AU Bar
Mani. Sveglia. "Spegnila". Cuscini.
Bass, occhi blu, sorriso, luce, risate, "Buongiorno", tepore,
caffè, sole, finestre aperte, mattina, capelli spettinati,
"Vieni qua".
Miles, sonno, "Stamattina non mi alzo", occhi chiusi, calzini spaiati,
barba di due giorni, magliette sparse in giro, stirarsi, sbadigliare,
girarsi dall'altra parte.
Di nuovo Bass, doccia, profumo di sapone, suono di passi, "Sbrigati,
dai", carezze, "Ti amo", jeans e scarpe, "Non si trova mai niente qua
dentro", e ancora Miles, "Sei sempre di fretta, fermati", chiude Bass
contro il muro, baci dati per forza, leggera lotta, e Bass che ride,
"Mi fai cadere, smettila", e Miles, presa da rugbista, lo rovescia sul
letto come un cesto di piume, "Voglio fare l'amore con te", gemiti,
dita intrecciate, solletico, piacere, baci sul collo, sulle guance,
abbracci, "Forse ora dovremmo alzarci", "Hai ragione", ancora un bacio,
Bass che scivola fuori dal letto rapido e silenzioso come un gatto,
sorriso disarmante; Miles rinuncia a poltrire e si decide ad alzarsi.
Arrivarono al bar in orario, nonostante i piccoli "rallentamenti" mattutini.
Miles si stropicciò gli occhi ancora sbadigliando, salì
le scalette, infilò la chiave nel nottolino e tirò su la
serranda, mentre dietro di lui sentiva il tintinnio delle chiavi che
Bass stava tirando fuori dallo zainetto.
Bass s'infilò dentro quando la saracinesca era ancora a
metà, aprì la porta. Mentre piano piano si svegliava,
Miles sorrise. Bass appena sveglio era qualcosa a cui non riusciva a
resistere. Trovava sempre il tempo di fare l'amore con lui, la mattina,
anche se andavano di fretta. "Tu non esci da questo letto finché
non lo dico io", gli aveva detto una volta, ridendo. Un'altra di quelle
volte in cui erano in ritardo.
Buio. Miles ancora non si sapeva orientare nel locale anche se lo
gestivano ormai da un anno; Bass invece si muoveva a suo agio
nell'oscurità che conosceva, andò ad accendere le luci.
Il posto era semplice ma ben tenuto, ricordava un po' i vecchi pub
irlandesi.
Bass si tolse lo zainetto dalla spalla, si tolse la giacca, sorrideva.
Era sempre felice di fare quelle piccole cose che avviavano il lavoro
di tutta una giornata. Sparì sotto il bancone.
- Birra finita, - disse, disappunto, sopracciglia lievemente aggrottate.
- Alle dieci passo a prenderla, - Miles lo seguì dietro il
bancone, dopo essersi tolto a sua volta la giacca ed essersi tirato su
le maniche.
Pulirono la macchina del caffè. Miles diede una spazzata per
terra mentre Bass tirava giù le sedie dai tavoli, infine
passarono il panno sul bancone. Bass guardò Miles, assorto a
lucidare i bicchieri, con un sorriso lieve che si allargava piano
piano. Lo raggiunse di soppiatto e lo abbracciò da dietro, mosso
improvvisamente da un desiderio di contatto che lo stava facendo
tremare sulle gambe. Miles si voltò, lo abbracciò a sua
volta, lo baciò sulla testa.
- Cosa c'è, - gli chiese, respirando il suo profumo, - carenza d'affetto?
Bass ridacchiò, contro la sua spalla, stringendoglisi addosso.
Restarono ad accarezzarsi in silenzio per un po'. Era bello prendersi
cinque minuti di tranquillità prima di iniziare, trasformare un
luogo pubblico nel loro spazio privato. Quel luogo era la loro piccola
isola felice. Era stata dura arrivarci.
Miles ricordava tutto fin troppo bene.
Avevano cominciato a infastidirli a scuola con piccoli dispetti, isolandoli, gettandoli poco per volta ai margini.
Poi avevano cominciato con cose più pesanti. Botte, scritte
oscene sulla porta di casa, insulti per strada, libri bruciati,
preservativi usati nella cassetta delle lettere e negli armadietti,
inseriti attraverso le fessure.
Avevano dovuto sopportarne di tutti i colori. Qualcuno aveva messo in giro delle voci. Ed erano cominciati i guai.
Miles reagiva: agli insulti con gli insulti, alle botte con le botte.
Non aveva nessuna intenzione di farsi mettere i piedi in testa, non
gliel'avrebbe data vinta. Cercava di essere forte abbastanza per
entrambi.
Bass non ce la faceva. Più la situazione si aggravava,
più per lui diventava difficile andare avanti. Erano diversi,
Miles e Bass. Il primo scaricava la rabbia all'esterno, era capace di
correre dietro a quegli stronzi per gonfiarli di botte come se nulla
fosse, anche se magari poi ci beccava; Bass invece si lasciava ferire,
non era in grado di gestire tutto quel disprezzo, non riusciva a
capacitarsene.
Miles aveva sempre amato il lato ingenuo e candido di Bass. Non vedeva
il male nel mondo, si fidava delle persone, era sempre sorridente. Non
riusciva a concepire l'idea che una persona potesse fare del male a
un'altra perché non faceva quello che le dicevano di fare.
Miles cercava di difenderlo, di sostenerlo, di farlo sentire protetto,
di attutire la violenza che si stava stringendo loro intorno, ma Bass
soffriva ugualmente.
Aveva cominciato a piangere tutti i giorni, la sola idea di andare a
scuola lo terrorizzava. Nel giro di tre mesi era diventato un'ombra.
Non mangiava, non dormiva, non riusciva a fare niente. Miles si sentiva
morire, dentro, perché lo vedeva arrendersi e voleva
impedirglielo, ma non sapeva cosa fare.
Bass cominciò a soffrire di febbri frequenti. Era come se il suo
organismo fosse arrivato al limite, gli creasse degli ostacoli per non
farlo avvicinare a quella situazione che gli creava così tanta
angoscia. Spesso la mattina stava male e non andava; Miles restava a
casa con lui per accudirlo, gli diceva che dovevano reagire, che se si
fossero lasciati sottomettere quella storia non sarebbe mai finita.
Un giorno Miles tornò a casa, all'ora di pranzo, pestato e sanguinante. Aveva un sopracciglio e uno zigomo spaccati.
Gli stronzi lo avevano infastidito sulla strada di casa.
- Frocio di merda, succhiacazzi, rottinculo!
Cercò di ignorare gli insulti, continuò a camminare. Era
un esercizio di calma che richiedeva tutta la sua pazienza e
concentrazione.
Riuscì benissimo, almeno finché non tirarono in ballo Bass.
- Cosa fai, vai a scoparti la tua principessina? Dev'essere brava a letto, la sgualdrina.
In un attimo, gli era andato il sangue in testa.
- Mai quanto quella vacca di tua madre, testa di cazzo!
E gli aveva tirato il primo cazzotto, che aveva spento le luci al bulletto e aveva dato inizio alla zuffa.
Bass era tornato a casa prima perché aveva un po' di nausea. Si
era messo tranquillo in soggiorno a leggere un libro, ma quando lo
aveva visto tornare in quel modo era sbiancato, era corso subito da
lui.
- Miles, Miles, che è successo??? Stai bene? - I suoi occhioni
blu erano spalancati e preoccupati. Miles gettò pesantemente lo
zaino a terra, Bass si strinse forte a lui, con le lacrime agli occhi.
- Non è successo niente, sto bene... - cercò di
tranquillizzarlo. Tutto inutile: l'altro era scoppiato a piangere a
dirotto. Lo baciò sulla testa, passò le dita sulle sue
guance per asciugargli le lacrime. Bass non accennava a fermarsi,
sussultava come se avesse le convulsioni. Era troppo. Aveva paura.
Miles si sentì spezzare a sentirlo piangere così di
cuore.
- Ti prego... Andiamo via da qui... - singhiozzò, tremando
forte. Non poteva sopportare che facessero del male a Miles. E se un
giorno gli fosse successo qualcosa? Che avrebbe fatto? Non poteva stare
senza di lui. Era la persona che amava di più al mondo, era la
sua famiglia. Era tutto quello che gli serviva per essere felice. Miles
era il suo punto di riferimento, la sua sicurezza; era la sua vita.
Miles lo accarezzò, cercando di confortarlo. Doveva farlo. Doveva portarlo via da lì, era la soluzione migliore.
- Ancora un mese e mezzo. Un mese e mezzo, Bass. Ci diplomiamo,
troviamo un cazzo di lavoro e ce ne andiamo da questo posto di merda, -
disse, passando le dita tra i suoi riccioletti. - Anzi, no, sai che
facciamo? - continuò. - Ci dividiamo i compiti. Io vado a
lavorare e tu pensi solo a riprenderti, a stare meglio. -
Accarezzò le sue guance leggermente scavate, segno di troppe
notti insonni e di nervosismo che gli chiudeva lo stomaco, gli impediva
di mangiare. - Ci penso io a te, pulcino. - Lo strinse affettuosamente
a sé. L'altro tremava ancora. - Te lo prometto.
- Ho paura, Miles-- Ho paura che ti succeda qualcosa... - disse Bass, la voce che tremava, attutita contro la spalla dell'altro.
- Non mi succederà niente, non avere paura. Non può
succedermi niente perché sono il tuo cazzutissimo angelo
custode, e il mio compito è proteggerti. - Gli posò
entrambe le mani sulle guance, lo obbligò ad alzare lo sguardo
su di lui. Miles per un attimo trattenne il respiro davanti a quegli
occhi bellissimi, ora arrossati e pieni di lacrime. Cercò di
mostrarsi il più calmo possibile per infondergli un po' di
sicurezza.
- Andrà tutto bene, Bass. Un mese e mezzo, e poi ce ne andiamo
da qua. Te l'ho promesso. Dobbiamo solo tenere duro per un altro po'. -
L'altro tirò su col naso, l'aria smarrita di un ragazzo tornato
improvvisamente bambino. Miles lo baciò delicatamente sulla
fronte. - Me lo fai un sorriso, ora? - si sforzò di sorridere
per primo, anche se questo voleva dire sentire di nuovo pulsare la
fottuta ferita sullo zigomo, porca puttana. Bass annuì, e si
sforzò a sua volta. Miles lo baciò ancora e poi si
scostò leggermente, si tolse la giacca e gli passò un
braccio intorno alle spalle, guidandolo di nuovo verso il soggiorno.
- Allora, ti è passato poi il mal di stomaco? - chiese, cercando di cambiare discorso. Bass scosse la testa: - Insomma...
Miles lo fece sedere, Bass lo guardò.
- Stai qua. Vado a preparare qualcosa da mangiare, magari è fame.
- No, ci penso io! - Bass si era rialzato, gli aveva dato un bacio
sulla guancia. - Tu stai qua, stai messo peggio di me. E vado a
prenderti qualcosa per disinfettarti le ferite, mmm?
Era sparito prima ancora che potesse dire una parola. Avevano passato
il pomeriggio abbracciati, dopo aver sgranocchiato qualcosa. Bass aveva
insistito per medicarlo lui anche se Miles voleva fare tutto da solo, ma
alla fine l'aveva avuta vinta Bass. Quando ebbe finito, Miles lo
guardò, e senza preavviso lo prese tra le braccia e lo
coprì di baci. Bass rideva, Miles poteva sentire quanto
quell'improvvisa manifestazione d'affetto lo riempisse di
felicità, lo distraesse dall'angoscia che aveva provato poco
prima. Aveva sentito un inarrestabile moto di tenerezza verso quello
scricciolo arruffato che aveva insistito per prendersi cura di lui, non
era riuscito a trattenersi. Tutte le volte che lo abbracciava gli si
stringeva il cuore nel sentirlo così debole e smagrito, ma
sapeva che una volta trovata un po' di tranquillità le cose
sarebbero tornate normali, e anche Bass avrebbe smesso di stare male.
- Che ti prende? - aveva chiesto Bass, ridendo, intrappolato tra le sue
braccia. Gli piaceva. Gli piaceva da morire quando Miles lo circondava,
lo teneva stretto, lo baciava e lo riempiva di carezze.
- Ti amo, - sussurrò Miles sul suo orecchio, prima di riprendere
a baciarlo, senza lasciarlo andare. Bass sparì nel suo
abbraccio, si strinse forte a lui con un sorriso che avrebbe illuminato
a giorno la notte più scura.
- Ti amo anch'io, tanto, - rispose, inspirando a fondo il suo profumo e
chiudendo gli occhi. Era una cosa che lo faceva sentire al sicuro, fin
da quando era piccolo, e che avrebbe fatto sempre, anche dopo, tutte le
volte che aveva bisogno di tranquillizzarsi.
Quel pomeriggio era stato l'inizio di un cambiamento.
Si misero a studiare seriamente e un mese e mezzo dopo, come Miles
aveva pianificato, si erano diplomati. Il giorno subito dopo Miles
aveva cominciato a cercare un lavoro, ed era finito a consegnare pizze
porta a porta.
- Non è un granché, ma meglio di niente, - aveva detto,
sorridendo, a Bass. Aveva messo da parte un po' di stipendi, e quando
ebbero abbastanza soldi tornò a casa da Bass con una cartina del
loro stato, gli coprì gli occhi con le mani e gli fece scegliere
un posto a caso.
Si trasferirono a un centinaio di chilometri di distanza. Ai loro
genitori dissero che volevano andarsene perché il posto in cui
vivevano non offriva possibilità.
Affrontarono il trasloco con entusiasmo. L'appartamento era piccolo e
completamente vuoto, in affitto. La sera in cui portarono le loro prime
cose, fecero l'amore sul pavimento in mezzo agli scatoloni.
Bass cominciò a stare meglio giorno dopo giorno. Cambiarono
duecentomila lavoretti, senza mai stancarsi. Tornavano a casa la sera
con una leggerezza dentro che non avevano mai avuto. Alla gente di quel
posto non fregava niente del fatto che vivessero insieme, nessuno dava
loro fastidio.
Un giorno passarono davanti ad un locale vuoto che un tempo era stato
un colorificio. C'era un cartello con su scritto "Affittasi". L'idea
era frullata in mente a tutti e due, sul momento, ma avevano rimandato
la discussione alla sera, quando si accoccolarono sul divano a guardare
un film.
Miles fu il primo a tirare fuori la questione.
- Ma come facciamo? Ci vorranno un sacco di soldi per fare una cosa del
genere, e poi la licenza, e poi è da mettere a posto... - Bass
era un po' eccitato e un po' spaventato, ma la prospettiva gli piaceva.
- Facciamo qualche sacrificio in più, almeno per un altro po'.
Magari ci metteremo qualche mese a fare tutto, ma ne sarà valsa
la pena! Vuoi mettere? Potremmo lavorare fianco a fianco tutto il
giorno. Niente più orari impossibili, e giornate intere senza
vederci. E poi, quando ci va, molliamo tutto e ce ne andiamo da qualche
parte, lasciamo che se ne occupino gli altri. È il bello di
avere qualcuno che lavora per te, no? - Miles era stato convincente.
Messa così, a Bass sembrava il paradiso.
Avevano preso la decisione.
Circa sei mesi dopo, il "Misfire" aveva aperto per la prima volta.
Dopo circa una mezz'oretta, il bar aveva cominciato a lavorare a pieno
regime. C'erano un sacco di pendolari che venivano a svegliarsi con un
caffè prima di prendere il treno, gente che stava per andare in
ufficio e ragazzini che magari saltavano la prima ora di scuola per
fare colazione tutti insieme. La macchina del caffè rombava come
se fosse sul punto di esplodere. La quantità di lavoro era
così tanta che chiunque altro avrebbe dato di matto dopo un'ora
al massimo; Bass invece serviva tutti con un sorriso, non era mai
stanco, e regalava caramelle e dolcetti ai piccoli clienti. Non stava
mai fermo. Miles cercava di tenere il passo, anche se era impossibile
stargli dietro. Avevano preso una specie di tacito accordo per cui il
momento della colazione era quello in cui chi lavorava di più
era Bass; poi Miles gli diceva di mettersi a sedere e si occupava della
marea di gente che veniva a pranzare da loro, serviva gli avventori del
locale e anche quelli ai tavoli esterni; Bass lo scrutava dallo
sgabello mentre lucidava i bicchieri o preparava una bibita, e rideva
nel vederlo sgusciare goffamente tra i tavoli, sempre sul punto di far
cadere tutto. Il pomeriggio, per qualche ora, l'affluenza
diminuiva, e Bass riprendeva ad assistere Miles nelle piccole faccende.
Poi arrivava la sera, e il locale si riempiva di nuovo di gente
smontata dal lavoro, di amici che si riunivano a bere e chiacchierare.
Scambiavano qualche battuta con tutti, la gente era simpatica e a poco
a poco avevano imparato a farsi voler bene da tutti. Si sentivano bene.
Spesso la sera erano stanchi, ma erano felici.
Quasi sempre, dopo la chiusura, era Miles a guidare, e Bass si
addormentava sul sedile accanto. Arrivavano a casa, si scambiavano baci
e carezze e facevano l'amore, poi crollavano. Al buio, a volte, Miles
sfiorava Bass con lo sguardo, una carezza invisibile dalla testa ai
piedi. Era rinato. Si era di nuovo dischiuso, come un fiore fragile e
bellissimo, riaprendosi piano alla vita. Buttarsi insieme in
quell'impresa aveva fortificato ancora di più il legame che
c'era tra loro. Avevano sopportato ingiustizie, dolore, e poi
stanchezza, difficoltà, momenti di sconforto, ma si erano
sostenuti a vicenda ed erano riusciti a costruirsi intorno un piccolo
mondo in equilibrio, dove tutto funzionava e i brutti momenti erano
solo un ricordo. Miles si incantava a guardarlo e ogni volta realizzava
di essere completamente perso per Bass. Era una parte indivisibile di
lui. Era la persona che amava di più al mondo. Era quel bambino
che all'asilo aveva cominciato a chiamare "pulcino". Era il suo amico,
il suo fratellino piccolo, il destinatario di tutto il suo amore. Non
desiderava nient'altro.
NOTE:
Rieccociiii :) A breve distanza di tempo, direi!
Ho ritrovato questo pezzo di storia in mezzo agli altri e ho deciso di pubblicarlo :) L'immagine a cui accennavo e' questa: http://25.media.tumblr.com/a0f9e2fc0dc401b69a5c40b1e9b1f1a9/tumblr_mvvlal77fD1qeq9u0o1_500.png
Spero vi sia piaciuta anche se stavolta ho inserito qualche
"complicazione" in più....! Però sono del parere che il
lieto fine si gode meglio se bisogna faticare un po' per arrivarci!!!
Non so se la continuerò, aspetto suggerimenti (e soprattutto dei ritagli di tempo per scribacchiare u.u)
Un abbraccio a tutti quelli che leggeranno,
A :)
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