Bosco Che Canta

di Clara Holmes
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Rinfocolando le braci morenti del bivacco Jacob si apprestò a soddisfare la muta richiesta di Volpe, rimasta fra loro sospesa dacché l’aveva rinvenuta inerte su di un letto di foglie secche, in placida attesa di una qualche novità. Dacché Jacob era partito alla volta della propria avventura Bosco Che Canta taceva; e così erano trascorse settimane, mesi ed anni entro cui il silenzio, non più rotto neanche dal confortante gracchiare delle turbe di corvi, aveva reso prigioniera la Volpe.
«C’era una volta un ragazzo che se ne andò lontano per scoprire cos’era la paura.»
Volpe volse il muso in direzione di Jacob, drizzando le orecchie. «E poi?» Soffiò fra le fauci, cauta.
Jacob trasse un profondo respiro per poi affondare le lunghe dita nel terreno. La Volpe gli si fece vicino, scivolando silenziosa sul terriccio cosparso di rametti e foglie secche. La radura ove avevano deciso di sostare per quella notte era ubicata nella zona più umida ed interna del Bosco, sospesa in un autunno perenne. Lì, fra quelle stesse braci morenti e quelle querce blu, Jacob aveva allungato anni addietro la propria mano sul dorso di Volpe, sancendo la propria condanna. Volpe non era sempre stata tale, e mai lo sarebbe rimasta, come dimostrò quella cascata di cinerini capelli e quel sorriso sin troppo umano cui la pelliccia diede il passo.
«Non hai mai smesso la pelliccia dacché sono partito.» Osservò Jacob, carezzando una delle guance smunte della Volpe con lo sguardo. La pelliccia le rubava gli anni, lo sapevano entrambi, e non faceva che accelerare la sua dipartita. Pur tuttavia Volpe si contentò di scoprire i denti in quello che Jacob aveva ormai inteso essere il “sorriso con cui Volpe sorride a Jacob”, per poi intrecciare le proprie dita smagrite alle sue, tornite e sporche di terriccio. Una turba di corvi si levò in volo, in lontananza, riempiendo il silenzio della notte con il proprio gracchiare. Jacob sospirò, per poi ricambiare la stretta di Volpe. Era tornato a casa.

 




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