverso da tutti noi poveri e comuni mortali,
poi, lentamente decisi di svegliarlo. Cominciai a pensare un modo
efficace ma doloroso per risvegliarlo dal suo dolce sonno, ma lui,
forse sentendosi osservato, si alzò e cominciò a
sorridere trionfante.
- Ammettilo, stavi pensando a un malsano modo per farmi fuori e prenderti Haileth - disse lui alzandosi.
Sorrisi vittorioso anch’io e risposi
–Ma certo, che non lo sai? Sogno Haileth da quando ero un
semplice spermatozoo che viveva nei testicoli di papà-, sorrisi
come meglio potevo. Haileth era bellissima, ma meritava tutto
l’amore possibile, ed io non ero pronto a quell’enorme
passo, non ero pronto ad amare qualcuno con tutto me stesso.
-Si certo fratellino, come no. Come si ti lasciassi Haileth.
Dimenticavo, Marcus ti stava cercando- mio fratello si fece serio e
riprese a lavorare e prima che lui cambiasse idea, andai da Marcus.
Camminai per un po’, poi lo notai seduto sulla sua solita
poltrona a ordinare a destra e a manca, come faceva da ormai cinque
anni, come se cercasse di tornare alla sua vita normale. Lo guardai
torvo, quando tentò di rimorchiare una ragazza e ne approfittai
per vedere come quell’edizione degli Hunger Games l’aveva
cambiato. I capelli neri, tendenti al grigio coprivano la parte della
faccia che aveva perso durante i giochi, una sorta di maschera,
nascondeva la bocca quasi sicuramente storta. L’unico occhio che
ancora aveva era di un nero pece, e visto da lontano sembrava ancora
più orribile della faccia mancante; un’altra cosa che lo
rendeva particolarmente disgustoso e ancora più orribile era il
vizio che si trascinava dietro. Lui fumava una quantità
eccessiva di droga e non si preoccupava neanche di cosa fumare, non
faceva distinzioni tra le varie droghe che si potevano trovare tra i
vari distretti, e a pensare che fosse l’unico vincitore del
Distretto nove ancora in vita, poiché gli altri ormai sono
rinchiusi in ospedali psichiatrici o si considerano morti perché
morfinomani. Non che fosse così orribile, anzi. Fino a cinque
anni fa la sua bellezza era paragonabile a quella di mio fratello, e la
cosa che mi lasciava ancora più schifato da quell'essere, che
non poteva più essere definito come uomo: passava la maggior
parte del tempo a sbavare dietro a qualche giovane ragazza solo per
aver del sesso. Solo dopo averlo osservato a lungo, ricordai che ero
andato da lui per un motivo e Marcus vedendomi mi diede una lunga lista
di cose da fare, e cominciai a lavorare subito dopo. Non so esattamente
quanto lavorai e quante di quelle mansioni avessi portato a termine, ma
a mezzogiorno preciso, la sirena suonò e la voce del sindaco si
fece viva tra i vari altoparlanti.
- La mietitura sarà svolta oggi pomeriggio nella piazza
centrale, alle tre in punto. Tutti i lavoratori sono pregati di
rientrare in casa. Tutti i cittadini dovranno inoltre, rendere
obbligatoria la loro partecipazione alla manifestazione- finì il
sindaco. Tutti noi ci guardammo sconvolti e ormai consci che anche
quell’anno si sarebbe svolto il massacro, tornammo a casa a
prepararci. Cominciai a riflettere sulla mia famiglia, eravamo ben
cinque fratelli, ma solo Yoan aveva perso il diritto di far parte della
mietitura, perché aveva compiuto i diciannove anni di
età. Poi c’ero io che avevo diciassette anni, le piccole
gemelle Sasha e Aurora di quindici anni e infine c’era Louis di
soli dodici anni. La fortuna non era a nostro favore, quindi quasi
sicuramente uno di noi quattro sarebbero finito su quel maledetto treno
senza ritorno. Forse, non era tanto per la mia famiglia, si sarebbero
ripresi alla fine, ma ero preoccupato Yoan perché in solo colpo
avrebbe potuto vedere sparire due, anche tre persone nella sua vita.
Triste andai verso casa e cominciai a prepararmi per mettermi in
mostra, come se essere eleganti fosse necessario per andare al
martirio. Certo la tradizione voleva questo, per me non ha senso.
Indossai comunque i vestiti m’impose mia madre; mi diede una
vecchia camicia di Yoan e i pantaloni nuovi, che la nonna mi aveva
cucito proprio per la mietitura. Indossai le scarpe luccicanti e
scomode, e fui chiamato in cucina per il saluto finale. Prima di dire
qualcosa, la mamma ci diede un lungo abbraccio augurandoci buona
fortuna, dicendo la frase rituale, mentre papà ci diede
un’ultima tazza della sua famosa zuppa di grano, e dopo esserci
detto un addio generale, andammo in piazza, pronti per essere portati
via da casa. Durante il tragitto da casa alla piazza, cominciai a
pensare. Chissà se qualcuno aveva mai provato a fermare tutto
questo? Chissà se qualcuno pensava davvero a come quelle povere
famiglie si sentivano? Chissà se qualcuno si era mai fermato a
pensare a quanto fossero ridicoli questi giochi? Ripensai alle
più comuni frasi del presidente Snow “Questi giochi sono
svolti per ricordare che neanche il più forte può
trionfare” o anche “Per ricordare che il gruppo è
più forte del singolo” o ancora “I giochi
rappresentano il nostro futuro” certo come no, tutte cazzate che
ci iniettano lentamente e che poi ci aspirano via, quando diventiamo
coscienti di quello che in realtà sono gli Hunger Games. Questi
maledetti giochi non sono altro che una dimostrazione di potere da
parte di Capitol City e una conseguente dimostrazione di sottomissione
da parte dei dodici distretti, o almeno di quello che ne rimane.
Poco dopo, arrivammo in piazza, notando già delle lunghe fila di ragazzi pronti per la registrazione e noi ci unimmo.
-Jay, cosa succede?- domandò timoroso Louis, cominciando a
tremare. Poverino, sono i suoi primi giochi, e purtroppo, deve
registrarsi.
-Tranquillo Lou. Non devi fare niente, prenderanno del sangue per
registrarti.- dissi cercando di calmarlo, ma niente, non
funzionò.
-Guarda me, non farà male- sorrisi sincero verso quella piccola
creatura, era così innocente e priva di odio, e solo allora
notai il suo respirare normalmente, segno che si era calmato.
Un pacificatore m’inserì una piccola puntina nel dito,
prendendo una goccia di sangue inserendolo in una macchinetta fin
troppo complicata dei miei gusti. Sorrisi a Louis che fece il suo
prelievo, poi fummo separati.
-Ci rivediamo dopo!- urlai leggermente per tranquillizzarlo
Fummo separati in gruppi in ordine di età, in altre parole dal
maggiore al minore. Notai Louis in fondo alla mia stessa fila, le
gemelle dall’altra parte della piazza, Haileth era al capo della
fila femminile. Sbuffai sonoramente, per poi mettermi buono ad
aspettare la fine di quella giornata. Poco a poco la piazza fu piena e
apparse il sindaco, insieme ai vincitori del nove e una strana donna
dai lunghi capelli verdi e dei vestiti fin troppo appariscenti.
Il sindaco fece una breve introduzione, poi presentò la donna e
da come diceva, capì che si chiamava Rena e veniva da Capitol
City: era quindi la nostra diretta rappresentante.
-Ecco a voi, un breve filmato sul perché degli Hunger Games-
disse la donna raggiante con una voce fin troppo squillante e
partì immediatamente un filmato, vecchio quasi quanto mia nonna.
Ormai da anni era mostrato quel film, e da anni venivano ripetute le
stesse cose. Il film finì e la donna riprese squillante.
-Adoro questo filmato- fece una breve pausa seguito da un piccolo
applauso e poi riprese –Procediamo ora con l’estrazione dei
fortunati partecipanti degli Hunger Games e possa la sorte essere
sempre dalla vostra parte. Come sempre, prima le signore.-
stirò un sorriso rivolto alla boccia che conteneva i nostri
nomi. La sua mano si fermò a mezz’aria e con un colpo
secco prese il primo biglietto che le passò per le mani.
Tornò al suo posto e aprì il bigliettino leggendo il
nome.
–Haileth Levonne- sbiancai e con me anche lei e mio fratello, ma
decise di rimanere fermo al suo posto per non rischiare la vita.
Haileth, bianca in volto e sul punto di svenire, salì sul
piccolo palchetto e si mise accanto alla donna che le strinse la mano
trionfante e congratulandosi con lei. Poi, passò alla boccia dei
ragazzi e dopo aver preso il bigliettino, lesse ad alta voce.
–Jay Addams- quasi svenni. Stavo seriamente per andare al
martirio, e a dire che non avevo mai pensato a questa
possibilità. Feci un sonoro respiro e salì sul palco
andando vicino alla strana donna.
-Fate un caloroso applauso ai due tributi di quest’anno, Haileth
Levonne e Jay Adams!- sorrise lei vittoriosa. Nessuno rispose a quella
felicità e in pochi minuti fummo portati all’interno del
palazzo, per gli ultimi saluti.
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