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31 agosto
2005
Seguiva lo spartito senza battere ciglio, Hinata.
Nota dopo nota, la riga finiva, per seguirne un’altra altrettanto complicata.
Non dava segni di cedimento Hinata, non un sospiro tra una pausa e l’altra.
Le dita scorrevano veloci lungo l’argentato flauto traverso in una sequenza
premeditata, complicata, ma non abbastanza per Hinata.
Le persone davanti a lei seguivano quei movimenti estasiati, stregati.
Neanche loro riuscivano a chiudere e dischiudere le palpebre, poiché i
movimenti della ragazza li
attraevano come
il miele per le api.
Hinata Hyuga, 15 anni, una ragazza prodigio nel mondo ormai povero di artisti
veri come quello della musica.
Lei e il suo strumento producevano vera arte, un piccolo sollievo per il cuore
di chi l’ascoltava: il suo suono classico e armonioso allietava tutti, senza
distinzioni.
Quando anche l’ultima nota lievemente sfumava verso il silenzio, la stanza
risuonò di applausi, e una Hinata estasiata appoggiava lo strumento sulla sedia
di legno ormai consunto e velluto rosso ove poco prima il suo corpo era
adagiato, per inchinarsi gentilmente al suo piccolo pubblico, mentre quei ciuffi
ai lati del viso, che sempre le incorniciavano il viso pallido dalla bianca
carnagione, le ricadevano in avanti dolcemente.
Sì, Hinata Hyuga era proprio brava, e degna di frequentare quella scuola d’elitè
in pieno centro di Tokyo che i figli di papà da sempre frequentano, che
predilige la formazione musicale, me che alla fine riesce a fare un ottimo
lavoro con ben pochi.
Se non altro, la famiglia Hyuga poteva vantarsi di avere una figlia che
rientrasse nei “ben pochi”, e per una volta nella vita, Hinata non faceva
qualcosa solo per soddisfare i genitori, ma era anche una sua piccola ambizione
che, credeva, mai l’avrebbe abbandonata.
Si sedette tra due suoi compagni di classe ai quali rivolgeva poco la parola per
guardare un ragazzo con i capelli biondo ribelli e lo sguardo azzurro mare
prendere il posto che poco prima lei occupava, per esibirsi in un pezzo al
pianoforte con le mani tremanti di chi ha paura di sbagliare, nonostante si sia
impegnato a non vanificare sforzi che mai avrebbe pensato di fare.
Chiuse gli occhi lentamente la piccola Hinata, per godere di un udito migliore
concentrato sul pezzo che il giovane si apprestava a fare, con impressa come
ultima immagine quella del ragazzo che si stava sedendo in uno sgabello nero
davanti al grande strumento.
Pochi secondi e il pezzo cominciò a rimbombare prepotente nella sala. Hinata
continuava a tenere gli occhi chiusi estasiata dal suono del pianoforte, batteva
le dita contro le ginocchia tenendo il tempo del brano, ormai lo conosceva a
memoria. Quante volte lei e quel ragazzo biondo avevano provato assieme quella
melodia? Dopo minuti, il silenzio ricadde nuovamente nella stanza, e la ragazza
riaprì lentamente gli occhi e sussurrando lievemente un timido – Bravo Naruto…-
Le stesse persone che prima ascoltavano la
piccola Hinata, Naruto e altri studenti della scuola, ora erano in una sala
adiacente decorata in stile vittoriano, che consumavano un ricco buffet. Tutti,
ad eccezione di alcuni studenti che, ormai oberati dallo studio del proprio
strumento in preparazione a quell’esibizione, fumavano una sigaretta nella
terrazza dell’edificio, convinti che quello che facevano li facesse stare
meglio.- Non ne potevo più…- disse svogliatamente una ragazza dai lunghi
capelli color del sole, mentre faceva uscire dalla bocca del fumo grigio/bianco
che saliva verso il cielo, dissolvendosi pian piano. Un ragazzo accanto a lei
annuiva lentamente, mentre con la suola delle scarpe spegneva la sigaretta al
pavimento, quasi la sua esasperazione si volesse sfogare sul malcapitato
tabacco. I suoi capelli rossi, dapprima ben pettinati, erano stati brutalmente
scompigliati dalla propria mano libera dalla sigaretta ormai a terra.- Eddai
ragazzi non è stato male…- solo Hinata sembrava voler difendere le ore di
lezione passate in una stanza con poca aria condizionata per studiare in
previsione di quel giorno, che ormai lentamente sfumava nelle tonalità del
tramonto, ma non trovò sostegno da parte di nessuno dei suoi amici, che avevano
la testa abbassata in un profondo dissenso.
Quel grosso e ingombrante silenzio fu interrotto dall’entrata in scena di
Naruto che portava fra le braccia vittorioso alcune bottiglie di vino rosso
aperte.
- Gran bel colpo Naruto!- disse allegramente un ragazzo seduto al fianco di
Hinata. Naruto rispose mostrando il suo sorriso indisponente, mentre distribuiva
le bottiglie duramente conquistate agli amici sorridenti.
Soltanto Sakura, la ragazza dagli eclettici capelli rosa, rifiutò: suo padre la
scopriva sempre quando alzava un po’ il gomito; gli altri accettarono di buon
grado il vino appena offerto dalle cantine della scuola.
Sì, loro erano proprio un bel gruppo, e anche se numeroso erano tutti uniti, e
Hinata sperava che ciò sarebbe durato per sempre.
nel modo più felice del mondo…
“La felicità è un qualcosa di
Destinato a non
Durare…
Perciò non vale la pena
Di viverla Completamente…
Il rimorso di qualcosa
Che è finito
Ci farebbe solo
Stare peggio…”
Eugenio Montale
Proprio per questo le non sembrò vero di sapere che di lì a poco il suo
piccolo mondo fatto di amici e musica si sarebbe sgretolato in maniera così
brutale.
Tornati alla sala del ricevimento, il gruppo di amici si divise per raggiungere
le rispettive famiglie, in quella grande sala piena di brusii e risate forzate.
Hinata raggiunse la sua famiglia, i tacchi che aveva sulle ballerine producevano
un ticchettio fastidioso a contatto con il marmo del pavimento, e il rumore del
parlottare della gente le stava facendo venire un forte mal di testa. Prima di
rivolgere al padre uno dei suoi soliti finti e ben costruiti sorrisi, si girò
verso Naruto, che sbadigliava maleducatamente dietro una donna dai suoi stessi
tratti somatici.
Non un “brava, bella esibizione!”, o altri tipi di complimenti da parte del
padre, solo uno sguardo pieno di orgoglio misto a tristezza, rivelati dagli
occhi uguali a quelli della ragazza.
Il tragitto in macchina che la riportava in quella lussuosa villetta poco
fuori Tokyo fu silenzioso e destato soltanto da pochi e lievi sospiri del
giovane Neji, che sapeva qualcosa che la piccola Hinata trascurava. No, in quel
momento tutta la sua (poca) intuizione non esisteva, poiché lei fissava
solamente il padre, cercando un suo messaggio, un debole sussurro, un cenno d’intesa
o una qualunque cosa che le spiegasse la malinconia che l’uomo malcelava. Ma
il padre non faceva parola, e fissava il finestrino insistentemente.
Le porte di Villa Hyuga si aprirono, e Hinata entrò al fianco del padre, che la
condusse con un gesto nella sala adiacente all’ingresso, un piccolo salottino
pieno di orchidee, il fiore preferito della signora Hyuga.
-Vedi Hinata…- cominciò suo padre, appena chiusa la porta- il fatto è che
sei l’erede della nostra compagnia… E non posso permettermi di farti
spendere il tuo tempo prezioso per lo studio di ciò che erediterai in lezioni
di flauto traverso che mai ti saranno utili…- disse ciò in fretta, come
costretto, respirò a fondo e continuò – perciò, da lunedì, frequenterai
una nuovo scuola, di economia: mi dispiace…- le ultime due parole risuonarono
false nella mente di Hinata, che aveva gli occhi sgranati e lucidi.
-No- riuscì solamente a dire. Una sola sillaba che ne valeva mille, nel suo
piccolo cuore.
Il padre respirò a fondo nuovamente, e poi sempre più autoritario, disse -
niente no, tu ci andrai e basta. Hinata un giorno capirai- un giorno capirai...
quante persone avevano pronunciato inutilmente quella frase? Troppe volte era
stata sprecata.
E senza possibilità di replica Hinata se ne andò da quella stanza degli
orrori.
Corse, corse, e corse ancora per tutta quella sua immensa casa, fino a
raggiungere la sua cameretta. Si fermò davanti alla porta, ammirando il suo
piccolo mondo, e fu subito presa da rabbia. Scaraventò a terra il computer
portatile sopra la scrivania, aprì l'armadio e buttò a terra tutti i vestiti,
insieme a libri, cd e qualunque cosa ci fosse in camera sua.
Si fermò solamente davanti ad una scatola nera, che conteneva la sua vita: il
suo amato flauto traverso. Solo allora pianse, copiose lacrime le rigarono il
volto, e il poco trucco che aveva le colava nelle guance. Si mise a sedere in
terra e lentamente singhiozzava.
Neji, dall'altro lato della porta, sentiva la cugina piangere, ma la sua mano
non voleva andare alla maniglia della porta per aprirla e consolarla. Quella era
la vita degli Hyuga, ma fortunatamente lui non doveva abbandonare i suoi
sogni...
La vita di Hinata si stava lentamente sgretolando, e lei non poteva far nulla
per evitare tutto ciò.
Oppure si?
Avrebbe fermato il tempo, avrebbe avuto eternamente 15 anni, sarebbe sempre
stato il 31 agosto di quel caldo 2005. Sarebbe rimasta chiusa nella sua camera, distrutta com'era. Il tempo lì non
sarebbe mai esistito in nessuna forma.
C'era solo lei, e le sarebbe bastato.
Prima di chiudere definitivamente la porta, Hinata portò fuori dalla stanza
il flauto traverso, appoggiandolo nel pavimento del corridoio con un tonfo
sordo.
Lì sarebbe rimasto per tanto tempo.
1.1 31/08/2005 Start Of The Nightmare {Hinata}
Fine
Cassie's corner:
Per chi non lo sapesse, in Giappone il fenomeno
degli "Hikikomori" è molto frequente. sono ragazzi che rifiutano la
società nella quale si ritrovano e si rinchiudono in camera loro. Coprono le finestre
della propria camera con carta nera per non vedere la luce del sole, vivono di
lavoretti su internet, sono eterni bambini. Chiedo scusa per questo inizio
triste...ç__ç (tanto la storia si sistema per il meglio vero? è__é ndHinata)(emh...s-si...ndCassie),
ma erano le esigenze del copione! U__U
Spero vi piaccia, grazie a tutti quelli che
recensiscono ( o che leggono semplicemente ^_^")