PROLOGO
▬ P R E M E S S A ▬
Questa
storia è il seguito di “L’amore
che non salva, danna, corrode e rende
fedeli”, una raccolta di one-shot in
cui ho analizzato i vari momenti
cruciali del rapporto tra Loki e la mia Sigyn, partendo
dal loro primo
incontro fino all’evoluzione completa che li ha portati ad
essere
amanti. Non
credo che per leggere questo seguito sia assolutamente
necessario aver letto la precedente,
perché tutto quello che riprenderò
lo spiegherò, tuttavia ovviamente per una maggior
comprensione
del
personaggio di Sigyn sarebbe meglio averla letta. Infatti le tracce del
suo carattere e della sua evoluzione sono contenute nella precedente
storia, che ho adoperato proprio per intessere l'intero scorrere del
rapporto tra Loki e Sigyn, ma anche della stessa nel corso dei secoli.
L'unica cosa da tener conto, è nel punto in cui questa
storia
comincia, i due sono già amanti. Se volete scoprire come
è nata tale relazione, c'è la precedente
raccolta, ma per
seguire questa non è necessaria.
A V V E R T
E N Z A: Questo primo capitolo è tragicamente lungo,
scusatemi. E lo sono anche le note autrice - ma leggetele!
A V V E R T
E N Z A N° 2: La storia inizia precedentemente al
primo film, per poi ricollegarsi almeno in parte a tali vicende - e da
lì prende una piega diversa, che motiva l'avviso What if?.
▬
C A P I T O
L O O
1
▬
“ Il prezzo della fedeltà
„
{ Vivere.
Fosse
stato più semplice
fare un
accordo con gli angeli
e
risultarci simpatici. }
Vivere –
Cristiano De Andrè
Il tempo era un inganno,
o almeno era in tale modo che appariva in quel momento in cui
rifletteva su quanto cinque minuti riuscissero a sembrare
incredibilmente abnormi e insieme maledettamente scarni. Sorrideva per
inerzia, sorrideva perché non aveva più pianto da
prima
di entrare nell’Accademia e non aveva intenzione di sprecare
in
quel modo quegli attimi concessi.
«Non mi hai ancora risposto» asserì
semplicemente
l’uomo, scrutandola con le iridi melliflue, attentamente,
solo
una linea a intessersi tra le sopracciglia leggermente corrugate dava
mostra del disappunto per la situazione che le sue azioni avevano
creato. Loki avrebbe potuto dirle una quantità di
verità
nascoste sotto bugie e dilatazioni incredibilmente vaste, tra le quali
si sarebbero forse scorte anche delle scuse per ciò che
l’aveva portata a compiere, ma sarebbero state del tutto
inutili
perché ora come ora non aveva la forza per cancellare i
propri
sbagli e commutare la pena che Sigyn doveva pagare al suo posto.
Tuttavia, cosa più impellente, bramava di ricevere il
districamento di una domanda che le aveva fatto qualche ora addietro e
che lei ancora non aveva avuto modo di concedergli.
L’increspatura delle scarlatte labbra della donna fu meno
tesa e
falsa nel sentire tale richiesta. Non si era attesa alcunché
di
similare ad ammissioni di colpa, anche perché lei era la
prima a
non appesantirlo con responsabilità che non gli riconosceva
e
ciò che aveva compiuto era stata una propria libera scelta
di
cui avrebbe pagato il pegno volentieri. Tuttavia, nemmeno una simile
affermazione si era immaginata, perché quelli dovevano
essere i
loro ultimi minuti assieme e non aveva alcun senso rispondere ora a
qualcosa che non avrebbe avuto un seguito – o magari lo
avrebbe
anche avuto, ma tra troppo tempo e troppi se nei quali si sentiva ora
affondare.
«È ovviamente necessario saperlo assolutamente
ora»,
Loki non era certo che fosse sarcasmo quello con cui Sigyn
pronunciò tale chiarificazione, ma vi scovava nei suoi
reflussi
una tristezza di cui stava provando a sedare i miasmi. Era certo che
almeno in quel contesto, almeno quel giorno, l’avrebbe vista
con
le guance rigate da lacrime amare e uno sguardo di rimprovero ad
accusarlo di averla voluta portare negli abissi insieme a lui, ma una
tale recriminazione intrisa a un gesto troppo platealmente ostentato
per un’attrice di classe come lei, era fuori luogo. Non
avrebbe
versato una sola goccia, si sarebbe cucita nell’anima il
pianto
di amarezza, e mai, nemmeno alla fine dei giorni, gli avrebbe mosso
alcuna accusa perché lui mai le aveva comandato di seguirlo
– era sempre stata una sua libera scelta, una scelta che
aveva
compiuto secoli prima e che aveva onorato ogni giorno da allora.
«Potrei chiedertelo quando ci vedremo di nuovo, ma temo
suonerebbe assai strano per te» osservò intessendo
le
proprie parole con un sorriso scevro da riccioli melliflui, quasi
candido come avrebbe potuto compierlo Sigyn, epurato da
un’ironia
cattiva del quale non poteva farsi portatore in tale contesto. Voleva
essere semplicemente sincero, almeno in quel tempo e almeno con lei,
perché non c’era più spazio per i
giochi nei quali
lui dissimulava la verità per spronarla a cercare
– era
l’ultimo momento che possedeva in sua compagnia e avrebbe
cercato, al massimo delle sue blande possibilità, di
mostrare il
meglio di sé, perché d’altronde era
sempre stata la
sola a cui era importato farle conoscere quel lato del proprio essere.
«Non ha senso che vi risponda» sussurrò
appena,
trattenendo le parole tremanti sulle labbra per paura di renderle
più intense di quanto avrebbe potuto sopportare. Lady Sigyn
preferiva non dare una simile risposta, perché aveva sempre
desiderato dargliela e ora che finalmente lui la domandava, era
destinata a essiccarsi senza concedere al futuro i frutti dei quali
avrebbe voluto scoprire il sapore. E il rammarico per avvertire la
decomposizione di ciò di cui si era immaginata la forme, di
cui
si era regalata l’intreccio nella propria mente durante le
ore
notturne, era un peso troppo arduo anche per lei. Lo sforzo per
mantenere alzati le iridi di pece le stava rodendo le energie, dover
compiere quell’ulteriore sforzo era un dolore che non voleva
infliggere alla sua anima.
Però, sapeva ancora prima di sentire le sue parole riempire
l’aria, che Loki non le avrebbe concesso di andarsene senza
conoscere ciò che desiderava. In fondo, da quando lo aveva
incrociato quando era poco più di una bambina, lui aveva
sempre
ottenuto in un modo o nell’altro quello che bramava
– e
quel giorno stava già per perdere qualcosa, non le avrebbe
permesso di espropriarlo ulteriormente dei propri beni. «Lo
sai
meglio di me che ti sbagli, quindi rispondi e basta.»
La osservò irrigidire le labbra in una piega che avrebbe
voluto
essere un sorriso di compassione per se stessa, ma morì a
metà, passando per il dolore della consapevolezza di non
avere
il tempo di togliere la concentrazione dal suo essere in errore
–
era condannata a rimanere nello sbaglio perpetuo, nell’essere
ricordata per essere rimasta fino alla fine cocciuta, inamovibilmente
arroccata sulle proprie posizioni, dandogli torto per il gusto del
capriccio e per non dover scoprire il proprio orgoglio ferito insieme a
un cuore imprigionato nell’agonia di quei minuti.
E mentre rifletteva su quanta forza possedesse ancora per poter
rispondere come Loki le chiedeva, ripensava a come quel suo silenzio
assomigliasse a quello dello stesso rivolto verso il fratello poco
prima. Una velleità nei riguardi di Thor, che si era
dilungato
forse troppo a riprenderlo con troppo divertimento tinto da vene di
scherno acceso, per quell’azione inopportuna che Loki aveva
condotto per riappropriarsi della reliquia sottratta dal principe dei
nani contro il quale si erano a lungo scontrati.
«Credo che tu l’abbia combinata grossa questa
volta,
fratello», continuò Thor ridendo appena
perché
ancora non aveva compreso la gravità delle conseguenze per
l'atto di disubbidienza di Loki. Per ora il dio del tuono trovava
semplicemente interessante un’operazione tanto spericolata,
seppur non andata a buon fine, e approvava la scelta autonomamente
assunta dall’altro per potersi riappropriare di reliquie
appartenenti ad Asgard e a nessun altro. A vedere
l’espressione
contratta in un fastidio indisponente di Loki, deciso a ignorare
deliberatamente tutti i tentativi di dialogare che Thor aveva imbastito
per scoprire come e dove avesse fallito il piano del dio degli inganni
– ovviamente sottolineando che nemmeno lui era infallibile
come
invece amava ripetere e ostentare –, a Sigyn venne quasi da
sorridere nel vederli bisticciare come se fossero ancora dei bambini. E
in quel contesto quasi si dimenticò che erano stati
convocati
dal Padre degli Dei per chiarire la situazione – e nel
momento in
cui era avvenuta la convocazione, le era affiorata nello stomaco un
blocco di cattivo presentimento ora sciolto dai bisticci tra i due
principi. «Sigyn, dovresti spiegargli che è
inutile che se
la prenda con me quando è lui a mettersi nei guai da
solo.»
«Ma non se la sta prendendo con te, Thor, ti sta solo
ignorando» chiosò Sigyn ridacchiando, mentre si
sistemava
la treccia di fili di luce condensata, di un biondo scolorito fino a
scivolare in un’opacità singolare, per farla
ricadere con
maggior compostezza sul petto.
«Ah, allora tutto a posto» replicò il
dio del tuono,
assecondando la battuta della guerriera e unendosi ai risolini dei Tre
Guerrieri e di Lady Sif.
«Sigyn!» la richiamò Loki, sempre
più
irritato dalla situazione e dall’essere praticamente
l’unico ad avvertire il peso della gravità
– e non
semplicemente per via dello smascheramento del suo inganno ai danni del
principe avversario, ma per il tono imperioso e stranamente minaccioso
con il quale Odino si era rivolto a lui prima di ritirarsi nella sua
sala del trono, dove li aveva invitati – con inesistenti
margini
di scelta – a presentarsi da lì a breve.
La discussione che nacque dall’inizio rancoroso del Padre
degli
Dei per la mancata obbedienza, più che l’esito
dell'operato di Loki, indispettirono quest’ultimo
maggiormente di
quanto già non fosse, portandolo a un atteggiamento di
tracimante dissenso per l’essere trattato come un bambino
disubbidiente. Sotto l’occhio trafiggente di Odino si sentiva
come quando da piccolo lo rimproverava per aver usato in modi poco
consoni le proprie abilità magiche o quando per ogni inezia
gli
ricordava quale fosse il comportamento che ci si attendeva da un
principe – ma solo da lui, non certo da Thor, il quale
riusciva a
scampargli, anche se non del tutto e non impunemente, almeno
maggiormente alle rimostranze per i suoi atteggiamenti non appropriati.
Fece fatica a non stringere la mascella in una presa che avrebbe
rivelato troppo facilmente quanta furia provasse lui stesso per
sorbirsi quella paterna, e cercò di tramutarla in una calma
apparente nella quale condensare le spiegazioni delle proprie gesta
– che avevano comunque portato all’ottenimento
delle
reliquie concesse, e poco importava agli occhi di Loki se
ciò
avrebbe riaperto i conflitti, perché Asgard aveva le forze
necessarie per vincerla una guerra del genere.
L’intransigenza con cui Loki perseverava a difendere la
propria
linea di condotta era protratta con la stessa lamentosa calma di chi
era stato solo infastidito per un’inezia, incapace di
assumere
l’atteggiamento almeno fasullamente contrito per aver
disubbidito. La serenità ostentata delle proprie parole era
strascicata nei risvolti finali, acuta all’inizio,
sottolineando
come la situazione creatasi risultasse del tutto superflua ai suoi
occhi.
Fu solo quando Odino sbatté Gungnir[1] sul pavimento
producendo
il fracasso assordante di un tuono lacerante, scuotendo i presenti
inaspettatamente, che calò
l’immobilità. Non un
solo suono, neppure i respiri dei presenti, interruppe il silenzio che
ne seguì, quasi il tempo fosse stato bloccato
dall’ira del
Padre degli Dei e all’universo non fosse concesso continuare
a
spostarsi fino a suo nuovo ordine. Sigyn tratteneva a stento il terrore
che avvertiva crescerle nel petto nel notare la crepa
inasprirsi
tra le sopracciglia di Odino osservando suo figlio minore, sempre
più furioso con lui per la sua incapacità di
ammettere lo
sbaglio, e con il respiro ancora trattenuto per quel colpo sordo con il
quale aveva infranto il fluire normale dell’aria –
e i cui
riverberi continuavano a rimbombarle all’interno del corpo,
in
vibrazioni senza fine. Lasciò scorrere il proprio sguardo
lateralmente, per scorgere le espressioni degli altri e scoprire se
anche loro avevano abbandonato la frivolezza con cui prima avevano
vissuto la convocazione, ritrovandosi davanti al volto teso di Thor.
Poche volte aveva scorto tale tensione nei lineamenti del principe
maggiore, improvvisamente spogliato dell’allegria spensierata
quanto consuetudinaria con cui viveva.
Infine, Odino riprese a parlare quando il silenzio era divenuta una
presenza eccessivamente ingombrante tra tutti loro. «Tu
commetti
l’errore di pensare che gli avversari non abbiano onore, non
debbano godere del tuo rispetto sempre e comunque, che siano inferiori
a te. Ma ci sono nemici che è un privilegio avere, che
rendono
te e tutti noi degni di poterci fregiare di titoli altisonanti, nemici
che non meritano di essere ingannati e umiliati.»
Per quanto la risposta di Loki non si fece attendere, i pochi secondi
che trascorsero prima che la sua voce riempisse lo spazio tra loro,
parvero dilatati in un tempo eterno, una goccia di infinito nel quale
gli sguardi del Padre degli Dei e del dio degli inganni si scontrarono
in una prova di forza in cui alcuno uscì vincitore.
«L’unico vostro cruccio, Padre, è aver
perso un
possibile futuro alleato, perché voi meglio di me sapete
come la
guerra richieda scelte che non hanno nulla a che fare con
dignità, rispetto e onore. Non c’è
nulla di tutto
ciò nella morte, nella conquista e nella prevaricazione, non
è vero?», vi era astio frammisto a derisione nelle
sue
parole, talmente tanto marcate da essere più pungenti di
quanto
mai era stata apertamente una sua replica al proprio padre e Re,
suscitando non poco sgomento tra gli auditori.
Thor serrò i pugni, perché avrebbe desiderato
interrompere tale scambio di battute che si stava trasformando
pericolosamente in una battaglia di frasi acide atte a ferire
nell’anima, ma sfidare tanto apertamente entrambi era
qualcosa
che poteva rivelarsi una mossa così apertamente stupida da
farlo
desistere. Persino lui comprendeva quanto un’azione del
genere
potesse essere unicamente deleteria, al contrario Lady Sigyn dubitava
che avrebbe potuto mantenere ancora a lungo a freno la propria
necessità di schierarsi al fianco del più giovane
dei
principi. Più osservava Odino, più le era chiaro
che la
punizione che avrebbe inferto a Loki cresceva di intensità
ad
ogni replica e lei non aveva alcuna intenzione di dover assistere ad
alcunché di spiacevole nei suoi riguardi se poteva
impedirlo.
Era cresciuta, d’altronde, con un esclusiva ragione datasi da
sé e non avrebbe potuto mutare – né
tanto meno
avrebbe voluto farlo – l’unico gesto di egoismo che
aveva
compiuto nella propria esistenza.
«Ora basta, ho ascoltato i tuoi destreggi dialettici troppo a
lungo. Se non riesci a comprendere quando rimanere al tuo posto con le
buone maniere, lo capirai con le cattive» asserì
con voce
risonante, provocando più che semplici echeggi nella sala,
nei
cui meandri perdurarono le decisioni minacciose nel quale si erano
tramutate le parole di Odino, più che mai desideroso di
riportare un po’ di senno nella mente del figlio a qualsiasi
costo.
«Mio Re», si mosse di scatto Lady Sigyn, ricoprendo
quei
pochi passi che la separavano da Loki. «Mio Re, se posso,
vorrei
parlare.»
«A difesa di Loki, suppongo» scioccò la
lingua
contro il palato con disappunto evidente per l’interruzione
che
la giovane aveva osato produrre nel suo discorso con il figlio. Ma Lady
Sigyn, dietro la sua aria pacata e i modi gentili, era forse la
maggiore arma di distrazione, persuasione e manipolazione al servizio
di Loki oltre le sue illusioni, una donna dalle doti di recita e
strategia tanto sviluppate da non essere per nulla oscuro al Padre
degli Dei i motivi per i quali i due erano particolarmente in
sintonia.
«Prendetevela con me, mio R-»
«Sigyn! Chiudi la bocca» la interruppe bruscamente
Loki, ma
il suo ordine venne ignorato come se nulla fosse dalla giovane, che
nemmeno si disturbò a rivolgergli uno sguardo mentre
avanzava
oltre di lui per prendere possesso della scena, da vera protagonista.
«Mio Re, sono stata io ad assecondare il piano del principe
Loki,
sono stata io ad averlo seguito nell’impresa e sempre io a
non
averglielo impedito anche se andava contro i vostri ordini.
È
mia responsabilità, per non averlo fermato come avrei
dovuto», era una mossa alquanto stupida e che non avrebbe
portato
a nulla di buona, lo aveva compreso nel momento in cui aveva preso la
parola, ma aveva promesso secoli prima che lo avrebbe servito e se si
sarebbe dovuta sacrificare, accollandosi i suoi passi falsi, era
ciò che avrebbe compiuto.
La forza penetrante dell’occhio azzurro di Odino, per quanto
permeato ancora dall’alterazione per la condotta del figlio,
aveva assunto onde meno frenetiche. Scrutava negli occhi neri della
giovane per scorgere una piega di incertezza, una sola ombra di
tentennamento, ma non poté che riscontrare una fermezza ai
limiti della sconsideratezza nel mantenere alto lo sguardo con
un’ostentazione macchiata dalle tracce di quella
nobiltà
dalla quale proveniva.
«La vostra fedeltà per mio figlio, Lady Sigyn,
è ai limiti della follia.»
«Punite la mia
follia, allora.»
La pausa che ne seguì non fu pesante come la precedente,
perché nonostante il mezzo ghigno di Odino non
preannunciasse
alcunché di positivo, vi era quasi una sfumatura di
soddisfazione nel constatare quanto riuscisse a mantenersi ferma nelle
proprie posizioni di essere utile a Loki sino a tali livelli. E fu per
la seguente costatazione che deliberò di accontentarla.
«Così farò, perché mio
figlio tiene a te e
magari, se sarai tu a pagare il prezzo delle sue azioni insensate,
capirà a non tessere più le proprie fila
nell’ombra. Uscite, vi farò chiamare appena
avrò
pensato a quale sarà la tua punizione.»
E mentre osservava i suoi figli e i migliori guerrieri del suo esercito
obbedire al proprio ordine, scorse il movimento flebile alle proprie
spalle avvicinarsi a lui con passo lieve, appena udibile e
l’espressione seppur mesta, condita di una dolcezza incapace
di
svanire davanti a lui. La sua sposa, la Regina, aveva seguito il
discorso da un punto nascosto agli occhi di tutti, ma solo Odino aveva
avuto la consapevolezza della sua presenza celata nelle ombre.
L’aveva chiamata perché solo lei avrebbe potuto
portargli
il giusto consiglio di cui sapeva di aver necessità, e ora
che
aveva deciso di riversare le responsabilità di Loki su Lady
Sigyn aveva maggiormente bisogno delle sue sagge parole.
Frigga aveva sempre avuto una maggior attenzione ai dettagli di
chiunque, ed era tanto delicatamente accorta in tale sua
predisposizione da non vantarsene mai, in modo da lasciare in crepacci
di penombra perpetua ciò che gli altri desideravano tenere
trattenuto tra le proprie dita. Forse, un simile dono, le era conferito
anche dall’altra sua innata capacità di scorgere
tra i
rami dell’albero cosmico[2], scrutando brandelli di un futuro
non
ancora del tutto scritto ma il cui percorso aveva tasselli indelebili.
Per questo aveva saputo, già molti anni prima, che tale
giorno
sarebbe avvenuto e per tale ragione aveva elargito un particolare
regalo[3] alla giovane che tanto stava a cuore al più
giovane
dei suoi figli. Frigga conosceva bene i sentimenti che Loki provava per
la guerriera, anche se lui era un’abile teatrante e sapeva
rivestire il proprio ruolo al massimo delle proprie capacità
illusorie, una madre era in grado di scorgere più di quanto
si
potesse pensare e tendeva a sorridere segretamente
dell’ingenuità dei figli che si beavano della
riuscita dei
propri piani. Proprio perché Lady Sigyn possedeva un posto
tanto
privilegiato ed unico nel cuore di suo figlio, aveva predisposto le
pedine in modo da poter almeno in parte aiutarli –
perché
i sentimenti che lo legavano a lei erano l’unica cosa che
potessero sempre ricordargli ciò che non doveva perdere,
ciò che un giorno avrebbe rischiato seriamente di
distruggere
sotto il peso di un rancore che ancora si stava lentamente formando.
Anche per alleviare e rallentare l’accumulo pericoloso di un
sentimento incendiario di tale portata – in grado di ridurre
a
poco più che cenere tutto ciò che
d’altro poteva
scorrere nel cuore delle persone -, Frigga avrebbe interceduto per loro
presso suo marito che già richiedeva il suo aiuto per una
simile
decisione. Odino, che di verdetti tanti ne aveva emessi e di punizione
inflitte a migliaia, non aveva intenzione di sgretolare
l’affetto
di suo figlio, ma non poteva nemmeno impedire che continuasse a
disubbidire ai suoi ordini con la fallace illusione di poterla sempre
far franca unicamente perché era figlio di re.
«Non credo sia una buona idea punire Lady Sigyn troppo
duramente» cominciò Frigga, passando le proprie
dita sulle
spalle del marito, aggirando il trono per potersi portare infine
davanti all’uomo che innumerevoli anni prima aveva sposato.
«Quale dovrebbe essere, secondo voi, la giusta misura, mia
Regina?» domandò Odino prendendo nella propria
mano,
quella libera dalla stretta sul Gungnir, quella affusolata della
propria moglie, stringendola quel tanto che gli consentisse di
avvertire la presenza benefica della stessa su di sé. Era
sempre
stata in grado, fin da quando l’aveva incontrata quando
entrambi
avevano pochi secoli sulle spalle, di rendergli la mente rischiarata
delle doti che a lui mancavano e di cui lei era invece ricolma
–
benevolenza, saggezza, temperanza, giustizia e prudenza.[4]
Mai come in quella circostanza abbisognava dei consigli che lei sola
aveva il diritto di elargirgli e che chiedeva senza ordinarglieli,
perché mai aveva deposto su di lei il velo di un solo
comando
come Re.
«Qualcosa che non ti attiri le ire di Loki per avergli
strappato la sua adorata
guerriera» sorrise con la dolcezza di cui unicamente lei era
in
grado, lasciando intendere ciò che Odino sospettava senza
avere
la stessa certezza che solo una madre poteva avere.
«In realtà, preferirei non riversare su Lady Sigyn
gli
sbagli di Loki, ma lui è così tremendamente
incapace di
comprendere i propri errori da non concedermi altra scelta.»
«Potrebbe anche essere un bene.»
«In quale modo potrebbe esserlo?» chiese con
scetticismo
palpabile, non comprendendo quale beneficio – ma solo quali
ripercussioni negative – avrebbe ottenuto quando la sua
decisione
sarebbe stata annunciata. Lady Sigyn era una guerriera assai capace, a
comando in un gruppo di soldati addestrati dalla stessa con grandi
abilità e che in guerra erano sempre stati capaci di
eccellere;
e oltre all’incredibile danno che avrebbe avuto nelle vesti
di
Re, come aveva giustamente lasciato capire sua moglie, il suo rapporto
con Loki andava al di là di una semplice unione di forze,
per
questo non aveva alcuna fatica ad immaginare quale odio avrebbe causato
la pronunzia della propria sentenza. Invece nemmeno adoperando
completamente il proprio intelletto, non riusciva a scoprire quale
potesse essere quel bene di cui parlava Frigga e che se solo vi fosse
stato, avrebbe causato meno peso nel perpetrare quella strada.
«Per spingere certe cose a uscire alla luce del
sole»
rispose semplicemente la Regina, tirando gli angoli delle labbra
ricoperte di rossetto in un caldo sorriso. Sperava che una simile
situazione avrebbe spronato suo figlio a smetterla di tenere nelle
pieghe della notte sentimenti che avrebbero potuto evolversi, sperava
che mettendolo di fronte alla ferocia della perdita – almeno
momentanea – di Lady Sigyn, egli ne avrebbe compreso quale
fosse
il reale peso nella sua vita e avrebbe agito di conseguenza quando
fosse tornata nell’unico posto a cui apparteneva –
quello
al suo fianco.
«Temo che Loki non la vedrà sotto
quest’ottica, ma
non avrà altra scelta che accettare il contrappasso per le
sue
decisioni supponenti e contrarie alle mie.»
«Penserò io a farglielo presente»
assicurò al
marito, depositando un tenue bacio sulla sua fronte prima di scomparire
nuovamente nel passaggio dal quale era affiorata furtiva, lasciando da
solo il Padre degli Dei a intessere la propria sentenza prima della
formulazione.
E nel mentre Odino si accaparrava gli ultimi momenti prima di
infliggere la propria punizione, suo figlio minore era intento a
riprendere con iraconda malcelata la giovane guerriera al suo servizio.
«Un giorno, Sigyn, avrai la decenza di spiegarmi
perché
non ce la fai a tenere a freno la lingua quando te lo ordino»
sibilò Loki, scandendo le proprie parole in modo che ognuna
risuonasse dell’alterazione che lei gli provocava ogni qual
volta
si permetteva di fuoriuscire da ciò che lui stabiliva. Ma
ancora
di più, era furibondo perché si era accollata una
responsabilità che non le era dato sopportare e che nemmeno
lui
avrebbe dovuto portare – perché le sue erano state
macchinazioni soltanto inclini a riprendersi ciò che
già
a loro spettava, e che Odino aveva concesso unicamente per evitare di
protrarre una guerra che si poteva vincere anche se con qualche
necessaria morte. Se solo avesse messo le briglie al suo impeto,
mantenuto la calma davanti alla strigliata eccessiva che suo padre
aveva voluto impartirgli, avrebbe perfettamente potuto
impedire
che qualsiasi tipo di ripercussione si abbattesse su di loro con
l’uso della sua eccellente dialettica – o almeno
era
ciò di cui voleva convincersi, ignorando la furia malcelata
con
il quale Odino si era scagliato contro le sue decisioni dissonanti dai
comandi impartiti.
«Perché sono molto brava a usarla»
replicò
maliziosa, con una calma tale da portare dopo di sé un
silenzio
totale a sottolineare come si era calamitata improvvisamente
l’attenzione addosso. Anche se le iridi
d’inchiostro della
donna erano fisse sul volto del dio degli inganni – intendo a
profondersi in un ghigno intriso di altrettanti sottointesi bagnati
dalla perdurante irritazione per le azioni avventate della propria
fedele compagna –, li sentiva cuciti sulla propria pelle
quelle
degli altri saturi di interrogativi, per le insinuazioni comprese nella
sua frase. Per quanto fosse sufficientemente intuibile quale forma di
rapporto intercorresse tra Loki e Sigyn, nessuno dei due ne aveva mai
voluto parlare con gli altri, che avevano assecondato il loro desiderio
di riserbo – anche perché, pure nel caso
contrario,
sapevano bene che non sarebbero riusciti a ottenere alcuna risposta
alle proprie curiosità, capaci com’erano entrambi
di
manipolare le conversazioni ai propri interessi.
«Non so se chiederti se e quanti doppi sensi intendi o
congratularmi per aver messo a tacere Loki» interruppe il
silenzio Fandral, cercando di ammorbidire la tensione fin troppo rigida
nel quale erano sprofondati.
«È il momento sbagliato per scherzare»
lo
rimproverò Lady Sif, avvicinandosi all’amica
posandole una
mano sulla spalla per costringerla a voltarsi verso di lei, catturando
finalmente la sua attenzione. I lineamenti della dea della guerra erano
carichi di preoccupazione per la giovane, troppo testarda e asservita
al proprio scopo di mettersi a completa disposizione di Loki per
comprendere in quale spiacevole situazione si fosse infilata
– o
forse l’afferrava perfettamente, e ciò rendeva
ancora
più drammatico e ostico provare a farle recepire la
gravità della situazione da lei stessa creata.
«Sigyn,
Loki ha ragione, dovevi tacere. A lui Odino non avrebbe fatto nulla di
terribile, mentre-»
«Il Re, Odino, Padre degli Dei, vi chiama al suo
cospetto»,
le parole di Lady Sif vennero interrotte bruscamente
dall’annuncio degli araldi e la guerriera poté
solo
rivolgerle un ultimo sguardo di mestizia intrisa di disappunto a Lady
Sigyn prima che questa si incamminasse verso la sala del trono. Fece
scivolare i propri occhi sulla figura del più giovane dei
principi, sul cui viso si disperdevano ombre di disapprovazione per la
mossa compiuta dalla donna che con tanta sicurezza camminava davanti a
lui per recarsi al cospetto di Odino. Anche se non vi erano crepe di
preoccupazione, Lady Sif era assolutamente convinta che Loki avrebbe di
gran lunga preferito evitare che i contrappassi per le proprie azioni
si riversassero su Sigyn. Il controllo che ostentava, il quasi
disinteresse verso la pronunzia del padre erano coperture,
perché se in molte cose si faticava a capire cosa la mente
del
dio degli inganni complottasse, l’affetto per Sigyn era
sincero
– una delle poche cose che possedeva ancora intonse da
menzogne.
Avrebbe voluto schiaffeggiarlo, Lady Sif, per quel suo autocontrollo
imperturbabile e per la mancanza di difese prese verso la propria
devota guerriera. Non comprendeva se avesse mancato di proteggerla per
evitare di rendere ancora più chiaro il proprio attaccamento
a
lei, in modo magari da rendere meno dura una punizione che si sarebbe
potuta acutizzare davanti a un sentimento ampio e manifestato per
rendere più incisivo l’insegnamento che il Re
desiderava
impartirgli, o se fosse semplicemente orgoglio. In qualsiasi
circostanza, Lady Sif trovava inconcepibile le sue ragioni,
tant’è più che non vi erano motivazioni
nel voler
nascondere qualcosa di cui i più vicini a lui e a Sigyn
erano
perfettamente a conoscenza – o almeno coì
credevano di
essere.
Lo aveva appreso quando era ancora una bambina, prima della morte del
padre e della conseguente rovina della propria carata, che era soltanto
imparando ad ammaestrare i propri sentimenti e il proprio cuore che si
poteva sopravvivere al mondo. Lady Sigyn aveva tanto strenuamente
voluto entrare nella Guardia Reale per dimostrare a se stessa che era
in grado di conquistare una fermezza d’animo che era mancata
ai
componenti della sua famiglia – tuttavia, poi era scivolata
nei
risvolti delle parole ammaliatrici di Loki e la propria risolutezza era
stata messa al suo servizio, finendo diritta in una forma di
degenerazione simile a quella che si era abbattuta sui propri parenti.
Non se ne pentiva, non avrebbe mai potuto compiere un simile atto e
ringraziava il caso che li aveva guidati a incontrarsi, ma nonostante
la sicurezza con cui aveva percorso l’intera navata
principale
per poi inchinarsi al cospetto di Odino, sentiva chiaramente i nodi
dell’intestino tendersi, strapparsi, straziarsi in
rocamboleschi
scombussolamenti di posizioni nell’attesa di una punizione
per
cui non aveva alcun buon presentimento.
Aveva provato a dissimulare, ci era riuscita davanti a tutti i suoi
spettatori tranne che agli occhi di Loki, perché lui la
conosceva per ciò che era oltre le proprie bugie con cui si
mostrava in un contegno regale, sfacciatamente tranquillo e cordiale
per ingannare i propri spettatori. Sentiva la pesantezza
dell’attenzione di lui scrutarla con
un’avidità
ossessiva, nel tentativo di scovare ogni segno che la tradiva nella sua
recita e sapeva altrettanto bene che lui li avrebbe trovati tutti.
Sollevò con tracotante pacatezza il capo, tirando il collo
in
una piega di silente sfida, per poter osservare il volto di Odino
mentre proclamava la propria decisione.
«Lady Sigyn, come da te chiesto, pagherai al posto degli
errori
di mio figlio», l’autorevolezza della voce di Odino
si
riproduceva in echi per tutta la sala, rimanendo in vita negli spigoli
alti delle volte e riproducendo il proprio volere come per effetto di
un incantesimo. La tratteneva incatenata alla fermezza
dell’occhio cerulo, un azzurro fitto a tal punto da essere
fastidiosamente accecante, ma sotto il quale Lady Sigyn non dava segni
di scomponimento ricoperta dall’aria di nobildonna qual era
– e d’altronde, mai, nemmeno sotto quello dotato di
altrettanta silente prepotenza di Loki si era mai arresa. «In
quanto dea della fedeltà devota a Loki, ti verrà
addormentata la memoria, portata in un luogo conosciuto solo a me e
lì vi rimarrai fino a quando non giungerà il
momento
propizio, o fino a quando non sarai ritrovata. Avete cinque minuti da soli.»
Avrebbe preferito non sentire la sensazione di vuoto propagarsi con una
tale devastante onda d’urto nel suo essere. In
realtà
avrebbe maggiormente apprezzato se non le fossero stati concessi
nemmeno quell’elemosina di tempo e tutto si fosse risolto
tanto
velocemente da lasciarla ancora troppo sbigottita davanti a una tale
decisione da impedirle di prendere coscienza di quanto lacerante fosse.
Con le palpebre calate sugli occhi, percepì a stento gli
spostamenti di chi le era attorno. Ovattato, le appariva
così il
mondo circostante mentre la veemenza del colpo psicologico le stava
rendendo difficoltoso ricordarsi come si respirava, bloccandole
l’automaticità di contrazioni di muscoli dei quali
non
possedeva del tutto il controllo. Alla consapevolezza nel petto del
cuore a protrarsi nella sconcertante attività di battere
anche
in quella circostanza, si sovrapponeva la illusoria percezione che si
fosse bloccato a metà per un ingranaggio guasto o una crepa
improvvisamente comparsa lungo un’arteria, fermando
l’afflusso di sangue.
Fu la mano di Loki nel toccarle la spalla con una delicatezza che era
stata elargita con una sporadicità tale da rendere ogni
volta
stridente tale sfumatura, che si riscosse, alzandosi dal pavimento sul
quale continuava a tenere le ginocchia davanti a un trono vuoto.
Era stato solo per l’egoismo misto a orgoglio di sembrare la
donna ricoperta di fermezza testarda, di incomprensibile devozione
verso di lui, che si rialzò per sostenere a distanza
inferiore
l’analisi dei suoi occhi verdi.
Non aveva cercato nemmeno per un attimo di apparire meno ferita di
quanto lo fosse per tale destino al quale stava per andare incontro,
né aveva tentato di trattenere il profondo sconforto che le
causava pensare a come tra qualche minuto avrebbe smesso di essere la
donna che era, né di sminuire il dolore viscerale che le
bruciava l’anima nel sapere che avrebbe perduto ogni ricordo
dei
giorni trascorsi servendolo – combattendo, mentendo, rubando,
uccidendo per lui. E tutto quel grumo di strazianti sentimenti non le
sarebbe stato concesso di portarli con sé, non avrebbe
potuto
cruciarsi per la propria sventura, e mai avrebbe potuto ricordare
l’amore per il quale era vissuta fino a quel giorno.
Una tortura più brutale di quei cinque minuti, Lady Sigyn
non
riusciva a immaginarsela e sotto la richiesta di rispondere a una
domanda che ora era solo un pugnale piantato all’altezza del
cuore, le parole le si incastravano come schegge nella gola.
«Vuoi veramente rimanere in silenzio per gli ultimi minuti e
non
rispondermi? Disubbidiente fino alla fine», Loki riusciva a
scherzare almeno in parte, sdrammatizzando una situazione nel quale
come non mai era in grado di mantenere una facciata di
normalità
solo per non concedere soddisfazioni a suo padre e ulteriore dolore a
Sigyn.
«Sono la dea della fedeltà, non
dell’obbedienza» asserì alzando un
sopracciglio per
sottolineare l’ovvietà delle proprie parole, in
una
naturalezza quasi spoglia dalla drammaticità del contesto.
Lady
Sigyn era sempre riuscita ad affrontare la propria vita con la
serenità delle buone maniere, l’equilibrio dei
sentimenti
e la parlantina facile, le proprie pulsioni e bramosie non erano mai
stati asserviti a capricci egoistici, se non il suo unico desiderio di
rimanere al fianco di Loki per servirlo senza chiedere qualcosa in
più – che aveva avuto, ma mai domandato, mai
cercato e mai
reclamato come proprio diritto. La pacatezza del suo essere, la
contraddizione di alcuni suoi modi d’essere – tanto
tranquilla quando priva di pietà, poco avvezza alla sete di
sangue ma decisa ad eccellere come guerriera, refrattaria alla violenza
ma portatrice di emblemi di guerra, testarda nonostante
l’aria da
fanciulla educata alla remissione agli altri, e molto altro ancora
– e la discrepanza dalla maggioranza degli asgardiani di una
morale già distorta dalla nascita e corrotta da una famiglia
nobile in decadenza, l’avevano portata ad essere una
splendida
attrice nel suo mostrarsi composta in qualsiasi circostanza. Ma sotto
lo sguardo severo di Loki, di un verde ardente di fiamme trattenute a
rendere pressante il proprio magnetismo, si ritrovò a
tremare
lievemente davanti all’idea di essere giunta alla fine di un
percorso che aveva costruito per secoli. Più che
l’impossibilità di continuare ad amarlo come da
sempre
aveva fatto, seppur con forme e modalità diverse a seconda
del
periodo della propria vita, si ritrovava a rammaricarsi per non poterlo
ricordare neppure, spogliata dall’unica cosa che sapeva di
renderla veramente unica nell’intero universo – la
sua
fedeltà a lui.
La ragione stava dalla parte di Loki per quella volta, e per quanto in
altra circostanza Sigyn si sarebbe comunque ribellata
all’evidenza e impuntata in un gioco di forza, si
lasciò
andare all’evidenza che una risposta era giusto che lui
l’avesse – perché lei non
l’avrebbe più
conosciuta e quel peso qualcuno doveva portarlo. «Comunque, ovviamente è un
sì, vi avrei sposato.»
«Non usare il condizionale, perché non ci
metterò
troppo» la corresse Loki, sfiorando con le proprie dita la
treccia che le ricadeva lateralmente prima di spostarle sul suo voto,
accarezzando lievemente i lineamenti marcati da sconforto vanamente
trattenuta.
«A far cosa, mio principe?»
Si piegò su di lei con le labbra piegate in un ghigno in cui
vi
erano contenute più promesse e minacce di quante lei
riuscisse a
leggerne, ma non chiese il conto di ciò che non era in grado
di
afferrare, perché sapeva che non ve n’era
necessità
e se mai si fossero rincontrati davvero, allora avrebbe saputo
ciò che c’era di ancora oscuro. «A ritrovarti,
naturalmente» asserì modulando le parole
lentamente, quasi
a spargerle come un unguento sulle ferite che quella separazione le
avevano procurato e sulle proprie che non voleva mostrarle,
perché non doveva avere come ultima immagine di lui quella
di un
uomo piegato a un dolore che non avrebbe mostrato ad alcuno –
l’avrebbe coltivato, trattenuto ed usato per forgiare la
propria
determinazione a mantenere la parola datale. «Hai promesso di
servirmi, non ti libererai tanto facilmente di un simile
peso.»
«È un peso non poterlo più
fare». Le sue
parole morirono sulla bocca del dio degli inganni, che le
lasciò
appena l'attimo di formulare la propria dichiarazione prima di
prendersi l’ultimo bacio che gli era concesso prima dello
scadere
dei cinque minuti loro elemosinati. Le graffiò il collo nel
tirarla verso di sé, formando solchi scarlatti e tirandole
le
ciocche di capelli nei quali si erano intrecciate le proprie dita,
strappandole lamenti di flebile sofferenza mentre le mordeva le labbra.
Non c’era calma, non c’era dolcezza e
n’è
tanto meno gentilezza nella voracità con cui la stava
baciando
– e non riusciva a pensare, ad ogni secondo che si sgretolava
sotto il contatto dei propri corpi, che prima di poterla riavere
sarebbe trascorso più tempo di quello voluto.
«Non per molto, Sigyn. Non per molto» le
sussurrò
all’orecchio quando sentì riaprire le porte della
sala,
staccandosi da lei per osservarla prima di vederla scomparire insieme
alla scorta che Odino aveva mandato a prenderla.
«Non per molto»
ripeté lei – un voto a cui avrebbe dovuto
mantenere fede,
un voto che prima o poi avrebbe dovuto trovare un suo compimento.
M A N I
A’ s W
O R D S
Allora, come avevo annunciato, poi disannunciato e poi riannunciato
nuovamente, ecco il seguito della mia precedente raccolta, «L’amore
che non salva, danna, corrode e rende fedeli».
Ora, non uccidetemi per l’inizio, ecco. E no, ovviamente non
mi
riferisco solo alla lunghezza di questo capitolo - e pure delle note
che mi accingo a scrivere -, ma anche a quando io
ami bistrattare i personaggi. È solo l’inizio
quindi
chissà come sarà la fine e io vi assicuro che se
non
avessi cambiato in corso la mia precedente idea per la long che avevo
cominciato prima di questa, tutto sarebbe molto più tragico
e
angst, quindi c’è stato un notevole passo avanti.
L’idea della perdita di memoria di Sigyn – che
comprende
tutto quanto, non solo Loki – era contemplata già
nella
stesura originale della long di cui parlavo da dicembre. Devo ammettere
che come trovata in sé è assai poco originale -
ma spero
di aver reso i risvolti tali, sarete voi a giudicare - e per di
più mi è venuta in modo stupido, ma dato che si
tratta di
ispirazione a una serie tv mi sembra giusto creditare tale implicito
merito (?) a «Once Upon a Time» e a Emma che nella
terza
stagione,
scusate lo spoiler,
ma devo spiegare, si dimentica di tutta la sua
famiglia e del tempo trascorso con essa. Vedendo Emma e la sua
condizione, avendomi colpito parecchio, mi ha fatto ritrovare a
chiedermi
quali conseguenze potesse avere un evento simile su Sigyn. Nella long
originale, tale parte era verso la fine, mentre qui ho capovolto gli
eventi – non ve ne frega niente, probabilmente, ma io ve lo
dico
comunque e tanto queste note sono già chilometriche.
Voglio anche specificare che l'idea della punizione mi deriva dal
desiderio di creare un parallelismo tra i modi di reazione di Loki nel
subirla e quelli che avrà Thor quando capiterà a
lui di
incorrere nell'ira del padre.
Ci tengo a specificare che non è mia intenzione dipingere
Odino
come spesso avviene come un padre cattivissimo nei confronti di Loki.
Ha punito Thor privandolo dei suoi poteri e spedendolo sulla terra per
aver disubbedito, direi che a Sigyn non è andata poi
così
tanto male, e come punizione mi sembrava sensata - spero lo sia davvero.
La narrazione, come spesso mi adopero – e come ho
già
ripetuto altre volte –, è quella ad immagini e non
prettamente cronologica, per questo i temi verbali sono allineati
– insomma, un giorno Marquez verrà e mi
ucciderà
per provare a mettermi a tentare di rielaborare il suo stile con tali
disastrosi risultati, ma io ci provo comunque perché lo amo
immensamente.
Ah, sì, per chi se lo stesse chiedendo, la proposta di
matrimonio di Loki a Sigyn ve la mostrerò, ma un tantinello
più avanti – comunque il romanticismo è
proprio ai
massimi livelli, come da sua consuetudine, eh /sarcasmo a palate/.
Questa sarà comunque una raccolta di one-shot,
anche se a differenza della precedente, oltre il rapporto Loki/Sigyn,
come potete intuire già da adesso, vi sarà una
trama vera
e propria, non solo spaccati di momenti tra i due. Per alcuni fatti,
riprenderò gli avvenimenti del primo film di Thor, ma solo
per
alcune cose – per tale motivo ho inserito
l’avvertimento
What if? –, mentre non terrò in considerazione
Thor The
Dark World – e nemmeno The Avengers, in realtà, o
almeno
non proprio (?). L’aver optato per una raccolta di one-shot e
non
per una vera e propria long è sostanzialmente una scelta per
l’ottimizzazione del mio tempo: una long richiede un lavoro
molto
più complesso, e io non ho tutta questa disposizione di
tempo.
Venendo alle note segnate invece nel corso del capitolo:
[1]
• Tale è il nome della lancia/scettro di Odino.
[2]
• L’albero
cosmico è Yggdrasill, che regge i Nove Mondi secondo la
mitologia norrena e le cui radici si immergono in due fondi: quella
della saggezza e quella del destino, presso cui vivono le Norme che
tessono l’arazzo del destino, per questo si pensa che chi
riesce
a leggere tra le sue biforcazioni possa anche scovarvi pezzi del futuro.
[3]
• Nel capitolo O9
della mia precedente raccolta – secondo la mia numerazione
–, Frigga regalava a Lady Sigyn un ciondolo. Mi riferisco a
questo in tale punto della storia.
[4]
• Mi sono rifatta ad
alcune delle virtù aristoteliche, dove al posto di
mansuetudine
ho preferito il sostantivo benevolenza. E sì, ho messo
alcune di
quelle etiche e altre dianoetiche – se non capite, no
problem,
c’è la pagina della Wiki, basta cercare
“virtù” –, perché
non volendo inserirle
tutte quante, ho preferito dividerle.
Ultima cosa, la storia è divisa in due grandi blocchi - e
per la
cronaca sono 19 capitoli totali, di cui 11 già scritti
almeno in
brutta. Nei primi 9
si avrà una prevalente – e quasi totale
–
concentrazione su Loki, e per questo tali primi capitoli
hanno come colonna sonora “Vivere”
di Cristiano De André. Ad ogni capitolo inserirò
una
strofa della suddetta canzone – che manco a farlo apposta
sono
nove, le coincidenze, eh?! Io vi lascio anche il link, così
se
volete sentirvela potete farlo comodamente: QUI.
Credo di aver finito di dare spiegazioni/avvertenze e ciò
che
dovevo dire, quindi vi saluto. Ah, no, il banner: l'ho fatto io. Lei
è Natalie Dormer ♥
Come sempre vi chiedo di lasciarmi una recensione, un parere, un
qualcosa, così, tanto per farmi sapere cosa ve ne pare e
farmi
una ragazza felice, ma proprio tanto – tantissimo –
felice.
Grazie, a chiunque anche solo sia giunto fino a qui, in
realtà,
credo di aver sclerato parecchio. Gli aggiornamenti saranno irregolari,
ma almeno una/due volta/e al mese aggiorno – forse (?),
dipende
dalla disponibilità di tempo per editare i capitoli
–,
quindi a presto ♥
Mania▬
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