cap 14
Ed eccoci qui. Molto più veloce rispetto all’ultima volta.
Spero che il capitolo vi piaccia, vi aspetto giù.
Capitolo 14
Amori mediocri sopravvivono.
Amori grandi vengono distrutti dalla loro stessa intensità.
[Oscar Wilde]
-Jen, smettila-
-Ma come faccio Bella? Come? Sono così contenta! –
Jen non la smette di urlarmi nell’orecchio; rischia di perforami un timpano.
Siamo al
telefono da meno di cinque minuti e da quando le ho detto che Edward si
è trasferito a vivere a casa mia non ha più smesso di
urlare. Io faccio la sostenuta ma non posso negare quanto la sua
reazione renda felice anche me.
-E Sophie come l’ha presa?- dice dopo un bel respiro.
-Oh, lei è felicissima, gliel’abbiamo detto dopo mangiato. Ora sta dormendo, ha un po’ di febbre-
-Mi dispiace, povera piccola-
-Pensa che
appena le abbiamo dato la notizia si è rianimata a tal punto che
si è messa a correre per casa urlando “evviva,
evviva”. Sembrava che la febbre, di colpo, fosse sparita-
-E Edward?-
-Lui si è messo a ridere. Una risata che mi ha scaldato il cuore. Era così bello e sereno, avresti dovuto vederlo-
-Dio sei innamorata persa!-
Rido sommessamente tra i cuscini del mio letto per non svegliare gli altri abitanti della casa.
-Jen, sono
felice. Finalmente lo sono per davvero e non mi sembra vero- aspetto la
sua risposta con un sorriso stucchevole e con il cuore pronto a
scoppiare.
-Te lo meriti
Bella. Lo meritate tutti e tre. Siete delle persone straordinarie, le
più importanti per me e quello che desidero di più al
mondo è vedervi felici, ma soprattutto di nuovo uniti-
So quanto le
sue parole sono sincere e dovevo immaginare che mi avrebbe fatta
piangere come una stupida. Lei c’è sempre stata, sin
dall’inizio. Ha gioito con me quando io e Edward ci siamo
sposati, era al mio fianco quando è nata Sophie, mi ha guardata
distruggermi dopo la nascita della mia bambina e ha sofferto con me
quando ho scoperto del tradimento di mio marito. Mi è stata
accanto per tutti questi anni, quando facevo la dura solo per non
cadere a pezzi, solo per non mostrare la mia fragilità, quando
diventavo una massa informe di dolore e sentimenti dopo ogni incontro
con Edward.
Riemergo dalle
lacrime con un sospiro – Jen, cara, anche tu sei importante per
noi. Non ce l’avrei mai fatta senza di te-
-Sì, okay, però smettila altrimenti fai piangere anche me-
-Okay. Buonanotte-
-Buonanotte, ti voglio bene-
Poso il
cellulare sul comodino e chiudo gli occhi. Finalmente, con un po’
di pace nel cuore, mi metto ad ascoltare i rumori della casa, come
faccio di solito, e mi spunta subito un sorriso sulle labbra quando
sento un leggero russare dalla stanza accanto alla mia.
Mi è mancato anche questo rumore, nonostante sia un controsenso.
Come può mancarti un rumore così fastidioso? Eppure è così.
Con il passare
degli anni e con l’assenza di Edward nella mia vita, mi sono resa
conto di quanto in realtà amassi anche i suoi difetti.
Il suo leggero
russare fa da sottofondo a questa notte magica ed io mi perdo ad
ascoltarlo, certa, di nuovo, della sua presenza nella mia vita. Mi giro
e mi rigiro nel letto senza riuscire a prendere una posizione; il mio
cuore galoppa a causa dall’agitazione. Non ero così felice
da tantissimo tempo, forse dal giorno in cui Sophie mi ha chiamata mamma per la prima volta.
Non riesco a credere che Edward sia qui e che posso vederlo gironzolare di nuovo per casa.
Quando gli ho chiesto se fosse sicuro della sua scelta era sincero nel darmi la sua risposta.
-Ne sei sicuro? –
-Più di qualsiasi altra cosa al mondo-
Allora mi ha
abbracciata e ha sotterrato il suo naso nei miei capelli. Siamo rimasti
stretti l’uno nelle braccia dell’altra per un tempo
lunghissimo.
Entrambi
sopraffatti dal momento, non ci siamo accorti che il cibo sul fuoco
stava cominciando a bruciare; per poco non mandavamo a fuoco
l’intera cucina. Dopo aver messo la pentola sotto il getto
dell’acqua ci siamo guardati negli occhi e abbiamo cominciato a
ridere come due bambini.
-Sei pericolosa, mi fai perdere il controllo- mi ha detto soffocando un’altra risata.
E sempre per il discorso che la mia bocca e il mio cervello sono scollegati, gli ho risposto:
-Beh forse è quello che voglio- mentre un urlo nella mia testa mi gridava: “Spudorata!”
La sua faccia
ha preso fuoco, così come la mia, e mi ha guardata
assottigliando gli occhi. In quello sguardo ci ho letto tanta malizia
ed era come se mi stesse dicendo “dammi tempo”.
Gli avrei dato tutto il tempo del mondo, senza nemmeno il bisogno di chiederlo.
Ma ora, stesa
al buio nel mio letto, mi rendo conto dell’urgenza che si
è impossessata di me. Della frenesia che mi attanaglia il cuore,
lo stomaco e il ventre.
Saperlo al mio
fianco ha risvegliato una parte di me che credevo sopita. Quella parte
pronta a tutto per amore, pronta a rischiare e alla quale non davo voce
da tanto tempo.
Ora mi rendo
conto di essere pronta ad amare ancora, ad amare Edward nel modo
giusto, a ricominciare una storia interrotta dai nostri errori e che
merita assolutamente una seconda chance. Se per farlo devo rassegnarmi
una volta per tutte al fatto che Edward non ricorderà mai
più gli ultimi sei anni della sua vita, allora lo farò.
Mi rassegnerò, ma andrò avanti con nuovo slancio.
Perché
se è vero che la nostra vita è già scritta nel
nostro destino allora, la mia vita e quella di Edward sono
inesorabilmente legate, e niente e nessuno potrà mai separaci.
**********
Il giorno
successivo al trasferimento di Edward lo passiamo a mettere a posto le
sue cose nella stanza degli ospiti. I suoi genitori hanno preso molto
positivamente la notizia tanto che, alla richiesta di Edward di
spedirgli il prima possibile le valigie, non hanno battuto ciglio e la
mattina successiva, l’autista di casa Cullen, si è
presentato di buon’ora tutto infagottato e con due valigie tra le
mani, una per parte.
Durante il
pomeriggio, Sophie, approfittando della febbre per farsi viziare ancora
di più, ci ha fatto mettere sul divano insieme a lei a sorbirci
ore e ore di cartoni animati.
È stata
tra le mie braccia per la prima mezz’ora, poi stanca della
posizione ha costretto il padre a sdraiarsi e a prenderla a cavalcioni
sullo stomaco. Dopo un po’ ha cambiato nuovamente posizione
dicendo che voleva starsene con la testa sul bracciolo del divano,
costringendomi a spostarmi. Le ho lanciato un’occhiataccia alla
quale ha risposto con una linguaccia. Mi ha fatto mettere in mezzo, che
era quello che voleva sin dall’inizio e poi si è
spaparanzata completamente, stendendo i piedi al massimo e spingendomi
sempre di più verso Edward, tanto che alla fine ci siamo
ritrovati appiccicati l’una all’altro.
Sophie ci ha guardato per un po’ con un sorrisino sulle labbra e poi si è addormentata.
-Tua figlia è diabolica- mi ha sussurrato Edward nell’orecchio.
-Chissà
da chi avrà preso- l’ho punzecchiato io ricevendo in
cambio un occhiolino e un sorriso bellissimo che mi ha fatto tremare le
ginocchia.
Siamo rimasti
in silenzio a guardare la tv e a mangiare popcorn dalla stessa ciotola
per un bel po’ fino a quando Edward non si è lamentato del
dolore alla gamba, intorpidita dal tenere sempre una posizione, e non
si è alzato per andare in bagno.
L’ho
guardato allontanarsi, orgogliosa del fatto che avrebbe potuto
lamentarsi molto prima e invece ha preferito stringere i denti per
amore di Sophie, solo per accontentarla.
Libera da ogni
impegno, viste le ferie che ho richiesto per non lasciare Edward da
solo in modo da aiutarlo ad ambientarsi, affronto le giornate come
farebbe una qualsiasi moglie e madre.
Disponibile e
impaziente di prendermi cura della mia famiglia mi sveglio sempre con
il sorriso sulle labbra. Passo dallo stendere e stirare i panni a
lavare i pavimenti e togliere la polvere.
Una cosa della quale non devo preoccuparmi tuttavia c’è, ed è la cucina, visto che ho un ottimo aiutante.
Edward è
bravissimo ai fornelli, lo è sempre stato, ma ora penso che con
l’amnesia sia migliorato davvero molto. Sembra che utilizzi la
passione per la cucina per trovare se stesso nei piatti che prepara. Si
è immerso così tanto nel suo nuovo hobby che penso di
aver messo su qualche grammo.
Quando gliel’ho fatto notare mi ha guardata inarcando le sopracciglia e mi ha detto:
-Meglio così, sei troppo magra per i miei gusti-
-E quali
sarebbero i tuoi gusti? - gli ho chiesto indifferente mentre addentavo
una costa di sedano. Lui si è trattenuto dal ridermi in faccia e
con un sorrisino sulle labbra ha continuato a far rosolare lo
spezzatino.
Ogni tanto me lo trovo di soppiatto alle spalle con un mestolo pieno di qualcosa o con un pezzo di dolce da farmi assaggiare.
Sta cominciando
ad avere sempre meno bisogno della stampella e di questo sono
felicissima. Nei piccoli tratti si lancia spedito mentre ha ancora un
po’ di paura a lasciarsi andare nei lunghi percorsi.
Ogni tanto si lamenta con il mal di testa ed io mi trasformo in una crocerossina.
La routine
è sempre la stessa, quella che ci hanno raccomandato in
ospedale: gli faccio prendere un analgesico, lo aiuto a stendersi a
letto, chiudo le tapparelle per farlo stare al buio e ad intervalli
regolari lo controllo per vedere se ha bisogno di qualcosa.
In cambio
Edward non sa come sdebitarsi. Naturalmente avendo limitazioni fisiche
lascia parlare la bocca: mi ringrazia almeno mille volte al giorno (non
le ho contante ma sono sicura che si aggirino intorno a questa cifra),
mi elogia per ogni piccola cosa, ogni tanto si lascia andare a qualche
complimento; li butta qui e li con noncuranza facendomi arrossire tutte
le volte, anche se sono inginocchiata sul pavimento del bagno a lavare
il water.
Quel giorno gli ho chiesto perché lo fa, che non è necessario e lui mi ha risposto:
-Perché
te lo meriti e perché per il momento è l’unico modo
che ho di sdebitarmi per tutto quello che stai facendo-
-Ma non serve che mi ringrazi, lo faccio volentieri altrimenti non ti avrei mai chiesto di trasferiti qui-
-Ti faccio una promessa allora-
-Quale?-
-Quando
sarò in grado di camminare in maniera eretta senza il bisogno di
appoggiarmi ad una stampella e il mio nome sarà riabilitato, ti
porterò a cena fuori in uno dei ristoranti più belli
della città-
Per quanto la
sua promessa mi abbia fatto sentire un mare impazzito di farfalle nello
stomaco, la frase che più di tutte mi ha colpita è stata:
e il mio nome sarà riabilitato.
In quel momento ho capito quanto Edward fosse preoccupato della faccenda dei soldi rubati e non lo desse mai a vedere.
È stato
al telefono per giorni con il suo avvocato ed ha ricevuto parecchie
volte la visita della polizia, ma mai ho visto sul suo viso
l’espressione di vergogna e fallimento che invece ho visto in
quel momento. Come se si scusasse con me per non potermi regalare un
serata da soli, per paura di venire additati come la coppia dello
scandalo finanziario degli ultimi mesi.
Come se la sua vita non fosse già un regalo meraviglioso per me.
Ogni volta che
lo guardo mi rendo conto di quanto sono stata a un passo dal perderlo
per sempre e saperlo qui, accanto a me, mi ripaga di ogni fatica e di
ogni sacrificio che ho fatto nelle ultime settimane.
Allora mi sono
alzata da terra privandomi dei guanti umidi e mi sono avvicinata a lui,
gli ho preso le mani nelle mie e gli ho detto:
- Sarebbe un onore per me uscire con lei Signor Cullen. Non vedo l’ora. Dobbiamo pur festeggiare la sua guarigione-
-Sa cosa le dico Milady?- mi ha risposto con un sorrisino sulle labbra.
-No, cosa?-
-Che sono un uomo fortunato e che ha ragione-
-Riguardo a cosa?-
-Riguardo al
fatto di festeggiare. Che ne dici se organizziamo una cena qui a casa e
invitiamo un po’ di persone? Potremmo dirlo a Emmett e alle tue
amiche, Rosalie e Jenny, che ne dici?-
-Dico che è un’idea grandiosa-
-Bingo! Devo pensare a cosa cucinare per i nostri ospiti allora-
-Tutto solo? Non vuoi un mano?- gli ho chiesto facendo un finto broncio.
-Non attacca Swan. Tu continua pure a fare quello che stavi facendo, mi occuperò di tutto io-
Al Swan
le mie gambe sono diventate di gelatina e lui deve averlo capito
perché si è allontanato ridendo, lasciandomi in balia
delle lacrime.
**********
-Posso entrare ora?- busso alla porta della cucina per l’ennesima volta, ma Edward non mi lascia entrare.
-Non ancora-
-Ma sono ore che sei rinchiuso lì dentro-
-Porta un altro po’ di pazienza-
-Ma non puoi fare tutto da solo!-
-Certo che posso. Lo sto facendo-
-Molto spiritoso, davvero- sbuffo, mentre insceno una finta risata.
L’idea di
avere Emmett, Rosalie e Jenny a cena, soprattutto Jenny, lo ha fatto
calare ancora di più nel ruolo di cuoco che riveste ormai
da una settimana.
È
cominciato tutto con una lista lunghissima di cose da comprare. Tanto
che ieri l’ho guardato negli occhi allibita e gli ho detto:
-Mi hai preso per un mulo da soma? Non riuscirò mai a portare tutte queste cose!-
-Per questo ho chiesto a mia madre di darti una mano. Ha accettato-
Così, prima che potessi dire una sola parola di protesta, mi sono ritrovata nella macchina di Esme.
Per quanto
sbuffassi all’idea di ritrovarmi a girovagare piena di buste
della spesa devo riconoscere che alla fine è stato un pomeriggio
davvero piacevole.
Siamo molto
legate Esme e io e mi sono accorta quanto mi mancasse passare del tempo
insieme. Lei non ha mancato di chiedermi come se la passa Edward,
nonostante si sentano quasi tutti i giorni al telefono.
-Come sta? E non voglio sentire la sua versione, voglio sapere come sta veramente-
-È
difficile da spiegare. È un Edward diverso ma allo stesso tempo
è l’Edward di sempre. Ci ha messo un po’ ad
ambientarsi ma ora sembra che non se ne sia mai andato, che abbia
vissuto sempre come me e Sophie. È molto forte, ma questo lo
sai, è tuo figlio-
-Sono felice di saperlo con te. Hai un’ottima influenza su di lui, lo rendi una persona migliore-
-Non è vero, è lui che rende migliore me e lo amo anche per questo-
-Non avete ancora avuto modo di parlare della vostra ‘situazione’?- mi ha chiesto tra un mazzo di sedano e un fascio di cipolle.
-No. Non voglio
che quell’argomento rovini le cose tra noi. L’intenzione di
parlarne è nell’aria, è ovvio che sia così,
scommetto che si sta facendo mille domande, ma ho come
l’impressione che abbia capito che parlarne rovinerebbe la nostra
armonia. E fino a quando non si sentirà pronto io non voglio
forzarlo. Alla fine è una cosa che appartiene al passato-
-Hai ragione, l’unica cosa che conta è che siete insieme oggi, tutto il resto non conta-
Al mio rientro a casa l’ho trovato a giocare sul divano insieme a Sophie.
-Hai passato una bella giornata?- mi ha chiesto mentre tentava di togliersi i capelli di Sophie dalla bocca.
-Una delle
migliori di sempre, grazie- mi sono avvicinata e gli ho deposto una
bacio sulla guancia, prima di andare in camera da letto a farmi una
doccia.
Ancora
attaccata allo stipite della porta, lo sento trafficare in cucina e
capisco che non ha la minima intenzione di aprire e fare entrare anche
me.
Aspetto
paziente un altro po’ ma proprio quando sto per allontanarmi
indignata lo sento girare la chiave e aprire uno spiraglio.
-Finalmente! Ce ne hai messo di tempo-
-Ancora non ho finito. Apri la bocca- lo guardo stupita per qualche secondo ma alla fine acconsento alla sua richiesta.
Mi mette in bocca un cucchiaino con dentro una salsa verde. All’apparenza sgradevole ma con un sapore e un profumo unici.
-Dio! Che roba è?-
-Quello è il sugo della nostra pasta- continua a dirmi tenendo aperta la porta per metà.
-Edward è incredibile. Ma cos’è? Ci hai messo i pistacchi che mi hai fatto comprare ieri?-
-Esatto-
-Ma ora fammi entrare-
-No, ci sono ancora altri cucchiai da assaggiare-
Incrocio le braccia al petto proprio come farebbe una bambina.
-Sembri Sophie quando fai così, lo sai?-
-Ma smettila. Dai passa gli altri cucchiai-
Sul prossimo c’è una crema bianchiccia con qualcosa di verde sopra.
-È meravigliosa anche questa. Cos’è?- le mie papille gustative ballano la samba.
-Paté di
formaggio e fichi caramellati, andrà sulle tartine come
antipasto. Devi assaggiare anche gli altri aspetta-
In un tripudio
di colori e sapori mi fa assaggiare il paté di cipolla rossa e
il paté di olive nere, entrambi squisiti.
-Abbiamo finito?- gli chiedo leccando volgarmente il cucchiaio.
-Ti stai divertendo?-
-Sì, molto-
-Okay, ti faccio assaggiare il secondo Primo-
-Ma quanto hai cucinato? Addirittura due primi?-
- Melius abundare quam deficere-
-Adesso ti metti a parlare anche Latino? Signor Cullen lei ha delle doti nascoste-
Si mette a ridere – è una locuzione latina che letteralmente tradotta significa: meglio abbondare che scarseggiare-
-Ma così i nostri ospiti non usciranno dalla porta!-
Continuiamo il
nostro siparietto comico ancora per qualche minuto fino a che non mi
accorgo dell’ora e lo costringo ad aprire per lasciarmi entrare e
prendere il suo posto, per dargli modo di andarsi a preparare.
Quando entro in
cucina sembra che sia scoppiata una bomba ma tutto il disordine passa
in secondo piano, di fronte alla cena luculliana che mi trovo di
fronte.
-Sembra… sembra di stare in Italia- dico stupendomi io stessa di aver afferrato il collegamento al primo colpo.
-Esatto, stasera ho cucinato italiano-
I profumi, i
colori e i sapori mi avvolgono come un guanto e tutti i miei sensi
raggiungono la vetta più alta mai registrata prima.
-Sei bravissimo, io… io non ho parole- gli dico quasi commossa.
-Risparmia il fiato, ti servirà per mangiare-
**********
Quando ho detto
a Jen e a Rosalie della cena la loro felicità è schizzata
alle stelle. Questo perché fino ad ora Edward ha sempre e solo
sentito parlare di loro, non le ha mai viste. Il giorno in cui è
stato chiaro a tutti che l’amnesia aveva cancellato gli ultimi
sei anni della sua vita, abbiamo pensato che sarebbe stato meglio non
caricarlo di troppe emozioni, soprattutto con la visita di due complete
estranee, perciò gli ho sempre parlato di Rose e Jen come di due
mie amiche.
Quando arrivano per la cena quindi, sono più emozionate che mai.
-Rose stai
bene? Non è che hai bisogno di sederti un attimo?- il suo viso
è cinereo e sembra che stia per mettersi a vomitare, Jen invece
è elettrizzata.
Rose mi guarda
imbambolata ma una gomitata di Jen la riporta alla realtà
– sta bene, non è nulla. Vero zuccherino? È solo un
po’ sconvolta dalla mia guida; per poco non andavamo a sbattere
contro un Bus- dice quest’ultima entrando per prima in casa
–dov’è il nostro smemorato preferito?- continua
mentre io afferro il braccio di Rosalie per farla entrare.
-La vuoi
finire? Parla piano altrimenti ti sentirà!- le sussurro tra i
denti mentre una voce da baritono esce urlando dall’ascensore.
-Ehilà gente!- è Emmett, chi altri sennò?
Rosalie sembra
rianimarsi di colpo e si gira per guardarlo. Nel farlo si sistema una
ciocca di capelli e lo guarda dall’alto verso il basso, come al
solito, però mi accorgo che c’è qualcosa di strano questa volta.
-Emmett accomodati- chiudo la porta di casa con un bel respiro “spero che vada tutto bene” penso per rincuorarmi un po’.
Edward esce dalla cucina seguito da Sophie che si getta subito tra le braccia di Jen.
-Zia Jen, zia Jen! Vuoi vedere la mia nuova bambola? È un regalo di papà-
Papà si avvicina sorridente e allunga la mano verso le due ragazze che quasi esultano del vederlo entrare.
-Piacere, Edward, come mi ha fatto notare Sophie tu sei Jen e tu invece devi essere Rosalie-
-Ciao- dicono
entrambe imbarazzate nello stesso momento. Mi sfugge un singhiozzo nel
vano tentativo di trattenere una risata. Edward le guarda un po’
scettico e poi si mette a parlare con Emmett, mentre ed io mi avvicino
alle ragazze.
-Davvero? Sarà così la serata? No, ditemelo, perché rischio di affogare nelle mie risate -
Entrambe mi rivolgono un’occhiataccia e per tutta riposta le stringo forte in un abbraccio.
La serata,
cominciata in modo imbarazzante, non ci ha messo molto ad ingranare
verso la giusta direzione. Tutto questo grazie alla cena squisita di
Edward, al buon vino e alla compagnia giusta.
Abbiamo messo da parte ogni tipo di imbarazzo e ci siamo buttati in mille conversazioni, ridendo e scherzando.
-Mm Edward, se
gli spaghetti al pistacchio di Bronte erano favolosi questo risotto
radicchio, salsiccia, taleggio e noci è da leccarsi i baffi,
complimenti- Jen che è un’ottima cuoca, raramente si
lascia andare a complimenti così calorosi, e se lo fa vuol dire
che è sincera.
Edward si
imbarazza un po’, lo vedo chiaramente; ha cercato di fare tutto
in maniera perfetta anche per paura del giudizio di Jen.
-Grazie, sei molto gentile-
-Davvero amico, non ricordavo fossi così bravo a cucinare, e sì che abbiamo diviso la stessa stanza al College-
-Forse anche tu hai perso la memoria, amico.
Perché mi ricordo che mi alzavo per preparati dei sandwich
strepitosi alle due di notte, mentre te ne stavi tutto ingobbito chino
sulla scrivania a studiare-
-Hai ragione, l’avevo proprio dimenticato. Mi sa che sei contagioso!- entrambi scoppiano a ridere.
Jen e Rosalie
sono radiose, e anche io lo sono. Mi convinco sempre di più che
invitarli a cena sia stata un’ottima idea.
Mentre i
ragazzi continuano a parlare dei tempi del College, noi donne
cominciamo a sparecchiare per fare spazio al resto della cena.
Rosalie mi raggiunge in cucina e mi coglie di sorpresa abbracciandomi così forte da farmi mancare il respiro.
-Sono così felice Bella- dice con gli occhi lucidi.
-Lo so Rose, ed
io sono felice per te. Per entrambe- aggiungo quando Jen mette piede
nella stanza –so quanto è stato difficile per voi stragli
lontano, siete delle ottime amiche-
-Sei tu ad avere la nostra ammirazione Bella, non è vero Jen?-
-Certo,
zuccherino- la apostrofa quest’ultima con il grazioso nomignolo
che le ha affibbiato proprio per sottolineare il fatto che non lo
è per niente, uno zuccherino. Anche se ora potrei ricredermi.
Rose è una persona splendida, davvero. Durante il periodo in cui
Edward era ricoverato all’ospedale mi ha telefonata tutti i
giorni per avere informazioni, questa cosa ha fatto crescere il nostro
rapporto fino a farlo diventare una vera e propria amicizia, e da
quando si è trasferito qui le cose non sono cambiate. Ha questo
carattere un po’ forte, da dominatrice, ma ha anche dei momenti
così dolci che ti portano ad amarla. Proprio come sto facendo io
in questo momento.
-Grazie ragazze, sono così felice di avervi qui stasera-
-Oh anche Emmett è felice di averci qui, questa sera-
-Cosa?-
-Cosa?-
Io e Rose sembriamo due pappagalli –che vuoi dire?- aggiungo subito.
-Beh Emmett non ha tolto gli occhi di dosso a Rose nemmeno per un secondo da quando ci siamo messi a tavola-
-Ma smettila, non è vero. Bella non starla a sentire-
-È così invece. Bella non dirmi che non te ne sei accorta- Jen mi obbliga con lo sguardo a dirle di sì.
-Sì
è vero, me ne sono accorta anche io- confusa, le rivolgo una
domanda con gli occhi che più o meno recita così: Cosa diavolo stai combinando si può sapere?
Lei afferra e mi risponde a sua volta: Stai al gioco tontolona e non fare la guastafeste come al solito.
Alzo un sopracciglio per dirle Okay.
-Vedi? Non sto mentendo è la verità-
-Qualcuno può dirmi cosa sta succedendo?- chiedo bloccando sul nascere la risposta di Rose.
È Jen a rispondermi- Rose e Emmett sono usciti insieme-
-Davvero? Perché vengo a saperlo solo ora?-
-Perché è successo poche sere fa. Grazie tante Jen per non avermi dato il tempo di dirglielo personalmente-
-La tempistica non è il tuo forte zuccherino, ormai l’ho capito-
-Smettila di
chiamarmi così- urla spazientita- e poi non dire in questo modo,
la confondi solamente- aggiunge dopo aver visto il mio sguardo
interrogativo.
-Dovevo chiamarlo, per organizzare un’altra uscita. Ma non ne ho avuto il coraggio- chiarisce per la sottoscritta.
-Perché Rose? Non ti piace? Ha fatto qualcosa di sbagliato?-
-No. No, è stato carinissimo ed è per questo che non l’ho chiamato- dice torcendosi le dita delle mani.
-Non capisco,
perché non l’hai fatto?- le chiedo aggiungendo
un’altra tacca alla linea immaginaria dove sto segnando il mio
grado di confusione.
-Perché mi piace sul serio e non vorrei rovinare tutto-
-L’hai sentita? Io non ho parole- Jen è indignata.
-Jen smettila.
Rose perché questi problemi? Sei una ragazza bellissima e
intelligente, perché non ti fai avanti? Per quanto Emmett
sia… beh sappiamo com’è Emmett, penso che stareste
davvero bene insieme-
-Disse la donna
che ci ha messo quattro anni a capire di amare lo stesso uomo che
cercava di dimenticare a tutti i costi- mi apostrofa Jen.
-Sul serio come fai a sopportarla?- chiede Rose con un sorriso sulle labbra – io l’avrei uccisa da tempo-
-È che le voglio bene, e voglio bene anche a te. Fatti avanti Rose-
-Ah,
avete ragione- sospira appoggiandosi al bancone della cucina- è
che mi faccio prendere dai complessi per la storia con Mike. Jen?-
-Sì Rose?-
-Non aspettarmi
quando usciamo da qui, io torno a casa con un altro passaggio- oh,
adesso si che la riconosco. Riconosco il carattere forte e deciso che
la contraddistingue sempre.
Torniamo in salotto con il vassoio del Filetto di manzo al Cannonau di Sardegna, con fonduta di parmigiano e chips di Zucca.
-Di cosa parlate ragazzi?- chiede Jenn mentre ci accomodiamo di nuovo a tavola.
-Di donne, di cosa sennò?- le risponde Emmett e subito i miei occhi cercano quelli di Rose.
-E di chi in particolare?- mi intrometto io.
-Delle ragazze
che frequentavamo al College- mi risponde Edward- Emmett si è
infilato nel letto di tutte le ragazze della facoltà di
Economia-
-Chissà
perché non avevo dubbi- a parlare è Rose, che inarca le
sopracciglia e Emmett le fa l’occhiolino.
-Bella, non starlo ad ascoltare, era lui quello che tutte volevano. Ha fatto una vera e propria strage di cuori-
-Davvero?- chiedo stando al gioco; conosco già questa storia.
-Era un vero e proprio Don Giovanni il nostro Eddie-
-Poi chissà come mai ha messo la testa a posto- aggiunge Rose.
-Eh già-
gli fa eco Emmett – sei arrivata tu Bella e di colpo tutte le
altre donne sulla faccia della terra hanno cessato di esistere- tutte tranne una penso
all’istante mortificata, maledicendomi il secondo dopo. Di colpo
comincio ad agitarmi e a muovermi in maniera convulsa sulla sedia.
Edward sembra cogliere il mio disagio e mi chiede – cosa c’è?-
-Nulla. Nulla è tutto okay-
-Mm buona la fonduta al parmigiano!- esclama Jen di punto in bianco per cercare di portare l’attenzione su altro.
-Bella, scusami- Emmett è mortificato.
-Non è successo niente, davvero. Tranquillo-
-Ma cosa sta succedendo?- Edward è sempre più confuso.
-E le chips di
Zucca! Che invenzione!- i tentativi di Jen di cambiare argomento sono
adorabili e mi fanno sorridere allo stesso tempo. Questo sembra
tranquillizzare un po’ Edward che ora mi guarda meno accigliato.
-Beh? Mangiamo?
Non vorrei si freddasse del tutto- do man forte a Jen e mi tuffo
sul mio piatto cercando di ignorare gli sguardi interrogativi di Edward.
Non pensarci. Non pensarci. Non pensarci. Non pensarci. Non pensarci.
Mi ripeto come un mantra nella testa mentre mi impongo di masticare il più naturalmente possibile.
Edward mi
guarda per qualche altro secondo, ma poi sembra capire che non ho
voglia di parlarne e che comunque, non sarebbe il momento adatto.
Concludiamo la
serata con un ottimo Tiramisù. Le cose sembrano tornate alla
normalità: i ragazzi si mettono a giocare con Sophie, mentre noi
donne ci dedichiamo alla cucina.
Nessuno ha il
coraggio di tirare in ballo l’argomento, forse per non turbarmi,
forse perché non saprebbero cosa dire. Nemmeno io saprei cosa
dire.
La cucina
è tornata a brillare e proprio mentre stiamo per dirigerci in
salotto ad unirci agli altri, vedo Emmett con in braccio Sophie.
-Si è
addormentata- sussurra piano per non svegliarla, anche se nel momento
in cui finisce di parlare, la mia bambina si sveglia di colpo e allunga
le braccia verso di me.
-Mami-
-Amore vieni, ti porto a letto-
-No..- balbetta ancora mezza addormentata- voglio dormire con te-
-Sophie, lo sai come la penso- per tutta risposta si attacca ancora di più al collo e mi stringe forte.
-Va bene, ma solo per stasera-
-Bella, allora
noi andiamo. Grazie di tutto- Rose si avvicina e sfiora i capelli di
Sophie, Jen invece le lascia un bacetto sulla fronte ed Emmett mi
saluta mettendomi una mano sulla spalla.
-Non preoccuparti, li accompagno io- mi rassicura Edward incitandomi ad andare in camera e mettere a letto nostra figlia.
Una volta sola,
mi chiudo la porta alle spalle. Sono sicura che aspetterà che io
esca e torni di nuovo da lui, ma una voce dentro di me mi implora di
lasciare la porta chiusa e di rimanere dove sono.
L’idea di affrontare gli sguardi e le domande di Edward mi mette troppa paura.
Metto Sophie a
letto, per fortuna non devo preoccuparmi di andare a prendere il suo
pigiamino visto che lo ha indossato subito dopo mangiato, e la copro
con il piumone.
Dieci minuti dopo sono al suo fianco che la stringo forte al mio petto.
Cerco di
mettere a tacere i pensieri che mi vorticano nella testa, non voglio
passare una notte in bianco. Nella semioscurità della stanza
contemplo il visino dolce e tondo di Sophie mentre con una mano le
accarezzo i morbidi capelli.
Sembra
impossibile ma tutto d’un tratto sento addosso la pressione della
giornata, il respiro delicato e ritmato di Sophie mi concilia il sonno,
e mi lascio cadere tra le braccia di Morfeo senza neanche rendermene
conto.
Mi ridesto dopo
un po’, con una scia di brividi lungo il braccio e la certezza di
non essere più sole nella stanza. Dalla porta entra uno
spiraglio di luce e una mano mi accarezza il braccio; i brividi mi
solleticano di nuovo la pelle.
-Bella?- mi sussurra Edward all’orecchio facendomi svegliare del tutto.
-Stai male? – gli chiedo subito preoccupata.
-No, sto bene. Esci per favore?- non è una domanda, sembra quasi un ordine.
Mi alzo dal letto, mi accerto che Sophie dorma tranquilla e lo seguo nel salotto.
Ha indosso i
pantaloni azzurri del pigiama e una maglia grigia a maniche corte, in
un barlume di lucidità mi accorgo di trovarlo sexy da morire e
mi impongo di guardare altrove, di pensare ad altro. I miei occhi si
posano subito sull’orologio della parete che segna le 02:10.
-Siediti, vuoi startene li impalata per tutto il tempo?- si è seduto sul divano e ora mi invita a raggiungerlo.
-Cosa
c’è?- gli chiedo andandogli vicino. Il suo viso è
tirato e penso subito al peggio ma sento un tonfo sordo al cuore quando
inizia a parlare.
-Voglio saperlo-
Sarebbe inutile
replicare e chiedergli di cosa sta parlando, so benissimo di cosa sta
parlando. Tuttavia non avrei mai voluto sentirglielo dire. Potrei
suggerirgli di rimandare tutto a domani, che ora è tardi e che a
mente lucida sarebbe tutto più facile, ma continua a guardarmi
implorante e allora cedo.
-No, credimi, non lo vuoi davvero-
-Ne ho tutto il
diritto, Bella. Tu devi dirmelo- si porta le mani nei capelli- non
riuscivo a chiudere occhio, mi rigiravo nel letto pensando alla
reazione che hai avuto prima. So che è tutto collegato, non
mentirmi-
È vero,
lui ha tutto il diritto di sapere la verità ed io sono
l’unica a dovergliela dire. Se mi sta chiedendo di essere sincera
significa che ha valutato tutti i pro e i contro, che ora si sente
pronto a saperlo, ma perché mi sento come se mi stessero
chiedendo di strapparmi il cuore e vivere senza?
Non riuscirei a
guardarlo, non riuscirei a sopportare il suo sguardo una volta saputa
la verità. Perciò abbasso gli occhi, perché non so
cos’altro fare.
-Cosa vuoi sapere?- la mia voce è un filo sottilissimo che si spezza in più punti.
-La verità, perché ci siamo lasciati? È stata colpa mia?-
Deglutisco a
fatica visto il masso che mi si è piantato in mezzo alla gola
– sarebbe facile dirti il motivo principale, ma non sarebbe
corretto. Devi sapere l’intera storia-
-Sono tutto orecchi- mi prende le mani nelle sue, le stringe forte, tanto forte. Un gesto che mi invita a continuare.
-Dopo qualche
giorno dalla nascita di Sophie il mio umore non è stato
più lo stesso- mi fermo un secondo per respirare e andare avanti
con più calma.
- Mi sentivo
spossata, priva di stimoli, volevo passare le giornate a poltrire nel
letto piuttosto che dedicarmi a lei. Quella sensazione di
felicità allo stato puro che avevo provato all’inizio
improvvisamente sembrava essere scomparsa, lasciando spazio ai pensieri
più cupi. Mi sentivo come sospesa in un limbo che mi impediva di
vivere la maternità come speravo. Ero caduta in depressione
Edward. La classica depressione Post Partum. Per fortuna con
l’aiuto di una terapista e con i farmaci giusti sono riuscita ad
uscirne- mi asciugo un lacrima solitaria che scende sulla mia guancia
gelata. Lui ha continuato a fissarmi per tutto il tempo e sembra che il
dolore che ho provato io lo stia provando lui ora.
-Mi dispiace così tanto- torna a prendermi le mani.
-Non
preoccuparti, è acqua passata ormai. Ora guardo Sophie e penso
che è stato un brutto incubo, che non è mai accaduto,
perché la amo con tutta me stessa ed è questa
l’unica spiegazione che sono in grado di darmi-
Annuisce e resta in attesa che io continui.
Vorrei mordermi la lingua a sangue piuttosto che continua a parlare, soprattutto visto che ora entriamo nel vivo della storia.
-Prima che io
superassi tutto però, è successo qualcosa che ha rovinato
inesorabilmente il nostro rapporto. Io non ero più una madre, ma
non ero nemmeno più una moglie. Il nostro matrimonio stava
andando a rotoli e nessuno dei due sembrava essere in grado di fare
niente. Aspettavamo entrambi che le cose si risolvessero da sole e
intanto soffrivamo. Tu hai provato più volte ad avvicinarti, ma
ero io a non volerti al mio fianco. Mi sentivo un decimo della persona
che ero, della persona di cui ti eri innamorato e purtroppo ad andarci
di mezzo è stata la nostra armonia. Mi sono allontanata, in
tutti i sensi. Non dormivamo più insieme, non facevamo
l’amore da un sacco di mesi, non facevamo più niente
insieme. E tu questo non lo sopportavi. Eri stressato, scontroso, anche
per il nuovo lavoro. Ti eri appena buttato in questa impresa lavorativa
con Mike che assorbiva tutto il tuo tempo, ed io mi sentivo trascurata.
Così, un giorno, ti ho detto che non ce la facevo più e
che volevo andarmene di casa. Sarei andata a stare con mio padre e
avrei cercato di rimettermi in sesto. Quella mattina non ti ho dato
altra scelta, se non quella di accettare le mie condizioni, ma sei
andato via con la speranza di riuscire a farmi cambiare idea-
-E ci sono riuscito? A quanto pare no, visto che ci siamo lasciati lo stesso-
-È più complicato di così…-
-Più complicato di così? Dimmi cos’è successo allora?-
Prendo un bel
respiro e vorrei cavarmi le corde vocali con una forchetta piuttosto
che diglielo. Vorrei che il batticuore che sento nel petto non fosse
così insistente.
-Tu… tu,
mi hai tradita. Hai fatto sesso con un’altra donna- la
scarica di adrenalina che mi pervade il corpo mi lascia quasi senza
fiato. Sul suo viso vedo una miriade di emozioni sovrapporsi
l’una sull’altra, le rughe della fronte si distendono
all’istante e i suoi occhi diventano vacui. Mi guarda quasi
scioccato.
-Io…
davvero… davvero?- libera le mie mani di colpo come se si fosse
appena scottato, questo gesto mi fa male e non me l’aspettavo.
Eppure, non
aspetto che si riprenda, non aspetto che si allontani da me. Torno a
stringergliele con forza e lo costringo a guardarmi.
-Ei, è
successo tanto tempo fa e pensarci non mi fa più male come
prima. Devi sapere che quello che hai fatto è successo in parte
per colpa mia-
-Cosa? No! Non
sono tanto stupido, dici così solo per non farmi stare male. Non
hai già sofferto abbastanza? In che modo, mi avresti spinto a
fare sesso con un’altra donna? Sono un uomo e se non avessi
voluto non sarei riuscito ad arrivare fino in fondo, avrei potuto
fermarmi!-
-Tu… tu
eri ubriaco, me lo hai detto tu stesso. Credevi che ti avessi lasciato
e pensavi che la tua vita fosse distrutta. Pensai che avessi fatto i
bagagli e fossi andata a vivere da mio padre e sei venuto a casa a
cercarmi. Io non ero andata via, o meglio, in qualche modo ero
rinsavita e avevo deciso di tornare. Volevo combattere per noi e quando
sei venuto qui e mi hai trovato ad aspettarti, mi hai confessato tutto.
Non riuscivi a tenertelo dentro un minuto di più-
-Chi era lei? La amavo?-
-No, non la
amavi- stranamente, dirlo, mi da sollievo- era la tua segretaria,
è successo nel tuo ufficio. Lei è… lei è
una maledetta stronza. Ci ha provato con te quel giorno, sapeva che eri
vulnerabile, che avevi bevuto e allora ne ha approfittato-
-Mi stai giustificando?- sembra incredibile ma lo sto facendo davvero. Cosa mi sta succedendo?
-No, non posso
giustificarti – ripeto più a me stessa che a lui - mi hai
tradita e io mi sono sentita davvero lacerata dal dolore. Ero
devastata. Ti sto solo raccontando come sono andate le cose-
-Dunque…- riprende dopo qualche minuto - è per questo che ci siamo lasciati?-
-Sì- un’unica sillaba che racchiude in se tutta la mia disperazione.
Ho paura della
sua reazione. Fino ad ora abbiamo avuto uno splendido rapporto, ora ho
paura che la verità su quanto successo quattro anni fa possa
rovinare tutto il percorso che abbiamo costruito insieme, mattone dopo
mattone, e non lo sopporterei.
-Non voglio che
le cose cambino tra noi- mi ritrovo a dirgli sincera e in preda al
terrore– non voglio che questo cambi il modo che hai di
comportarti con me. Ti stai riprendendo così bene, per favore
non lasciarti condizionare da qualcosa che è successa tanto
tempo fa-
-Cosa?- allunga le braccia verso di me e mi stringe forte, deve essersi accorto che ho cominciato a tremare come una foglia.
-No. Bella, no.
Non ho nessuna intenzione di cambiare- mi culla la testa sulla spalla
mentre con l’altra mano mi accarezza i capelli.
-Meno male-
stringo forte la sua maglietta, quasi ad impedirgli di fuggire via
– sono così felice di sentirtelo dire-
-Bella?
Ei… è tutto a posto- sembra strano che ora sia lui a
dover consolare me. Contrariamente a quello che ha detto, ho paura di
perderlo, di vederlo andare via, di nuovo.
Mi tiro su, ma commetto il grave errore di guardare le sue labbra, che sono a meno di cinque centimetri dalle mie.
In un assalto di schizofrenia acuta, mi butto famelica sulla sua bocca, su quei petali di rosa che non assaggio da mesi.
La mia reazione
è uguale a quella di un assetato nel deserto che ritrova dopo
tanto tempo la sua fonte di sostentamento, e ne voglio sempre di
più. Inizialmente me ne infischio bellamente della risposta di
Edward, ma poi mi accorgo che in realtà non sta muovendo nemmeno
un muscolo: è fermo, immobile come una statua e mi guarda
stupito.
-Scusa- mi tiro indietro mentre nel petto sento una fitta di reprensione.
Cosa ho fatto?
Sto per alzarmi
e scappare nella mia camera da letto per sotterrarmi sotto le coperte,
con l’intenzione di rimanerci un diecina d’anni più
o meno, che mi prende per il braccio e mi avvicina di nuovo al suo
viso.
Quello che
succede dopo è un misto tra fantasia e realtà. La
fantasia è la mia ovviamente. Ho sognato che mi baciasse in
questo modo sin da quando ha aperto gli occhi all’ospedale un
mese fa e ora sta succedendo davvero. Ma la realtà è
anche meglio.
Mi preme la
mano alla base del collo e mi spinge sempre di più contro la sua
bocca. Il suo sapore mi investe come un cazzotto in pieno volto.
Quanto mi è mancato.
Il mio cuore batte impazzito, ho l’impressione che lui possa sentirlo.
Gli accarezzo i capelli e li stringo forse tra le dita mentre mi metto a cavalcioni sulle sue ginocchia.
Ci baciamo come se fosse la prima volta, come se non l’avessimo mai fatto prima…
Un momento! Ma noi non l’abbiamo mai fatto prima!
Per
l’Edward post - incidente, questo è davvero il nostro
primo bacio. Stranamente questo mi fa emozionare ancora di più.
Mi stacco lentamente per poter respirare, rischio di morire per asfissia se continuiamo così.
-Edward…-
Torna a
baciarmi di nuovo con urgenza, proprio come successe la prima volta che
ci baciammo sei anni fa. All’epoca, facemmo le cose con relativa
calma. Lui mi diede tutto il tempo necessario per capire cosa volevo,
ora sembra chiaro quello che vogliamo entrambi, ma se dopo
cambiasse idea? Se si rendesse conto che abbiamo fatto un errore e se
ne andasse davvero? Non voglio che sia Sophie a pagare le conseguenze
della mia lascivia.
Uno dei due deve ritrovare il lume della ragione!
Metto le mani sul suo petto e lo allontano un poco, quel tanto che basta per guardarlo negli occhi.
-Aspetta. È successo tutto così in fretta-
-Te ne sei pentita?- mi chiede accarezzandomi i capelli. Si avvicina e deposita un bacio nell’incavo del collo.
Mi fa venire i brividi e la voglia di lasciarmi andare è tanta.
-No, certo che no. Ma non abbiamo fretta, non trovi? Sei qui, non vai da nessuna parte e nemmeno io-
Gli prendo le mani e le incrocio alle mie, me le porto alle labbra e le bacio.
Mi perdo a esaminare il suo viso bellissimo. Gli occhi verdi come i prati d’Irlanda mi scrutano attentamente.
-Hai ragione- dice sospirando – mi sono lasciato prendere dalla situazione-
Guardo
sconsolata l’orologio e vedo che è passata quasi
un’ora da quando è venuto a chiamarmi. Non vorrei
lasciarlo andare, non vorrei separarmi da lui, non vorrei mettere a
tacere la voglia che ho di lui, è davvero difficile, ma devo
farlo.
-Ti chiederei troppo se ti invitassi nel mio letto stanotte?-
Sicuramente
sarà per via della mia faccia, è sempre stato bravissimo
a leggermi dentro, tuttavia non immaginavo che arrivasse a comprendere
la mia battaglia interiore.
-Solo per dormire- specifica, dato che sono rimasta impalata a guardarlo come un pesce lesso.
-Credo che questo possa farlo- gli rispondo con sincerità, è il massimo che posso concedermi stanotte.
Si alza dal
divano tenendomi ancora per mano. Ci dirigiamo verso la mia stanza per
controllare Sophie. Lei dorme beata ignara del tumulto interiore che
sta scuotendo la sua mamma.
Poi, mano nella mano all’amore della mia vita, mi lascio trascinare verso la porta accanto alla mia…
Allora, prima di tutto volevo dirvi GRAZIE per le bellissime recensioni all'ultimo capitolo, non me lo aspettavo proprio. ^_^
La scorsa volta vi ho scritto che mancavano quattro capitoli più l’epilogo, ma forse ce ne sarà uno in meno.
Spero che le scene finali di questo capitolo vi siamo piaciute e che soprattutto siano state chiare.
La
storia va spedita è vero, ma non volevo accelerare i tempi. Per
questo spero che si capisca perché Bella lo ha fermato.
Avrebbero potuto fare sesso ora, e magari lui non si sarebbe nemmeno
pentito dopo, però in fin dei conti loro si conoscono da un
mese. E questo è stato il loro primo bacio, mi sembrava troppo
avventato farli finire a letto insieme, se lei non è sicura di
quello che lui prova per lei e viceversa.
Alla prossima ;)
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