Dai
giardini di Gondor
Quell'attesa la stava facendo morire. Stare lì, affacciata
alla
terrazza del giardino del palazzo reale di Gondor ad aspettare qualche
segno di lui, qualcosa che le dicesse che era ancora vivo, che era
riuscito a fuggire da Osgiliath, dalle grinfie degli orchi e dalla
furia dei Nazgul. Aspettare. Ma di Faramir e della sua compagnia
nemmeno l'ombra. Maledetto Denethor, non è un padre colui
che
manda il suo ultimo figlio a morire per le proprie ambizioni. E intanto
Elanor aspettava, la veste color pesca in balia del vento che soffiava
forte, i capelli castani che le svolazzavano davanti agli occhi,
scoprendo ogni tanto le sue appuntite orecchie da elfo.
Perchè
questo era Elanor, un elfo in terra di uomini. Il ricordo del suo
arrivo a Gondor era rimasto indelebile nella sua mente.
I soldati che le
aprirono il grande
portone la guardarono con diffidenza finchè non
sparì
dalla loro vista, concentrandosi soprattutto su quelle orecchie
appuntite, lasciate scoperte dall'elaborata treccia in cui teneva
raccolti i capelli, che la rendevano diversa da chiunque abitasse in
quella città. Elanor, un elfo esiliato per una colpa
inesistente, allontanata da ciò che amava per un bene
superiore,
mandata nell'inferno del mondo degli uomini, corrotti, attratti dal
potere, senza un sovrano degno di sedere sul trono. Uomini che la
guardavano con disprezzo, che l'avrebbero trattata da estranea, che
probabilmente non le avrebbero nemmeno detto come arrivare a palazzo,
la sua nuova e detestata dimora. Si incamminò a testa bassa
per
la via principale della città, che saliva su in cima, fino
alla
rocca. Le occhiate della gente si facevano sempre più
pesanti,
così Elanor accelerò il passo, passando leggiadra
tra la
folla. Fortunatamente la strada non si diramava molto e in breve
raggiunse la scalinata che l'avrebbe condotta nei giardini del palazzo.
Poggiò il piede sul primo scalino, ma procedere le
risultò molto più difficile di quanto pensasse.
"Fa paura anche a me" le disse una voce maschile da dietro.
La fanciulla si voltò e incrociò il primo sguardo
gentile. Un giovane dai capelli castano chiaro, lunghi fino alle
spalle, col viso adornato da un po' di barba incolta, le stava
sorridendo.
"Col tempo però ci si fa l'abitudine" continuò,
per poi passarle a fianco ed iniziare la salita.
Si arrestò circa a metà per voltarsi indietro.
"Visto? Ora provate voi" le porse la mano in segno di invito a salire.
Elanor si sistemò la sacca coi suoi pochi averi sulla spalla
e
lo raggiunse. Faramir, l'unico uomo ad averla guardata con uno
sguardo diverso, l'unico che l'aveva accolta.
Due
figure nere alate si stagliarono contro il cielo grigio, emettendo i
loro stridenti versi. Sotto di esse, un piccolo gruppo di cavalieri
tentava di fuggire ai loro attacchi. I suoi occhi di elfo permisero ad
Elanor di vedere Faramir in testa al gruppo. La fanciulla si
sentì solo in parte risollevata, perchè i Nazgul
continuavano ad attaccare i cavalieri senza tregua.
Un fascio di luce bianca colpì, però, in viso le
bestie, arrestando la loro avanzata all'inseguimento dei cavalieri, i
quali, sotto la protezione di Gandalf e della sua magia, riuscirono ad
entrare in città senza subire ulteriori perdite. Elanor
abbandonò la terrazza e corse giù per la
scalinata fino alla città, per poi prendere la strada che
tante volte aveva percorso e che l'avrebbe portata da Faramir e le
avrebbe permesso di abbracciarlo. L'impeto della sua corsa
obbligò la gente a scansarsi per non essere travolta dalla
giovane, che in breve giunse nella piazza dietro la porta della
città, dove Gandalf e i cavalieri si erano radunati. Proprio
con lo stregone stava parlando Faramir, il giovane hobbit che cavalcava
Ombromanto aveva attirato la sua attenzione e gli aveva ricordato delle
due creature che egli stesso aveva incontrato nel suo viaggio verso
Osgiliath, Frodo Baggins e Sam Gamgi.
"Faramir, amico mio! Sei vivo, che gioia rivederti!" esclamò
Elanor, quando incrociò lo sguardo del figlio più
giovane del sovrintendente. Questi scese da cavallo per andare incontro
all'amica e abbracciarla con tutta la forza cehe aveva in corpo.
"Perdonami, Elanor, per averti fatta stare in pensiero"
"L'importante è che tu sia tornato"
I due giovani si staccarono e lo sguardo di Faramir si rivolse subito
alla cittadella. La gioia disegnata sul suo volto dopo aver rivisto
l'amica scomparve del tutto. Elanor intese i suoi pensieri e
poggiò una mano sul braccio dell'uomo.
"Capirà" gli disse, sperando vivamente che Denethor
comprendesse la situazione e non mandasse più il figlio in
missioni suicide.
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Questa è la mia prima fic sul signore degli anelli. So che
già qualcun'altro ha usato il nome Elanor per il suo
personaggio, ma questa storia ce l'avevo in mente da prima che mi
iscrivessi al sito e non me la sono sentita di cambiare il nome del
personaggio.
Mi raccomando, commentate e criticate a più non posso, tutti
i pareri sono ben accetti :-)
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