L'emozione di uno sguardo

di Nurmilintu
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Lei era diversa.

Aveva un modo di fare singolare. Nella sua riservatezza e nel suo silenzio muto sembrava gridare al mondo la sua unicità.
A volte la osservavo da lontano. Aveva gli occhi neri, immobili, persi nel vuoto dei ricordi, celati da un velo di mistero. Sbatteva piano le palpebre. Una leggera piega le compariva sulla giovane fronte e subito svaniva. Socchiudeva quindi le palpebre. Sembrava quasi cercasse di afferrare per i lembi ricordi ormai scappati e sbiaditi di un passato non troppo lontano.
Poi riapriva gli occhi, sospirava e immediatamente un'espressione intrigante le si dipingeva in viso, come se custodisse un importante segreto, ma cercasse di non darlo a vedere al mondo.
Non parlava mai se non per dire l'essenziale, ma non comunicava in un modo comune, bensì con un lessico di un'epoca lontana, anni vecchi che non dimostrava ma che le appartenevano.

Una volta sola i nostri sguardi si incontrarono e fu come se un fulmine improvviso, rapido, mi avesse attraversato smuovendomi il profondo. Come una freccia i suoi occhi mi hanno colpito e scavato dentro e mi sono sentito nudo, disarmato, incapace di colpire a segno quell'essere così affascinante e potente. Mi osservava diritto nelle pupille. Quella è stata la prima in cui mi sono rammaricato di possedere occhi così chiari e trasparenti, limpidi e sinceri, cercai quindi di abbassare il volume dei miei pensieri. Poi si girò e se ne andò e un brivido intensissimo mi percosse tutta la schiena. Mi sentivo debole, impotente, ma pienamente felice.





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