Disclaimer: I
personaggi di questa Fan Fiction non mi appartengono - con mio grande
dispiacere -, niente di tutto ciò è vero,
poiché è soltanto frutto della mia mente malata.
Me
and You
01.
Destroyed for him
«Accidenti,
ragazzi, sono distrutto».
Tom sbuffò sonoramente
e
si lasciò andare a peso morto sul primo divano che gli
capitò a tiro.
La band aveva appena
concluso uno dei tanti concerti nella città di Los Angeles e
tutta la carica e l'energia che avevano utilizzato quella sera per
soddisfare i loro fan li aveva completamente sfiniti.
Ma è
così che accade a chi riesce a diventare famoso nei paesi
più importanti del mondo: la fama ti prende e ti rende
felice, ma certe volte può diventare fin troppo pesante da
sopportare, soprattutto in giovane età. Ma quella ormai era
la loro vita, loro quattro avevano scelto di diventare ciò
che erano diventati e di seguire quella strada. Ne erano più
che felici, ma purtroppo dovevano fare i conti anche con la stanchezza.
Passare da un paese all'altro in pochi giorni non era certo una
passeggiata.
«Non mi
aspettavo che gli americani fossero così pieni di energia e
che reagissero così bene alla nostra musica»,
commentò Georg con un sorriso sulle labbra, passandosi una
mano sulla fronte umida e lasciandosi andare anche lui su un morbido
divano.
Bill e Gustav
annuirono col capo, impegnati a bere un po' d'acqua dai loro bicchieri
di plastica.
«Se le ragazze sono così anche a letto, allora
sono sicuro
che potrò farmi delle gran belle scopate qui a Los
Angeles», ridacchiò Tom, pensando già
al ben di Dio che lo attendeva quella notte.
Ovviamente aveva
già programmato di prendere una qualche bella fan
disponibile e tutta curve per passare una notte "in compagnia", come
faceva quasi sempre dopo i concerti.
«Ma tu
pensi solo al sesso?», lo riprese Bill, scuotendo la testa in
segno di disapprovazione.
Non accettava certi
comportamenti del gemello, ma, dopotutto, non poteva farci nulla,
perché Tom era fatto così: se non avesse parlato
di sesso per anche solo cinque minuti, il fratello si sarebbe
meravigliato e avrebbe pensato che qualcosa probabilmente non andava.
«Che
c'è di meglio del sesso, scusa?»,
ribatté il rasta, guardando scettico un punto indefinito sul
soffitto.
«L'amore,
direi».
Georg pronunciò quelle parole con
serietà e anche con una punta di tristezza nel tono della
voce.
Quella risposta aveva comunque sorpreso molto gli altri tre
amici, che
naturalmente si
erano voltati tutti a fissare curiosi il loro bassista.
«Siamo
molto sentimentali, Georg. Da quando ti importa di una cazzata del
genere?», gli chiese ironico Tom, inarcando un sopracciglio e
stampandosi una specie di sorrisetto beffardo sulle labbra.
Georg, che fino a
quel momento aveva trovato molto interessante fissare il pavimento,
alzò gli occhi sul rasta e lo guardò con la
fronte corrucciata.
Ti
diverti tanto, eh? Se tu fossi nella mia situazione, rideresti di meno.
«Da quando
tu non mi fai più dormire la notte, con tutti quei rumori e
quelle grida insopportabili che provengono dalla tua stanza in
albergo».
«Eh,
già. Le donne, per ringraziarmi del mio servizio, urlano
molto forte», disse Tom con estrema calma e con
un'espressione beffarda e maliziosa al tempo stesso dipinta sul viso.
Quanto
ti odio quando fai così lo stronzo
pensò Georg,
continuando a fissare corrucciato l'amico.
«Bene.
Allora che aspetti ad andare di sotto a sceglierti la tua solita
sgualdrina da portarti a letto? Sono tutte di là, pronte a
sbavarti dietro», esclamò il bassista con uno
sguardo carico di rabbia e frustrazione.
«Divertiti», concluse poi con sarcasmo, alzandosi
dal divano e uscendo dalla stanza.
«Ehi, Georg! Ma che ti prende?», gli
urlò dietro Tom,
osservando confuso l'amico, mentre se ne andava.
Prima di allora non
si era mai comportato in quel modo: ogni volta che il rasta parlava di
sesso, il bassista ci scherzava sopra e ridevano sempre insieme. Quella
sera, invece, qualcosa era cambiato.
Non
mi sembra di aver detto niente di così offensivo per lui
pensò il rasta,
portandosi alla bocca il bicchierino di plastica pieno d'acqua.
«Stasera
sarà girato male», disse più a se
stesso
che ai suoi due compagni ancora presenti.
«No, sei tu
che non sai mai contenerti!», sbottò
improvvisamente Bill, incenerendo con lo sguardo il gemello e uscendo
di corsa dalla stanza, all'inseguimento del loro bassista.
«Ma che
cazzo hanno tutti adesso?», esclamò Tom
completamente esasperato.
«Beh,
devi ammettere che ha ragione, però», inizio
timidamente
Gustav.
Il rasta si
voltò verso il batterista e lo fulminò con gli
occhi, guardandolo imbronciato. Allora Gustav fece per aprire bocca e
dire qualcos'altro, ma venne immediatamente bloccato da Tom.
«Non-dire-niente».
Georg
continuò a correre senza sapere bene quale fosse la sua
vera meta. Si limitò semplicemente a lasciare che fossero le
sue gambe a guidarlo, a portarlo lontano da ciò che lo
faceva stare così male. Senza neanche rendersene conto, si
ritrovò dentro il bagno dei ragazzi, fermo davanti allo
specchio a fissare la sua espressione triste riflessa sul vetro.
Guarda
come mi riduci, Tom. Sono uno straccio per colpa tua
pensò con rabbia
il bassista.
«Georg!».
La voce potente di Bill fece sobbalzare sul posto il ragazzo castano,
preso alla sprovvista dall'improvvisa entrata del moro nel bagno.
Georg si
voltò a guardarlo confuso, osservando il viso preoccupato
del cantante. «Che fai
qui?», gli chiese con calma.
Sapeva bene che Bill
si preoccupava sempre per lui, soprattutto da quando sapeva la
verità.
Il moro si
tormentò il bordo della maglietta nera strettissima
e abbassò lo sguardo a terra. «Ero preoccupato per
te, per la tua reazione dopo la discussione di prima con mio
fratello», disse timidamente, alzando di poco lo sguardo
sull'amico.
Ecco,
appunto. Il solito Bill, che si preoccupa sempre per me.
Quel pensiero
fece sorridere il bassista, felice che almeno qualcuno
avesse a cuore il suo stato d'animo. Si fidava ciecamente del suo
cantante, sapeva che era un ragazzo sensibile, dolce, e che sapeva
ascoltare nei momenti difficili come quello.
«Tranquillo,
è solo il solito problema di sempre. Solo che... non pensavo
che stasera avrei ceduto così facilmente. Resistere e non
rispondere a certe sue frasi sta diventando sempre più
difficile per me», gli rispose Georg, tornando a fissare il
suo riflesso nello specchio.
Passò
qualche attimo di silenzio, un silenzio pesante e pieno di frasi non
dette.
«Se magari
tu glielo dicessi, forse lui capirebbe», disse
improvvisamente Bill con voce incerta e tremante.
Georg
inarcò un sopracciglio e fissò la figura
dell'amico nello specchio. «Stai scherzando, vero? Tom non
deve sapere niente di questa faccenda, deve rimanere un
segreto
fra me e te».
«E tu pensi
di poter andare avanti così per sempre? Soffrendo e
scappando ogni volta che lui parla delle sue ragazze da una
notte?».
«Se devo
perdere la sua amicizia per questa sciocchezza, allora sì,
preferisco soffrire, piuttosto che perderlo del tutto. E poi te l'ho
già detto, Bill: ho solo bisogno di un po' di tempo e
prima o
poi tutto passerà».
«L'amore
non se ne va via tanto facilmente, il più delle volte si
annida dentro il corpo».
Georg
abbassò gli occhi sul lavandino e rifletté su
quelle ultime parole del cantante. Se davvero fosse stato
così, non avrebbe retto per sempre quella situazione e prima
o poi sarebbe esploso.
Il bassista
sentì Bill sospirare alle sue spalle e
schiarirsi la
voce, come per farsi coraggio e dire qualcosa.
«Beh, io sono stufo di vederti star male, quindi... se non
glielo dici tu, lo
farò io», esclamò improvvisamente e con
decisione.
Georg si
staccò dal lavandino e si voltò di scatto verso
il cantante. «Cosa?», esclamò scettico,
fissandolo con gli occhi sbarrati.
«Hai capito
bene. O glielo dici tu di tua spontanea volontà, o lo
farò io».
«Non gli parlerò mai di questa cosa».
«Allora mi
dispiace, ma non mi lasci altra scelta», esclamò
Bill, distogliendo lo sguardo dal bassista e avviandosi verso la porta
del bagno per uscire.
Ma improvvisamente
il moro si sentì afferrare con forza per un polso e fu
così costretto a fermarsi. Georg lo attirò a
sé, lo strinse con forza e lo mise con le spalle al muro,
sbattendolo involontariamente con troppa violenza. Bill si
lasciò scappare un piccolo gemito di dolore dalla bocca.
«Tu non gli
dirai proprio un bel niente, io non voglio che lo sappia! Questi non
sono affari tuoi, Bill, quindi, per una volta nella tua vita, tieni la
bocca chiusa!», urlò Georg con rabbia, continuando
a bloccare il cantante contro il muro.
Bill lo
fissò negli occhi spaventato, ma non fece comunque
resistenza. «Georg, mi fai male», si
lamentò appena, cercando di non mostrargli gli occhi lucidi.
Il bassista
però li notò lo stesso e si rese improvvisamente
conto di aver esagerato. In fondo, Bill voleva solo aiutarlo e si
preoccupava per lui, vedendolo stare così male.
Non
merita di essere trattato così.
Georg
allentò la presa attorno alle spalle del moro e
addolcì l'espressione del viso. «Scusami. Non
volevo spaventarti così, né tantomeno farti del
male», disse a bassa voce e tristemente. «Ma per
favore,
Bill... non dire niente a tuo fratello. Ti prego».
Bill lo
guardò negli occhi e sospirò, annuendo poi
lentamente col capo. «Okay, non dirò
nulla», disse piano e accennando un piccolo sorriso.
Il bassista
posò gli occhi su quelle labbra leggermente rivolte verso
l'alto: erano così uguali a quelle che desiderava ormai da
tempo che per un momento si illuse veramente di avere un'altra persona
davanti. Tornò a fissare serio il volto di Bill,
osservandone ogni piccolo particolare.
Portò una mano
sulla guancia del cantante e gliela accarezzò leggermente.
«Siete
così simili tu e Tom...», sussurrò
piano.
Con estrema lentezza
si avvicinò al viso del moro, unendo i loro respiri e
premendo infine le labbra su quelle di Bill. Erano così
morbide e carnose.
Il cantante non protestò: quel bacio non
significava nulla e, attraverso il respiro spezzato dell'amico, poteva
sentire tutto il suo dolore e
la sua frustrazione. Stava già abbastanza male, non
voleva ferirlo ancora di più. Perciò lo
lasciò fare, nonostante quel bacio non valesse niente per
nessuno dei due.
Ad un tratto, Georg si staccò dal moro,
tenendo lo sguardo basso. L'espressione di Bill
era seria e, nonostante il bassista non lo stesse guardando negli
occhi, lui continuava comunque a fissare le palpebre abbassate di
Georg. Con una mano
spostò leggermente il viso dell'amico di lato e
avvicinò così le labbra al suo orecchio.
«Sì, siamo simili... ma io non sono
lui», sussurrò piano Bill.
Georg strinse forte
gli occhi e si lasciò scappare un singhiozzo dalle
labbra.
Quella situazione lo stava distruggendo sempre di
più, era insopportabile.
Si lasciò andare ad un
pianto quasi disperato, appoggiando il capo sulla spalla di Bill e
singhiozzando forte. Il moro cominciò a scendere piano verso
il
basso, per sedersi a terra, portando l'amico con sé. Si
sedettero e Bill continuò ad abbracciare forte il bassista,
rimanendo in silenzio e lasciandolo sfogare liberamente.
«Bill... io
sto male, sto sempre più male per lui»,
riuscì a dire Georg fra i singhiozzi.
Bill gli
accarezzò lentamente i capelli e sospirò
malinconico. «Lo so, Georg. Lo so», gli
sussurrò piano.
Sapeva che quelle non
erano certo le parole più confortevoli e adatte in quel
momento, ma non sapeva che altro dire. Lui non si era mai innamorato di
nessuno, non poteva comprendere fino in fondo il dolore provato
dall'amico. Poteva soltanto stargli vicino e cercare di alleviarglielo
almeno un po'.
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