«Dannato polso.»
imprecò tra i denti.
«Che succede?»
chiese una familiare voce morbida.
Si voltò verso la porta e
trovò Mr. Barrow – Thomas, per lui
era Thomas – appoggiato allo stipite, le braccia incrociate
sul petto e
un’espressione curiosa sul viso.
«Mi sono fatto male al
polso aprendo un barattolo.» borbottò
massaggiandosi la parte lesa.
«Aprendo un
barattolo?»
si morse un labbro ma Jimmy riuscì lo stesso a percepire la
sua risata.
«Non proprio aprendolo, ma
poi… beh, l’ho lanciato in aria e
cercando di riprenderlo siamo caduti sia io che il barattolo. Lui si
è rotto,
io spero di no.»
Questa volta scoppiò
definitivamente a ridere.
«Grazie per la compassione,
Thomas.»
«È Mr. Barrow,
ora.» lo corresse più per abitudine che per
altro.
«Il concetto non
cambia.»
Alzò gli occhi al cielo e
si staccò dallo stipite della
porta «Fammi vedere.»
«Cosa?»
«Un gattino. Il polso,
idiota.» sospirò.
«Oh.»
realizzò e senza protestare sporse il braccio verso di
lui «Cosa pensi di vedere?»
«Che tu ci creda o no mi
ero arruolato nel corpo medico,
qualcosa l’ho imparato.» gli prese delicatamente il
polso tra le mani e Jimmy
sussultò «Sono un dottore, Jimmy.»
sospirò. Possibile che non fosse ancora
riuscito a superare quella storia? Non che lui l’avesse
propriamente fatto, ma
doveva proprio sobbalzare in quel modo quando stava solo cercando di
aiutarlo?
«Sarai anche un dottore ma
mi fai male lo stesso.» si
lamentò, e guardò confuso lo sguardo stupito che
Thomas gli rivolse «Cosa?»
«N-niente.»
scacciò via ciò che stava pensando con un cenno
della testa «Stai fermo e fammi vedere bene.»
«Ma fa male....»
pigolò quasi con le lacrime agli occhi.
«Hai la soglia del dolore
di una ragazzina.»
«Non è
vero!»
«Quando mi hanno sparato
alla mano mi sono lamentato meno.»
«Quando ti
sei fatto
sparare alla mano. Ahia!» esclamò quando
l’altro fece più pressione sulla parte
ferita.
«Te lo sei
meritato.»
«Vero.» ammise
«Ora, prima di staccarmi la mano dal polso,
potresti allentare la presa? Penso di aver imparato la
lezione.»
«Che lezione?»
«Che non ti si deve dire
come stanno le cose.»
«Mi sembra che tu sia
piuttosto bravo in questo.» borbottò
tra i denti.
«Mi dispiace.»
sussurrò guardando le sue dita lunghe e
pallide che si stavano prendendo cura del suo polso.
Non disse niente, si
limitò solo a studiare le condizioni
dell’articolazione con scrupolo, come se si fosse trattato di
un paziente
sconosciuto «Mi sembra che sia solo slogato, niente di rotto.
Se vuoi posso
sistemartelo.»
«Come?»
«Bisogna far tornare
l’articolazione al suo posto.»
«E
fa…?»
«Male?
Parecchio.» sogghignò alla sua espressione
semi-terrorizzata.
«E… e se lo
lasciassimo così?»
«Farà male
più a lungo e forse non tornerà a
posto.» si
strinse nelle spalle «Se non vuoi una mano vado a fare
qualcosa di utile.»
estrasse un pacchetto di sigarette dalla tasca e si diresse verso la
porta che
dava sul retro.
«No, aspetta.» lo
richiamò «Mi prometti di fare piano?»
Thomas si fermò ma non si
voltò, aveva bisogno di un attimo.
Quella frase aveva già immaginato di sentirla pronunciare da
quelle belle
labbra soffici, ma non di certo in quel contesto «Ehm,
certo.» si schiarì la
gola e tornò da lui «Siediti.»
«Non
posso…?»
«Siediti.»
consigliò con un sogghigno dettato
dall’esperienza.
«Se sei convinto che sia
necessario…» prese una sedia con la
mano sana e ci si accomodò sopra.
«Conoscendoti e conoscendo
cosa devo fare ne sono più che
convinto.» si sedette sulla sedia di fronte alla sua e gli
fece posare il
bracco sul tavolo «Ora non pensarci, cercherò di
fare il più piano possibile ma
non ti garantisco niente.»
Annuì, spaventato
più dall’attesa del dolore che dal dolore
stesso, ma lasciò che Thomas prendesse il controllo della
situazione,
affidandosi alle sue mani.
«Vuoi qualcosa da
mordere?»
«Ma figuriamoci
se… Ah!» urlò quando iniziò
appena a
tirargli il posto per far tornare a posto l’articolazione
«Avevi detto che
facevi piano!» protestò con le lacrime agli occhi.
«Difatti ti ho appena
toccato, principessa.» lo prese in
giro.
«Smettila, mi stai facendo
male e in più ti prendi gioco di
me!»
«Cosa sta succedendo
qui?» chiese la voce inquisitoria di
Carson affacciandosi nella sala comune.
«Niente, Mr. Carson,
qualcuno semplicemente non sopporta il
dolore.»
«Questo non è
vero.» Jimmy tirò su con il naso, rovinando
del tutto il senso della propria frase.
«Perché state
facendo piangere James?» domandò aggrottando
la fronte.
«Io non sto
piangendo.»
Fu ignorato.
«Sto cercando di
sistemargli il polso in modo che possa
tornare a fare il suo lavoro, ma l’unico modo in cui si
rimette in sesto un
polso slogato è piuttosto doloroso.»
«Quanto meno ora
è a posto?»
«Non ho ancora nemmeno
iniziato.»
«Ah no?» chiese
Jimmy senza riuscire a nascondere un’aria
sconsolata.
«Se si sta già
comportando così già ora fatemi il favore di
allestire la vostra infermeria in un posto più appartato,
non voglio che
qualche cameriera si spaventi.» lanciò
un’occhiata indecifrabile al biondo e
poi uscì.
«Ecco, grazie, adesso pensa
che io sia una povera ragazzina
spaventata.» sbuffò abbandonandosi contro lo
schienale della sedia.
«Tu sei
una povera
ragazzina spaventata.» gli fece notare con una risata
accendendosi una
sigaretta «Allora, vuoi ancora che ti aiuti o no?»
«Sì, ma non
qui.»
Inarcò un sopracciglio
«Dove allora?»
«Non lo so, ma non qui
dentro, è meglio trovare un posto
isolato.»
“Tu? In un posto isolato
con me? Sul serio?” pensò cercando
però di non darlo a vedere «Hai un’idea
sul dove?»
«No. Tu sei qui da molto
più tempo di me, non conosci un
qualche posto in cui possiamo nasconderci e in cui non ci sia nessuno a
prendermi in giro?»
«Io ti prenderò
in giro lo stesso, sappilo.»
«Beh, nessuno a parte te,
tu vai bene.» si strinse nelle
spalle e arrossì vagamente intuendo come avrebbero potuto
essere lette le sue
parole, ma non fece niente per ritrattare.
«Forse un posto ci
sarebbe…» disse dopo qualche momento di
silenzio.
«Allora andiamoci. Dove si
trova?»
«Un po’ lontano
da qui, se partiamo adesso Carson non si
arrabbierà nemmeno perché avremo fatto
tardi.»
«Perché dovremmo
fare tardi?»
«Perché stiamo
parlando di Carson: se non sei insieme a lui
stai facendo tardi.»
Si mise a ridere, poi si
alzò e seguì Thomas alla porta
visto che ormai lui si era avviato «Mi dici dove stiamo
andando?» chiese dopo
un attimo.
«C’è
una piccola costruzione nel bosco, un capanno diciamo.»
«E tu come lo conosci? Non
sei un giardiniere.»
«Ho…
è una storia lunga.» non gli sembrava il momento
di
raccontargli di quando ci aveva chiuso Isis dentro.
«Quanto ci vuole ad
arrivare?» domandò dopo un po’
trotterellandogli dietro.
«Sarà la quarta
volta che me lo chiedi. Ancora un po’.»
«Mi devi fare
così male al polso per sistemarmelo da dovermi
portare in un’altra contea?»
Alzò per
l’ennesima volta gli occhi al cielo «No, ma non ci
sono posti che siano a metà distanza, quindi fatti andare
bene questo o tieniti
il polso che fa male e Carson che ti guarda male a ogni pasto che non
puoi
servire.»
«Non è il caso
di essere così acido.»
«Io non sono
acido.»
«Ah no? A volte mi sembra
di parlare con un limone.»
«Quando la vita ti
dà tanti limoni…»
«Ti fai una limonata, non
diventi così.»
«Possiamo cambiare
discorso?» domandò stanco di affrontare
quella conversazione con Jimmy; la sua vita non era stata delle
più facili,
anzi, era stata costellata da continue delusioni che lo avevano portato
a stare
ogni volta peggio, ma non aveva assolutamente intenzione di mettersi a
parlarne
con Jimmy visto che proprio lui era la causa delle ultime sue
sofferenze.
«Non vedo
perché.»
«Perché lo dico
io.» lo zittì «Ecco, siamo
arrivati.» gli
posò una mano sul braccio e lo vece svoltare a sinistra
verso il capanno
nascosto dalle fronde.
«Non potevamo sederci nel
bosco e basta?»
«Non ho voglia di sporcarmi
con della terra solo per
metterti a posto il polso.»
«Dimentico sempre la tua
gentilezza.» gli diede un pugno sul
braccio a cui Thomas rispose spintonandolo, e a breve finirono con
l’ingaggiare
una vera e propria lotta scherzosa sul sentiero davanti al capanno; il
moro
provò a farlo smettere e a condurlo all’interno,
ma Jimmy dopo un paio di passi
inciampò e cadde a terra trascinandolo con sé,
finendo con atterrare su di lui
in mezzo all’erba alta, le labbra premute per sbaglio contro
le sue.
Thomas provò subito ad
allontanarsi da quel contatto così
sconveniente che temeva avrebbe portato l’altro a non
rivolgergli di nuovo la
parola per chissà quanto tempo, ma Jimmy approfittando del
fatto di trovarsi
sopra di lui premette con più decisione le labbra sulla sua
bocca socchiusa per
la sorpresa; facendo attenzione a non appoggiarsi al polso dolorante si
spostò
leggermente, riuscendo così ad accomodarsi sul petto di
Thomas che si alzava e
abbassava velocemente sotto il suo peso.
Passò la punta della
lingua sul suo labbro inferiore, ma
Thomas non rispose nemmeno a quello, rimanendo immobile
«Beh?» chiese confuso
sollevandosi sul braccio sano.
«T-tu sei solo caduto,
niente di più, non c’è niente di
diverso, è…» fu zittito dalle labbra
dell’altro che andarono a chiudergli la
bocca.
«Ora non sono caduto, non
sono scivolato, non sono
inciampato.» soffiò contro le sue labbra prima che
Thomas si sporgesse verso di
lui e si decidesse finalmente a baciarlo in modo decente, in un modo
che lo
fece mugolare di piacere per quel bacio che non aveva niente di simile
a quegli
sciapi contatti con Ivy o con qualunque altra ragazza prima. Non
poté
trattenersi dal passargli entrambe le braccia dietro al collo per
annullare
quella minima distanza che ancora si trovava tra di loro.
«Cosa significa tutto
questo?» chiese Thomas quando si
separarono, entrambi a corto di fiato.
«Non lo so, giudica
tu.» gli posò un bacio sull’angolo della
bocca e non lasciò andare la presa delle proprie braccia per
quanto il polso
gli facesse male in quella posizione.
«Sappiamo entrambi cosa
è successo l’ultima volta che sono
stato io a giudicare, preferirei non commettere lo stesso
errore.» allungò una
mano verso il suo viso e Jimmy vi andò incontro come un
gatto.
«Posso assicurarti che
questa volta sarà diverso. E giuro
che se spunta di nuovo Alfred questa volta gli spacco la
faccia.»
Thomas rise e gli passò
una mano tra i capelli dorati
«Quindi cosa devo capire questa volta?»
«Che baciarmi mentre dormo
senza chiudere prima la porta non
è la migliore delle idee,» si liberò
della mano tra i propri capelli solo per
poter raggiungere le sue labbra e lasciarvi un lungo bacio
«Ma che va più che
bene se non c’è nessuno nei dintorni.»
Sorrise felice, e Jimmy si rese conto
che quella era forse
la prima volta che lo vedeva sorridere in quel modo; non che quando
erano
insieme non sorridesse, non intendeva questo, ma quello era un sorriso
diverso,
uno di quei sorrisi che non restavano circoscritti alla zona delle
labbra ma
che contagiavano anche gli occhi solitamente freddi di Thomas.
«Cosa
c’è?» chiese il moro vedendolo assorto,
pensando già
al peggio.
«Stavo solo
pensando.»
«A cosa?»
«A niente.» gli
si strinse di nuovo contro andando ancora
una volta a baciarlo, scacciando così
quell’espressione preoccupata che aveva
visto disegnarsi sul suo viso non appena aveva iniziato a pensare che
ci fosse
qualcosa che non andava. Presto si ritrovò con la schiena
appoggiata a terra, e
doveva ammettere che anche se pensare di stare in una posizione simile
qualche
tempo lo avrebbe spaventato il polso andava decisamente meglio ora che
poteva
posarlo a terra senza doversi appoggiare sopra ad esso;
lasciò tranquillamente
che Thomas gli facesse stendere le braccia all’indietro sul
prato mentre
continuava a baciarlo dolcemente ma allo stesso tempo con frenesia,
quasi
avesse paura che cambiasse idea e volesse assaporare ogni momento.
Quello che
non sapeva era che Jimmy, dopo aver finalmente trovato il coraggio di
compiere
quel passo, non si sarebbe più certamente tirato indietro.
«Ah!»
esclamò mentre lacrime di dolore iniziavano a
pungergli gli occhi «Cosa hai fatto?» chiese
confuso riportando verso il basso
il polso dolorante.
«Ti ho sistemato il polso
mentre non te ne accorgevi.»
sogghignò soddisfatto puntellandosi su un gomito.
«Per tua sfortuna me ne
sono accorto…» borbottò
massaggiandosi il polso che a ben vedere però non faceva
più tanto male.
«Io non mi sono accorto di
niente.»
«Oh, certo, tu
no.»
Alzò gli occhi al cielo e
gli prese il polso tra le mani,
lasciandovi una serie di baci che fecero arrossire il biondo
«Meglio?»
«Forse…»
sorrise incapace di trattenersi dal farlo «Toglimi
una curiosità: questo metodo lo usavi con tutti i
pazienti?»
«No.» rise
«Ma devi ammettere che ha funzionato. Da come hai
reagito prima quando ho provato anche solo a esaminarti il polso ho
pensato di
doverti far ubriacare e svenire per poterti sistemare senza che
qualcuno
pensasse che ti stavo ammazzando.»
«Sappiamo entrambi che non
è un bene quando io bevo troppo…
E poi non ho fatto così tante storie.»
«Se ti fa piacere
crederlo…» gli concesse baciandolo
perché
non ribattesse «Forse siamo rimasti un po’ troppo
qui.»
«Mi piace stare
qui.» protestò catturando le sue labbra tra
le proprie ancora una volta.
«Ma qualcuno ci verrebbe a
cercare, e questa volta non ci
sono cariche disponibili da assegnarmi per non licenziarmi visto che il
posto
di maggiordomo è occupato, ma forse sapendolo a Carson
verrebbe un infarto,
quindi…»
«Ho capito,
torniamo.» rise.
«Ecco.» si
alzò e gli porse una mano che Jimmy accettò, e
una volta rialzatosi non poté fare altro che finirgli di
nuovo tra le braccia.
«Qualcosa mi dice che avrei
dovuto slogarmi il polso prima.»
sussurrò contro le sue labbra.
«Mai stato più
d’accordo.» gli passò le braccia attorno
alla
vita e lo strinse ancora una volta a sé
«Andiamo.» sospirò, desiderando che
quel momento non finisse mai «E inoltre devo ancora fasciarti
il polso.»
«Altrimenti?»
«Potrebbe tornare
com’era prima e dovrei di nuovo
sistemarlo.»
«Che ne dici di lasciarlo
così?» nei suoi occhi celesti
passò un lampo di malizia e Thomas fu costretto
a spingerlo contro un albero e a baciarlo fino a quando entrambi non
rimasero a
corto di fiato.
«Poi chiamerebbero Clarkson
credendo che io non ne sia
capace, quindi no.»
«Come preferisci, ma
stasera posso venire in camera tua?»
Sgranò gli occhi e si
limitò ad annuire, a corto di parole.
«Perfetto, allora possiamo
andare.» si avviò lungo il
sentiero e fu subito seguito da Thomas che si affrettò a
raggiungerlo.
«Hai presente il tuo
proposito di non sistemarmi il polso
sedendoti da qualche parte nel bosco per non sporcarti di terra? Sembra
non
abbia funzionato bene.» ridacchiò indicando la sua
giacca e la sua camicia,
notando che i propri vestiti erano però ridotti nelle stesse
condizioni.
«Tutta colpa
tua.» lo accusò sorridendo, di nuovo quel
sorriso caloroso che coinvolgeva anche gli occhi che aveva tanto
stupito Jimmy.
«E come pensi di spiegarlo
a Carson?» lo sfidò inarcando un
sopracciglio.
«Semplice: gli
dirò che avevi paura come un bambino di farti
sistemare il polso e che ho dovuto rincorrerti per mezzo il bosco e
placcarti
per farti stare fermo e non farti scappare ancora.»
«Non scapperò
ancora.» gli passò le braccia dietro al collo
e si concesse un ultimo bacio prima di uscire dal riparo degli alberi.
Note della
Vecchia
Volpe
Non chiedetemi come mi è
venuta in mente tutta questa cosa,
ma guardando la quarta stagione ho notato che Jimmy, dopo essersi
slogato il
polso, lo aveva fasciato, ma non da Clarkson. Quindi… quale
medico rimane a
Downton? Esatto, Thomas.
Ringrazio la mia nonnina per avermi
suggerito l’idea del
capanno e tutti colore che hanno letto <3
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