Prologo - Twilight Island
Spero che vi piaccia! Recensite e commentate mi raccomando.
Prologo - Twilight Island
Tutto incominciò quando il padre del povero sventurato era
ancora un giovanotto ingenuo e incauto. Affrontava la vita con
l'esuberanza dei teenagers che credono di poter compiere ogni tipo di
impresa incuranti delle conseguenze.
Un bel giorno però in seguito all'ennesima bravata la morte
bussò alla porta dello stolto. E cosa fece costui? Negli ultimi
istanti di vita pregò il proprio dio affinchè la sua vita
potesse venire risparmiata : pregò affinchè gli si
potesse presentare una seconda occasione.
Purtroppo però non fu Dio a rispondere alla sua invocazione : fu
una kitsune apparentemente dolce ed innociente. Voi direste : " una
kitsune benigna e priva di secondi fini? Ma chi ci crede? "
Non si scordi però che il padre del nostro povero sventurato
era, come è stato appena sottolineato, un povero ingenuo. E
così credette alla kitsune e si fece aiutare. E quando quella
volpe gli disse che il suo aiuto avrebbe avuto un prezzo da pagare, lui
non ci badò troppo.
Gli anni passarono e il nostro ingenuotto si sposò con una donna
ben più bella e intelligente di lui, ma questa è un'altra
storia che non ci riguarda.
Durante la prima notte della luna di miele la kitsune si
ripresentò al capezzale dei due sposini ( pensate un pò a
quanto ne furono felici N.d.A. ) per ricordare all'uomo la sua promessa.
E fu così che i due sposini appresero la triste notizia :
il loro primo figlio sarebbe dovuto andare a lavorare nella dimora
della volpe per almeno 10 anni. Naturalmente il nostro ingenuotto non
ne fu affatto felice e decise di esprimere, con un linguaggio molto
colorito, il suo disappunto.
Tuttavia , dopo aver trascorso l'intera nottata sotto le sembianze di
un grosso gorilla dal pelo rosa a strisce magenta, intuì che
forse era meglio rispettare i patti. Comprese inoltre che non era
saggio insultare una volpe.
Come la prese la sventurata moglie? Questa storia non ci riguarda purtroppo.
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Anno 2014, novembre inoltrato
Il piccolo motoscafo procedeva ad andatura spedita verso un piccolo
puntino luminoso che poco alla volta si faceva sempre più nitido
e luminoso, in pieno contrasto con l'oscurità accecante della
notte.
Nubi plumbee e minacciose coprivano il cielo, mentre una leggera
pioggerellina cadeva incessante da ormai diverse ore producendo
innumerevoli increspature sulla superficie liscia e perfetta
dell'oceano.
Il piccolo mezzo si era ormai lasciato alle spalle da molto tempo la
costa della California, diretto verso un'isola privata di modeste
dimensioni conosciuta come Twilight Island, Isola del Crepuscolo.
Il nome tetro le si addiceva perfettamente, poichè mano a mano
che il profilo della costa si avvicinava i particolari dell'isola
diventavano sempre tanto più definiti quanto ostili.
Alberi scheletriti , rocce aspre e aguzze , arbusti smunti e grigi quasi fossero privi di vita.
Albert represse a stento un brivido gelido che tuttavia nulla aveva a che fare con il freddo della notte.
Il giovane era l'unico passeggero di quel motoscafo, un ragazzo di 25
anni e fresco di laurea in Economia e Commercio. Il fisico asciutto e
atletico, aveva molte aspirazioni dalla vita : purtroppo il destino
aveva in mente piani diversi.
-- Ma chi me l'ha fatto fare -- Borbottò , avviluppato in una coperta, al guidatore del motoscafo.
-- Ero in Italia, avevo un futuro davanti a me. E ora mi tocca marcire
per dieci anni in questo luogo che pare essere uscito da un film
dell'orrore?--
Calò il silenzio. Il suo compagno , essendo tanto di compagnia
quanto un tavolo da soggiorno, rimase saggiamente impassibile e
imperturbabile come una sfinge.
-- E pensare che neppure mi piace l'America! --
Ma naturalmente le sue origini risiedevano pure in questo luogo, come
si poteva chiaramente notare dal suo nome. Se il padre era Lombardo, la
madre invece era Americana fino al midollo. Ovvero, in ogni stanza
della loro cara casetta doveva assolutamente essere presente almeno una
bandiera a stelle e strisce.
Sfortunatamente il viaggio giunse in breve al termine e il giovane fu
costretto a sbarcare in malo modo, cortesia del guidatore che
evidentemente non voleva averci nulla a che fare con questo luogo.
E così, Albert si ritrovò con una valigia in mano ad
osservare tristemente il puntino del motoscafo che rapidamente si
allontava nella notte, sparendo inghiottito nell'oscurità.
Intorno a lui, un paesaggio alieno e inospitale. Sotto di lui, solo
poche assi di legno marcio gli impedivano di fare un tuffo nell'acqua
nera come l'inchiostro.
Rabbrividendo, il giovane compì in fretta i pochi passi che lo
separavano dalla terraferma, esalando un leggero sospiro quando il
suolo ghiaioso scricchiolò sotto le suole delle scarpe.
Si trovava in un piccolo spiazzo roccioso, attorno al quale si stendeva
un fitto bosco dall'aria lugubre e minacciosa. I rami scheletriti
parevano protendersi nella notte, quasi volessero ghermirlo. Gettavano
così lunghe ombre aspre e aguzze sul terreno fiocamente
illuminato dalla luna, mentre bassi arbusti rinsecchiti completavano
l'immagine tetra di quel posto.
Davanti a lui si diramava un sentiero e oltre le cime degli alberi
pareva quasi comparire in lontananza la figura imponente di una villa.
Una cosa era certa : se voleva giungere al suo posto di lavoro doveva fare una bella passeggiata.
E chi non desiderava fare una scampagnata attraverso quel boschetto da
film dell'orrore, sotto la pioggia e senza neppure una torcia ad
illuminare il sentiero?
Come potete intuire Albert era così desideroso di procedere che
iniziò lentamente ad arretrare, desiderando che il motoscafo
fosse ancora al molo ad aspettarlo.
E guardandosi intorno, scoprì un secondo sentiero, più
largo rispetto al precedente e al cui termine pareva stagliarsi la
sagoma di un vecchio cancello metallico.
Ritenendo che tutto fosse meglio forchè rimanere fermo in quello
spiazzo lugubre e solitario, il giovane si incamminò lungo
quella vietta.
Frattanto, estrasse di tasca il cellulare e cominciò a cercare
nella rubrica il numero di quei suoi maledetti datori di lavoro.
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Il cancello non si apriva. Con suo estremo disappunto, non accennava a smuoversi.
Albert provò pure a scuoterlo con tutte le sue forze, ma quello più che cigolare sinistramente non fece.
Si stupì però quando lentamente una torcia elettrica rotolò da un cespuglio ai suoi piedi.
...le torcie non rotolano da sole. E mentre il giovane si chinava a
raccogliere l'arnese, qualcosa ansimò tra i cespugli. Un respiro
pesante e inquietante, decisamente animalesco.
Bianco in volto come un cencio, Albert lasciò in terra il
proprio bagaglio e incominciò ad arretrare, facendo guizzare lo
sguardo allarmato a destra e a manca.
Un cespuglio frusciò. Dopo alcuni secondi se ne mosse un altro.
E quando una sagoma animalesca cominciò ad apparire tra le
fronde, il cuore del giovane non resse.
Senza aspettare di vedere cosa mai fosse, Albert corse a perdifiato
verso lo spiazzo, senza neppure perdere tempo per guardarsi alle spalle.
Corse, e quando infine giunse alla piazzola strabuzzò gli occhi
dal terrore : accasciato contro il tronco di un albero giaceva
agonizzante la figura di un uomo di mezza età.
Intorno a lui, una larga macchia di sangue lasciava intuire che
probabilmente il poveraccio stava morendo dissanguato : era coperto di
tagli profondi ed era un miracolo che fosse ancora cosciente.
-- Cosa le è successo?-- Domandò preoccupato Albert, chinandosì per aiutarlo.
-- Lasciami stare, stò morendo...-- Rantolò roca la voce
dell'uomo, spingendo debolmente il petto del giovane per allontanarlo
da sè.
--...stò...morendo...-- Ripetè, senza guardare in faccia
il ragazzo. -- Quest'isola è un inferno, non sarei mai dovuto
venire.--
-- Ma lei chi è? Chi le ha fatto questo?-- Chiese nuovamente
Albert, notando preoccupato solo in quel momento che l'uomo teneva in
mano una pistola.
-- Non ha importanza, non...resisterò ancora a lungo. Non
uomini...bestie ripugnanti! Scappa, corri più veloce che
puoi...-- E dopo quelle parole spirò.
-- Mio Dio-- Mormorò Albert facendosi il segno della croce, poi
raccolse da terra l'arma da fuoco mentre dal bosco alle sue spalle si
levava un ringhio lontano.
-- La casa! Devo raggiungerla al più presto!-- E detto
ciò accese la torcia elettrica e corse lungo il sentiero,
inoltrandosi nell'isola con il cuore che batteva all'impazzata.
E in cuor suo intuiva che difficilmente avrebbe raggiunto la villa. L'aria era pesante, si era fatta minacciosa e opprimente.
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Frattanto, quando il giovane si fu debitamente allontanato , il "morto"
scomparve in una nuvola di fumo grigio e al suo posto comparve una
sagoma femminile che incominciò a ridacchiare sommessa.
-- C'è cascato, c'è cascato!-- Ridacchiò
sfregandosi le mani soddisfatta, mentre un ghigno malizioso le
compariva sul volto -- Non volevate dirmi che sarebbe arrivato oggi il
nostro caro ospite nè? Sorelline? --
I suoi occhi argentei e freddi come il duro acciaio parevano brillare
di luce propria. -- Quale miglior benvenuto che un pò di sano e
puro terrore?-- Poi però sentendo delle voci che si facevano
sempre più vicine scomparve , fondendosi con le ombre della
notte.
Pochi istanti dopo arrivarono altre due figure, una maschile e l'atra femminile.
-- Maledizione, ma non dovevate distrarla?!--
La figura maschile abbassò lo sguardo, imbarazzata.
-- Tu vai verso il vecchio cancello, io vado verso il molo. Se non lo
troviamo, dirigiamoci verso la villa.-- Replicò la femmina prima
che lui potesse protestare.
-- Daccordo. Dobbiamo fermarla, riesco a percepire tracce della sua magia...ha già iniziato a giocare con l'umano.--
-- Giocare? Lei si ciba del terrore delle sue prede! Ospite o no, per
lei non fa alcuna differenza. Sai benissimo che non desidera frenare la
sua natura.--
-- Ho un brutto presagio...l'abbiamo sottovalutata. Recuperiamo l'umano prima che rimanga traumatizzato a vita! --
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Angolo dell'autore
Allora, cosa ne pensate? Bell'inizio o pessimo? Cosa attenderà al povero Albert nel prossimo capitolo?
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