Del colore dell'ametista

di Nyssa
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La stazione di Londra era affollata come tutti i giorni

Ciao a tutti e bentornati!

O meglio, bentornata a me perché sono io che sono stata assente per un po’ e non voi…

Comunque sia, praticamente terminata la stagione degli esami, ho deciso di rimettermi a pubblicare perché ho scoperto che è tremendamente difficile passare il tempo senza scrivere e, soprattutto, senza avere la pressante scadenza del capitolo da postare, evidentemente ho dei preoccupanti sintomi di masochismo acuto.

 

Come promesso in tutte le salse e in ogni fic, ho finalmente dato il via ad una nuova storia, anche se nuova è per modo di dire visto che si tratta del sequel delle famose (spero) Relazioni Pericolose che avevo finito quest’inverno.

Protagonista della vicenda è la nuova generazione di Hogwarts composta dai figli dei personaggi che avevano popolato la mia prima storia. E ovviamente ritroveremo tutti quelli passati, dal primo all’ultimo con qualche new entry.

Mi auguro davvero che questa storia vi piaccia e vi ringrazio per avermi spronata a cominciarla, non credo che da sola avrei avuto sufficiente coraggio per postarla visto che, in genere, non sono una a cui piace fare i seguiti, ma in questo caso ci stava, ci sarebbero ancora un paio di misteri che è il caso di svelare e che avevo deliberatamente lasciato in sospeso.

 

A questo punto, dopo una lunghissima prefazione, vi lascio al primo capitolo, il “Prologo”, ricordandovi che questo è solo l’inizio e che la storia vera e propria, dal prossimo aggiornamento, si sposterà di sei anni avanti.

Buona lettura a tutti e, mi raccomando, lasciatemi un commentino! Ogni cosa è ben gradita ^_^

 

Nyssa

 

Del colore dell’ametista

 

La stazione di Londra era affollata come tutti i giorni.

Passeggeri che andavano e venivano si accalcavano sulle lunghe pensiline creando una cacofonia stridente con l’armonia delle forme che avevano dato vita a quel prodigio architettonico un po’ in stile liberty, un po’ in stile art déco.

Lingue di tutto il mondo erano riconoscibili in capannelli di viaggiatori appartati per discutere, nei gruppetti di turisti con lo zaino in spalla e le scarpe da ginnastica, tra gli uomini d’affari che si apprestavano a salire sulla prima classe di qualche lussuoso treno.

I colori potevano facilmente formare la tavolozza disordinata di qualche pittore impressionista, così come le scene che si sarebbero potute dipingere con una macchia di colore: una valigia, un’altra per l’elegante cappello di una signora e l’ultima per la lucidissima locomotiva del treno in partenza.

L’altoparlante emetteva a getto continuo informazioni in varie lingue sui convogli in partenza dal binario 17, 15, 3 e altri, invitando i passeggeri ad affrettarsi e a non sostare nell’apposita zona gialla vicino ai binari.

I capotreno, nella consueta divisa rossa e nera, si muovevano come attori d’esperienza su di un palcoscenico multietnico, sventolando ora una bandierina ora un cartellino, dispensando informazioni ai passanti, chiacchierando o fumando una sigaretta sotto la cupola di vetro che sovrastava la grande hall.

I venditori ambulanti percorrevano con i loro carretti colmi di cibarie i marciapiedi e urlavano le prelibatezze da acquistare; qualche inventore pazzo aveva messo a disposizione degli avventori strampalate forme a due ruote più manubrio che si muovevano rapide tra la gente come monopattini.

 

Harry Potter ne scansò uno per miracolo prima che investisse il carico di bagagli che stava spingendo come un facchino lungo il binario 9 guardandosi attorno.

Inveì mentalmente ricordandosi di non dire parolacce di fronte alla sua prole e si voltò a guardarla: cinque bambini di età assortita lo seguivano come gli anatroccoli seguono la loro mamma, i carrelli di uno legati a quello del seguente nel vano tentativo di non perdere pezzi per strada; Ginny, in fondo alla fila e con l’ultima nata per mano, gli sorrise solidale, comprendendo quanto doveva essere complicato per lui fare il serio capofamiglia, Harry annuì e proseguì con stoica invidiabilità.

 

Di fronte a lui si prospettò il muro che separava il binario 10 dal 9 e fu come se il tempo cominciasse a scorrere a ritroso, ricordandogli i sette anni che anche lui, come i suoi figli, aveva attraversato quel pilone con un misto di timore e orgoglio, un anno lui e Ron ci erano pure andati a sbattere contro. Oltre si apriva il meraviglioso mondo magico.

La prima volta che vi aveva messo piede era stato con Ron, anche quella volta, e nessuno sapeva ancora chi fosse o cosa succedesse dall’altra parte, Hagrid aveva pensato bene di tagliare la corda prima di spiegargli come raggiungere l’Hogwarts Express e così era stato costretto a chiedere informazioni alla mamma di Ronald.

A quel tempo era il suo primo anno e Ginny, invece, doveva ancora cominciare la scuola, ricordava che gli aveva augurato “buona fortuna”, due parole che, lì per lì, non si era neppure accorto di aver sentito, ma che erano tornate con i ricordi di allora come, forse, un piccolo segno del destino.

Adesso toccava ai suoi figli attraversare per la prima volta quel varco e, senza dubbio, l’avrebbero fatto con un timore decisamente diverso dal suo: non c’erano pericoli oltre e neppure a Hogwarts, non avevano necessità di lasciare una famiglia e una vita di maltrattamenti e, senza dubbio, avevano più dimestichezza col mondo magico di quanto l’avesse avuta lui.

Prese un profondo respiro, come faceva sempre in onore dei vecchi tempi, e tirò la carovana oltre la barriera di mattoni rossi.

 

Quando riaprì gli occhi il meraviglioso binario 9 e ¾ si apriva di fronte a lui in tutto il suo splendore, illuminato dalla luce del mattino e dai grossi lampadari appesi sopra le loro teste.

L’antico treno a vapore nero e rosso con lo stemma della scuola dipinto sulla locomotiva stazionava sui binari, inondando l’aria di candido fumo e rendendo l’atmosfera magica, esattamente com’era.

Il carrello di sua figlia andò a collidere violentemente con il suo polpaccio, si morse le labbra e cercò di contare fino a cento prima di esplodere in una qualche imprecazione scelta a caso tra il repertorio che aveva collezionato proprio a Hogwarts.

Si voltò per dire alla sua primogenita di fare attenzione e la trovò a battibeccare con un rosso di sua conoscenza

-          Mi hai fatto male, Jeff! – stava protestando la piccola Potter rossa come un pomodoro

-          Dai, Scricciolo, non sei contenta di rivedermi? – stava invece chiedendo quello che, senza ombra di dubbio, era il primogenito di Ronald Weasley e Pansy (ex)Parkinson

Jeffrey dimenticò momentaneamente la cugina per stringere amichevolmente la mano a Jack, l’altro figlio di Harry.

L’ormai ex bambino sopravvissuto scrollò sconsolato la testa a vedere quella scena quotidiana, i gemelli veri e i gemelli finti.

Chi erano i gemelli veri e i gemelli finti?

Beh, i “gemelli veri” erano i suoi figli, Jacob ed Hestia Potter, mentre i “gemelli finti” erano Jacob e Jeffrey.

Era una dicitura che aveva inventato Ginny quando i bambini avevano cominciato a diventare amici e i due maschietti avevano dimostrato di avere molti più punti in comune di quanto ne avessero i due Potter.

Alla fine, Jack e Hestia si assomigliavano solo esteriormente, entrambi con i suoi capelli scuri e gli occhi verdi, ciascuno, però, aveva ereditato il carattere di uno dei genitori, quindi, se Jack gli assomigliava come se fosse suo fratello, Hestia era la copia sputata di sua madre quando aveva la sua età.

In compenso, nulla si poteva ancora dire degli altri tre marmocchi che seguivano i fratelli maggiori al loro primo ingresso a scuola: Tristan, William e Grace.

I tre non erano ancora né carne né pesce e non si sapeva che cosa sarebbero diventati in futuro, Grace, poi, aveva solo tre anni.

 

Sbucando a stento dalla calca, il padre di Jeff andò ad abbracciare quello che era ancora il suo migliore amico, non senza che la scena di amicizia non venisse interrotta da due bambini che gli tiravano i pantaloni chiedendogli dove fosse la mamma e cosa facesse la mamma e anche perché la mamma…

Rinunciando a chiedere a Harry le novità, come se non si fossero visti solo il giorno prima, si guardò intorno, riconoscendo il caschetto nero sbarazzino di Pansy e chiamandola a gran voce, occupandosi poi delle due piccole pesti che erano i suoi ultimi nati.

Pansy arrivò e li prese entrambi per mano, salutando Ginny e guardando suo figlio che stava casualmente litigando con Hestia, addio tranquillità!

-          Dove eri finita? – gli chiese Ron scostandola appena in tempo da uno studente impazzito che guidava il suo portabagagli come se si trovasse a Indianapolis

-          C’erano Neville e Daphne là dietro, un giornalista li stava intervistando – spiegò la mora voltando la testa, non sufficientemente coraggiosa da mollare di nuovo la presa su uno dei suoi figli che, con ogni probabilità, avrebbe fatto in tempo a ritrovarsi in Cina mentre spostava appena lo sguardo.

-          Ci sono anche loro? – domandò il marito

-          Credo che la seconda cominci la scuola quest’anno – spiegò Harry che, giusto la sera precedente, si era dovuto sorbire la lista dei nuovi studenti che sua moglie aveva stilato

-          Infatti! – intervenne la mora – Karen ha compiuto undici anni e inizierà assieme ai nostri

-          Ma non ne avevano già una? – s’intromise Ron

-          Guarda che Ciel ha cominciato l’anno scorso – fece notare severa la ex Slytherin tirando una gomitata significativa al marito

-          Già

Una voce attirò l’attenzione del gruppetto e Paciock con la sua sposa casualmente incinta si presentarono al gruppo sfoggiando un raggiante sorriso.

Neville era quello che veniva chiamato “Ministro della magia” e quello era il motivo per cui la gente si scostava al suo passaggio e lo guardava strano e i giornalisti avrebbero voluto rapirlo e metterlo sotto interrogatorio.

L’aria un po’ paffuta di un tempo non era cambiata, neppure come l’aspetto leggermente infantile del viso, in compenso il bellissimo gessato grigio concorreva efficacemente a dargli quell’aria dignitosa di cui necessitava un personaggio del suo calibro.

Daphne invece era una signora bellissima, i capelli biondi erano ora raccolti in una coda, ma più spesso, alle feste del Ministero, fermati sul capo.

Al momento aveva messo al mondo sei figli, o meglio, sei figlie, tutte femmine, e sembrava non aver intenzione di smettere.

-          Hai visto Hermione? – le chiese Ginny

La bionda annuì e indicò una delle carrozze

-          Probabilmente sta salutando Leonard prima di lasciar partire la piccola – le tre mamme annuirono, sapendo cosa significava doversi liberare di uno dei propri “pulcini”.

-          Forse è meglio che la raggiungiamo noi – propose Harry avviandosi al treno

Passo dopo passo persone, bauli, carrelli e animali urlanti vennero spostati, non senza una notevole difficoltà da parte dei rispettivi proprietari e il sempre meno ferreo autocontrollo di Potter rischiava davvero di volarsene via in un battito d’ali.

 

Come precisato da Daphne, la ex brillante Grifondoro era accanto al treno e stava sorridendo solare a quello che era il suo primogenito, Leonard.

Quello stesso Leonard che era arrivato un po’ troppo presto quando stava ancora frequentando l’ultimo anno di scuola e che assomigliava un po’ troppo a Malfoy.

Tra tutta la uova generazione, era senz’altro quello che aveva subito di meno il passaggio da casa a scuola, anche perché lui Hogwarts la conosceva già da prima di venire al mondo.

Ovviamente era stata tutta colpa di Malfoy, come al solito.

In compenso, il suddetto, se ne stava accanto alla moglie con la solita aria strafottente stampata sul viso, la mano incrociata a quella che una volta si chiamava “Granger”, privilegio che aveva ormai perso da più di una decina d’anni.

 

Gli occhi dorati di Leonard, identici a quelli della mamma, si alzarono mentre saliva la scaletta del vagone e scorsero la marmaglia che si avvicinava con sguardi luccicanti: papà non ne sarebbe stato felice.

Parlò alla ex Gryffindor e le indicò il gruppetto, sua madre esultò e la felicità era perfettamente riconoscibile tra le iridi, suo padre, invece, probabilmente avrebbe voluto potersi smaterializzare e tornare a casa prima di incontrare il resto della “plebe”.

Troppo tardi perché Potty aveva alzato la mano attirando l’attenzione della sua migliore amica, lasciandosi in un abbraccio felice. Draco si premurò di incenerirlo con lo sguardo per la troppa confidenza che si prendeva con sua moglie e si rifiutò di lasciarle la mano.

-          Hai finito? – gli domandò quando, finalmente, le braccia si allontanarono dalle spalle della donna

Harry sollevò gli occhi, come se la cosa non si ripetesse ogni volta che si incontravano, comportamento curioso visto che le loro due sezioni di Auror lavoravano spesso a stretto contatto.

-          Leonard, vieni a salutare lo zio Harry! – urlò Hermione al figlio che stava già per scomparire oltre la porta d’ingresso

Il ragazzo, ormai al secondo anno, confabulò con uno dei suoi compagni e scese nuovamente, andando a piazzarsi accanto al padre e sfoggiando un affascinante sorriso, falso quanto quelli che era costretto a fargli anche Draco quando andavano a trovarlo.

La cravatta verde e argento, simbolo distintivo dei Serpeverde, risaltava sul nero della divisa, un poco allentata sulla camicia bianca.

Se qualcuno aveva detto che non si poteva migliorare Draco Malfoy, ebbene, non aveva mai conosciuto Leonard.

Peccato solo che dal padre, oltre ad una consistente dose di bell’aspetto, avesse ereditato il proverbiale carattere di merda.

I capelli erano biondi dell’esatto colore del grano, più scuri di quelli di suo padre, e gli occhi dorati, il corpo longilineo era perfettamente vestito dal nero degli abiti della divisa che, addosso a lui, parevano usciti dalla più prestigiosa maison di Diagon Alley.

-          Zio Harry – disse l’oggetto de suo esame con un tono assai discutibile

Lo zio in questione comprese quanto dovesse aborrire quell’inesistente parentela e si accontentò di quelle due parole stringate.

-          Quale dei tuoi figli parte, quest’anno? – chiese Ron alla sua amica

-          La seconda – puntualizzò Hermione orgogliosa come ogni mamma – vieni Gardis, saluta gli zii

Una bambina di undici anni dai capelli dello stesso colore di Draco Malfoy sbucò da dietro la gonna della madre e si posizionò tra i due genitori.

La guardò: inconfondibilmente Malfoy, il suo viso era tutto un programma e, per sottolineare la cosa, le sopracciglia della ragazzina si sollevarono in un gesto fin troppo famoso ereditato da uno a caso dei suoi genitori.

Harry si sentì un tantino insignificante sotto quello sguardo che percorreva ad uno ad uno tutti i presenti, catalogandoli come si fa con una collezione di farfalle in disordine; già, perché se era l’espressione a incutere timore, i suoi occhi stavano addirittura terrorizzando qualcuno.

Gli occhi… uno dorato, quello di sinistra, che brillava come l’ambra sotto il sole, e uno argentato, quello di destra, che lanciava bagliori come un cristallo.

E lei pareva perfettamente a suo agio in quella sua piccola diversità.

 

Harry deglutì.

Nonostante la conoscesse praticamente da quando era nata, ogni volta guardarla negli occhi si era rivelata un’impresa piuttosto complessa, soprattutto perché l’aria di superiorità che era stampata tra i lineamenti fini riusciva a distruggere la fiducia in se stesso che, in genere, una persona adulta possiede.

-          Ciao – disse lei come se lo sconcerto di tutta quella gente la divertisse, non c’era trasporto nella sua voce, ormai troppo avvezza a scene analoghe.

Da dietro il cumulo di valigie dei Paciock comparve una testolina coi capelli color del miele e gli occhi celesti, sorrise al riconoscere la sua amica, casualmente al centro della scena

-          Gardis! – urlò lanciandosi in avanti e abbracciandola

-          Karen!

Le due si strinsero in un abbraccio e mostrarono l’un l’altra un braccialetto con tre pendagli: una luna, una stella e una saetta

-          Dov’è Hestia? – chiese Gardis sollevando gli occhi su Harry Potter

Meccanicamente il bambino sopravvissuto allungò un braccio fino ad indicare sua moglie che si scostò rivelando la figlia intenta a litigare con Jeff Weasley.

Accorgendosi improvvisamente del varco che si era creato verso di lei, la ragazza dimenticò momentaneamente gli insulti del rosso e si guardò attorno senza capire: in fondo al piccolo corridoio di persone stavano altre due ragazze della sua età, la più alta sfoggiava la classica espressione di chi la sa lunga sulla questione e quel siparietto l’aveva già visto almeno un migliaio di volte, l’altra, invece, era semplicemente contenta.

Gardis e Karen.

Fece per correre incontro alle due quando Jeff la fermò per un polso

-          Non dimentichi qualcosa? – le chiese il cugino sventolandole davanti al naso una sottile catenella con tre ciondoli; la bocca di lei si allargò per mandarlo a quel paese, ma poi decise semplicemente di strappargli dalle mani il monile e corse con quello verso le sue amiche mentre Jack affiancava finalmente Jeff e i due ridevano insieme della stupidità un po’ congenita dell’altra sorella.

 

Hermione controllò l’ora sull’orologio da polso e poi il treno che sbuffava

-          Sarà il caso che vi sbrighiate o non troverete più di posto – informò

Sua figlia annuì, la donna si abbassò piegando le ginocchia e aspettò che Gardis le desse un bacio, poi, cercando di non ridere troppo dell’espressione schifata dell’altro figlio, posò un bacio sulla fronte e pregò che non combinasse qualche pasticcio.

Tirando le altre due ragazze per le maniche dei rispettivi vestiti, l’ultimogenita dei Malfoy cominciò a salire la scaletta per andare ad accaparrarsi uno scompartimento.

-          Tu aspetta – disse Draco serissimo acciuffando il figlio per il bordo della camicia che sbucava dal mantello nero

Leonard chiuse un occhio e aspettò; Draco si abbassò finché le labbra non furono all’altezza dell’altra orecchia

-          Se le succede qualcosa poi facciamo i conti, chiaro? – lo informò dandogli poi una pacca sulla schiena e rimandandolo per la sua strada: non c’era bisogno di risposta, era semplicemente un ordine.

Hermione scosse la testa, come se la loro piccola Gardis non sapesse sufficientemente badare a se stessa…

Jeff e Jack seguirono le ragazze e, l’attimo dopo, la porta si chiuse dietro le loro spalle.

Maghi e streghe si allontanarono dal vagone aspettando che partisse, Hogwarts sarebbe stata una grandissima avventura anche per i loro figli, per quanto li riguardava, loro si erano divertiti molto e, forse, ci sarebbero quasi ritornati volentieri.

-          Vieni Malfoy, brindiamo ai figli che partono per la Scuola – inneggiò Potter

-          Ma non ce l’hai mai qualcos’altro da fare che scassare le palle? – lo informò il biondo che nel tempo non aveva perso il consueto modo di fare e, ormai, non doveva più trattenersi di fronte ai suoi bambini

-          E tu non ce l’hai un maledetto giorno con la luna dritta, stupida serpe?

Hermione avrebbe giurato che quei due si divertissero ad insultarsi e non osava pensare alle parole che dovevano lanciarsi quando erano al lavoro, incontrandosi almeno una mezza dozzina di volte per i corridoi del Ministero, ancora un po’ e avrebbe quasi potuto affermare che suo marito la tradisse con il suo migliore amico.

E a proposito di migliori amici, che fine aveva fatto Blaise?

-          Draco, Zabini che fine ha fatto? – chiese lei guardandosi intorno e indicando la folla che sciamava verso l’uscita

-          Andrà a salutarli a Hogwarts alla prima occasione, l’hanno trattenuto in Francia più a lungo del previsto – rispose con un’alzata di spalle il marito

-          Bene, allora brindiamo anche a Blaise e alle sue sottane! – gridò Harry, contento

-          Se è come quello che mi hai offerto a scuola l’ultimo anno, preferisco bere uno degli schifosissimi intrugli di Piton

-          Ancora grazie che sono stato gentile, quella volta – si lamentò Potty

E tutti insieme si diressero verso uno dei molti pub della strada dei maghi.

 

*          *          *

 

Gardis si sedette in uno degli scompartimenti ancora liberi e appoggiò la borsa accanto a sé, guardando la città che scompariva veloce oltre il finestrino con le sue case e i suoi palazzi, i grattacieli della City, i parchi verdi, i quartieri alla moda e quelli signorili, le casette allineate con il giardinetto curato, sempre più rade finché fuori non si riconobbe che una distesa verde di prati e campi.

-          Hai rischiato di nuovo di perdere il braccialetto, eh? – chiese all’amica che era seduta sul sedile di fronte a lei, Hestia fece sbucare la lingua dalle belle labbra

-          Non lo faccio apposta – protestò – ma la chiusura si slaccia sempre e mi cade

Beata pazienza…

Quel braccialetto aveva un significato particolare, c’era un simbolo per ciascuna di loro: avevano deciso di scegliere una metafora di ciascuna e portare quel piccolo segno di amicizia sempre con loro; Hestia non lo dimenticava di proposito, ma era un po’ distratta e loro questo lo sapevano, perciò la perdonavano ogni volta.

Il suo simbolo era la saetta, come la cicatrice che suo padre aveva ancora sulla fronte, un po’ coperta dai capelli, ormai, ma che aveva suscitato l’ammirazione e lo sconcerto del mondo magico, ai tempi dei tempi.

Karen era la stella, piccola e brillante come quell’astro nel cielo.

E lei era la falce di luna, perché? Beh, era un piccolo segreto…

 

Una testa con capelli scuri sparati in ogni direzione s’insinuò nel vano della porta, subito seguita da una altrettanto disordinata di ciuffi rossi

-          Possiamo stare con voi? – chiese il primo – il treno è tutto pieno

Hestia annuì, come se dire di sì le costasse un grande sacrificio, più che altro per il gemello di suo fratello che per Jack in particolare.

-          Avete visto Leonard da qualche parte? – s’informò la piccola Malfoy, chiedendosi dove fosse finito

-          È in cima al treno assieme a Lillis e a sua cugina

Lillis Weasley era la figlia di Charlie Weasley e Morgana Zabini, quindi parente sia dei Potter che dei Weasley, mentre la “cugina” era quella che tutti scambiavano per sua sorella, ovvero Blaze Landor, entrambe di Serpeverde.

Le rispettive mamme erano gemelle e, chissà come, per qualche strampalata minestra genetica, le due figlie erano risultate decisamente più simili di quanto avrebbe concesso loro qualche formula statistica, riuscendo perfino a nascondere i proverbiali capelli rossi dei Weasley che Lillis, a tutti gli effetti, non aveva.

Con ogni probabilità era la prima e l’ultima di quella famiglia, in compenso nessuno l’aveva salvata dal portare orgogliosa un paio di occhi azzurri di tutto rispetto, mentre quelli della “cugina” erano blu cobalto, il colore per eccellenza degli Zabini.

 

Gardis annuì, come se fosse stata stupida anche solo a domandare una cosa del genere, in compenso, se Leonard era in compagnia, non sarebbe venuto a stressare lei.

 

Jack, felice di potersi finalmente sedere dopo aver percorso avanti e indietro tutto il treno, si apprestò a spostare la borsa della Malfoy per farsi posto sul sedile

-          Un giorno devi dirmi cosa c’è di così pesante qui dentro – protestò riuscendo a fatica a sollevarla

-          Un libro di Astronomia – precisò la bionda

-          Cosa te ne fai di un libro di Astronomia? – intervenne Hestia

-          Lo leggo…

Il gruppetto sorrise, loro non lo sapevano, ma se ci fossero stati i relativi genitori avrebbero detto che quel comportamento era “proprio da Hermione”.

Estraendo la bacchetta dalla borsa, la agitò appena e fece volare la sacca sul portaborse sopra la testa senza affaticare nessuno.

 

*          *          *

 

Leonard aprì la porta controllando cosa stava facendo la sorellina e trovò lo scompartimento invaso dai bagagli e i suoi abitanti malamente seduti su valigie, tomi e borse che giocavano a UNO sopra un baule, sorrise alla scena, riconoscendo la sorella alla finestra, pronta per lanciare una carta, che si era bloccata nel vederlo entrare e ora lo stava fulminando con gli occhi bicolori

-          Ciao Impiastro, come va il viaggio? – le chiese cercando di scavalcare il percorso di guerra che si era venuto a creare

Gardis calò una carta “+4” dalla rabbia e costrinse Jack a pescare

-          Bene… almeno finché non sei arrivato – lo rimbrottò ignorando i rimproveri del ragazzo moro che le chiedeva di essere più pietosa la prossima volta che avesse lanciato un’altra carta del genere perché ormai in mano aveva quasi dieci carte.

-          Non manca moltissimo – annunciò il biondo, studiò i partecipanti: capelli rossi, inconfondibilmente figli dei Weasley, i due gemelli Potter e la sorellina di Ciel, la Corvonero che era entrata l’anno prima insieme a lui, anche se Karen aveva i capelli biondi e l’altra scuri, le due si assomigliavano parecchio come lineamenti del viso.

-          Beh, se non hai bisogno di me, io me ne andrei – confermò rialzandosi e rassettando gli abiti neri – se dovete cambiarvi fatelo adesso, poi i bagni saranno presi d’assalto.

Karen e Hestia annuirono affascinate mentre la serpe usciva e chiudeva la porta alle spalle.

-          Tuo fratello è così attraente… - mormorò la ragazza dai capelli chiari

-          Tu dici? – chiese Gardis pescando una carta

-          Io non ci trovo niente di affascinante – rispose Jeff

-          Cosa vuoi capirne tu! – lo mise a tacere Hestia – sei un maschio!

Jeff ghignò

-          Ecco la signorina “sogno una storia con un ragazzo più grande”

-          Stagli alla larga – le intimò la sorella di Leonard – è un autentico bastardo

-          Oh, ma una persona così bella non può essere tanto cattiva… - la interruppe Karen rimanendo con una sola carta e gridando “uno!”

Su quell’affermazione avrebbe avuto molto da obiettare, ma probabilmente il problema di fondo nasceva dal fatto che, essendo cresciuta con uno come Leonard, non lo trovava poi così irresistibile.

-          Prendi Jack – stava dicendo Hestia – se qualcuno dovesse scegliere tra lui e Leonard sceglierebbe Leonard – confermò cinica; Jacob finse di offendersi e le fece pescare altre due carte

-          Io ci terrei alla mia sanità mentale – sottolineò ancora la bionda

-          Gardis ha capito tutto della vita – ammise Jeff pescando a sua volta dal mazzo e lanciando un 4

La bionda sorrise e scosse la testa, come se fosse una stupidaggine, poi vide qualcosa che attirò l’attenzione: la spilla di Serpeverde di suo fratello caduta mezza nascosta tra le pieghe dei sedili del treno.

Sospirò tristemente e si alzò gettando l’ultima carta, raccolse il piccolo distintivo e lo strinse tra le mani mormorandogli insulti perché la stava costringendo ad andare direttamente tra le spire della serpe, strano che lui non l’avesse fatto apposta.

Si scusò con gli altri e andò a riportargliela.

 

Chiuse la porta a vetri e respirò l’aria pulita del corridoio che proveniva senz’altro da qualche finestrino aperto e che sapeva di erba e di rugiada e pioggia.

Fece una corsa fino al locomotore, trovando suo fratello assieme alle “cugine” anche loro intenti in una partita che pregò non essere qualcosa di osceno come lo streap-poker.

Lillis e Blaze l’accolsero contente rimproverando il fratello maggiore di non prendersi più cura della sorellina.

Ironicamente, con ogni probabilità, era l’esatto contrario.

Gli porse la spilla, sperando di poter scappare al più presto.

 

*          *          *

 

E di nuovo fu nel corridoio.

Con calma passeggiò fino a metà treno godendosi quegli attimi di libertà, poi vide qualcuno appoggiato con i gomiti al finestrino che guardava rapito il paesaggio mentre l’aria, ormai fresca, gli scompigliava i capelli neri.

Se avesse dovuto dare un aggettivo a se stessa, “socievole” non sarebbe stato il primo a cui avrebbe pensato, era una persona piuttosto riservata e non le piacevano le confidenze eccessive. E quindi non era il tipo da parlare con un emerito sconosciuto in mezzo al treno per Hogwarts.

Per questo si stupì moltissimo quando si sentì pronunciare

-          Che cosa fai? – con una voce che non pareva neppure sua

Il ragazzo ritrasse il capo e guardò la bionda che aveva appena parlato, gli occhi spalancati, come se fosse sorpresa di qualcosa, lo fecero sorridere.

Ci fu un minuto di silenzio tra loro mentre i capelli di lei si ingarbugliavano e le coprivano il viso, allentando i due fiocchetti neri con cui erano fermati.

-          Ti piace volare? – le chiese

Gardis annuì anche se ciò non rispondeva alla sua domanda, salire su una scopa ed entrare nella squadra di quidditch della sua Casa, qualunque fosse stata, era un obiettivo che avrebbe sicuramente raggiunto, ogni Malfoy amava volare e, nonostante sua madre non fosse proprio una appassionata di questo sport, non era riuscita ad estirpare la cattiva abitudine della famiglia.

-          Anche a me – rispose il ragazzo e lei notò che aveva gli occhi blu, ma non celeste scuro come Blaze o sua madre Monica, proprio blu, un blu che sembrava quello della notte, scuro e profondo e simile al nero se non fosse stato per quelle screziature; se non avesse avuto ancora un briciolo di autocontrollo probabilmente sarebbe rimasta a bocca aperta.

Quella persona aveva senz’altro qualcosa di particolare.

E il modo in cui aveva risposto, se di una risposta si trattava quella che le aveva riferito, beh, era innegabilmente singolare.

Ad ogni modo era riuscita a scoprire perché se ne stesse a quel modo con la testa fuori dal treno: gli piaceva la sensazione dell’aria sulla faccia e, in effetti, piaceva anche a lei, però non era mai arrivata a considerare l’idea di aprire un finestrino e fare quello che stava facendo lui.

Altro silenzio, evidentemente lo sconosciuto non era uno di molte parole e, in verità, neppure lei.

-          Sei di serpeverde? – chiese lui all’improvviso

Da dove veniva quella domanda? Dal fatto che assomigliava a Leonard?

Perché doveva essere di serpeverde? A lei le serpi non piacevano neppure troppo…

Sollevò lo sguardo su di lui cercando una qualsiasi motivazione per quell’affermazione.

Il ragazzo sorrise e le indicò con il mento la divisa, lei abbassò gli occhi e vide il nastro nero e verde legato intorno al colletto della camicia, riconoscendo il piccolo regalo di Lillis e Blaze.

Slacciò il fiocco e lo nascose in tasca

-          No – rispose – io entro quest’anno a Hogwarts – spiegò, poi tese la divisa nel punto dove sarebbe dovuto andare lo stemma della Casa: tra poche ore anche il suo completo grigio avrebbe avuto le colorate tonalità di una delle Famiglie della scuola. – Il nastro me lo hanno dato le amiche di mio fratello

-          Chi è tuo fratello, magari lo conosco – domandò ancora il ragazzo.

 

All’inizio era rimasto stupito che qualcuno rivolgesse la parola proprio a lui, ma poi quella biondina aveva fatto qualcosa per cui gli pareva stranamente normale chiacchierare in mezzo al corridoio, proprio LUI!

-          Leonard Alphard Malfoy – dichiarò lei con una punta d’orgoglio al momento di pronunciare il cognome

Lui rise e annuì

-          Il cercatore delle serpi, vero? – annuì – allora sei una Malfoy anche tu, come ti chiami?

-          Gardis Derzhena Malfoy – e fu orgogliosa del nome che i suoi genitori le avevano imposto, non credeva sarebbe riuscita a portare qualcosa di più comune come Mary o Kate o Rose, Gardis invece era un nome singolare, strano come lei

-          Un nome insolito – ammise il ragazzo

-          È per via dei miei occhi - specificò

Non avrebbe saputo dire per quale motivo, ma fu come se sentisse che lui si era accorto dei due colori e della singolarità della cosa solo in quel momento, eppure non aveva smesso un attimo di guardarla in faccia.

Anche quando prese nota della loro stravaganza non parve particolarmente allarmato, questo la rallegrò, ogni tanto non faceva molto piacere che la gente ti scrutasse come se fossi una specie rara, figlia unica di madre vedova.

Lui invece, quel “qualcuno” di cui non aveva ancora saputo il nome, era stato spontaneo, sorpreso, certo, ma non schifato.

-          Tu come ti chiami? – si fece coraggio e lo chiese; non pesava di averlo fatto bene come accadeva nei libri, probabilmente le “Regole della presentazione ai ragazzi” che Hestia le aveva fatto leggere avrebbero approvato qualche scena differente e, con ogni probabilità, doveva essere risultata un po’ patetica, ma in quel momento le importava solo conoscere il nome di quel ragazzo

-          Christopher Justin Black – rispose lui sempre sorridendole – sono di Corvonero

Annuì.

Nonostante avesse sempre pensato che la sua vita sarebbe stata o a Grifondoro o a Serpeverde, per un momento desiderò essergli vicino, forse diventare una Ravenclaw anche lei.

-          Se ti smisteranno nella nostra Casa – continuò il ragazzo – spero che entrerai nel club di quidditch

Regalandogli un sorriso dolce e sincero, lei annuì

-          Lo farò senz’altro – confermò

-          Da quando tuo fratello è entrato nelle serpi abbiamo qualche problema – ammise lui grattandosi la testa imbarazzato.

Gardis sapeva che suo fratello era molto bravo, lo erano tutti i Malfoy.

Negli ultimi dieci anni tutte le Coppe delle Case erano state date o a Serpeverde o a Corvonero, i Grifoni avevano perso la loro bravura dopo che Harry Potter aveva terminato gli studi e Ginny da sola non era riuscita a portare avanti la squadra più di molto.

-          Se invece non sarò una Ravenclaw – aggiunse ancora – spero che potremo giocare uno contro l’altro

Il ragazzo annuì e lei fece per andarsene sventolando la mano.

Si fermò un attimo e voltò di nuovo verso di lui che era tornato con le braccia appoggiate al finestrino, rivedendola alzò la testa e aspettò

-          Posso chiamarti Kitt? – domandò

Se non fosse stata una Malfoy si sarebbe presa a schiaffi, sì, non c’era altra soluzione per un comportamento così stupido e avventato.

Lui parve divertito, come prima.

-          Perché?

Era una domanda strana, in genere ad una cosa del genere si risponde sì o no, quella richiesta, invece, la sorprese un poco.

-          Beh… - arrossì a confidargli il vero motivo per cui volerlo chiamare così – penso che ti si addica…  - una tonalità vermiglia si diffuse sulle guance, lui ne rise, lasciandosi andare davvero, no, non aveva ancora sufficiente coraggio per dirgli che era il diminutivo di Kitten, gattino, cioè quello che al momento le ricordava: un cucciolo di gatto stranamente singolare

-          Sei una persona divertente, la gente in genere mi chiama Chris, ma se ti fa piacere… d’accordo, puoi chiamarmi così

Gardis gli regalò il suo più bel sorriso, il primo sincero di quella giornata.

Silenzio

-          Beh, allora dovrò trovare il nome giusto anche per te

-          Se ti fa piacere…

Risero insieme in mezzo al corridoio, la loro conversazione aveva dell’assurdo.

-          Levami una curiosità – la interrogò lui, la ragazza arrossì ma si voltò e aspettò la domanda – mi hai detto che ti hanno chiamato Gardis per via dei tuoi occhi

Era vero

-          Come mai? Cosa c’entra

Lei sorrise

-          Gardis significa “del colore dell’ametista” ed è un nome usato per chiamare un fiore molto raro di questo colore. Se si mescolano i colori dei miei occhi si ottiene proprio quello.

-          È un bel nome, non so se riuscirò mai a trovartene uno più calzante…

-          Sei una persona strana, lo sai “Kitt”

Kitt annuì stentando a riconoscersi in quel soprannome, ma poi sorrise e lo accettò.

-          Ti conviene tornare al tuo scompartimento, i tuoi amici saranno preoccupati.

Annuì e si allontanò di un passo mentre lui la guardava andarsene, poi si fermò e tornò indietro per la seconda volta: sollevandosi sulla punta delle scarpe nuove, nere, gli posò un bacio sulla guancia e poi scappò verso lo scompartimento dove erano Karen, Hestia, Jack e Jeff, rossa in viso come se avesse corso per miglia e miglia.

 

E Kitt, dietro di lei, rise gaiamente, finalmente sereno dopo la partenza.

Non sarebbe durato per molto, in verità era stato solo per un attimo, ma quella ragazza, chiunque fosse, Malfoy o non Malfoy, era riuscita a fargli dimenticare tutte le preoccupazioni senza fare nulla. Era come se avesse risvegliato qualcosa di dimenticato dentro di lui.

Era nata un’amicizia e, forse, sarebbe durata perché voleva ancora ridere con una persona come lei.

 

Né Christopher né Gardis lo sapevano, ma il loro legame appena nato sarebbe durato molto, molto a lungo.

 

*          *          *

 

Spazio autrice: ciao a tutti e ben ritrovati alla fine di questo prologo della storia che spiega qualcosa sui principali protagonisti, chiaramente non crediate che i miei personaggi siano terminati qui visto che ho in programma di aggiungerne un certo numero.

 

Do qualche informazione di servizio sulla storia (no, non so ancora quanto sarà lunga), progetto di aggiornarla con una certa regolarità, salvo impegni improrogabili, una volta alla settimana, pressappoco, al max ogni 15 giorni.

A differenza di Amore Selvatico non mi sono messa un limite di capitoli, quindi pensate pure il peggio, questo perché la vicenda che sto elaborando è piuttosto intricata e merita uno spazio adeguato senza essere compressa.

 

Vi ricordo che dal prossimo capitolo ci vedremo sei anni nel futuro, quindi sappiate che i personaggi appena conosciuti saranno un po’ cresciuti; ho scelto di mettere questo prologo, cosa che in genere non faccio, perché mi pareva un’idea carina dare un’introduzione ad una vicenda legata a doppio filo con quella delle Relazioni Pericolose.

 

Vi ringrazio tutti per i meravigliosi commenti che mi avete lasciato alle Relazioni e ad Amore Selvatico, sono davvero commossa di avere tanti lettori e spero che anche questa storia riscuota successo.

 

Annuncio già da ora che, come accaduto nella sua “predecessora”, ci sarà qualche minimo crossover con i personaggi di Ken Akamatsu di Negima.

 

Ci vediamo presto, un bacio grandissimo a tutti e mi raccomando, commentate!!

 

Nyssa





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