A
tutte voi che avete letto questa storia, fino all'ultimo capitolo.
Grazie.
Twenty-one
Più
tardi
- Vera?
Sei già
tornata a casa? Avete fatto pres...
-
Io e Tom ci siamo
baciati-
Vera
si sentì come
se stesse realizzando per la prima volta ciò che era
successo nella
cucina di Bill e Madison un paio d'ore prima, ed ebbe la sensazione
che il peso della situazione in cui era andata a cacciarsi fosse
precipitato sulle sue spalle inermi.
Chiamare
Lawrence
era stata una decisione più che saggia, ne era certa: aveva
deciso
di farlo appena entrata nel suo appartamento, dopo aver salutato
Philip. Prima di prendere il telefono però, si era rilassata
– o,
perlomeno, aveva cercato di farlo -, godendosi un lungo e rigenerante
bagno caldo, lasciando che le emozioni provate in quei pochi minuti
passati con Tom le scivolassero di dosso, in modo da ragionare a
mente fredda.
Dopo
essere uscita
dalla vasca ed essersi infilata un accappatoio di spugna color
vaniglia, con i capelli ancora gocciolanti, era andata nella sua
stanza, dove poi aveva chiamato Lawrence.
Ed
ora era lì,
seduta sul letto, accoccolata ad un enorme cuscino kitsch color
rubino – un regalo di Marcy –, con una mano attorno
alla cornetta
del telefono e l'altra impegnata a giocherellare con una ciocca di
capelli.
-
Lawrence?- disse
dopo pochi istanti, rimanendo perplessa nel non sentire risposta.
Dall'altro
lato del
telefono tutto taceva, e la giovane si chiese se l'amico non avesse
riattaccato, quando sentì il ragazzo soffocare un piccola
risatina.
-
Ehi...?- fece la
mora, inarcando un sopracciglio – Lawrence, stai...?
- Cercando
di non
scoppiarti a ridere in faccia? Sì, Cooper- la
interruppe il
biondo, lasciandosi sfuggire una risata che mascherò con un
colpo di
tosse.
-
Non vedo cosa tu
ci possa trovare di divertente- ribatté accigliata Vera,
sistemandosi meglio sul letto.
- Trovo
esilarante che, a distanza di quasi due mesi, tu non abbia ancora
dato per assodato il fatto che tu e Tom siate destinati a stare
insieme, e che per quanto cerchiate di allontanarvi, tornerete sempre
al punto di partenza, ancora più presi l'uno dell'altro, se
possibile-
Vera
volle
replicare, ma subito si accorse di quanto l'amico avesse ragione.
-
Ma... io...- tentò
comunque di dire.
- Shh-
la
zittì Lawrence – Avevo immaginato che vi
sareste baciati. Anzi,
non capisco perché tu ne sia così sorpresa.
-
Perché per tutti
voi è così scontato che io e Tom dobbiamo stare
insieme?- sbottò
Vera, quasi esasperata.
- E'
una domanda
retorica?- fece Lawrence, con un sorrisino che Vera
riuscì quasi
a vedere, nonostante fossero al telefono. Sbuffò, irritata,
e decise
di lasciare perdere quella conversazione, dato che non avrebbe
portato a nulla tranne che ad unica conclusione: lei era innamorata
di Tom, e non poteva farci assolutamente niente.
-
Grazie del
conforto- borbottò, rivolgendosi a Lawrence.
L'amico
ridacchiò
sommessamente, per poi risponderle:
- Non
c'è di
che, Cooper-
Fece
per aggiungere
qualcos'altro, quando la sua voce fu interrotta dal trillo di un
campanello.
- Alleluja-
sospirò, mentre Vera tentava di capire chi potesse essere.
-
Aspettavi
qualcuno?- chiese, curiosa – A quest'ora?- aggiunse poi,
dando una
veloce occhiata alla sveglia sul suo comodino. Subito dopo
però si
ricordò del motivo per cui non era stato proprio lui,
Lawrence, ad
accompagnarla alla festa di Madison e Bill.
-
Christopher-
disse, sogghignando – E' lui, vero? Non è un po'
tardi per le
visite, Lawrence?
- Questi
non sono
affari tuoi, Vera- sentenziò il biondo, mentre le
sue guance,
Vera poteva vederlo, s'imporporavano – E per tua
informazione,
Chris è il mio ragazzo e può venirmi a trovare
quando gli pare-
continuò, sempre più alterato.
Vera
non resistette
e scoppiò a ridere, divertita dalla reazione dell'amico.
- Smettila-
le
intimò lui, mentre dall'altra parte della porta Chris aveva
iniziato
a chiamarlo a gran voce.
- Ehi,
Lawrence!
Sei in casa?- diceva.
- Arrivo
subito
Chris!- rispose Lawrence.
-
Sarà meglio che
tu vada- disse Vera, nel sentire la voce di Christopher – Non
vorrai far aspettare il tuo principe azzurro.
- Fottiti-
borbottò a denti stretti il biondo, cercando di celare al
meglio il
suo imbarazzo, per poi chiudere la chiamata senza nemmeno salutare.
Vera
sorrise
compiaciuta, e poggiò il telefono sul letto, accanto a lei,
iniziando poi a ripensare alle parole di Lawrence.
“Per
quanto
cerchiate di allontanarvi, tornerete sempre al punto di partenza,
ancora più presi l'uno dell'altro”
Molto
probabilmente,
qualche tempo prima, avrebbe storto il naso a quell'affermazione,
scuotendo con forza la testa, oppure sarebbe scoppiata a ridere,
senza riuscire a immaginare se stessa insieme a Tom.
Le
cose erano però
cambiate e ora una relazione con il chitarrista non era soltanto
oggetto delle battute di Lawrence, ma era diventata un desiderio,
il più forte che avesse mai provato, alimentato di giorno in
giorno
dall'amore, ormai innegabile, che nutriva nei confronti di Tom.
E
nonostante lei
cercasse, come aveva detto Lawrence, di allontanarlo in tutti i modi,
di dimenticarlo, di cercare di distogliere la mente da quel
sentimento così immenso che offuscava il dolore che quella
stessa
persona le aveva causato, lei continuava a cedere, a crollare,
sconfitta, di fronte alle proprie emozioni.
“Lo
amo” si
disse la mora, con un sospiro, quasi come se lo stesse ammettendo per
la prima volta a se stessa, in totale sincerità “E
non posso più
farci nulla”.
* *
Un
paio di giorni dopo
-
Cosa significa?-
Tom
era rimasto
piuttosto perplesso di fronte alla domanda del fratello che, seduto
di fronte a lui al tavolo di un bar a cui si erano fermati dopo le
registrazioni, giocherellava nervosamente con la sua tazza di
cappuccino.
-
E' una semplice
domanda, Tom- rispose – Credi che starei bene con i capelli
corti?
-
Bill, da quando
t'importa della mia opinione?- chiese il chitarrista, sempre
più
confuso.
- Da
ora-
sibilò Bill, irritato per tutte quelle domande.
Tom
lo squadrò per
qualche istante, decidendo infine di accontentarlo.
-
Beh,- iniziò a
dire, con una scrollata di spalle – non staresti male-
concluse,
bevendo poi un sorso del suo caffè.
-
Dici che dovrei
togliermi le extension per il matrimonio?- domandò il
fratello a
bruciapelo.
Tom
alzò gli occhi,
incontrando lo sguardo preoccupato del gemello, ed immediatamente
capì il perché di tutto quelle domande.
-
E' per Madison?-
fece, con un sorrisetto.
Bill
arrossì
lievemente e distolse lo sguardo, imbarazzato.
-
Vuoi rendere il
grande giorno impeccabile, vero?-
continuò Tom, quasi
divertito.
-
Non è per
Madison- mentì Bill – Ho semplicemente voglia di
cambiare
pettinatura, tutto qua.
-
Non c'è nulla di
male ad ammetterlo- replicò il moro, ancora sorridente
– La trovo
una cosa molto... tenera-
Bill
arrossì una
seconda volta, questa volta piuttosto violentemente, e si
coprì il
viso con le mani: non ricordava nemmeno più l'ultima volta
che si
era imbarazzato così tanto davanti a suo fratello nel
parlare di lui
e Madison.
Dal
canto suo,
invece, Tom trovava la situazione a dir poco comica: nonostante i
suoi 24 anni, Bill sembrava un ragazzino in preda alla sua prima
cotta, tutto intento a non fare brutte figure al primo incontro.
Si
lasciò sfuggire
un piccola risata, che Bill però stroncò sul
nascere, rifilando al
fratello un'occhiataccia.
-
Non è divertente-
asserì il biondo, quasi borbottando – E per la
cronaca, tu non sei
nella posizione più adatta per prendermi in giro, fratellino-
aggiunse, assumendo un'aria di sfida.
Tom
cambiò subito
espressione, e sul suo volto si dipinse una smorfia.
- Ah-ha!-
esclamò Bill – Ti ho punto nel vivo, eh?
-
Non stavamo
parlando dei tuoi capelli?- fece Tom, nel vano tentativo di
indirizzare la conversazione verso altri argomenti. Avrebbe persino
trovato interessante discutere sul tempo o sulla finanza, piuttosto
che parlare di Vera e del bacio di sabato.
Percepiva
ancora la
sensazione di averla tra le sue braccia, le labbra di lei contro le
sue... Quel bacio era solo l'ennesima conferma di ciò che
per tempo
– troppo tempo – aveva negato,
sia a se stesso che agli
altri: ciò che provava per Vera andava ben oltre la semplice
attrazione fisica.
Sei
innamorato,
gli sussurrò una
voce nella sua testa, e lui non poté che essere d'accordo.
-
Ehi, ti sei
incantato?- disse Bill, agitando una mano davanti agli occhi del
fratello.
-
Uh... c-cosa?-
balbettò il chitarrista, riscosso dai scuoi pensieri.
-
Stavi pensando a
Vera?-
Tom
sorrise
amaramente, ed annuì:
-
Tutto questo è
assurdo- disse, scuotendo la testa, quasi divertito - Io che perdo la
testa per qualcuno. Potrei scriverci un libro- continuò,
sotto lo
sguardo comprensivo del fratello.
-
Prima o poi
sarebbe dovuto succedere- disse quest'ultimo, finendo poi in un sol
sorso il suo cappuccino.
-
Un po' di
preavviso non avrebbe fatto male a nessuno- obbiettò Tom.
-
Sì, ma avrebbe
tolto tutto il divertimento alla faccenda- rispose Bill, con un
sorriso, ripensando ai battibecchi tra Vera e sua fratello - E poi,
dovresti sapere che l'Amore, quello vero, non bussa mai- aggiunse,
piano.
Tom
rifletté
qualche istante sulle parole del fratello, e non poté che
essere
d'accordo: nel suo caso, l'Amore non solo non aveva bussato, ma aveva
abbattuto la porta, travolgendolo, senza lasciargli
possibilità di
difesa.
Ed
era quasi certo
che anche per Vera era stata la stessa cosa.
Scosse
la testa,
cercando di relegare ogni pensiero riguardante Vera nell'angolo
più
remoto della sua mente e Bill, notando la sua espressione
malinconica, decise di cambiare argomento.
-
Tom,- disse - hai
tempo?
-
Cosa...?- ripose
il gemello, assumendo un'espressione confusa.
- Hai
tempo?-
ripeté Bill.
-
Dipende da cosa mi
vuoi far fare- rispose Tom, mettendo le mani avanti.
-
Solo uno strappo
da Finn-
* *
Più
tardi
-
Non posso credere
che tu abbia davvero rinunciato ai tuoi capelli per una cerimonia che
durerà sì e no un'ora, Bill-
Tom
osservava ormai
da qualche istante il lavandino bianco in cui Finn, il parrucchiere
di Bill, aveva lasciato cadere le ciocche dei capelli biondi del
cantante.
-
Posso solo
immaginare come reagiranno le tue fans- aggiunse Finn, mentre puliva
i suoi strumenti - Come le chiamate? Ah sì, Aliens-
fece, con
aria divertita - Ricordo ancora quella volta che una di loro ti ha
trovato qui, Bill- continuò, mentre passava un il pettine
sotto il
getto dell'acqua - Il delirio-
Tom
sorrise a quel
ricordo, mentre Bill mugugnò qualcosa d'incomprensibile,
senza
badarvi troppo, preso com'era dal rimirarsi all'enorme specchio
appeso al muro.
-
Soddisfatto?- fece
Finn, raggiungendolo alle spalle.
-
S-sì...- balbettò
il biondo, incerto - Tom, dici che piacerò a Madison?-
chiese poi al
gemello, passandosi una mano sulla testa.
-
Io credo di sì-
rispose Tom - Sono certo che sarai uno sposo coi fiocchi- aggiunse.
Bill
sorrise nello
specchio, ma subito si voltò verso il fratello, esterrefatto.
-
Cosa stai facendo?
-
Voglio immortalare
questo momento- replicò Tom, mentre, con un'aria piuttosto
serena,
fotografava il lavandino.
-
Tom, cosa vuoi
fare di quella foto?- chiese Bill.
-
Nulla, nulla- fece
Tom, accompagnando la frase con un gesto incurante della mano
sinistra, mentre con la destra digitava qualcosa sul suo telefono -
Spero solo che le nostre adorate fans non abbiano un infarto-
aggiunse, con un sorrisetto diabolico stampato in volto.
-
Tom, sei meschino!
Chissà che razza di putiferio scateneranno tutte quante!
-
Oh, avanti, non ti
preoccupare-
Bill
fece per
ribattere, ma subito decise di lasciar perdere, dato che sarebbe
stato solo uno spreco di tempo e di fiato: suo fratello non sarebbe
mai cambiato.
Si
voltò di nuovo
verso lo specchiò e si osservò con cura,
prestando attenzione anche
ai minimi dettagli. Stava bene, sì; si piaceva, senza
dubbio, eppure
il timore che a Madison non andasse bene quel suo drastico
cambiamento lo tormentava.
Era
stata proprio
lei a suggerirgli l'idea, quando, molto tempo prima, appena dopo
essersi messi insieme, la mora gli aveva confidato che fin da bambina
i grandi e sfarzosi matrimoni tradizionali erano stati il suo sogno.
A
quelle parole lui
non aveva fatto altro che sorriderle teneramente, ripromettendosi che
avrebbe esaudito il suo desiderio.
Ora,
però, a
distanza di un paio d'anni, e ad un passo dal fatidico sì,
quella tacita promessa sembrava aver portato con sé una
moltitudine
di responsabilità di cui Bill si rendeva conto solo ora.
Tradizionali,
aveva detto Madison, con occhi sognanti e tono romantico.
Come
poteva un ragazzo come lui
essere tradizionale,
anche solo per una giornata?
-
Vuoi stare
tranquillo?-
Bill
si voltò di
scatto, incontrando lo sguardo del fratello che gli si era avvicinato
senza che lui se ne accorgesse.
-
Sarai perfetto-
continuò il chitarrista – Sarete
perfetti- precisò, dando
una lieve pacca sulla spalla di Bill, sorridendogli – E io
sarò un
testimone meraviglioso- concluse, con fare quasi teatrale,
osservandosi allo specchio, gongolante.
Bill
roteò gli
occhi, divertito e ritornò a guardare il proprio riflesso,
sentendo
che le parole di Tom stavano avendo un effetto benevolo su di lui:
sì, lui e Madison sarebbero stati perfetti alla cerimonia,
ne era
certo.
-
Beh,- disse
quindi, rivolgendosi al gemello – direi che possiamo andare,
no?-
Tom
annuì, e il
cantante si volse verso Finn:
-
Grazie Finn- disse
– Quanto ti devo?
-
Nulla, Bill- fece
l'uomo, lasciando il giovane piuttosto sbigottito – Prendilo
come
il mio regalo di nozze per te e la tua ragazza- aggiunse, facendogli
l'occhiolino.
Bill
fece per
protestare, quando il suo telefono iniziò a squillare con
insistenza.
Lo
tirò fuori dalla
tasca, guardò il display e subito sentì un
brivido percorrergli la
schiena.
-
Chi è?- fece Tom,
sporgendosi per vedere meglio lo schermo del telefono – Oh-
disse, appena vide di chi si trattava.
I
due fratelli si
scambiarono uno sguardo, entrambi consapevoli del motivo di quella
chiamata.
-
Te l'avevo detto
io- fece Bill, mentre il cellulare continuava a squillare senza
sosta.
-
Avanti, rispondi-
replicò Tom – Più lo fai aspettare,
peggiore sarà la sua
manfrina.
Bill
sospirò,
cercando di farsi coraggio, ed ascoltò le parole del
fratello.
-
Pronto?- rispose,
portandosi il cellulare all'orecchio – David?
- Bill!
Che
diamine hai combinato? Cos'hai fatto ai capelli? Perché
avete
postato quella foto? Perché non mi hai parlato oggi di
ciò che
avevi in mente?
-
E' una lunga
storia, Dave- fece il biondo – Una lunga, lunga
storia.
* *
Qualche
giorno più tardi
-
Sei bellissima-
Madison
piegò la
testa di lato, arricciando le labbra, per poi sorridere dolcemente.
-
Dici?- chiese,
voltandosi verso la madre, seduta su un divanetto bianco dietro di
letto, accanto a sua sorella minore.
-
Assolutamente-
rispose la donna – Tu cosa dici, Jen?-
Jen
osservò per
qualche istante la sorella, quasi incapace di spiccicare parola.
-
Meravigliosa-
farfugliò, senza distogliere lo sguardo da Madison
– Semplicemente
meravigliosa-
Madison
sorrise una
seconda volta, tornando a guardarsi nello specchio.
Fece
un respiro
profondo e sentì un brivido percorrerle la schiena.
Due
giorni.
Due
soli giorni ed
avrebbe fatto il grande passo: avrebbe sposato Bill
e coronato
il suo più grande sogno d'amore.
Si
osservò ancora
per qualche istante nell'enorme specchio dell'atelier di abiti da
sposa, dove stava provando il proprio, in compagnia della madre Ella
e della sorella Jennifer, arrivate dal Nebraska in occasione della
cerimonia.
Fece
un giro su
stessa, ritornando poi ad osservare il suo riflesso. Era a dir poco
incredula, quasi non si rendeva conto di ciò che sarebbe
accaduto da
lì ad un paio di giorni: le sembrava quasi di vivere un
sogno ed
aveva il costante timore di potersi svegliare d'un tratto e scoprire,
suo malgrado, che nulla era davvero successo.
Scosse
la testa un
paio di volte, nella speranza di cancellare tutte quelle insicurezze
che avevano gettato un'ombra sul suo viso.
-
Maddie,- disse
d'un tratto Ella, senza notare il cambio di espressione della figlia
– non doveva esserci anche la tua wedding planner?- chiese,
guardandosi intorno.
-
Sì- rispose
Madison, voltandosi – E' piuttosto in ritardo, in effetti-
aggiunse, pensierosa.
Pochi
istanti dopo,
però, le tre donne sentirono alcuni passi frettolosi
avvicinarsi,
accompagnati da qualche elegante imprecazione
borbottata a
denti stretti.
-
Maledetti taxi...-
Nel
sentire quella
voce familiare, il volto di Madison s'illuminò:
-
Vera!- esclamò,
appena vide la wedding planner raggiungerla.
-
Scusate il
ritardo- disse mortificata quest'ultima – Giuro che
è stata colpa
del taxi!- si giustificò poi.
-
Non ti
preoccupare, Vera- la rassicurò Madison, per poi scendere
dal
piedistallo su cui stava ed andare ad abbracciarla con forza
– Sono
felice che tu sia venuta.
-
Come potevo
mancare alle prove generali dell'abito?- disse Vera, con un gran
sorriso.
Madison
le sorrise a
sua volta, affrettandosi poi a presentarle sua madre e sua sorella.
-
Queste sono mia
madre Ella e mia sorella Jennifer- disse, indicando le due –
Ragazze, lei è Vera Cooper, la mia meravigliosa wedding
planner!
-
Beh, meravigliosa
è un tantino azzardato come aggettivo- disse Vera
imbarazzata,
mentre porgeva la mano prima ad Ella e poi a Jen – Piacere di
conoscervi, comunque.
-
Il piacere è
tutto nostro, Vera- disse Ella – Allora, cosa dici del
vestito
della nostra futura sposa?-
Vera
si voltò verso
Madison e la osservò attentamente, senza lasciarsi sfuggire
il più
piccolo dei dettagli, a partire dalle decorazioni in argento del
corpetto fino al tulle della gonna.
Dal
canto suo
Madison si sentì a disagio, e non poco: Vera era un'esperta
in quel
campo e il suo giudizio sull'abito era fondamentale perché
lei si
sentisse completamente sicura della sua scelta.
-
Allora?- la
incalzò – Cosa ne dici?-
Vera
distolse lo
sguardo dall'ampia gonna, portando i suoi occhi verdi a scontrarsi
con quelli nocciola di Madison.
-
Manca qualcosa-
commentò semplicemente Vera, con una smorfia.
Madison
sgranò
appena gli occhi, voltandosi di scatto verso lo specchio, quasi
spaventata: era sicura di aver tenuto tutto sotto controllo, nel
più
minimo particolare. Eppure, Vera sosteneva che mancasse qualcosa.
-
Cosa intendi,
Vera?- chiese, girandosi una seconda volta.
Vera
non le rispose
e continuò ad osservarla, come per capire cosa mancasse.
D'un
tratto
s'illuminò:
-
Arrivo subito-
annunciò, dileguandosi in un battibaleno ed avvicinandosi ad
alcune
commesse dell'atelier.
Madison,
Ella e
Jennifer la videro confabulare con una di esse ed indicare la zona in
cui si trovavano le tre donne. La commessa, intanto annuiva, e poco
dopo fece segno a Vera di seguirla.
-
Dove starà
andando?- chiese Ella, seguendo con lo sguardo Vera mentre scompariva
dietro una porta di legno scuro.
-
Non ne ho idea,
mamma- fece Madison, a braccia conserte – Spero solo che sia
andata
a prendere ciò che manca,
perché sto rischiando di avere una
crisi nervosa pre-matrimonio- aggiunse, con un sospiro.
Finalmente,
qualche
minuto dopo, Vera uscì dalla stanza in cui era entrata,
seguita
dalla commessa e con in mano un lungo pezzo di stoffa.
Salutò
cordialmente la giovane e tornò da Madison.
-
Eccomi!- esclamò
con un sorriso – Ora voltati.
-
C-cosa?- fece
Madison, confusa – Vera, cos'è quel pezzo di
stoffa?
-
Come “cos'é”?
E' un velo da sposa, Madison! Cos'altro vuoi che sia?- rispose Vera,
stranita.
Madison
sembrò
illuminarsi a quella risposta e d'un tratto capì cosa
intendeva Vera
con quel suo “manca qualcosa”.
Sorrise
dolcemente,
e si voltò dando le spalle a Vera, che le si
avvicinò, posandole
poi sul capo una piccola tiara alla quale era stato legato un lungo
velo di tulle.
-
Ecco- disse la
wedding planner, stringendo le spalle di Madison – Ora sei
perfetta-
Madison
si osservò
a lungo, e dovette ammettere che sì, quel velo, pur essendo
un
piccolo dettaglio, rendeva il tutto molto più bello.
Subito
sentì gli
occhi pizzicarle e si ritrovò sull'orlo del pianto.
-
Oh, non vorrai
mica piangere!- scherzò Vera, notando come la giovane stesse
cercando di trattenersi.
-
Grazie, Vera-
disse con profonda sincerità Madison, continuando a
rimirarsi nello
specchio con gli occhi lucidi – La riuscita di questa
cerimonia
sarà solo ed unicamente grazie a te- aggiunse, voltandosi
verso la
giovane che la guardava, sorridente.
-
Ho solo fatto il
mio lavoro, Madison- disse, con un piccolo cenno del capo –
Tu e
Bill siete persone fantastiche- fece poi – Meritate questo ed
altro, senza dubbio-
A
quelle parole
Madison non riuscì a trattenersi e lasciò che
alcune lacrime di
commozione le bagnassero il volto.
Subito
Vera recuperò
un fazzoletto di carta dalla sua tasca e glielo porse:
-
Avanti, asciugati
il viso- disse, dolcemente – Sai, so di essere una wedding
planner
con i fiocchi, ma non pensavo di suscitare queste reazioni!- rise,
coinvolgendo, oltre a Madison, anche Jen e Ella che erano rimaste a
guardare in silenzio l'intera scena.
-
Due giorni,
accidenti- disse Madison, con un sospiro – Non posso...
- Ancora
crederci- la interruppe Vera – Non hai idea di
quante volte io
abbia sentito questa frase- ridacchiò, ripensando a Grace e
a tutte
le spose prima di lei – Dovrai crederci quando pronuncerai il
fatidico sì.
-
Lo so- rispose
Madison, elettrizzata – Beh, io vado a togliermi quest'abito
prima
che si sgualcisca! Arrivo tra cinque minuti!- annunciò poi,
sollevando di poco la gonna ed allontanandosi, diretta al camerino
poco distante.
Ella
e Jen
iniziarono subito a chiacchierare, mentre Vera continuò ad
osservare
Madison, fino a che non scomparì dietro ad una tenda di
velluto
rosso, e ripensò alle sue parole.
Due
giorni, aveva
detto la mora.
Due
soli giorni e lei e Tom si sarebbero rivisti.
A
quel pensiero, percepì una scarica di adrenalina
attraversare il suo
corpo.
O
forse era un brivido di timore.
In
ogni caso, alla sola idea di rincontrare Tom, qualcosa dentro lei si
era mosso, dimostrando, per l'ennesima volta, la sua innegabile
attrazione nei confronti del chitarrista, che il bacio di qualche
giorno
prima non aveva fatto altro che evidenziare, se non rafforzare.
La
ragazza si lasciò sfuggire un lieve sospiro: quella
situazione stava
decisamente degenerando, l'unica possibilità che aveva di
uscirne –
purtroppo?- era quella di lasciare che Tom uscisse definitivamente
dalla sua vita.
Ottima
decisione, le
diceva il suo
buonsenso. D'altronde era ciò che sarebbe inevitabilmente
accaduto
alla fine della cerimonia.
Peccato
che il suo cuore si spezzasse ad una simile idea.
*
*
Il
grande giorno
-
50 dollari che
impazzisce prima che Maddie arrivi all'altare.
-
Hagen, ti ho
sentito, maledetto infame!-
Bill
si voltò di
scatto, lanciando un'occhiata di fuoco all'amico, che aveva sgranato
gli occhi e fatto un passo indietro, temendo che il cantante potesse
non rispondere più delle sue azioni.
Da
una quindicina di
minuti i due, Gustav, Tom, Andreas e Gordon, il patrigno dei gemelli,
erano in una delle due lussuose limousines che avrebbero portato
prima Bill e poi Madison alla chiesa.
-
E se mi dovesse
dire di no all'ultimo istante?- piagnucolò Bill.
-
Quale pazza
potrebbe fare una cosa simile, Bill?- sbottò Tom, alzando
gli occhi
al cielo, per poi tornare a sistemarsi il nodo della cravatta.
-
E tu che ne sai?-
sbraitò il biondo, in preda ad un evidente crisi nervosa.
Tom
sbuffò e decise
di lasciar perdere: in quelle condizioni, Bill era intrattabile.
-
Che ne dici di
rilassarti, Bill?- chiese gentilmente Gordon, porgendo un bicchiere
colmo di vino al ragazzo.
-
Non voglio nulla!-
strillò quest'ultimo, rischiando di far cadere il tutto per
terra –
Voglio solo che questa cerimonia sia veloce o potrei impazzire sul
serio.
-
E' quello che ho
det...- provò a dire scherzosamente Georg, ma fu interrotto
da una
violenta gomitata dritta nelle costole – Simpatico come
sempre-
borbottò, rivolto a Bill, tenendosi la parte colpita
– Mi hai
fatto male accidenti!-
Bill
non rispose e
guardò invece verso il finestrino.
-
Quanto manca?-
chiese poi, rivolgendosi al fratello.
Tom
gli lanciò
un'occhiata stranita e fece per chiedergli come mai lui, lo sposo,
dopo essere stato alla chiesa chissà quante volte per via
dei
preparativi, chiedeva a lui, suo fratello, quanto
mancasse, ma
l'aria isterica del biondo gli fece cambiare idea.
-
Mh...- fece,
osservando il paesaggio fuori dal veicolo – Credo manchino
una
decina di minuti.
-
Gli invitati
saranno già lì?
-
Io non lo so,
Bill...
-
Perché non lo
sai?!- gridò il cantante, in preda al nervoso.
-
Come diamine
faccio a saperlo?- gli rispose a tono il gemello.
-
Sei inutile-
sbuffò Bill, chiudendosi poi in un religioso silenzio, a
braccia
conserte.
Tom
fece per
replicare, ma Gustav lo strattonò per una manica della
giacca,
invitandolo tacitamente a restare muto, onde evitare inutili litigi.
-
Credo che tu abbia
vinto la scommessa Georg- sussurrò allora il chitarrista
all'amico –
Il nostro caro Bill ha perso anche il suo ultimo neurone sano.
* *
Intanto
-
Sei agitata?-
Vera
si voltò verso
Lawrence, stranita.
-
Non sono io a
dovermi sposare, Lawrence- disse, perplessa.
-
Sai bene che non
mi riferivo a quello- le disse Lawrence, lanciandole un'occhiata in
tralice, mentre si fermava ad un semaforo.
I
due erano in
viaggio verso la chiesa in cui si sarebbe tenuto il matrimonio di
Bill e Madison e mancava ormai poco al loro arrivo.
-
Non so di cosa tu
stia parlando- disse Vera, arricciando una ciocca di capelli attorno
all'indice.
-
Non fare la finta
tonta con me, Cooper-
A
quelle parole,
Vera sospirò, sorridendo poi amaramente.
-
Cosa vuoi che ti
dica, Lawrence?- disse – Sto cercando di farmi una ragione
già ora
del fatto che non vedrò più Tom.
-
Tu sei pazza-
commentò Lawrence – Lascerai davvero andare
così l'amore della
tua vita? E soprattutto credi davvero che lui ti lasci andare?
Cioè,
sul serio?
-
Non c'è altra
scelta.
-
Sei una codarda,
Vera- disse duramente il biondo, lasciando spiazzata l'amica
– Sì,
una codarda. Nel timore di soffrire, distruggerai il tuo amore
più
grande – continuò - Beh, sappi che l'amore non
è solo rose e
fiori. Anzi, il più delle volte è sofferenza
– spiegò - Ma
credimi, alla fine dirai che ne è valsa la pena- concluse,
con un
tenero sorriso.
Vera
gli sorrise a
sua volta, senza dire nulla, e non potendo fare altro che trovarsi
d'accordo con ciò che l'amico le aveva detto.
Sì,
era una
maledetta codarda, lo riconosceva.
Ma
perché mai
avrebbe dovuto cambiare? Perché avrebbe dovuto fidarsi
ciecamente
per una seconda volta? Non sarebbe stato meglio essere codarda, ma
non soffrire?
-
Soffrirai
comunque- disse d'un tratto Lawrence, mentre giungevano nel cortile
della chiesa.
Vera
si domandò se
l'amico non fosse dotato del potere della telepatia, ma non disse
nulla, si limitò a sospirare, per poi guardarsi intorno,
vedendo un
sacco di gente uscire dalle proprie auto appena parcheggiate.
-
E dire che una
volta Madison mi ha detto che sarebbe stata una cerimonia per pochi
amici- commentò, osservando un corposo numero di persone
avvicinarsi
alla chiesa.
Bill
non ha il
senso della misura, le aveva detto una volta Tom.
“Maledizione,
perché penso sempre a lui?” si chiese, dandosi poi
della stupida
perché conosceva la risposta: ne era innamorata.
* *
Più
tardi
Tutti
gli invitati
erano arrivati. Bill, testimoni – Tom e la sorella di Jen
–, il
paggetto, le damigelle e anche il parroco Evans erano pronti.
Mancava
solo la
sposa, Madison.
-
E se non dovesse
arrivare?- sussurrò Bill, sopraffatto dal panico.
-
Stai tranquillo-
lo rassicurò il fratello – E' normale che la sposa
arrivi più
tardi.
-
Doveva essere
qui...
- Molto
tempo fa,
lo so, lo so- fece Tom, massaggiandosi con aria esasperata le tempie.
Alzò
lo sguardo e
si guardò intorno, osservando la folla d'invitata che
gremiva
l'interno della chiesa, completamente addobbata nel migliore dei
modi.
Alla
sua sinistra,
verso le ultime file, notò l'inconfondibile ciuffo biondo di
Lawrence, al cui fianco sedeva Vera.
Nel
momento in cui
la vide, Tom sentì il proprio cuore perdere un battito, e si
maledì
per quelle reazioni che aveva alla semplice vista della giovane,
senza però riuscire a toglierle gli occhi di dosso, tanto
che Vera
dovette sentirsi osservata, siccome in quel preciso istante
alzò gli
occhi proprio nella direzione del chitarrista.
Entrambi
arrossirono, distogliendo immediatamente lo sguardo, come due
ragazzini alla prima cotta.
Nella
loro mente era
ancora chiaro il ricordo di quel bacio che era andato a riconfermare
i sentimenti che ciascuno nutriva per l'altro e ciò non
faceva altro
che rendere quella situazione estremamente imbarazzante.
Perfino
quando i
loro sguardi si erano incrociati al momento di entrare e prendere
posto, entrambi avevano assunto un'aria d'indifferenza, ignorandosi a
vicenda e mascherando così il loro impaccio.
-
Quando le parlerai?- chiese Bill, sussurrando nell'orecchio del
gemello.
-
Uh?- fece Tom, fingendo di cascare dalla nuvole – Non ho idea
di
cosa tu stia parlando, Bill.
-
Oh, capisco, il guardare troppo Vera deve averti fuso anche il
cervello- lo schernì il biondo, dimenticando per qualche
secondo il
ritardo di Madison – In ogni caso, sappi che la tua
vigliaccheria
mi ha appena fatto vincere 50 dollari- aggiunse poi, alludendo alla
scommessa fatta con Lawrence tempo prima.
-
Cosa intendi dire?- chiese Tom, perplesso.
Bill
fece per rispondere, quando un rombo a lui familiare fece voltare
tutti verso l'entrata con il fiato sospeso: la limousine con a bordo
Madison aveva finalmente raggiunto la chiesa.
*
*
-
Io vi dichiaro
marito e moglie!-
Gli
invitati si
alzarono in piedi, applaudendo, commossi: il momento tanto atteso da
tutti era finalmente arrivato.
-
Ora,- disse il
prete, rivolgendosi a Bill – può baciare la sposa-
Vera
vide Bill e
Madison guardarsi teneramente, gli occhi lucidi dall'emozione, l'uno
ad un soffio dall'altra e pochi istanti dopo il cantante
annullò le
distanze tra i loro volti, baciando appassionatamente la ragazza.
In
quel momento la
chiesa esplose in un secondo, ancora più fragoroso applauso,
e sul
volto di Vera apparve un luminoso sorriso: il suo lavoro era stato
portato a termine.
Si
voltò alla sua
destra, e strattonò senza troppo forza il braccio di
Lawrence che
osservava incantato coppia.
-
Che c'è?- chiese,
infastidito.
-
Dobbiamo andare-
rispose Vera, con un cenno della testa – Il ricevimento-
aggiunse,
nel vedere l'espressione perplessa dell'amico.
-
Oh...- fece con
aria triste quest'ultimo – Peccato, avrei voluto vederli
uscire
dalla chiesa- sospirò.
-
Sarà per un altra
volta- disse Vera – Ora, forza, andiamo-
Cercando
di non
farsi vedere, la giovane prese il biondo sottobraccio ed insieme si
diressero silenziosamente verso l'uscita.
Una
volta fuori,
Vera prese una boccata d'aria e si sgranchì le braccia.
-
Stare dentro
quella chiesa mi ha quasi ammuffito- fece, sbuffando.
-
Oh, avanti! Devi
sempre lamentarti di tutto!- la rimproverò Lawrence
– Io trovo che
sia stata una cerimonia a dir poco meravigliosa- aggiunse poi, con
aria trasognata, mentre iniziavano ad incamminarsi –
Complimenti,
Cooper.
-
Questo equivale ad
un aumento di stipendio?- scherzò Vera.
-
Non penso proprio-
ribatté secco Lawrence.
-
Beh, io ci ho
prov...- iniziò a dire la giovane, quando però fu
interrotta da una
voce familiare dietro di lei.
-
Ehi! Vera!-
Si
voltò di scatto,
seguita da Lawrence, e i due videro Tom scendere frettolosamente la
gradinata della chiesa e correre nella loro direzione con fare
impacciato a causa dell'abito poco comodo.
-
Dove state
andando?- chiese, una volta giunto di fronte a Vera e Lawrence.
-
Al luogo del
ricevimento- rispose Lawrence – Vogliamo sistemare le ultime
cose-
spiegò. Mentre Vera cercava in tutti i modi di non
incontrare lo
sguardo di Tom, ancora memore del bacio di diversi giorni prima.
-
E' un problema se
Vera rimane qui?- domandò il giovane, con aria lievemente
imbarazzata, quasi come se stesse chiedendo ad un padre il permesso
di uscire con la figlia – Vorrei dirle alcune cose.
-
Oh, certo, non è
affatto un problema!- rispose il biondo, dando una spinta in avanti a
Vera.
-
Ehi, ma...- tentò
di protestare quest'ultima.
-
A dopo!- la
interruppe però Lawrence, facendo l'occhiolino ai due, per
poi
allontanarsi fischiettando, diretto verso la sua auto.
-
Lawrence!- gridò
Vera, invano – Torna subito qui!
-
E' inutile che
strilli- la riprese Tom.
La
giovane sospirò,
irritata dal comportamento dell'amico, e si voltò verso il
moro.
-
Ho visto che
stavate uscendo ed ho creduto che steste andando a casa senza
salutare- disse Tom, quasi giustificando la sua presenza.
-
Mh-mh- fece Vera,
annuendo – Allora...- disse, abbassando lo sguardo
– Devi dirmi
qualcosa?- chiese, mordendosi il labbro inferiore.
Tom
fece per
parlare, ma si ritrovò senza parole, accorgendosi per la
prima volta
di quanto bene stesse quell'abito color pesca su Vera.
La
osservò per
qualche istante, beandosi di quella visione, incapace di pronunciare
qualsiasi frase intellegibile.
-
Sei bellissima-
soffiò, quasi senza accorgersene.
-
Beh... grazie-
rispose con incertezza Vera – Era questo che volevi dirmi?-
chiese
poi, perplessa.
“Non
lasciartela sfuggire. Non di nuovo”
Le
parole che Georg
gli aveva sussurrato in un orecchio quando entrambi avevano notato
che Vera e Lawrence stavano lasciando la cerimonia, sembravano
riecheggiare nella mente del chitarrista, spronandolo a dichiararsi
una volta per tutte.
Bastavano
due
semplici parole.
Ti.
Amo.
-
Come hai detto?-
Tom
scosse la testa,
risvegliandosi dai pensieri in cui era rimasto assorto per qualche
istante, e si accorse di essersi lasciato sfuggire un borbottio
incomprensibile dalle labbra, rendendo Vera sempre più
confusa.
-
Io...- iniziò a dire il giovane,
Avanti
puoi farcela!
-
Vera, io...-
Non
essere codardo!
-
Ti...-
Ce
l'hai quasi fatta!
-
Amo- concluse –
Io ti amo, Vera- ripeté, quasi a conferma di ciò
che aveva appena
detto.
A
quelle parole il
tempo sembrò fermarsi e tutto intorno a loro
sembrò quasi
cristallizzarsi, come se l'intero mondo stesse trattenendo il fiato.
Vera
aveva sgranato
gli occhi, incredula, e per un istante fu tentata dalla voglia di
pizzicarsi un braccio per capire se era davvero sveglia o se stesse
ancora dormendo.
-
Scusa, forse avrei
dovuto fare una specie di discorso iniziale...- iniziò a
dire
intanto Tom, rompendo il silenzio – Non sono pratico di
queste
cose- continuò, gesticolando e senza guardare Vera negli
occhi,
mentre il suo viso si stava vistosamente arrossando - Non so nemmeno
se ho detto le cose giuste, solo che...
-
Tom, stai zitto-
Vera
non pronunciò
quelle parole con durezza, come Tom si sarebbe aspettato: il tono
della giovane, al contrario, sembrava quasi divertito.
Il
chitarrista alzò
gli occhi sul viso della ragazza, notando come le sue labbra, prima
serrate, si erano piegate in un dolce sorriso.
-
Sei un idiota-
decretò – Un grandissimo idiota. L'idiota
più idiota che abbia
mai incontrato, a dirla tutta- disse.
-
Beh, grazie-
fece Tom, inarcando un sopracciglio: lui si dichiarava e l'unica cosa
che aveva in cambio era una sfilza d'insulti?
-
Fammi finire- gli
disse Vera – Sei un idiota, ma sei riuscito in ogni caso a
farmi
innamorare di te. Non so come, a dire il vero, ma ci sei riuscito. E
nonostante tu mi abbia fatta soffrire, io sono ancora qui, sono
ancora pazza di te e mi odio per questo, perché vorrei solo
dimenticarti e dimenticare tutta questa storia, Tom-
continuò, per
poi fare una piccola pausa – Ma non ci riesco. Non ci riesco,
maledizione- aggiunse con tono mesto, abbassando gli occhi –
E sai
perché? Perché ogni volta che sono sul punto di
farcela, tu arrivi
e stravolgi il mio mondo. Come ora- sentenziò, mentre una
piccola
lacrima le solcava il viso – Se tu non mi avessi detto nulla,
alla
fine di questa giornata le nostre strade si sarebbero separate, non
ci saremmo mai più visti e avremmo potuto mettere un punto a
questa
storia.
-
E tu ne saresti
stata contenta, Vera?-
La
giovane alzò di
scatto la testa, stupefatta da quella domanda.
-
Come?- chiese.
-
Ne saresti stata
contenta?- ripeté Tom – Se sì, non ci
metterò due secondi a
sparire dalla tua vita. Basta che tu me lo dica, Vera-
La
mora rimase senza
parole di fronte all'affermazione del chitarrista, e per la prima
volta sentì il peso di una scelta che avrebbe portato a due
conseguenze estreme.
Amava
Tom con tutta
se stessa, ma una relazione con lui implicava solo ed unicamente
caos.
Ne
valeva la pena?
Tra
i due scese il
silenzio, e dopo qualche istante, Tom pensò di essere stato
troppo
brusco.
-
Ehi, senti...
-
Io ti amo, Tom-
sussurrò Vera, interrompendolo – E non voglio che
tu te ne vada-
aggiunse – Perché per quanto questa situazione
possa essere
caotica, nulla potrebbe mai superare il dolore di
non averti
accanto- ammise, più a se stessa che a Tom, per poi
sorridergli.
Calò
ancora il
silenzio, che durò pochi attimi, in cui Tom e Vera si
limitarono ad
occhieggiarsi, incerti.
-
Tutto questo è
assolutamente ed indiscutibilmente...- iniziò a dire il
chitarrista,
senza distogliere gli occhi da quelli della wedding planner.
- Assurdo-
terminò quest'ultima.
Si
guardarono una
seconda volta, questa volta sorridendo, mentre nei loro occhi
brillava una nuova luce. In pochi istanti, però, quei
sorrisi si
trasformarono in risolini divertiti, che degenerarono in grasse
risate.
Risero
solo per una
manciata di secondi, ma quella risata parve loro quasi liberatoria.
-
Avresti mai
creduto di arrivare fino a questo punto?- chiese Vera, mentre ancora
ridacchiava.
-
No- ammise Tom con
onestà – Mai- precisò.
Allargò
di poco le
braccia e, senza dire nulla, lasciò che Vera vi si buttasse
a
capofitto.
Nel
frattempo gli
invitati avevano iniziato ad uscire dalla chiesa, raggruppandosi
vicino ai due lati dell'entrata, in attesa dell'arrivo degli sposi
che stavano percorrendo la navata.
-
Sai,- disse Tom,
accarezzandole il capo - Forse avremmo bisogno di qualcosa di
concreto, di un segno che ci faccia capire che siamo effettivamente
destinati a stare insieme-
Vera
rise ancora,
stringendosi ancora di più al giovane.
-
Può darsi...-
sussurrò, alzando il viso - Almeno nessuno dei due
potrà dire il
contrario- aggiunse.
Tom
si avvicinò al
suo volto, arrivando a pochi millimetri dalle sue labbra. Fece per
baciarla, quando alcuni schiamazzi fecero voltare entrambi verso la
chiesa.
-
Ehi!- diceva
Madison, gesticolando furiosamente – Attenti al...-
La
mora, però, non
fece in tempo a terminare la frase perché il mazzo di rose
bianche
legate da un nastro argentato, che lei stessa aveva lanciato poco
prima, nel tradizionale lancio del bouquet, atterrò tra le
mani di
Vera, rischiando di colpirla in pieno viso.
-
Beh, auguri alla
futura sposa!- gridò qualcuno dalla folla
d'invitati,
riferendosi al famoso detto secondo cui la donna che avrebbe
afferrato il bouquet lanciato dalla sposa, sarebbe stata la prossima
a coronare il proprio sogno d'amore.
Vera
lanciò
un'occhiata perplessa prima alla chiesa e poi ai fiori, ma pochi
istanti dopo un piccolo sorriso comparve sul suo volto, e subito si
girò verso Tom che, come lei, stava aveva assunto
un'espressione
sorniona.
-
Sbaglio, o questo
era il segno che aspettavamo?- chiese.
Tom
non le rispose:
semplicemente prese una delle rose, spezzandone il gambo, ed
infilò
il fiore tra i capelli di Vera, accarezzandole poi dolcemente il
viso.
-
Tu che dici?-
chiese.
E
la baciò.
Before
leaving...
Beh,
eccoci qui.
Dopo
ventuno capitoli Wedding Planner è
giunta al termine.
Finalmente?
Purtroppo? Non so dirvi.
Da
una parte, quando ho postato quest'ultimo capitolo, mi sono sentita
quasi sollevata: insomma, tra scuola e altri problemi, non è
semplice continuare una storia con regolarità –
no, aspetta, quale
regolarità? Lol.
D'altra
parte, però, devo dire che sono così affezionata
a questa storia
che vederla finire mi rattrista.
In
questi mesi sono cresciuta, e con me i miei personaggi –
Vera, Tom,
tutti quanti – e, onestamente, sono orgogliosa di questa
fanfic:
credo di aver raggiunto un livello di stile che non è
minimamente
paragonabile a quello che ho utilizzato nella mia precedente longfic
(Tom's Daughter). Sento di essere migliorata, di
essermi
evoluta, e spero che anche voi lettrici ve ne siate accorte.
Con
questo non voglio certo vantarmi o chissà cosa, solo che per
la
prima volta posso dire di essere davvero fiera del
mio lavoro.
Il
merito, però, non è tutto mio.
Sì,
perché se è vero che sono migliorata nella
scrittura, c'è da dire
anche che voi – sì, voi –
lettrici avete reso tutto
questo possibile.
Come
tralasciare infatti tutte le vostre recensioni, i vostri complimenti
e il vostro supporto?
Non
vi nomino, perché ho paura di dimenticarmi di qualcuno e non
voglio
sembrarvi ingrata o maleducata, ma credo che ognuna di voi sappia che
sto parlando di lei.
Non
so che dire, davvero.
Sono
profondamente orgogliosa della storia ed incredibilmente grata a chi
l'ha letta, seguita e recensita.
Grazie,
grazie a tutte voi.
Dalla prima all'ultima, siete state tutte parte integrante di questo
“progetto” e se sono qui a scrivere la nota finale
dell'ultimo
capitolo è perché voi mi avete spronata a
continuare a scrivere e
non a mollare tutto dopo una manciata di capitoli.
Grazie,
grazie e ancora grazie, perché scrivere è
ciò che mi dà forza, e
il ricevere così tanto sostegno da voi non mi rende che
più sicura
di me.
Ora
dovrei scrivere qualcosa come “oddio, piango”,
perché, sì,
siamo giunti alla fine della nostra (amata?) WP.
Ma
voi conoscete il detto “chiusa una fic,
se ne apre
un'altra”?
(Ok,
l'ho inventato io).
Beh,
voglio solo dirvi di non disperare, perché sentirete ancora
parlare
di me.
E
non con una longfic nuova di zecca, con nuovi personaggi e nuove
situazioni, ma bensì con *rullo di tamburi* un
sequel.
Sì,
avete letto bene, Aliens.
Ci
sarà un sequel di questa storia.
Insomma,
non avrete mica pensato di liberarvi di me così? Mah.
Ora
vi lascerò qualche istante per assimilare la notizia.
Bene,
rieccomi.
Non
vi anticiperò nulla
di questo sequel, se non la copertina, che troverete alla fine della
nota e che già vi fa capire che i nostri Vera e Tom (i
Cooperlitz?
Dai, diamo loro questo nome) non saranno gli unici protagonisti della
storia.
E
poi ovviamente ritroveremo Bill, Madison, Lawrence, Marcy...
Aaaah,
ancora non me sono andata e già voglio tornare.
Beh,
credo di aver parlato
scritto abbastanza e di non aver più nulla da annunciare o
da dire,
se non un ulteriore e sincero grazie
dal profondo del mio cuore.
Non
so dirvi
quando pubblicherò la nuova fanfic, perciò
tenetevi pronte! Potrei
postare a un momento all'altro!
Nell'attesa,
però, potrei pubblicare qualche OS qua e là
– sapete che non so
stare ferma.
Ancora
grazie
per questo meraviglioso viaggio che abbiamo compiuto insieme, dallo
scorso aprile fino ad oggi.
Vi
aspetto tutte
quante alla pubblicazione di Gegen Jedes Gesetz!
Un
bacio
grandissimo
Heilig
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