8. La cosa giusta
8.
La cosa giusta
Erano ormai passati
più
di due mesi ormai da quando era stata rapita da Inghilterra e
trattenuta quale "gradito ospite" a casa sua. Due mesi senza alcuna
notizia fresca,
tranne quelle ricevute di nascosto dai giornali che Jesse, eludendo
il controllo dell'altra nazione, riusciva a recapitarle. Da cui
ovviamente non riusciva a recuperare nessuna informazione utile
riguardo le prossime mosse degli alleati, né notizie
riguardanti il
suo paese che non fossero insulti o slogan di propaganda.
Sessantacinque giorni di completa agonia in cui ogni suo singolo
pensiero era rivolto solo ed esclusivamente alla sua terra, al suo
popolo, e a sua sorella. In procinto di essere attaccati ancor
più
duramente di quanto non lo fossero stati fino ad ora.
Non avrebbe mai pensato
che avrebbe sentito così tanto la sua mancanza, dato che
avevano
passato secoli e secoli distanti l'una dall'altra. Eppure,
più i
giorni avanzavano e più le sembrava di essere mancante di
una parte
del suo stesso corpo. D'altronde, persino così distante
riusciva ad
avvertire il lento ma inesorabile mutamento delle sue città
sotto i
continui raid aerei, la sofferenza e lo scoramento nazionale che
cresceva con le difficoltà della guerra.
Perché Ludwig non
l'aveva ancora trovata? Non aveva creduto nemmeno per un istante alle
parole del facciadaculo – nonostante tutto, continuava a
chiamarlo
così. Era davvero la parola migliore al mondo per
descriverlo –
quando in uno dei loro soliti battibecchi l'aveva informata che
Germania stava decisamente meglio senza di lei, potendo così
spadroneggiare liberamente sul suo territorio.
...Non ci aveva creduto,
però... non poteva mettere le mani sul fuoco anche per i
gerarchi
nazisti. Né per i suoi stessi politici, che molte volte la
vedevano
solo come un impiccio fastidioso, invece che come loro primo alleato
e controllore super partes. Sapeva anche troppo bene che fuori dalle
scatole lei, potevano fare tutti i loro porci comodi come volevano.
Soprattutto considerando il fatto che nonostante Lavinia odiasse i
giochi di potere politico, il parlamento e ancor di più
odiava il
regime fascista – senza averlo mai nascosto, neanche nelle
fotografie ufficiali – probabilmente contavano parecchio sul
fatto
che la sorella non sarebbe mai andata a Roma per raddrizzare qualche
schiena a bastonate. Questo, da che l'Italia era unita, era sempre
stato compito suo.
Maledizione, a ripensarci
ora avrebbe fatto meglio a costringere Lavi a seguirla nei meandri
della burocrazia per districarcisi in maniera decente, invece che
concedergli tutto quel lassismo. Quell'idiota di Spagna l'aveva
rovinata, rendendola indolente e pigra. Fosse sopravvissuta a questa
guerra avrebbe cambiato un sacco di cose, prima di tutto il governo.
E magari avrebbe fatto fuori anche la monarchia, che quel tappetto
del re le era sempre stato un po' sul cazzo. E dato che c'era,
avrebbe dato il voto anche alle donne!
...Si. E poi ti svegli in
un bagno di sudore, Felicia. Tanto come al solito nessuno ti
darà
ascolto.
La donna sospirò sul
suo
tea, mentre fissava un punto avanti a sé con espressione
assorta
“Qualcosa non
va?”
Ecco. Tu non vai,
maledetto faccia da culo, si trovò a pensare socchiudendo
gli occhi
quando avvertì il contatto della mano di Inghilterra sul suo
ginocchio. Non poteva assolutamente dire di odiarlo particolarmente, e
a parte
ormai rari casi – in cui anche lei ci metteva parecchio di
suo,
doveva ammetterlo – in cui i loro rapporto sfiorava lo zero
assoluto in gradi celsius era anche sopportabile. Anzi, decisamente
piacevole, come compagnia. Ma ciò non toglieva che la stava
tenendo
segregata in quella casa da ormai tanto, troppo tempo. Lei, lui, i
due ragazzini umani e un paio di gatti selvatici erano un po' pochini
come contatto civile per una che era abituata a vivere nel caos della
gente praticamente da quando era nata, ormai troppi secoli fa,
soprattutto ora che la sua presenza in Italia era assolutamente
fondamentale. A volte le sembrava di impazzire, letteralmente.
La stretta sul ginocchio
si fece più pressante, e quando risollevò le
palpebre incrociò lo
sguardo dell'uomo, che la guardava con un misto di apprensione
sincera e curiosità.
Assurdo. Se glie lo
avessero detto anche solo tre mesi prima, si sarebbe fatta una di
quelle risate da slogarsi la mandibola.
E invece, ora ne aveva
sotto gli occhi la prova lampante... in lei Inghilterra vedeva
VERAMENTE una compagna, una moglie. Quando lo aveva lasciato ad
intendere in quella assurda proposta (che pure a ripensarci proposta
non le era sembrata per nulla) non stava scherzando.
Di certo non glie lo
aveva mai detto a voce – piuttosto si sarebbe strappato da
solo le
corde vocali, pur di non ammettere una cosa simile – ed alla
sola
idea di fare i sentimentali sdolcinati veniva la pelle d'oca ad
entrambi, ma i suoi comportamenti erano inconfondibili.
Persino ad un occhio
disattento come era il suo. Piccoli gesti, gentilezze offerte sempre
con una faccia burbera e scocciata e la giustificazione pronta,
seppur nessuno glie le avesse chieste.
Certo che per quanto lei
fosse inesperta in quanto a sentimenti tra amanti, di certo l'uomo
aveva un modo tutto suo per dimostrare i suoi. Contorto e buffo, ma
in un certo qual modo anche tremendamente lineare. Assomigliava ad
una corda: per quanto potesse arrotolarsi e ingarbugliarsi, aveva
comunque sempre una fine ed un inizio, e nessuna diramazione. Con
calma e pazienza si poteva sciogliere facilmente qualsiasi nodo.
Una volta che si capiva
cosa guardare e cosa tralasciare, districarsi nei suoi comportamenti
diventava semplice come bere un bicchier d'acqua. Persino Ludwig
confronto a lui era complesso con il suo continuo nascondersi dietro
alle regole e alle rigide formalità burocratiche. Kiku poi,
era un
muro di gomma incomprensibile e inavvicinabile.
“... Nulla, stavo
solamente pensando” Rispose dopo un po',
sorridendo tiepida alla
volta di Inghilterra mentre accostava la tazza alle labbra per bere
un sorso di tea ormai raffreddato. Pieno di zucchero e limone,
praticamente una limonata calda al vago sapore di Earl Grey.
Esattamente come l'uomo odiava venisse ridotta la sua adorata
bevanda, giusto per fargli un dispetto.
“A cosa? È
un po' che
sei particolarmente silenziosa, almeno da un paio di ore”
Insistette l'altra nazione, senza smuovere la mano. Non che le desse
fastidio, il contatto fisico a lei non aveva mai dato problemi. In
effetti era Inghilterra che solo da poco riusciva a sfiorarla
–
senza intenti belligeranti o vistosamente provocativi –
riuscendo a
non andare in escandescenza o cominciare a blaterare scuse su scuse
anche al di fuori della camera da letto. Già solo due
settimane
prima, si fosse accorto di averla toccata a quel modo inconsciamente
si sarebbe ritirato come se lei avesse avuto la peste, arrampicandosi
sul lampadario o sui mobili per mettere più distanza
possibile tra
loro. Figuriamoci poi in presenza di qualcun altro. Anche ora se
avesse sentito la voce dei due ragazzi oltre la porta chiusa si
sarebbe trasferito con movimento warp* dall'altra parte della stanza,
un libro a caso in mano a far finta di non sapere cosa stesse facendo
in quella camera con lei (risposta: a bere il suo dannatissimo tea
delle cinque cui la costringeva ogni santissimo giorno, quindi poteva
anche evitarsi simili comportamenti da idiota patentato. Senza
contare che gli altri due abitanti della casa, non essendo scemi,
sapevano benissimo – bé, magari non proprio
benissimo, ma a larghe
linee lo sospettavano – cosa facessero di notte loro due
nello
stesso talamo. Ma non glie lo avrebbe mai rivelato, per evitare che
morisse d'infarto per il troppo imbarazzo. O forse si... sarebbe
stata un'ottima arma da usare contro di lui, prima o poi)
No, decisamente non era
quella minuscola libertà che l'uomo si prendeva al di fuori
del
letto, quanto era il fare finta di non sapere cosa realmente pensasse
la donna, a renderla irritata. Come poteva non immaginarlo?
Bé, non
gli avrebbe indorato la pillola, non oggi.
“A quando
potrò
tornare nel mio paese, Inghilterra. Stavo pensando al momento in cui
potrò finalmente tornare a casa mia da mia sorella e dal mio
popolo,
dove dovrei stare”
Lo sentì irrigidirsi
impercettibilmente, stringendole con una presa tremante il
quadricipite. Non sopportava sentirsi dire quelle cose, lo capiva. Ma
non per questo avrebbe mai smesso di chiedergli la resa della sua
libertà, solo per farlo contento e fingere di essere una
mogliettina
felice di quella situazione.
D'altronde, sapevano
entrambi fin troppo bene che non appena Italia avesse abbandonato
quella casa per far ritorno alla sua vera patria e al suo posto
naturale nell'ordine delle cose, quella farsa da coppietta fresca di
matrimonio sarebbe crollata come un castello di carte. Non avrebbe
potuto tenerla legata a lui per sempre, non in quel modo, e per lo
meno non con quel metodo, Questo era poco ma sicuro. E anche se si
ostinava a negarlo, all'uomo la cosa pesava e parecchio. Forse era
proprio per questo che si mostrava tanto scostante...
“... Dopo quasi due
mesi ancora ti ostini a chiamarmi Inghilterra. Ti costa così
tanto
chiamarmi Arthur?” Mugolò scocciato e
con lo sguardo basso,
prendendola comunque in contropiede. Tra tutte le risposte che
avrebbe potuto darle, questa domanda non se l'era aspettata.
Risollevò lo sguardo verso di lui, piegandolo di lato per
guardarlo
di sbieco. Aveva un lieve accenno di rossore sulla punta delle
orecchie, e la mascella era contratta.
Italia sorrise, e posata
la tazza sul piattino si sporse verso di lui, voltandogli il viso
quel tanto che bastava per posargli un delicato bacio sulla bocca
stretta in una smorfia. Lo sentì irrigidirsi di colpo,
mentre il
volto cambiava velocemente sfumatura di colore passando dal roseo al
rosso vivido, estendendo quel che prima era localizzato solo sulle
orecchie per tutta la faccia, fino al collo. Si scostò da
lei di
colpo, distogliendo gli occhi lucidi e coprendosi le labbra con il
pugno serrato per evitare che gli tremasse la mandibola.
Erano una perfetta coppia
di bugiardi, si trovò a pensare Italia, mentre lo osservava
da sotto
le palpebre socchiuse, sorridendo mesta. Lei che mutuava quella che
avrebbe potuto essere, in un'altra situazione, una reale ed
affettuosa amicizia in un tiepido amore di convenienza e sopportazione.
E lui che
celava la sua passione e il desiderio – e si, anche il suo
amore –
dietro uno scudo di ritrosia e scontrosità testarda.
“Non ancora. Lo
farò
un giorno, forse, ma ancora no. Non posso” Gli
sussurrò a fior di
labbra, incrociandone lo sguardo aggrottato che ora la fissava di
sbieco, dal basso.
“Perché non
puoi? Cosa
ti manca, si può sapere?”
“... La fiducia. Tu non
ti fidi di me, e quindi nemmeno io posso darti la mia fiducia”
Gli avesse dato un pugno
sulla tempia, lo avrebbe stordito di meno. Inghilterra si
fermò
persino nel respirare, fissandola stranito e con gli occhi
pericolosamente venati di rosso.
“Lo sai che non posso!
io...” di colpo si era alzato in piedi, e aveva
cominciato a fare
avanti e dietro per il salotto di fronte a lei. Una tigre in gabbia,
nervosa e infuriata con chi l'aveva rinchiusa in quella piccola
prigione. Strano, e dire che la sequestrata a conti fatti, era lei.
“Si, si. Conosco le
motivazioni per cui debba rimanere qui ormai a memoria. La buona
riuscita dell'operazione Husky nel sud Italia, l'onore del servizio
di spionaggio inglese, gli ordini dall'alto...il fatto che la mia
mancanza sul campo demoralizzi i soldati che quindi si arrendono
più
facilmente. Ho dimenticato qualcosa?” chiese
Italia, contando sui
polpastrelli della mano mentre enumerava le varie scuse “Ah,
giusto. Dimenticavo la più bella di tutte: devo imparare a
bere il
tea come una persona civile e non come una selvaggia, rovinandolo con
chili di zucchero e limone” seguitò
poi appena sardonica, mentre
ripresa la tazza beveva apposta con deliberata passione un sorso
della sua limonata-tea.
“Quella roba
è un
insulto a qualsiasi inglese degno di questo nome!”
Esclamò l'uomo,
fermandosi di colpo per puntarle un dito contro, minaccioso. Ora che
Italia aveva riportato la conversazione sui binari del sarcasmo, era
decisamente più a suo agio “Il mio orgoglio da
gentiluomo
britannico non può permettere che chicchessia si sollazzi
con una
cosa tanto triviale come quella robaccia che ti ostini a paragonare
con il tea!” sbuffò concitato,
incrociando le braccia al petto “È
ormai diventata mia
precisa e personale missione trasformare una mangiamaccheroni come te
in una lady elegante e raffinata, anche se è un'impresa
titanica...”
“Ah,
si si.. Eppure...” sospirò fintamente
sconsolata Italia, mentre
accavallava le gambe con grazia “Mi
pare sia tu quello che a cena
mangia più di tutti, persino più di Jesse che
è nel pieno della
crescita e quindi dall'appetito robusto per definizione, nonostante
sia proprio la mangiamaccheroni a cucinare. Forse che la mia volgare
e dozzinale cucina italiana è un filino meglio della
tua?”
aggiunse, sfarfallando con le ciglia in maniera
civettuosamente
ironica.
“Ngh...
è che odio gli sprechi. Mica mangio perché mi
piace, anzi! Starei
decisamente meglio se non fossi costretto a mangiare tutte le sere la
robaccia che prepari...”
Italia
socchiuse gli occhi, contando mentalmente fino a cinque. Quando li
riaprì, non si stupì affatto nel vedere sul volto
di Inghilterra
l'imbarazzo e la colpa aggrottargli le sopracciglia già
importanti
di loro fino a farle combaciare al centro, mentre le labbra
cominciavano impercettibilmente a tremare e gli occhi a farsi di
nuovo lucidi. Prima diceva una cosa spiacevole e indelicata o anche
solo fuori luogo – per i suoi standard. Lei e Lavi quando ci
si
mettevano di buzzo buono a sciorinarsi cattiverie l'una contro
l'altra, ci andavano giù mooolto più pesante, e a
volte arrivavano
pure a prendersi a pugni. Questa era un'offesa all'acqua di rose
–
e poi se ne pentiva immediatamente. Ma non avendo il coraggio o
l'onestà per chiederle semplicemente scusa del suo
comportamento
sconclusionato, metteva su quella faccia da cane bastonato alla
catena entrando in un mutismo scorbutico ed autolesionista da cui poi
avrebbe dovuto tirarlo lei stessa fuori a fatica, parlando del
più e
del meno, fino a quando il biondo non si sarebbe sentito abbastanza
rassicurato del fatto che non lo odiasse, che non se l'era
presa per quel che le aveva detto e
che non lo trovasse patetico e disgustoso.
Bé,
non lo trovava né patetico né disgustoso. Ma
scemo si, e anche
tanto.
Distolse
lo sguardo, sospirando mentre si appoggiava allo schienale del
sofà.
Come con gli animali selvatici, era meglio evitare il contatto visivo
diretto... lo sentì agitarsi appena, fremere di nervosismo,
e poi
mugugnare qualcosa di incomprensibile mentre si dirigeva alla porta
uscendo velocemente. Uff... adesso avrebbe dovuto anche andarlo a
cercare. Italia pregò che non si fosse rintanato di nuovo in
soffitta, quel dannato posto era pieno di cianfrusaglie che
rischiavano di crollare ad ogni suo passaggio, di polvere decennale e
presenze inquietanti che persino lei, seppur non avesse alcuna
capacità spiritica riusciva ad avvertire... e non le piaceva
affatto.
Dopo
qualche minuto di pace silenziosa, la porta si aprì
lentamente alle
sue spalle. Dallo spiraglio, fece la sua comparsa il viso sottile e
delicato di Rose, con un lieve cipiglio dietro gli occhiali dalla
montatura dorata.
“Signora
Felicia, vi disturbo?” Domandò con la
sua vocina dolce, ma era già
entrata chiudendosi la porta alle spalle “il signor Inghilterra
è
uscito di casa poco fa in tutta fretta, senza lasciar detto dove
stesse andando. È successo qualcosa?”
chiese poi, con nervosismo e
una punta di speranza.
Si,
perché il fatto che la sua nazione madrepatria avesse
reclamato la
donna come suo possesso, alla giovane ausiliaria inglese non era
andata per niente giù. Sebbene la ragazza sapesse che
un'umana aveva
ben poche possibilità di conquistare il cuore di una
nazione, fosse
anche per una mera differenza nelle aspettative di vita, l'aver
dovuto lasciare il passo all'altro senza nemmeno avere il diritto di
far valere i suoi sentimenti le era scocciato terribilmente.
Italia
aprì di nuovo gli occhi, e voltando il capo la
guardò da sopra la
spalla, sorridendo “niente
di particolarmente grave, suppongo.
Probabilmente aveva solo voglia di uscire... lui che
può” disse
con un sospiro stanco, battendo leggermente la mano sull'imbottitura
del divano accanto a lei. La ragazza non se lo fece ripetere due
volte, e andò ad accomodarsi lì accanto,
sporgendosi verso di lei
col petto minuto appoggiato al suo braccio e lo sguardo fisso nei
suoi occhi.
Certo
che lo spirito di competizione trasforma gli umani... Italia stentava
a credere che quella ragazza, i primi giorni tanto timida e riservata
da arrossire ogni volta che le rivolgeva la parola, ora provasse a
sedurla ogni volta che ne avesse avuto l'occasione. Non che le
dispiacesse... era divertente, una volta ogni tanto, essere la
“preda” e non la cacciatrice. Una preda
già messa nel paniere,
tra l'altro: Inghilterra non era sempre presente, e si sa che quando
il gatto non c'è...
Sorrise
lieve, sporgendo il viso a baciarne le labbra sottili che fremettero
appena “mi
spiace per la situazione in cui siete finiti tu e
Jesse... dev'essere stancante doverci sopportare tutto il giorno. In
fondo siamo solo due vecchi brontoloni e testardi...”
“No...
non dovete preoccuparvi per noi, signora”
l'inglese scosse il capo
leggermente, pur di non perdere il contatto con la pelle dell'altra
donna “a me
spiace che voi siate costretta a subire... bé, quello
che subite” uno sbuffo, accompagnato da un
veloce rabbuiarsi dello
sguardo chiaro “mi
sento in colpa per quello che la mia nazione vi
sta facendo, e se potessi...”
“Non
ti preoccupare... confronto alla guerra, esser l'amante di
Inghilterra potrei quasi definirla una cosa positiva e...”
si fermò
un attimo. Voleva aggiungere che probabilmente tra poco avrebbe
sofferto molto, ma molto di più con lo spostarsi del
conflitto nel
suo paese. Ma solo sentirla parlare di amanti aveva reso Rose gelosa
e accigliata. Meglio non aggiungere altri capi d'imputazione sulle
spalle della nazione britannica agli occhi di una sua figlia.
Sospirò
appena, e le passò le braccia attorno alla schiena,
attirandola a sé
per abbracciarla e cullarla teneramente, ricambiata.
Rimasero
silenziose per alcuni momenti, poi da qualche parte vicino alla
scollatura dell'abito sentì la voce di Rose ovattata e
timida “Signora
Felicia... avete pensato a quello che vi avevamo detto? Io e
Jesse ne abbiamo parlato a lungo, e abbiamo deciso... se vuole, noi
siamo pronti anche ora...”
… Ci
aveva pensato si. Da quando i due ragazzini, in barba a tutto quello
che poteva credere, le avevano proposto di farla scappare da
lì, con
la sola clausola di portarli con lei in Italia. Cosa che l'aveva
messa in un atroce dilemma... Certo, la loro presenza durante il
viaggio di ritorno le avrebbe fatto comodo. Per quanto potesse aver
migliorato il suo inglese nell'ultimo periodo, il suo accento era
palesemente straniero, individuabile anche da un bambino. E le
abitudini britanniche le erano ancora ostiche... persino guidare, se
fosse riuscita a prendere “in prestito”
un'automobile sarebbe
stato un problema, dato che qui guidavano al contrario – e
poi si
definivano civili. Con la guida al contrario. Bah... - senza contare
che la sua conoscenza delle campagne inglesi proveniva dall'ultima
volta che aveva visitato il regno di Britannia, circa mille e
settecento anni prima. Potevano esserci stati dei piccoli cambiamenti
nel frattempo, in effetti.
Lei
poi non aveva nulla da perdere a portarseli dietro... loro
però
avevano tutto. Non solo quel che rimaneva della loro famiglia, le
amicizie e i possedimenti economici. Aiutarla volontariamente
equivaleva ad alto tradimento, e per un soldato –
perché
nonostante tutto, sia Jesse che Rose erano nell'esercito –
poteva
voler dire anche la condanna a morte. Senza contare che poteva essere
parecchio pericoloso: viaggiare di notte, senza soldi o aiuti,
passare per vie traverse e nascoste alla pubblica sicurezza... e per
le vie traverse non ci passano mai i gentiluomini. Lei non si era mai
fatta problemi a tagliare un paio di gole, non le era mai pesato
troppo versare sangue altrui. Ma farlo sotto gli occhi di due
ragazzini, sia pure per proteggerli... bé, era diverso. Non
se la
sentiva di mostrare il suo volto nascosto, quello di creatura
spietata, sadica e vendicativa, anche a loro.
“Rose,
tesoro mio... Ne abbiamo già abbondantemente discusso.
È troppo
pericoloso, sia che la cosa riesca, sia che ci ricatturino per
strada... una volta scappati, non potrete tornare indietro.
Certo...”
sospirò lieve, posando un leggero bacio tra i capelli
castano-cinerei della ragazza stretta al suo petto “Potrei sempre
dire di avervi preso in ostaggio, magari vi eviterebbe la fucilazione.
Ma sarebbe comunque un rischio
che non mi sento di farvi correre. Solo per pura fortuna siete
scampati alla morte qui nella vostra terra... bé, l'Italia
è
ridotta come Londra da ormai due anni. Non c'è
più un capoluogo di
regione che non abbia ricevuto un attacco aereo e non sia stata
bombardata. E tra poco sarà ancora peggio, con il
conflitto direttamente sul territorio e non solo aereo. Conosco
decisamente troppo bene la mia terra e la sua conformazione per farmi
illusioni di sorta. Posso già predire che sarà
una guerra lunga e
sofferta, soprattutto di trincea, dove bisognerà combattere
per ogni
singola strada, ponte o valico. La mia povera Italia
diventerà un
lago di sangue e fango... Mi sembra assurdo portarvi in un inferno
simile e-”
Non
riuscì a completare la frase. La ragazza gli aveva chiuso la
bocca
con la propria, insistendo in un bacio che sapeva di testardo e
infantile. Davvero, l'idea di essere la causa di morte di quello
scricciolo era decisamente deprimente. Anche se alla fin fine, era
solo una fra le migliaia di scriccioli che durante questa guerra
erano o sarebbero morte.
“Se
non ci permettete di venire assieme a voi, vi seguiremo di nascosto.
Ormai abbiamo deciso, e non cambieremo idea. Chiamateci sciocchi, o
folli, o traditori. Non ha alcuna importanza.”
mormorò la
ragazzina a fior di labbra, posando al fronte nell'incavo del collo
della donna mediterranea. “Se
davvero ci tenete anche solo un
briciolo a noi come avete dimostrato fino ad ora, allora lasciate che
vi seguiamo. Vi potremmo essere utili, e inoltre Jesse ha sempre
sognato di poter diventare un attore. È bravissimo a
recitare e sono
sicura che diventerà un ottimo baritono, se avrà
la possibilità di
studiare. Ha sempre desiderato di poter vedere il vostro paese e
diventare un artista tale da esibirsi alla Scala. Ama l'Italia con
tutto sé stesso...”
Italia
ristette, lo sguardo basso e stanco di chi ha scaricato ormai da un
pezzo le munizioni della sua arma e tiene in mano solo un inutile
ferro vecchio “Potrei
sempre avvisare delle vostre intenzioni
Inghilterra. Vi costringerebbe a rimanere qui... forse potrebbe
espellervi dall'esercito , o addirittura farvi incarcerare per
tradimento. Ma sareste relativamente al sicuro, a questo modo”
mormorò la donna, debolmente. Non credeva nemmeno lei a quel
che
aveva appena minacciato, e la ragazza sulle sue gambe lo aveva
intuito con una facilità disarmante. Sorrise beffarda con un
lieve
ghigno sulle labbra rosee “No,
non lo fareste. Anche perché se
solo subodorasse l'idea che voi possiate fuggire, il signor
Inghilterra sarebbe pronto a chiudervi a chiave in camera. E stavolta
stando ben attento che non possiate scappare... A lui non importa molto
di noi due. Siamo al pari dei gatti nel cortile, confronto a
voi” Touché. Era molto
più probabile che invece di fermare quei ragazzini bloccasse
completamente lei. No, meglio tenere il faccia da culo fuori da
questa storia... per quanto possibile, essendo lui il principio di
tutta questa storia. Italia si poggiò con le spalle allo
schienale,
sospirando, e socchiuse gli occhi arresa.
“Anche
ammesso che vi permetta di seguirmi... avete davvero compreso cosa
possa significare? Pochissimi soldi, niente mezzi. Scappare da ogni
possibile centro abitato o posto di blocco, mescolandoci alla peggio
feccia che come noi evita i controlli fino a raggiungere un porto che
non abbia solo sbocchi sulla manica o sul mare nordico... Il che
significa, se ho ben capito dove ci troviamo, un viaggio
incredibilmente lungo. Probabilmente da fare a piedi. Dormire dove
capita, mangiare quando capita” la donna
sbuffò pesantemente,
mentre sentiva la ragazza sistemarlesi meglio in grembo ed
abbracciarla più stretta. Istintivamente riprese ad
accarezzarle il
capo “E anche
se riuscissimo a raggiungere un porto internazionale,
dovremmo imbarcarci di straforo. Se avessi un gran culo potremmo
trovare un passaggio su una nave argentina, dato che ho legami
stretti con quella nazione non mi dovrebbero negare un simile favore
anche se decisamente pesante e pericoloso. Ma dato che le cose se
possono andar male vanno sempre peggio, potremmo dover fare i
clandestini imbarcandoci di straforo, nella speranza che nessuno ci
scopra.
Sai
cosa succede ai clandestini se li scoprono, Rose?”domandò
abbassando lo sguardo, per osservarla dall'alto.
L'ausiliaria
le fece cenno di no con la testa “Ecco,
meglio che tu non lo sappia
mai. Comunque, posto per caso la possibilità di trovare un
passaggio, potrebbero portarci solo fino alle Canarie, prima di
dirigersi oltre l'Atlantico. Il che significherebbe il dover cercare
un altro passaggio per la Spagna o il Portogallo, un viaggio via
terra attraverso la penisola iberica per evitare lo stretto di
Gibilterra, e solo allora poter sperare di raggiungere le coste
italiane di nuovo via mare, tra le navi vedetta francesi e quelle
militari alleate...
Sarà
un viaggio duro e difficile, lungo giorni, forse settimane ad andar
di sfiga. Con nessun aiuto esterno, e le forze alleate a starci col
fiato sul collo, Inghilterra in primis. Nessun vantaggio, nessuna
sicurezza, e rischio continuo” Italia
sospirò pesantemente. Quanto
sarebbe stato più semplice se non fosse su una fottuta
isola...
poteva rapirla Francia, eh. Sarebbe stata ad un tiro di schioppo da
casa sua. Persino negli immensi territori di Braginski sarebbe stato
più facile evadere... sebbene la sola idea di riaffrontare
la
campagna russa, anche ora che la cattiva stagione era alle spalle,
diede alla donna una scarica di gelido e puro terrore fin dentro il
midollo osseo.
“Ciononostante
voglio lo stesso seguirvi, Signora Felicia. Se non lo facessi, se non
ci provassi sento che me ne pentirei per il resto della mia
vita...”
Mormorò piano l'inglese, ora discostandosi dal petto
dell'italiana
per poterla osservare. Aveva il volto arrossato e tremava lieve, ma
negli occhi lucidi la donna poteva leggere una sicurezza infantile e
incrollabile, che sfociava nell'ostinazione.
“Pensi
davvero che ne valga la pena, Rose? Per cosa abbandoneresti il tuo
paese, le tue certezze, la tua unica parente ancora in
vita...?” Le
domandò allora la donna ricambiandone lo sguardo, mentre la
faceva
sedere sulle sue ginocchia abbracciandone la vita sottile. Rose
celò
gli occhi nascondendoli dietro le palpebre per alcuni istanti,
arrossendo. Ma quando le rispose, tornò a guardarla in
volto,
diretta e sincera
“Perché
anche io amo l'Italia, con tutta me stessa”
Fu solamente dopo
parecchie ore, a notte ormai inoltrata che Inghilterra si
ripresentò
a casa, canticchiando una canzoncina stonata da osteria. Essendo
ancora sveglia a leggere un libro Felicia ne sentì lo
sferragliare
incerto sul portone di casa, e i passitraballanti sulle scale di
legno. Poi, per circa una decina di minuti non lo avvertì
più,
segno che si era fermato, molto probabilmente, nella stanza da bagno.
Quando si presentò
nella
camera aveva la giacca ripiegata sul braccio e la cravatta dal nodo
storto, ed appariva stranamente col volto arrossato... come se avesse
bevuto. Doveva essersi risciacquato la faccia con una certa
esuberanza, da come aveva i capelli e il collo della camicia bagnati.
Si... era abbastanza alticcio, cosa molto strana essendo un giorno
infrasettimanale**
“Bentornato”
lo
salutò con un delicato sorriso sollevando lo sguardo dalla
pagina.
In risposta, ricevette un basso e incomprensibile mugugno, mentre
appendeva la giacca sull'attaccapanni e posava cintura e fondina con
pistola annessa sul mobile da toeletta. I primi giorni,
pensò
Italia, la pistola la ficcava dentro la cassaforte chiudendola a
chiave. Ora la lasciava in bella vista a tre metri da lei, e non solo
per via dell'alcool. In fondo, non era affatto vero che non si
fidasse di lei. Anzi, forse lo faceva anche troppo... ma nel modo
sbagliato.
Tornò alla sua lettura,
mentre avvertiva il peso di Inghilterra abbassare il suo lato del
letto impegnato a trafficare con gli stivali per toglierseli. Ma
invece di finire a spogliarsi, l'uomo si buttò all'indietro,
mancando lo spigolo del libro per un soffio e poggiando con
pesantezza la testa sulle gambe leggermente piegate di Felicia. Che
per lo spavento aveva sputato fuori l'aria di colpo, e si era messa a
tossire leggermente.
“Ma che ti prende,
adesso?” Gli chiese di nuovo, abbassando lo
sguardo quando i colpi
di tosse scemarono completamente. Di nuovo, non ricevette alcuna
risposta.
Inghilterra rimase
silenzioso a fissare il soffitto per parecchi istanti, prima di
rotolare su un lato e affondare il viso nel grembo della donna,
abbracciandone al contempo i fianchi con entrambe le braccia. E di
nuovo rimase silenzioso, tanto che le parve quasi che si fosse messo
a dormire in quella posizione strana. Ma effettivamente non dormiva,
aveva gli occhi aperti seppur lucidi e offuscati dall'alcool.
Felicia posò il libro
sul comodino – decisamente era troppo difficile continuare a
leggere così – e posò le mani sulla
spalla dell'altra nazione e
sulla sua testa, tra i fini capelli biondo sporco scarmigliandoli
più
di quanto già non lo fossero.
“Avanti, un penny per i
tuoi pensieri. Si dice così, no?”
Inghilterra si prese
tempo per rispondere, ma da come le strinse i fianchi, se non altro
aveva sentito la domanda, stavolta. Gli tamburellò con tutte
e
quattro le dita sulla spalla, per mettergli fretta.
“E va bene. Stavo
pensando... se ti mettessi incinta, qualsiasi cosa succeda saresti
legata a me. Cosa ne pensi?”
“… Che
è stato il
peggior investimento di un penny che abbia mai fatto in vita mia,
davvero.”
“Non sei
simpatica”
“E tu sei ubriaco. Uno
a uno palla al centro”
“No, sto parlando
seriamente!” Sbuffò l'uomo, torcendo
il collo per guardarla dal
basso con l'espressione contrita “Un
figlio lega incredibilmente
due persone, funziona così per i normali esseri umani, o
almeno per
la maggior parte di loro. Non vedo perché non dovrebbe
funzionare
anche per noi nazioni. E dire che ci provo da ormai più di
un
mese...” seguitò, fissando lo sguardo
opaco in un punto
indefinito, ragionando ormai da solo “forse devo solo
impegnarmi un
po' di più”
Cos'è che stava
facendo
lui da più di un mese? Per cosa voleva impegnarsi un
pochetto di
più?
Santo cielo, spero che
sia l'ubriacatura a farlo sragionare e inventarsi le baggianate...
… No. Era serio,
fottutamente serio. Per quanto la sbronza potesse lasciargli solo un
barlume di coscienza, stava realmente pensando di avere un figlio da
lei. Così, tutto d'un tratto – non poi
così tanto d'un tratto,
ripensò poi. Dato che il cretino era un mese e passa che
voleva
mettere in forno lo scone, a giudicare da quel che aveva confessato.
Nel vino la verità e nella birra le sciocchezze.
Un conto però era
giocare a far la coppietta appena sposata, ma quello che le aveva
chiesto era decisamente un'aggiunta alle regole di gioco che non
aveva preso in considerazione, neanche per un secondo in tutta la sua
plurimillenaria esistenza. Un figlio? No, grazie. Non voleva proprio
finire come i suoi antichi fratelli e sorelle, le provincie romane,
che dopo essersi uniti alle popolazioni locali avevano perso tutte le
loro forze, sparendo per sempre. Con l'unico risultato di aver
lasciato dei figli che nemmeno si ricordavano della loro esistenza.
Ed anche lei, sebbene fosse riuscita in qualche modo a sopravvivere a
tutti loro, a quante cose aveva dovuto rinunciare? Ne era valsa la
pena, dopotutto?
Per un secondo ripensò
a
tutti quelli che si era lasciata alle spalle... tante, troppe nazioni
e semplici umani che aveva amato. Mai e poi mai, aveva giurato a
sé
stessa, si sarebbe più permessa di legare il proprio destino
a
chiunque altro non fosse Lavinia. Non avrebbe retto il contraccolpo
della perdita, non di nuovo.
Felicia strinse i denti
indurendo la linea della mascella, e riprese il libro, riaprendolo
con cocciutaggine stampata in volto alla pagina poco prima
abbandonata, mentre appoggiava i gomiti sopra la testa del biondo.
“A parte che questo
discorso non sta né in cielo né in terra, secondo
te mi lascio
mettere incinta durante una guerra dove rischio la vita un giorno si
e l'altro pure? Mica sono scema”
L'uomo sbuffò,
scocciato
per come la sua proposta – se quella potesse essere
considerata una
proposta – fosse stata accantonata in maniera tanto rapida e
perentoria dalla compagna “Su
questo avrei molto da rid-ahio, ma
che hai al posto del gomito, una baionetta? Mi hai trapassato il
cranio!! Comunque” lieve colpo di tosse, per
schiarirsi la voce
mentre cercava di togliersi dalla testa quei due punteruoli
travestiti da braccia “Da
che mondo è mondo i figli arrivano, non
puoi decidere tu se, come e quando rimanere fecondata. Soprattutto se
non si prende nessuna misura contraccettiva, ed io sono stato ben
attento a fare centro ad ogni colpo in canna, senza false modestie.
Da qualche parte” ummeggiò
pensieroso, grattandosi il naso sul suo
stomaco “dovrei
avere la ricetta di una pozione per la fertilità
di epoca medievale... chissà dove l'ho messa. Magari
aiuta”
Italia alzò gli occhi
al
cielo, pregando che le desse la pazienza necessaria a non stordire
del tutto l'amante con una testata e poi legarlo come un salame
dentro a un tappeto per appenderlo davanti alla porta di casa,
così da fargli smaltire l'alcool in modo meno
stupido. E con voce lievemente annoiata spiegò “Per le donne
normali forse si, ma vorrei ricordare al tuo piccolo e alcolizzato
cervellino che io sono una nazione. Posso decidere tutto quello che
voglio del mio corpo... se lo volessi, potrei anche tornare nuova,
intatta e candida come un foglio di carta appena uscito dalla
cartiera. E con le tue pozioni, onestamente parlando, ci faccio i
gargarismi... per essere educata”
Ci mise un pochetto
Inghilterra a comprendere il significato di quelle parole, ma quando
ci riuscì rizzò un poco la testa, fissandone il
viso da sotto in su
con gli occhi spalancati “Stai
scherzando? Davvero sei in grado di
fare una cosa simile?”
“Cosa, i
gargarismi?”
“Certo, rintronata. Mi
chiedevo proprio se tu sapessi fare i gargarismi, non riesco
più
vivere senza questa informazione”
sbottò l'uomo, e l'espressione
da stupefatta mutò velocemente in una sardonica “sto parlando del
tuo rimaneggiare... qua sotto. Davvero sei in grado di decidere se
poter rimanere incinta o meno, e addirittura tornare vergine?
…
Quindi tutto quello che ho fatto finora è stato inutile?
Pure
segnarmi il tuo ciclo mestruale sull'agenda e chiedere pronostici
agli spiriti fatati sui tuoi giorni fertili?” aggiunse
mugolando a voce bassissima e impastata
“Bé”
Felicia si
strinse le spalle, ignorando lo sguardo dell'uomo con innata classe
“in fondo si
tratta pur sempre di una ferita, persino minuscola
paragonata a tante altre. Quindi come ben dovresti sapere,
rimarginabile con un minimo di buona volontà e impegno anche
a
distanza di anni. E per rispondere alla seconda domanda...
bé, se
non altro è stato decisamente piacevole. Vedila da questo
punto di
vist- aspetta, cos'è che avresti fatto TU?”
“... Mi avvalgo della
facoltà di non rispondere”
“... Si, in fondo anche
io non sono poi così tanto sicura di voler sentire davvero
la
risposta.”
Rimasero in silenzio in
cui l'uomo la fissava da sotto in su e la mora lo ignorava
bellamente, poi Inghilterra sollevò appena un sopracciglio
per
questionare
“... E quindi
s-”
“No.”
Lo interruppe
secca e lapidaria, senza nemmeno alzare lo sguardo dal libro.
“Non sai nemmeno cosa
volessi chiederti!” protestò l'uomo,
tornando ad appoggiare la
testa sul corpo della compagna, coi muscoli del collo che urlavano
pietà.
“Era un no a
prescindere, dato che sicuramente stavi per dire un'immensa
stronzata. Fine del discorso” Liquidò
il tutto con uno sbuffo
annoiato, voltando pagina. Solo dopo un po', in cui il silenzio si
era fatto pesante – e si era anche stufata di come
Inghilterra gli
stesse tamburellando con le dita sul fianco in maniera nervosa
– riprese la parola
“Comunque, come mai ti
è presa questa fregola? Di solito sono le donne ad avere
l'orologio
biologico che le punzecchia e a fare simili uscite tra capo e collo,
non gli uomini...” domandò poi,
abbassando di nuovo lo sguardo su
di lui. Che nascose il suo spingendo il volto tra le pieghe della
camicia da notte, in un cambio di espressione rapidissimo e
colpevole, premendo sul suo ventre mentre stropicciava la stoffa con
entrambe le mani. Sembrava un bambino che per scappare dai fantasmi e
dai mostri notturni nascondeva la testa sotto alle coperte...
considerato però il livello di affabilità che
Inghilterra aveva con
fantasmi e la roba occulta in generale, si chiese cosa mai potesse
preoccuparlo tanto.
Giusto. Come aveva fatto
a non pensarci prima? Era così logico... Ma in momenti
simili, anche
lei a volte si dimenticava cosa stesse accadendo al di fuori di
quelle quattro mura.
“Per quando
è previsto
il primo attacco?”
Domandò con voce dolce
e
tranquilla, quasi gli avesse chiesto se per il giorno dopo preferisse
il polpettone o l'arrosto per cena. Inghilterra al contrario
fremette, come se Italia invece di sussurrare gli stesse urlando
contro con inusitata rabbia. La strinse ancora di più,
affondando il
viso fino a mostrarle, da quella posizione, solo la nuca
“I... primi di giugno.
Pantelleria...*** Creeremo una testa di ponte per proteggere lo
sbarco vero e proprio sull'isola di Sicilia, e poi sul continente.
È
già... tutto deciso. Ormai le truppe tedesche e quelle
italiane
hanno dato la resa in Tunisia, la campagna d'Africa è
conclusa in
modo vittorioso per gli alleati. E il conflitto si sposterà
a nord.
Ormai i bombardamenti aerei hanno distrutto la maggior parte delle
strutture sulle isole, militari... e civili ” La
voce di
Inghilterra era bassa e debole, soffocata dal morbido e sottile lino
che avvolgeva il corpo della donna.
Italia sospirò con
triste rassegnazione, e l'uomo tremò di nuovo, quando questa
posato
nuovamente il libro riprese ad accarezzargli il capo.
“E cosi è
finita con
la sconfitta, alla fine. Non posso dire che mi abbia colto di
sorpresa. Sarai dunque sempre tu la potenza alleata ad attaccarmi con
i bombardamenti?”
Inghilterra trattenne il
fiato e annuì col capo, per poi balbettare “Quel che è
stato
fino ad ora... è solo un assaggio di quel che
succederà. Gli
attacchi alle città italiane fino ad ora, confronto a quelli
avvenuti nei mesi scorsi sono poca roba... Poi anche America
attaccherà. E quello nella sua corsa all'eroismo esaltato,
schiaccerà tutto quello che gli capita davanti”
si bloccò in un
singulto, mentre attirava le gambe al corpo strisciandole sulla
coperta, fino ad assumere una posizione accucciata di fianco a quella
seduta sul letto di Italia, ancora con le braccia attorno al corpo
caldo della donna “mi
odi, non è vero? Lo capisco... non puoi fare
a meno di odiarmi. Non posso fare a meno di farmi odiare. Hai ragione
tu, non c'è nessuno al mondo che possa volere uno come me...
riesco
solo a distruggere tutto quello che desidero e tocco”
“Non ti odio”
rispose
semplicemente Italia, interrompendo il flusso di depressione in cui
Inghilterra si stava infilando in una lenta e dolorosa nenia “Magari
mi stavi decisamente sull'anima, ma non ti ho mai odiato. Non ho mai
odiato veramente nessuno, a dire il vero. È la guerra,
semplicemente una guerra mostruosa e distruttiva per tutti.”
Aveva ripreso a parlare
col tono basso e tranquillizzante, mentre cullava l'altro
assecondando il suo naturale ondeggiare dolente.
“Non è
colpa tua, né
di nessun altro. Noi nazioni non siamo niente altro che foglie
trascinate dalla corrente degli eventi, e a prescindere da quel che
desideriamo veramente non possiamo far altro che eseguire
ciò che
il nostro popolo e soprattutto il nostro governo decide per noi. E se
chi ci comanda decide che dobbiamo distruggerci a vicenda...”
non
continuò la frase, non ce ne era bisogno. Restò
in silenzio ad
accarezzare i capelli di Inghilterra per parecchi minuti, lasciando
che questi sfogasse a quel modo la sua sbornia diventata
improvvisamente triste. Poi, di punto in bianco riprese a parlare,
cambiando totalmente argomento.
“Sai, il mio albero
simbolo è la quercia rovere. Buffo, vero? La pianta che
più di
tutte le altre rappresenta la virilità, la saggezza e la
forza
militare accostata a me, che sono tra le nazioni una delle
più
deboli, fragili e decisamente poco virile. Chi ha deciso quale pianta
dovesse rappresentarmi doveva avere un grande senso
dell'umorismo...”
Non sapeva dire se
l'altra nazione l'avesse sentita o meno, ma se non altro ora si era
tranquillizzata abbastanza da mostrare, se non tutto il viso per lo
meno l'orecchio e lo zigomo, arrossati per la posizione precedente e
per il pianto soffocato in singhiozzi silenziosi. Finse di non farci
caso.
“Io invece mi son
sempre considerata più simile al giunco... sai, quello che
cresce
vicino agli stagni e nelle zone paludose, come la mia pianura padana
fino a pochi decenni fa” Continuò la
donna, sorridendo lieve
mentre le dita sfioravano la pelle accaldata dell'altro con la punta e
le unghie , grattando sull'ombra di barba lungo la linea della
mascella “insipida,
poco considerata per come nasce e cresce nel
marciume. Quasi infestante, direi... però, tenace. Che ci
sia una
tempesta, un uragano tale da strappar via gli altri alberi dal
terreno o persino un incendio... finché rimane vivo un solo
rizoma
nascosto sotto la terra, il giunco rinascerà sempre. Non
importa con
quanta cattiveria ci si scagli contro, al giunco basta un po' di
terra, dell'acqua e il sole e tornerà sempre a farsi vedere,
con le
sue foglie ineleganti e le sue lunghe canne ondeggianti al
vento...”
“Io ti avrei definito
più simile ad un arancio”
Mormorò Inghilterra, dopo un po'. La
voce decisamente più tranquilla e non macchiata dalle
lacrime,
sebbene il volto fosse ancora rosso e la posizione rannicchiata su se
stessa.
“... Se è
per fare
allusioni poco carine riguardo il mio sedere e alla cellulite, sappi
che ti ucciderò adesso, senza rancori. Ti lascio due minuti
per
rendere l'anima a Dio.”
“No, scema”
si sbrigò
a spiegare l'uomo, dato che il tono gelido con cui Italia aveva
parlato non lasciava adito a dubbi su quanto fosse seria nella sua
minaccia “È
che profumi di zagara, per questo mi ricordi
l'arancio. Zagara, salsedine e incenso, con un vago sentore amaro di
essenza di trementina. Ci ho messo un po' per capire cosa fosse
quest'ultima nota aromatica... La cosa più assurda
è che da te non
avverto alcun odore di cibo, e invece un tempo mi sarei aspettato che
profumassi di arrosto o di pasta al forno...”
“Guarda che sono una
nazione, mica una cucina, veh.” lo
avvertì con una nota di
sarcasmo la donna, tirandogli appena i capelli tra le dita con fare
dispettoso.
“Lo so, lo so. Eppure,
mi davi questa impressione... ma ti preferisco così, ai
fiori di
arancio” ridacchiò appena, tornando
ad affondare il volto nel
grembo della donna. Probabilmente era ancora l'alcool in circolo che
lo faceva parlare così, senza la sua solita
scontrosità. Per un
singolo, utopico attimo si ritrovò a pensare come sarebbe
stato il
suo futuro se fosse per sempre continuato accanto ad Inghilterra,
senza lo spettro del conflitto tra di loro. Sarebbe mai riuscito ad
essere onesto ed apertamente affettuoso con lei anche senza due pinte
di birra in corpo?
Italia sorrise, e
sospirando aggiunse “Scommetto
che non immagineresti mai quale sia
la pianta simbolo di Lavinia...”
“... Lo stramonio? La
belladonna? Il tasso? Anzi, no... direi l'oleandro****. Si, secondo
me è l'oleandro”
“Quanto sei maligno...
non è assolutamente vero che Lavi è velenosa.
È solo che non ha
molta dimestichezza con la diplomazia, ecco tutto. E comunque
è
l'ulivo*****, per tornare in tema”
Inghilterra finalmente
voltò il capo tanto da poterla di nuovo guardare, di
profilo, con un
occhio solo. Decisamente scettico. Ma quando si accorse che non lo
stava prendendo in giro, scoppiò a ridere di gusto
“Pffffft...
L'albero
simbolo della pace e della saggezza legato a quel demone in gonnella
di sud Italia? Si, chi ha fatto i collegamenti tra voi e le piante
decisamente era un grande umorista, non c'è nulla da
dire...”
Italia sbuffò,
tirandogli un piccolo cazzotto sulla spalla “Lavinia quando vuole
sa essere molto dolce e gentile, ed anche incredibilmente affettuosa.
Sei una pettegola tremenda e parli per partito preso, ecco”
Quando si riprese dalla
ridarella, l'uomo sospirò pesantemente, e tornò a
nascondere il
volto nella camicia da notte di Felicia, sebbene continuasse a
guardarla con la coda dell'occhio “Senti...
una volta l'avevo
presa in ostaggio per poter minacciare Spagna e tenerlo in scacco
–
non guardarmi a quel modo, per mare la vita di un pirata funzionava
così – e l'avevo fatta trasportare sulla mia
galera, pieno di
marinai esperti abituati alle peggiori traversie e alla disciplina
ferrea. Ebbene... dopo neanche mezz'ora d'orologio, il tempo che ho
impiegato per andare a parlamentare con Carriedo sul suo galeone e
avevo il castello di poppa e la mia cabina in fiamme, metà
dei
cannoni fuori uso o addirittura fuori bordo, tutte le cime
ingarbugliate in maniera incredibile e tre quarti dell'equipaggio
passati dall'essere dei soldati disciplinatissimi a furibondi
hooligan aizzati l'uno contro l'altro, con parecchi che tentavano di
uccidersi tra loro – o di ingropparsi in un'orgia totale, nel
caos
non l'ho capito molto bene - E quel piccolo diavolo travestito da
angioletto attaccata al timone impazzito che canticchiava con una
bottiglia di rhum in mano e l'aria candida di chi non sapesse
assolutamente cosa stesse accadendo attorno a lei. Da quel giorno
è
diventata una leggenda al pari del kraken o del triangolo delle
Bermuda, per la marina imperiale britannica. Nonché il mio
personalissimo incubo per almeno due secoli.
No, non fa assolutamente
ridere, sai? Smettitela”
Aggiunse, quando sentì
la donna non trattenere in alcun modo una risata divertita e
cristallina coprendosi a malapena le labbra con entrambe le mani, gli
occhi stretti in una fessura lucente. Sebbene anche a lui venisse da
ridere, ora che la raccontava. Effettivamente... l'idea che una
marmocchia alta un metro e un pomodoro l'avesse messa in saccoccia a
centocinquanta uomini tignosi e nerboruti e soprattutto a lui,
faceva veramente ridere ripensandoci a mentre fredda, e mettendo da
parte per cinque minuti l'orgoglio. La cosa peggiore tral'altro
è
che a quel mostriciattolo era bastato fare gli occhioni dolci e
innocenti – assolutamente falsi, lo sapeva benissimo.
Eppure... –
e gli era divenuto impossibile prendersela con lei. Infatti se l'era
presa con Spagna, che tanto ci era abituato.
Italia sospirò,
asciugandosi una lacrimuccia che le aveva rigato la guancia per il
troppo ridere. Ora che il momento ilare era passato, sul volto era
venuta a crearsi una espressione decisamente malinconica, che faceva
palese contrasto con quella divertita di poco prima.
“... Ti manca,
vero?”
domandò Inghilterra, tornando serio. Le accarezzò
il fianco con
dolcezza, conoscendo già la risposta. Che non
tardò ad arrivare,
con un cenno di assenso del capo da parte della donna
“Si. Da morire.
Così
come mi manca la mia terra... ma soprattutto, quello che mi fa
sentire peggio non è la lontananza, è il non
poter fare nulla, qui. Molto probabilmente anche in Italia sarei
inutile, ma potrei almeno
combattere, o aiutare i civili. Così invece sono del tutto
impotente, e mi sento di tradire la fiducia del mio stesso
popolo...” Lasciò che la voce morisse
lentamente, in un sospiro.
Senza speranze né desiderio di vendetta o rivincita, solo
semplicemente rassegnata.
Rimasero così,
immobili
per un periodo di tempo relativamente lungo, ognuno immerso nei
propri pensieri. Poi, di colpo Inghilterra si staccò dalla
donna,
dandole le spalle mentre si metteva a sedere sul letto. E raccattati
gli stivali, disse con voce bassa mentre li rimetteva “Sai bene che
io non posso lasciarti andare. Sarebbe tradimento nei confronti del
mio governo”
“Si... lo so. Ma
cosa...?” lo scatto dell'uomo l'aveva
preoccupata. Ed ora lo
seguiva con lo sguardo, mentre risistemava la camicia e la cravatta,
e recuperata poi la giacca la indossava nuovamente, allacciandola di
tutto punto.
“Cosa hai intenzione
di
fare?” Italia finì la domanda
lasciata poco prima in sospeso,
spostando istintivamente lo sguardo verso la finestra dalle tende
tirate “Ormai
non mancherà più tanto a mezzanotte... qualunque
cosa tu debba fare, non puoi farla domani mattina?”
Inghilterra si fermò
per
un attimo, mentre risistemava la pistola d'ordinanza nella fondina
sulla cintura appena allacciata. Poi sembrò ripensarci, e
posò
nuovamente il ferro sul ripiano della toeletta. Da che si era alzato,
aveva evitato accuratamente di rivolgere anche solo un quarto di viso
verso il letto e la donna “...
No. È una cosa che devo fare ora.
Mi sono ricordato di avere un impegno urgente e non posso
più
rimandarlo. Starò fuori per almeno una settimana... forse
dieci
giorni. Tu torna pure a dormire, non preoccuparti per me.”
parlò
velocemente, con nervosismo. Gli tremava appena la voce... e la mano,
quando la poggiò allo stipite della porta che aveva aperto.
Certo, fino a cinque
minuti prima stavano ridendo tranquilli, poi di colpo aveva assunto
l'aria di chi stava scappando come avesse il diavolo attaccato al
culo e lei non si doveva preoccupare? E nemmeno la stava degnando di
uno sguardo... Velocemente scese dal letto per poterlo avvicinare e
guardare in faccia, ma prima che riuscisse a girare attorno al mobile
per dirigersi alla porta lui la fermò, sempre dandole le
spalle.
“NO! Ti ho detto di
tornare a dormire. Obbedisci, donna. Non dimenticare chi è
che
comanda qui dentro... È meglio per tutti e due”
Il tono imperioso con cui
l'aveva apostrofata era servito a fermarla, bloccandola sul posto. Si
trovò a balbettare nervosamente, incapace di comprendere il
repentino cambio di umore dell'uomo
“Ma -ma...
perché?
Inghilterra, che è successo all'improvviso? Guardami,
almeno...”
Da teso e nervoso che
era, lo vide afflosciarsi su se stesso, le spalle cadere in avanti
come se reggessero un tremendo peso. Non le rispose, e nemmeno si
voltò a guardarla.
Mormorò un bassissimo
“Arrivederci,
Felicia” prima di uscire dalla stanza,
richiudendosi la porta alle spalle. La donna ne seguì i
passi lungo
il corridoio, poi sulle scale. Anche quando non riuscì
più a
distinguere i rumori fatti dall'uomo al piano inferiore, rimase
immobile al centro della stanza da letto, il corpo a malapena coperto
dalla leggera camicia che andava velocemente disperdendo calore nella
fredda aria notturna. Eppure, il freddo maggiore lo sentiva da
dentro, senza neanche capirne il motivo.
Inghilterra non si
presentò in quella casa se non dopo dieci giorni, trovandola
fredda
e vuota. Alla fine anche i due ragazzini se ne erano andati, seguendo
la donna. Piccole serpi in seno... Sospirando arrivò in
cucina,
dalla cui ghiacciaia proveniva l'odore dolciastro e nauseabondo di
cibi deteriorabili a diversi stati di decomposizione. Persino i fiori
sul tavolo erano secchi ed emettevano un vago tanfo di morte.
Sul piano di legno
rovinato, parecchie cartine e mappe nautiche, gli orari dei treni e
quelli delle navi traghetto e mercantili di parecchi porti, sia sulla
manica che diretti verso l'oceano, aperti e sottolineati in
più
punti. Avrebbe potuto facilmente ricostruire i movimenti dei tre solo
seguendo le indicazioni fornitegli – sembrava quasi apposta
– e
controllando quali, tra le mappe e i vari libelli che aveva lasciato
a bella posta sopra il tavolo la notte di dieci giorni prima,
mancassero all'appello.
Ma prese tutte le carte e
le buttò dentro la stufa bruciandole senza dar loro una
minima
occhiata, fino a che non ne rimase solo cenere impalpabile.
Andò poi nello studio.
Al posto della busta contenente le sterline per il viaggio, ve ne era
una più piccola, indirizzata a lui. All'interno un biglietto
scritto
a mano, due semplici parole nella morbida ed elegante calligrafia di
Italia. Solo due parole, eppure gli bastarono per sentire di aver
fatto la cosa giusta.
Arthur, grazie.
---
* il movimento warp è
quella tecnologia che, sulla saga fantascientifica di Star Trek,
permette alle navi spaziali di muoversi ad una velocità
superiore a
quella della luce. Inghilterra lascia dietro di sé
l'immagine
illusoria sulla rétina, tanto si muove veloce...
**Il popolo anglosassone
(e i suoi derivati) ha un rapporto decisamente tormentato con
l'alcool. Si potrebbe dire che l'alcolismo è il problema
più
diffuso a livello del territorio, quasi una piaga sociale.
Perché a
differenza dei popoli latini, che bevono sempre ma, nella media con
parecchia moderazione - nessun adulto si nega un bicchiere di vino a
pasto, ma è difficile che si superi questa soglia - gli
inglesi
invece durante la settimana non toccano alcool. Son tutte delle
bigotte puritane che solo a vedere una carta dei vini al ristorante
si scandalizzano tremendamente, manco al posto di una bottiglia di
bianco i camerieri avessero appoggiato sulla tovaglia un topo morto.
Durante la settimana, badate bene.
Quando invece scatta
l'ora x del venerdì pomeriggio, cambiano come il giorno e la
notte.
Da ogni parte, ad ogni ora, senza alcuna distinzione di sesso,
età e
ceto sociale il popolo anglosassone beve come una spugna. Roba che
una uscita con gli amici non è considerata ben conclusa se
quasi
tutti non hanno vomitato l'anima sul marciapiede e almeno due o tre
non rischiano il coma etilico.
C'è una ragione
storica
per questo. Durante la rivoluzione industriale, gli stipendi degli
operai erano pagati in parte con la distribuzione di alcolici, e
quasi tutte le fabbriche avevano il proprio pub privato, dove i
lavoratori potevano andare nel dopolavoro a bere pagando pochissimo.
Quindi, per un Tom Jones a caso, farsi una bevuta equivaleva spesso
all'aver ricevuto lo stipendio, ed era motivo di soddisfazione. Poi
l'abitudine di pagare in gin è andata perdendosi, ma non
quella di
considerare l'alcool come causa scatenante di festa e divertimento.
Potremmo dire che la compita e tremendamente regolata
società
inglese galleggia placida su un mare d'alcool, e la maggior parte
delle relazioni sociali lubrifica i suoi ingranaggi sotto l'effetto
dello stupore alcolico. Basti pensare che il nostro "ci si
vede", in Inghilterra spesso e volentieri viene sostituito con
"let's have a drink", andiamo a bere qualcosa...
Inutilmente il governo ha
tentato di arginare questo problema, cambiando gli orari dei pub -
inutilmente. Prima erano aperti solo nel dopolavoro e nel
finesettimana, dopo che potevano star aperti sempre (sperando che,
avendocelo sempre a disposizione magari gli inglesi si
autoregolassero come gli animali di appartamento) si sono ritrovati
coi bar vuoti alle tre del pomeriggio e pieni di vomito all'una del
mattino, esattamente come prima - aumentando il costo degli alcolici,
alzando l'età media per l'acquisto... Tutta fatica sprecata.
anche
le campagne di sensibilizzazione lasciano il tempo che trovano, e le
scritte allarmanti sulle bottiglie hanno lo stesso valore di quelle
sui pacchetti di sigarette o sulle slot machines; chi ne abusava
prima, ne abuserà anche dopo aver letto la scritta.
*** Finita la campagna
d'Africa con la vittoria degli stati alleati su quelli dell'asse, si
apriva finalmente un nuovo fronte, quello italiano. Già
decisa
durante la conferenza di Casablanca, quest'operazione - chiamata
operazione corkscrew, "cavatappi" - iniziò ufficialmente
il 9 maggio del '43, e durò per più di un mese,
fino al 13 di
giugno.
Era principalmente
un'azione di apertura, atta a distruggere le difese della penisola
poste sulle quattro isole nello stretto siciliano: Pantelleria - che
fu anche la più colpita, essendo l'unica ad avere un porto
tanto
grande da poter essere usata come base di appoggio ed avendo anche un
aeroporto - Lampedusa, Linosa e Lampione per un mese subirono
continui bombardamenti prima dal cielo e negli ultimi giorni
dell'operazione anche dal mare. Non erano i primi bombardamenti fatti
sul suolo italiano, ma furono i primi ad essere continuativi e
metodici e con lo scopo di annientare completamente le difese
terrestri del luogo. Sulla sola Pantelleria, i B17 e i B24 della RAF
(Royal Air Force, l'aeronautica militare inglese) scaricarono oltre
5.000 tonnellate di esplosivo.
Infine, nei primi giorni
di giugno, la 1° divisione inglese sbarcò
effettivamente sulla
terraferma, quando ormai c'era poco da combattere. Va detto che
comunque su Lampedusa, molto meno colpita della principale isola
obiettivo, vi furono degli scontri tra fanterie e anche qualche
scambio di colpi terrestro-navali ma che non sortirono alcun effetto.
Linosa si arrese immediatamente, conscia dell'inferiorità
numerica e
tecnologica, Lampione invece non era nemmeno difesa, sottovalutata
dalle stesse potenze italiane (d'altronde, è un isolotto
veramente
piccolo) e conquistarla fu una passeggiata.
Così l'operazione
corkscrew si concluse in un successo pieno. Con la presa dello snodo
principale del mediterraneo, il canale di Sicilia, la difesa delle
flotte alleate che dovevano passare per forza di cose in quelle zone
ed infine la creazione di un'ottima testa di ponte per la seguente
operazione Husky, che vedrà l'attacco vero e proprio
all'Italia, in
Sicilia. Fu anche l'ultima operazione a livello di comando in cui
l'esercito inglese la fece da padrone... poi passò
decisamente in
sordina, attenendosi semplicemente ad eseguire le direttive del
generale americano Eisenhower. Sebbene nel lato adriatico
dell'Italia, abbia comunque fatto i suoi bei danni (povera la mia
Ancona ç_ç)...
**** Lo stramonio, detto
anche l'erba del diavolo o delle streghe, la belladonna, il tasso e
l'oleandro. Quattro piante, in ordine crescente di
velenosità,
potenzialmente mortali per l'uomo. Tutte belle cariche di tossine e
alcaloidi tanto da mandare una persona adulta direttamente al
Creatore senza passare per il via in poco tempo. L'oleandro
soprattutto è velenoso per qualsiasi specie animale (se ne
avete una
pianta in giardino fateci caso: è una delle poche che le
lumache non
toccano...) in ogni sua parte: foglie, fiori, rami, radici... Si
racconta che dei soldati napoleonici siano morti per avvelenamento
dopo aver usato dei rami di oleandro come spiedi per la carne. Cosa
avrà voluto insinuare Iggy accostando queste splendide
piantine alla
piccola&dolce Italia del sud?
***** la pianta simbolo
dell'Italia è il corbezzolo. Poiché fiorendo in
inverno e avendo la
completa maturazione delle bacche sempre nella stagione invernale,
porta su di sé i colori della bandiera tutti assieme: foglie
verdi,
fiori bianchi e bacche rosse. Non è dunque la margherita
come si
ostina a ripetere Himaruya. Il corbezzolo comunque rappresenta tutta
l'Italia, quindi ho pensato che Feli e Lavi, essendo in due a reggere
il peso di una sola nazione, avessero anche due altri alberi simbolo
personali.
La quercia rovere e
l'ulivo, infatti, fanno parte dello stemma italiano assieme alla
stella (il vespero o esperia, la stella dell'ovest legata a Venere
prima e alla Madonna poi, rappresentate l'Italia ancor prima della
nascita della repubblica romana) e alla ruota dentata, simbolo della
forza lavoro su cui si basa la nostra patria. Entrambe le piante
avevano una grande simbologia fin dai tempi dell'impero romano. Come
dice Felicia, la quercia rappresenta la forza, la virilità e
il
valore militare (oltreché, in altre simbologie, anche la
saggezza e
la perseveranza) mentre l'ulivo è il simbolo indiscusso
della pace,
oltre che della purezza, della giustizia divina e della sapienza.
Angolo
del perché e del
percome (che nessuno voleva)
EEEEHHH.... ed eccoci
finalmente alla conclusione delle Idi di marzo (anche perché
ormai
siamo, in ordine di tempo della storia, a maggio inoltrato...).
È
strano che, fino ad ora abbia sempre scritto un sacco di corbellerie,
ed ora, all'ultimo angolino scemo, non sappia cosa dire. O meglio, di
cose ne avrei così tante che non so nemmeno da dove
cominciare, e
quindi mi impallo abbestia <.<
Bé, iniziamo
dall'inizio, lasciamo l'ascia e accettiamo l'accetta, dato che ci
siamo.
Se una persona
emotivamente normale si trova a dover convivere forzatamente con uno
tsundere timido e facile a cadere in depressione, cosa deve fare per
non trasformarsi nell'omicida del suddetto tsundere? Semplice,
studiarlo come si studiano le scimmie allo zoo. E questo fa Italia,
per la bellezza di quasi due mesi. Vi risparmio l'osservazione
empirica sul campo – altrimenti, avrei tirato fuori un
trattato di
psicologia in 120 comodi volumi da 1000 pagine l'uno – e vi
porto
direttamente ai risultati. Come rivela Feli, una volta capite le
meccaniche del gioco, tutto risulta facile (un po' come quando vai
nei ristoranti etnici: cinese tutto fritto, giapponese roba cruda,
indiano niente vacche). Basta sapere che tutto quello che esce dalla
bocca di Arthur, anche la peggio cattiveria deve essere filtrato e
ben dosato, e scorporato dal contesto. Un'analisi logica in piena
regola.
Comunque, sebbene tra i
due i rapporti si siano ammorbiditi parecchio, è un po' una
versione
all'acqua di rose della sindrome di Stoccolma. Ma molto molto
diluita. Quindi nel continuo della storia, non vi aspettate che si
amino alla follia, questi due, o che stiano sempre culo &
camicia
dopo l'armistizio... di certo, non durante il conflitto. Non esiste
città in Italia che non abbia visto cadersi sopra le bombe
alleate,
e per alcune zone – vedi il Frosinate e altre zone laziali e
toscane – quasi che l'arrivo degli alleati fu il momento
peggiore
di tutta la guerra. E tutto questo non aiuta in un sano rapporto di
coppia, decisamente no. Ma vedremo se supereranno la prova del tempo
e della guerra...
Poi Inghilterra se ne va,
e torna Rose. E qui temo di aver fatto un po' schifo, lo ammetto.
Perché volevo dire un
sacco di cose, e temo di averlo fatto in maniera decisamente
confusionaria e caotica. Senza nemmeno rendere bene l'idea del
rapporto che intercorre tra le due. Mi scoccia un casino, ma di
meglio non sono riuscita a fare. Uff... Più che altro volevo
spiegare come semplicemente Italia veda Rose come una graziosa
conquista e nulla più. Le piace e la trova adorabile, ma non
è di
certo l'amore della sua vita. Anche perché la vita della
ragazzina è
neanche un centesimo di quella della nazione...
Inoltre la parte
descrittiva del possibile viaggio è stata stancante (e
fortuna che è
solo descritta per somme righe). Perché è
veramente difficile
immaginarsi come si possa scappare da un'isola come la gran Bretagna,
se si è in guerra con il paese stesso. Ovvio che non ci
sarà
nessuna nave, tranne quelle militari – ma quelle le lascerei
stare,
se volessi passare inosservata – che si dirigerà
in una zona
adatta allo sbarco vicino alle coste alleate (di viaggi aerei
è
anche inutile parlarne)... Personalmente avessi il giro di conoscenze
che può avere una nazione scapperei in quel modo, cercando
la via
più lunga, si, ma anche la più sicura. Ma come al
solito sono
elucubrazioni mie, e potrei sbagliarmi di parecchio.
Anche perché l'Argentina
era si neutrale (e quindi non si era vista tagliare le rotte
commerciali) ma aveva delle leggere simpatie naziste... inoltre, un
sacco di argentini – quasi due terzi del paese intero
– hanno o
vantano antenati italiani. Sarebbe quindi un piccolo favore alla
madre patria (e se non proprio madre, sorella patria XD), chiamiamolo
così.
E veniamo alla parte
fluff... o meglio, a quel che io tento maldestramente di far passare
per fluff. Ma mi rendo conto benissimo di non esserci riuscita
(purtroppo la mia totale incapacità di scrivere qualcosa di
serio
per più di tre minuti si è fatta di nuovo
sentire. Terry Pratchett ha avuto una cattiva influenza su di me) U.u
Di nuovo una scena
notturna... decisamente più intima e familiare. Magari non
sentimentale, ma di certo affettuosa.
E ricollegandomi alla
nota alcolica sopra scritta, Arthur per una volta si toglie la
maschera del burbero e mostra i suoi veri sentimenti e pensieri
(pensieri decisamente idioti o depressi, ma da Iggy non mi sarei
aspettata nulla di meno), sebbene con l'aiuto dell'alcool. Purtroppo
senza, gli inglesi non carburano... Ed anche Felicia, si trova a fare
strani pensieri. Forse la parte della rapita/amante/pseudomoglie non
le sta poi così tanto stretta come credeva.
Arriviamo al finale. Che,
nonostante tutto, posso consideralo un lieto fine, relativamente
parlando (non potevo certo scrivere “e vissero per sempre
felici e
contenti”, dato che nel continuum della Storia tra nemmeno un
mese
inizierà il conflitto direttamente in Italia e altro che
amore e
baci... voleranno bombe e pugni).
Forse un po' triste, ma
il fatto che dopo due mesi in cui Felicia si ostinava a non chiamare
per nome Arthur, finalmente si sia decisa a riconoscerlo come degno
della sua fiducia e del suo affetto... bé, fa pensare anche
a me,
con un po' di immodesto orgoglio, di aver dato con questo finale
l'unica soluzione giusta (altrimenti non lo avrei scritto, of course
(me la canto e me la suono con la fanfara))XD
Per la cronaca, quello
che Italia voleva, seppur inconsciamente – se n'è
accorta solo
alla fine – non era la libertà a tutti i costi:
quella avrebbe
potuto ottenerla fin dal primo giorno, senza fatica. I problemi che
elenca a Rose ci sono, ma sono comunque superabili.
Quello che chiedeva al
biondo, era piuttosto una prova di fiducia. Lasciandola andare
volontariamente, l'uomo avrebbe perso ogni diritto su di lei ottenuto
con la prigionia. Ma gli avrebbe offerto la possibilità di
scegliere
se, dopo la guerra, tornare da lui o meno come vera compagna e non
come prigioniera coatta. Solo che questo alla fine lo fa a modo suo,
vergognandosi quasi più della sua gentilezza che del suo
caratteraccio.
Comunque, come recita un
detto cristiano “Il Padre non toglie la gioia ai suoi figli
se non
per donarne loro una ancor più grande e maestosa”;
per cui, se son
rose fioriranno... (e poi io sono una shipper UkIta, quindi
perché
non accoppiarli? XD)
Aggiungo una piccola
postilla, che avrebbe dovuto essere una nota ma già ne avevo
scritte
troppe: Arthur rivela che Felicia profuma di fiori d'arancio, ma in
realtà la zagara è il nome comune di tutti i
fiori degli agrumi.
Quindi anche del limone, della limetta, del cedro e del bergamotto.
Anche perché se di agrumi di ogni specie l'Italia
è piena, gli
aranceti sono presenti in grande preponderanza a sud per via del
clima più adatto.
Ok, basta parlare di quel
che è stato, pensiamo al nuovo!
Che, in soldoni, è il
continuo di questa storia. Avverto già da subito che mi
prenderò
una pausa nello scrivere – almeno la prossima long, ma potrei
mettere delle storie autoconclusive – perché ho in
mente un bel
mattone. E minimo prima di pubblicare il primo capitolo voglio avere
la storia definita almeno nella linea principale e se possibile anche
quattro o cinque capitoli già finiti e solo da rivedere, il
che
significa anche leggersi un casino di libri e annali della guerra di
resistenza italiana. Per cui, potrei riprendere il tutto tra uno o
due mesi, dipende come sono ispirata e se non sono morta sotto la
carta stampata.
I protagonisti saranno
uno sfacelo – anche perché nella guerra del '43 -
'45 ci fu
davvero una babele di eserciti... si sono dati tutti appuntamento da
noi : 9
Spero di non far troppi
casini...
Un bacione e un sentito
ringraziamento a tutte quelle che hanno seguito questa long: grazie,
non sapete nemmeno quanto mi ha fatto piacere leggere le vostre
recensioni e scambiare le missive con parecchie di voi. In
particolare Kesese_93 che mi ha addirittura segnalato per le storie
scelte (troppa grazia ç_ç), poi Lady Monet, Eliot
Nightray e
KnucklesGirl, a cui ho scopiazzato ignominiosamente il pairing. Ecco,
l'ho ammesso. Fanciulla, è colpa tua se ho scritto questa
roba. (tanto lo sò che non ti penti di ciò, ma
non importa) pentiti! *le punta il dito contro tipo la scimmia cattiva
di Family
guy*
Ringrazio anche
ghiaccioomega, IvyLotus, Kesese_93 e KnucklesGirl che hanno messo la
storia tra le preferite, ed Dar K ya, Eliot Nightray, Gogy e Lady
Monet che invece mi hanno infilato nella lista delle storie seguite.
E infine sempre Kesese_93 e Lady Monet che mi hanno addirittura messa
tra le autrici preferite. Vi lovvo, mie adorate fanciulline, lo
sapete? E se non lo sapete, sapevatelo, su rieduchescionàl
channel
(questa mi sa che come battuta è troppo vecchia...)
Ovviamente un bacione
anche a chi ha solo letto la storia (prima o poi capirò
anche perché
qualche capitolo ha il doppio delle letture degli altri...) e anche
chi ha solo aperto la storia e poi l'ha richiusa senza darci peso; se
vi è piaciuta ne sarò orgogliosa, se vi ha
schifato me ne
rammarico, ma se vi avesse anche solo fatto sorridere per un istante
mi renderebbe una persona appagata e felice : )
Un bacione e alla
prossima storia,
Monia
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