Eccomi
qua.
Santana,
27 anni, single, donna
meravigliosamente attraente, avvocato brillante, occhi grandi, talmente
profondi da definirli buchi neri, sexy, capelli corvini, altezza nella
media…
Avrei
usato tanti aggettivi per
definirmi ma quelli, per ora, erano sufficienti. Me ne stavo seduta su
una
panchina di legno di un parco che si trovava sulla strada verso casa.
Ogni
giorno percorrevo a piedi quel tratto per raggiungere il mio ufficio.
Quel
pomeriggio, ancora illuminato dal sole, ero uscita di fretta dal posto
di
lavoro e mi ero precipitata di corsa fuori senza nemmeno salutare i
miei
colleghi. Passavo tutte le volte davanti quel parchetto, lo guardavo di
tanto
in tanto senza mai fermarmi ma quel giorno decisi di farlo.
E
ora ero lì, seduta su quella panchina
con ancora la tenuta da lavoro e una decolletè con il tacco
leggermente sporco
di terra e erba a causa del terreno troppo morbido e inumidito dalla
pioggia
del giorno precedente. La cartella che usualmente portavo a lavoro era
poggiata
di fianco a me sulla panchina, mentre in mano, avevo ancora qualche
foglio
volante, pratiche da lavoro che avrei dovuto consegnare firmate il
giorno dopo.
Avevo lo sguardo perso nel vuoto ed ero tormentata da un caso che mi
era stato
assegnato da un po’ di tempo a questa parte. Quel caso mi
aveva messo in crisi,
ogni cosa mi sembrava andasse storto e in quel momento pensai che una
pausa per
respirare e schiarirsi la mente mi servisse un po’.
Ero
immobile, quasi in uno stato
di trance, schiena contro la panchina, gambe accavallate, per
nascondere
l’intimo sotto la gonna, e tenevo stretta, sulle mie gambe,
quei fogli carichi
di fatica e speranza.
Cercai
di sgombrare la testa,
cominciai a liberare la mente dal lavoro e a concentrarmi su quello che
mi
passava davanti. Vidi cani giocare con i propri padroni, un frisbee che
alcune
volte ostacolava la mia vista, bambini correre per fare la fila allo
scivolo,
ragazzi distesi sul prato a chiacchierare allegramente, un paio di
coppie
baciarsi come se non ci fosse un domani, e infine, improvvisamente,
vidi una
donna, non una donna qualunque, penso che fosse la donna più
bella ed
incantevole che io abbia mai visto in tutta la mia vita.
In
quel momento fui come attratta
da quel raggio di sole. I suoi capelli erano raccolti da una coda
scomposta ma
a causa del sole risplendevano di una lucentezza tale da diventare
color oro.
Potei
notare che con lo sguardo
stava seguendo alcuni bambini che giocavano distratti in un area piena
di
sabbia. Di tanto in tanto sfoggiava un sorriso luminoso, perfetto,
bianco. Da
quella distanza non potevo vedere i suoi occhi ma scommisi con tutta me
stessa
che fossero del colore del mare.
Se
ne stava lì,in piedi, a
braccia conserte, indossava un top rosa chiaro e sopra un cardigan di
colore
grigio con le maniche tirate su fino ai gomiti, jeans stretti, e un
paio di
converse bianche. Dalla mia postazione la vedevo di profilo, ma in
alcuni
momenti si voltava per controllare i bambini che correvano gioiosi di
fianco a
lei.
Era
di una bellezza tale da
mozzare il fiato. Ero rimasta ad osservarla tutto il tempo, come rapita
dalla
sua semplicità nei movimenti. Non mi era mai capitato,
specialmente con una
donna, e infatti la cosa mi mise in imbarazzo ma non ci pensai molto.
L’unica
cosa a cui riuscivo a pensare, era a come potesse essere quella donna,
al suono
della sua voce, al colore dei suoi occhi, al suo profumo ecc.
Mi
stavo facendo dei film mentali
pazzeschi e per un attimo mi riscossi, pensai che forse era tanto
stupido
fissare quella donna, presi ad inumidirmi le mie grandi e carnose
labbra e mi
concentrai sui fogli che tenevo sulle ginocchia.
Cercai
di concentrarmi, ma la
voglia di voler guardare ancora una volta quella donna era
più forte di quanto
pensassi. Quando tornai a guardarla ebbi un piccolo sussulto al cuore.
La vidi
sempre nella stessa posizione di prima, ma questa volta aveva in
braccio un
bambina. Si spostò leggermente camminando verso di me e a
quel punto cercai di
nascondere dietro i fogli, l’imbarazzo del mio viso. Mi
sporsi leggermente da
un bordo della carta e notai che al dito della mano sinistra portava
una fede.
Boom.
Colpo basso Santana Lopez.
Quella
donna era sposata. “Certo,
come poteva non essere sposata una cosi?” pensai tra me.
Fece
scendere la bambina dalle
sue braccia che velocemente corse verso la fontanella accanto alla mia
panchina.
Per
un secondo mi prese il
panico, la bionda si stava avvicinando verso di me. Avevo il viso
accaldato
dall’imbarazzo e sperai con tutta me stessa che quella donna
non si accorgesse
delle mie facce stupide che stavo facendo dietro quel dannato foglio.
A
quel punto la bambina si
avvicinò alla fontanella, aprì la manovella e
cominciò a bere l’acqua che pian
piano scorreva mentre lei, arrivò qualche secondo dopo.
Ora
se ne stava in piedi vicino
la mia panchina. Potei giurare che da vicino era ancora più
bella di come fosse
da lontano. Aveva un fisico perfetto, e anche la pelle del viso era
perfetta e
di un bianco tale da sembrare una statua fatta di pietra.
Questa
volta aveva le mani sui
fianchi e aspettava che la figlia, o chiunque fosse quella bambina,
finisse di
bere. La stava osservando quando improvvisamente si girò
dalla mia parte.
Per
un attimo mi mancò il
respiro. “Ma che diavolo stavo facendo? Stavo stalkerizzando
una donna?” pensai
tra me.
In
quel momento i nostri sguardi
si incrociarono e dentro di me sorrisi compiaciuta perché
avevo indovinato il
colore dei suoi occhi. Il taglio era molto particolare, sembrava una
gatta
pronta ad attaccare.
Era
affascinante.
La
guardai con la paura che
forse, stavo un po’ esagerando nel guardarla, ma lei, mi
sorrise dolcemente e
disse :
“Buon
pomeriggio!”
Non
me l’aspettavo e d’istinto le
risposi :
“Buon
pomeriggio!”
Lei
sorrise ancora, poi tornò a
concentrarsi sulla bimba che nel frattempo aveva terminato di bere.
Aveva
una voce sublime e pensai
che fosse la ragazza più dolce che io abbia mai incontrato.
Entrambe
si allontanarono verso la distesa di prato e io continuai a fissarle
ancora per
un po’, giusto il tempo di rendermi conto che stavo del tutto
esagerando, e
infatti presi la mia cartellina, strinsi i miei fogli tra le braccia e
mi
affrettai a lasciare quel posto fuori dal comune.
Dopo
quel giorno, riuscivo a
pensare solo a quella donna che mi aveva completamente fulminato. Ne
avevo
parlato con la mia amica, non che collega Quinn, che mi aveva
raccomandato di
darci un taglio, visto che non facevo altro che parlare di questa donna
misteriosa.
Ero
seduta su una di quelle
grandi poltrone nere da ufficio, davanti la scrivania, avevo la testa
poggiata
sullo schienale e lo sguardo perso nel vuoto, mentre la mia amica era
seduta
davanti a me su una delle sedie per ospiti.
“Credi
che sia matta?” dissi
sorridendo come un ebete.
“Io
credo di si!” puntualizzò
Quinn continuando a guardarsi le sue unghie perfette.
“Quinn,
è cosi bella! Te l’ho già
detto?”
“Si
Santana, me l’hai ripetuto
almeno 100 volte negli ultimi giorni!” disse portando gli
occhi al cielo.
“Pensi
che io sia lesbica vero?
Perché non sono lesbica…” mi fermai per
un secondo a pensare “ cioè, a me piace
quella donna, o per lo meno credo di aver avuto un colpo di fulmine, ma
non mi
piacciono le altre donne quindi questo non mi fa una lesbica, o magari
si… no,
non sono lesbica…” pensai tra me.
“Santanaaaa”
a quel punto la mia
amica Quinn mi fermò di colpo.
Cosa
c’è?” quasi urlai.
“Stai
delirando ok?” disse
spazientita.
“Definisciti
come vuoi ma
comunque rimane il fatto che sei completamente andata per questa donna
che
nemmeno conosci, probabilmente, ha una figlia…” e
lo disse cominciando a
contare sulla punta delle dita tutti i problemi plausibili della cosa.
“ è
sposata, magari avrà anche un altro figlio,”
“Oddio
ti prego no!” la
interruppi per un secondo.
“abiterà
in una casa lussuosa, o
che ne so, magari avrà anche un cane.”
A
quel punto sbuffai, tornai a
guardare con aria triste Quinn e lei fece lo stesso con me.
“Santana,
è una sconosciuta!”
puntualizzò.
A
quel punto tornai in me stessa
e pensai che forse aveva ragione. Io quella donna non la conoscevo,
quindi
perché tormentarsi?
“Hai
ragione. Scusa Quinn, lo sai
alcune volte esagero.”
A
quella risposta la biondina
fece un sospiro di sollievo e si alzò dalla sua postazione
con aria da chi
aveva svolto bene il suo compito.
“San,
sai cosa penso?” disse
guardandomi seria.
“Cosa?”
“Penso
che tu debba farti una di
quelle scopate tale da scordarti anche come ti chiami!” mi
disse, e a quel
punto sentì la risata scherzosa di Quinn.
Io
rimasi spiazzata.
“Quinn,
credevo mi stessi
parlando seriamente!” dissi arrabbiata.
“Ma
dai Santana, quella che hai è
solo una stupida cottarella che ognuno di noi si prende almeno una
volta al
giorno per un passante o un giovane o una giovane che ti ringrazia per
averlo
fatto passare per primo in metropolitana.”
Riflettei
a quelle parole.
Probabilmente era cosi. Poi la mia amica aggiunse :
“Lascia
perdere, non ti fissare,
è una cosa passeggera, piuttosto a quando la nostra uscita
super divertimento e
alcol?” disse con un sorrisino compiaciuto cambiando
totalmente discorso.
“Uff….Quinn
non lo so!” dissi
scocciata, sia perché aveva cambiato discorso e sia
perché non mi andava molto
di trascorrere quel genere di serata.
“Ma
come? Dai che ci divertiremo.
Voglio presentarti un mio amico! Facciamo venerdì
sera?” disse speranzosa.
“Questo
venerdì?” replicai
scocciata.
“Si,
dai andiamoooo!” quasi mi
pregò ma alla fine mi convinse.
“Eh
va bene…” a quelle mie tre
parole le uscì un piccolo urletto di gioia e io mi misi le
mani sulle orecchie
infastidita da quel forte suono.
“Evvai!”
esultò.
“Bene,
allora adesso vado che ho
un colloquio.” Rispose con il sorriso e andando verso la
porta.
“Ok!”
io ero ancora leggermente
scocciata.
“A
dopo, allora!” Aprì la porta e
si allontanò dalla mia stanza.
“A
dopo!” le urlai senza
guardarla.
La
mia amica era convinta di
avermi fatto dimenticare quella sconosciuta dagli occhi blu, ma io ero
quasi
ossessionata da lei.
Ripresi
a
scrivere alcune pratiche, e di tanto in tanto mi fermavo a pensare a
quella
donna che piano, tormentava la mia mente.
Dal
giorno in cui la vidi per la
prima volta, tutti i pomeriggi alla stessa ora, me ne andavo a quel
parco solo
per vederla. Mi sedevo sempre sulla stessa panchina e lei era sempre
lì, vicino
alla vasca piena di sabbia.
Subito
dopo lavoro, me ne andavo,
senza dire niente a Quinn o inventandomi una scusa a quel parco, per
evadere un
po’ dalla realtà. Ogni giorno, portavo un libro
diverso da leggere,
impegnandomi per finta, nella lettura.
Lei
non mi notava mai, mentre io
la osservavo da lontano in ogni momento. Cominciai a studiarla e a
conoscerla
senza nemmeno averci mai parlato.
Molte
volte la vedevo con sua
figlia, ormai ero certa di questo, perché un giorno sentii
chiaramente la
bambina dire “Mamma” a lei. Un giorno la vidi
mentre passeggiava, con il suo cane,
un labrador nero, mentre alcuni giorni era accompagnata da alcune sue
amiche.
Non avevo mai incontrato suo marito, o per lo meno c’era ma
io non ci avevo mai
fatto caso. Ogni giorno era vestita in modo diverso, e ogni giorno era
più
incantevole che mai.
Più
il tempo passava e più me ne
innamoravo. Non credevo a cosa mi stava succedendo. Mi stavo pian piano
innamorando di una sconosciuta eppure mi sembrava già di
conoscerla.
Trascorse
un mese, e quel
pomeriggio primaverile,ancora di nascosto, corsi verso il parco a
sedermi sulla
mia solita panchina ma di colpo mi fermai, e il mio cuore fece mille
capriole
prima di tornare al suo posto.
Avevo
gli occhi spalancati e
l’unica cosa a cui riuscivo a guardare era la panchina che
solitamente veniva
occupata da me.
Quel
giorno la panchina non era
vuota, ma c’era lei, quella ragazza misteriosa, seduta su di
essa.
Era
di spalle e guardava la
distesa di prato, forse in attesa di qualcosa.
Era
sola. Per fortuna, non poteva
notare la mia presenza poiché ero dietro di lei,
dall’altro lato della strada.
Deglutii più volte, fino a quando non presi coraggio e mi
avviai verso di lei.
Non
mi fermai a guardarla, mi
limitai solo a sedermi di fianco a lei.
Avevo
il cuore a mille.
Finalmente, dopo tanto tempo, io e lei eravamo sedute vicine. Lei si
era girata
verso di me ma poi tornò a guardare la distesa di prato, io
feci lo stesso.
“Finalmente
ci incontriamo!”
disse dopo qualche minuto di silenzio. A quelle parole rimasi di sasso,
non me
l’aspettavo. A quel punto la guardai imbarazzata.
“In
che senso?” dissi
gentilmente.
“Non
hai fatto altro che
osservarmi tutto questo mese, pensi che non me ne sia
accorta?” disse seria in
volto e io quasi mi spaventai.
“Non
è come pensi io…” cominciai
a parlare ma lei mi fermò.
“Non
serve che ti giustifichi, lo
so che venivi qui per osservarmi!” disse sorridendo. Questa
volta incrociò le
braccia sotto il petto.
Mi
aveva beccata. E io ero
totalmente in erme.
“Scusami,
io non volevo, mi sono
fatta trascinare dalla cosa, ma non era mia intenzione
spiarti!” dissi cercando
di trovare una scusa.
“Oh
invece si!” quella risposta
mi spiazzò.
“Io
penso che tu sia venuta qui
proprio per spiarmi.”
Ero
totalmente in imbarazzo
mentre lei era cosi sicura di se stessa.
A
quel punto abbassai lo sguardo
e chiusi gli occhi.
“Mi
dispiace! Non so cosa mi sia
preso. Non venivo mai qui, ma da quando ti ho vista mi sono ripromessa
di
venire qui ogni giorno solo per vederti” esitai solo per
vedere il suo viso ma
poi tornai a parlare. “Ora penserai che io sia una pazza
psicopatica che ti ha
tenuta sottocontrollo tutto questo tempo, ma non sono cosi
io…..” esitai ancora
colta dall’imbarazzo dei suoi occhi che curiosi mi
osservavano “io, mi sono
fatta prendere dalla curiosità e mi sono fatta trasportare
dalle emozioni, ma non
succederà più e ti chiedo scusa!”
Sentendo le mie parole quella ragazza, prima
rimase seria in volto poi, cominciò a rilassarsi fino a
sorridere e di tanto in
tanto a lasciarsi scappare qualche piccola risatella.
“Ho
capito. Sei lesbica!” disse
tra una risata e l’altra. Io rimasi spiazzata da quella
affermazione e mi
affrettai a rispondere.
“Io?
No,no, non sono lesbica!”
dissi quasi presa dal panico.
“Ok,
ok!” si limitò a rispondere
continuando a sorridere.
“Quella
ragazza non mi conosceva
e già aveva tutta questa confidenza con me?”
pensai per un secondo ma poi
ritirai subito quel pensiero perché forse, quella che aveva
bruciato le tappe
ero io e non lei.
La
sua risata pian piano si
affievolì e lei si voltò a guardare alcuni
bambini correre davanti a noi.
“Allora,”
disse improvvisamente.
“Cosa
ti porta qui, Santana?”
Sentendo il mio nome mi gelai di colpo.
“Come
faceva a sapere come mi
chiamavo?”
“Come….”
Ero quasi terrorizzata.
“Come fai a sapere il mio nome?” riuscii finalmente
a concludere la frase.
Lei
era sempre tranquilla e
pacata, si aspettava la mia domanda.
“Credi
che solo tu mi abbia
spiato?” lo disse sorridendo.
A
quel punto rimasi scioccata.
“Ma
come, anche tu mi hai spiato
tutto questo tempo?” dissi colta dall’imbarazzo.
“Ma
no!” si affrettò a dire.
Potei
giurare di aver visto le
sue guance farsi sempre più rosse.
“Un
giorno, ho sentito chiamare
il tuo nome, una tua amica piuttosto nevrotica ti ha richiamata per
andare via
con lei!”
“Quinn!”
pensai tra me e me.
“Ah
si, mi ricordo!” dissi “Lei è
Quinn, mi aveva vista per strada dalla sua macchina e per non dirle che
ero lì
per te ho inventato una scusa e sono salita in macchina con
lei!” disse quasi
sorridendo al solo ricordo.
“Già,
allora ricordo bene!”
sorrise e in quel momento i nostri sguardi si incrociarono.
I
suoi occhi erano dolcissimi e
di un blu quasi accecante. Mi terrorizzava l’idea di
guardarla negli occhi per
più di tre secondi. Erano stupendi.
Distolsi
lo sguardo da lei ma poi
fu più forte di me tornare a guardarla. Sorridevamo
entrambe, illuminate dal
sole che pian piano spariva dal cielo.
Restammo
lì a parlare per buone
tre ore, raccontandoci di noi poi lei si alzò in piedi con
una delicatezza tale
da farti sciogliere.
“Io
ora devo andare, si è fatto
tardi!” disse indicando il sole che praticamente se
n’era quasi andato.
“Oh
cielo! Non credevo si fosse
fatto cosi tardi!” dissi sorridendo.
“Eh
già!” sorrise imbarazzata.
Mi
alzai anche io e a quel punto
mi resi conto di quanto fosse più alta rispetto a me.
“Bene
allora, credo sia arrivato
il momento di salutarci!” dissi a malincuore.
“Eh
già!” ripete con un punto di
tristezza.
“Allora
Ciao Santana!” mi
anticipò sorridendo.
“Ciao!”
dissi incantata da tale
bellezza.
Lei
si voltò, mi diede le spalle
e cominciò ad incamminarsi.
“Ehi!”
la richiamai
improvvisamente.
Lei
si voltò verso di me felice
di averla chiamata.
“Abbiamo
parlato tutto questo
tempo e non so nemmeno il tuo nome!” dissi curiosa e con aria
sbadata.
“Hai
ragione! Scusami…” a quel
punto corse indietro verso di me, mi allungò la mano e io la
strinsi senza
pensarci due secondi. La sua pelle poteva sembrare gelida ma lei, aveva
le mani
caldissime. A quel contatto mi venne un caldo atroce e intuì
che anche lei era
diventata rossa in viso.
“Io
sono Brittany!” concluse la
frase sempre con quel sorriso accecante.
“Brittany!”
ripetei e vidi lei
annuire.
“Allora
ci si vede Britt!” dissi
scherzosamente.
Lei
rise.
“Ci
si
vede!” a quel punto mi lasciò la mano e si
voltò di nuovo, di tanto in tanto si
girava verso di me sorridendo appena, incredula del mio incontro, io
feci lo
stesso, con la differenza che ero rimasta lì immobile a
fissarla mentre lei, la
ragazza misteriosa, con il nome di Brittany, si allontanava da me.
Dal
giorno in cui conobbi
Brittany la mia vita cambiò drasticamente. Cominciai a
mentire sempre alla mia
amica Quinn dicendo che avevo accettato un altro incarico oltre a
quello che
avevo e che mi occupava sempre in ufficio, mentre in realtà
me ne andavo al
parco a parlare con Brittany.
I
giorni passavano e cominciai a
conoscere quella ragazza che fino a un mese fa per me, era un totale
mistero.
Ci
incontravamo tutti i giorni
alla stessa ora su quella panchina e parlavamo fino al calare del sole.
Scoprii
tante cose su Brittany, ad esempio, ebbi la conferma che aveva una
figlia,
scoprii che il marito era morto in un incidente, ma lei continuava
sempre a
portare la fede al dito, poi seppi che il nome del suo cane era Felix,
la sua
bambina si chiamava Susan come il suo secondo nome, le piaceva il
gelato al
pistacchio, il suo piatto preferito era la pizza, amava stare
all’aria aperta,
alcune volte si concedeva delle giornate per stare da sola e portava la
figlia
dalla nonna nonché sua madre, ecc.
Finalmente
conobbi Brittany come
realmente volevo e lei fece lo stesso con me. Ci stavamo conoscendo
come due
persone normali che hanno la voglia e la curiosità di
conoscersi. Alcune volte
veniva accompagnata dal suo cane e solo qualche giorno dopo che mi
conobbe un
po,’ decise di portare sua figlia per farmela conoscere.
Tutto
era meravigliosamente
perfetto.
Lei
era perfetta.
Mi
sembrava cosi strano eppure,
io e quella ragazza se pur diverse, avevamo tante cose in comune.
“Allora…”
cominciò a dire
Brittany mettendosi a sedere a gambe incrociate sulla panchina. La sua
aria da
bambina innocente mi attirava molto. Più il tempo passava e
più aumentava la
voglia di starle vicino, di toccarla, di baciarla.
Lei
mi sorrideva un po’ con aria
stanca, ma aveva sempre il sorriso stampato sulle labbra.
“Dovrei
portarti un libro a cui
tengo molto, dovresti leggerlo! Ti ho visto leggere molto al parco,
quando
ancora non ci conoscevamo e cosi ho pensato che quel libro potrebbe
aprirti la
mente, farti capire tante cose!” Parlava con una
serenità tale da rimanere
incantata.
Adoravo
il modo in cui parlava.
Mi metteva una tranquillità pazzesca.
“Ehm…
in realtà non sono
un’amante dei libri, erano tutte scuse, li portavo per fare
finta di leggerli
quando in realtà mi ci nascondevo dietro solo per il gusto
di spiarti!” risposi
un po’ imbarazzata e un po’ in colpa.
“Davvero?”
rispose la bionda sorpresa.
“Si,
i libri sono della mia amica
Quinn, lei è una grande lettrice, non io!” dissi
fissando l’erba sotto i nostri
piedi. Poi continuai e questa volta la guardai negli occhi.
“Ma
il tuo libro lo leggerò
senz’altro. Sarà la mia unica eccezione!”
A
quelle parole le tornò il
sorriso e io sorrisi di rimando.
Il
sole stava per calare e
Brittany si alzò in piedi dalla panchina come suo solito per
salutarmi ma io la
trattenni.
“Britt?”
dissi seria in volto.
Lei
rimase lì ad ascoltarmi
comprensiva.
“Si?”
Mi
ero decisa, volevo chiederle
di uscire. Mi ero un po’ stancata di vederci sempre di giorno
al solito parco.
Ormai il nostro rapporto era quasi diventato intimo e mancava solo quel
passo
in più che ci avrebbe portate ad una conclusione.
Era
palese quanto mi interessasse
e anche da parte sua si notava un certo interesse nei miei confronti,
quindi
decisi che quello sarebbe stato un ottimo momento per chiederle di
uscire.
“Ti
va di uscire una sera, magari
a cena fuori?” dissi con aria impacciata.
Lei
rimase sorpresa dalla mia
proposta e per un attimo esitò.
“Santana,
mi dispiace ma non
posso!” mi disse quasi dispiaciuta.
A
quella risposta ci rimasi male.
“Eh
perché? Perché sono una
donna?” Cercavo di capire il motivo per cui mi dicesse di no.
“Santana,
nooo… non è
assolutamente per questo!” mi disse dolcemente.
“Eh
allora per cosa? Se è per tua
figlia puoi portarla con noi, non è un problema!”
Lei
mi guardò e sorrise.
“Lo
so che non è un problema è
che…” esitò per un attimo come se
volesse dirmi qualcosa ma poi cambiò
totalmente espressione del viso e si convinse della mia proposta.
“Sai
che c’è? Ok va bene!”
“Sei
sicura?” chiesi nel dubbio.
“Si,
sono sicura,va bene domani sera?”
disse la bionda.
“Si,
va bene!” risposi felice.
“Bene!”
ripete tra se.
“Ora
devo andare!” aggiunse.
“Ok,
allora ci vediamo domani
sera alle 7:00 sempre qui, ok?”
“Va
bene!” mi strinse la mano e
se ne andò come suo solito.
Io
rimasi
lì, e non riuscivo mai a capire perché quella
ragazza non cercasse mai un
contatto fisico, come se avesse paura di farlo. A quel punto decisi di
reprimere ogni domanda concentrandomi solo sull’appuntamento
del giorno dopo.
Me
ne stavo seduta sulla panchina
ad attendere l’arrivo di Brittany. Erano le 7 meno 5. Decisi
di arrivare un po’
in anticipo per rispettare l’appuntamento dato. Mi sentivo
leggermente nervosa
perché era la prima volta, dopo tanto tempo, che avrei
rivisto Brittany di
sera, e per di più a cena insieme in un ristorante. Come da
vizio mi sistemavo
con la punta delle dita l’orlo del vestitino aderente che
indossavo. Amavo i
tubicini, specialmente quelli di colore rosso o neri.
In
quell’occasione lo indossai
nero perché risaltava perfettamente il mio sguardo e la mia
carnagione
leggermente scura.
I
tacchi erano d’obbligo.
Improvvisamente
senza nemmeno
rendermene conto la vidi davanti ai miei occhi.
Li
sgranai di colpo appena il mio
sguardo si posò sulle sue splendide curve.
“Ciao!
Scusa il ritardo!” mi
disse dolcemente.
“Ciao,
no non ti preoccupare,
sono io che sono arrivata in anticipo!” eravamo entrambe in
imbarazzo, lei
bellissima, capelli sciolti sulle spalle, trucco leggero, un giubbino
di pelle
marrone, jeans modello skinny e uno stivale alto, marrone.
Impeccabile
come sempre.
Mi
tremava il cuore al solo
averla vicino. Anche lei mi sembrò piuttosto agitata, era
favoloso guardare la
sua timidezza farsi sempre più strada sulle sue guance.
Sorrisi
quando la vidi con lo
sguardo mentre attraversava il mio corpo.
“Vogliamo
andare?” le dissi
indicandole la mia macchina parcheggiata vicino il marciapiede.
Brittany annuì
semplicemente e salimmo sulla macchina dirette ad uno dei miei
ristoranti
preferiti.
La
cena fu ottima, lei simpatica
e dolce come sempre, io impacciata e apprensiva. Parlare con lei in un
locale,
fu bellissimo, esperienza che avrei voluto senz’ altro
ripetere.
Una
volta finita, dove ovviamente
pagai io il conto, tornammo al parco in sua richiesta.
Amava
quel posto, più di me, e
quella panchina per lei era diventata un punto di riferimento, di
ritrovo, di
sicurezza che l’avrebbe portata sempre a me.
Ci
sedemmo guardandoci
profondamente negli occhi, notai che era un po’ pallida in
viso ma non ci feci
poi cosi tanto caso.
“La
cena è stata ottima, e ti ringrazio
per la serata è stato tutto meraviglioso.” In quel
momento fece un gesto che
mi scosse il cuore. Mi prese le mani, se
le portò sulle sue gambe e cominciò a stringerle.
Io spostavo lo sguardo dalle
mani al suo viso, totalmente in imbarazzo.
Avevo
il cuore in gola, ero
emozionatissima.
Non
l’avevo mai vista così
impacciata prima di quel momento. Sembrava un cucciolo. Di tanto in
tanto si
mordeva piano il labbro inferiore per frenare l’imbarazzo.
Era dolcissima.
“Non
ringraziarmi, “ dissi
apprensiva “sono io che devo ringraziare te, la serata
è stata splendida,
vorrei solo che questa nostra conoscenza continuasse, sto davvero bene
con te,
Brittany!” La guardai negli occhi, ma la sua espressione
divenne triste. Aveva
tanto da dirmi, ma non disse nulla di quello che voleva dirmi in quel
momento.
“Anche
a me!” disse Brittany
abbassando improvvisamente lo sguardo, e a quel punto calde lacrime le
rigarono
il viso.
“Cosa
c’è?” dissi sorpresa dalla
sua reazione. Portai una mano sotto il suo mento e le tirai su la
testa. Lei
rimase con gli occhi chiusi.
“Niente,
è che….” Esitò “
è che,
mi emozioni Santana!”
Io
mi sciolsi sentendo quella
frase e il mio cuore tornò a battere forte.
“Non
ho mai provato nulla di
simile per nessuno, potrei risultare meschina, ma nemmeno con mio
marito
riuscivo a sentire quel tipo di emozione che mi trasmetti tu Santana, e
questo
un po’ mi spaventa!” In quel momento
riaprì gli occhi e io la guardai con
tenerezza.
“Perché
ti spaventa?” Cominciai ad
asciugarle le lacrime lungo le guance, lei se lo lasciò fare.
“Perché
non so fino a che punto
arriveremo!”
Mi
fece strano
quell’affermazione, ma non capii in quel momento a cosa si
riferisse.
“L’unica
cosa che possiamo fare è
cominciare, poi dove arriveremo sarà il destino a deciderlo,
ma se non
cominciamo, non potremo mai saperlo!”
Appena
risposi vidi il suo viso
rilassarsi ma era comunque preoccupata.
A
quel punto rimasi a guardarla
incantata dalla sua bellezza. Anche quando piangeva era incredibilmente
bella.
Lei
notò che la stavo fissando e
improvvisamente cominciò a spostare lo sguardo dai miei
occhi alla mia bocca,
un po’ spaurita.
In
quel momento, fui guidata solo
dalle emozioni. Il mio cuore mi stava guidando verso di lei, verso le
sue
labbra.
Non
ci pensai due volte, mi
avvicinai piano stringendole le mani, lei rimase immobile.
Le
nostre fronti erano vicine, i
nostri nasi si sfioravano appena. Riuscivo a sentire chiaramente
l’odore del
suo profumo, e il suo respiro agitato farsi strada sulle mie labbra.
Non
persi tempo, chiusi gli occhi
e la baciai delicatamente. Fu un bacio fermo, inesperto, poi mi tirai
indietro
sentendola istintivamente fredda.
“Scusa!”
dissi preoccupata con
ancora la fronte poggiata sulla sua.
Lei
aprì gli occhi, mi prese il
viso tra le mani e disse :
“Non
devi scusarti, è tutto ok!”
Mi
baciò lei questa volta, e fu
un bacio più intenso e più profondo. Aprii
leggermente la bocca per dare spazio
a lei di poter entrare con la lingua e finalmente il bacio fu
approfondito.
Ci
assaggiavamo senza fermarci
per un secondo. Non avevo mai baciato in quel modo qualcuno. Sentivo il
battito
del mio cuore persino nella pancia.
Stavo
provando mille sensazione e
sentivo Brittany provare lo stesso, poiché al contatto con
la mia pelle e la
mia bocca, lei tremava.
Poi
si staccò per riprendere
fiato, e fece un sospirone che mi mise ansia. La vidi leggermente
stanca.
“Qualcosa
non va?” dissi
preoccupata.
“No,
niente sono solo un po’
stanca. Puoi riportarmi a casa?” Finì di
accarezzarmi e poi tornò al suo posto.
“Certo!”
risposi apprensiva.
Ci
avviammo piano verso la
macchina e la riportai a casa di sua madre per riprendere la figlia. La
lasciai
lungo il vialetto della casa, mi disse che comunque sarebbe tornata con
la sua
macchina parcheggiata lì e mi salutò lasciandomi
un bacio veloce sulle labbra.
Era
un tale mistero quella
ragazza ma era proprio quella cosa che più mi incuriosiva di
lei.
Misi
in
moto e tornai a casa chiedendomi, perché andasse a piedi
tutte le volte quando
aveva una macchina a disposizione per muoversi.
Passò
un altro mese, e in quel
periodo il rapporto con Brittany si era molto intensificato. Passavamo
del
tempo a fare passeggiate, andavamo al cinema, a cena fuori, andavamo a
riprendere la figlia a scuola insieme, ecc. Facevamo tutto come una
normale
coppia ma la cosa che più mi faceva strano era che
più passava il tempo e più
avevo la sensazione che Brittany aveva qualcos’altro da
dirmi. Avevo molti
dubbi su di lei, non dubbi sulla relazione, ma come se dovessi sapere
altro su
di lei, che non voleva dirmi.
Stare
con lei era la cosa più
bella che mi potesse capitare.
Era
perfetta.
Eppure
quella domanda, che tanto
volevo farle mi tormentava ogni giorno.
“Cosa
succede realmente?
Cos’hai?” erano queste le domande che volevo tanto
farle.
Mi
decisi che quel giorno le
avrei chiesto di dirmi tutta la verità perché non
potevo vivere con quei dubbi
che mi attanagliavano la testa.
Rimasi
su quella panchina per
ore, ma con dispiacere non arrivò.
I
giorni passavano, e io
puntualmente mi presentavo al nostro appuntamento seduta su quella
panchina,
dopo l’orario di lavoro, ma lei continuava a non esserci.
Ricordai l’ultima
volta che la vidi e pensai che forse non stava poi cosi bene. Era
debole,
pallida, ma pensai che fosse solo febbre.
La
cosa mi preoccupò molto, e non
potei fare nulla poiché Britt, il numero non me lo aveva
lasciato, e non
conoscevo nemmeno la sua casa.
Aveva
deciso che comunque voleva che
nella nostra storia rimanesse un velo di mistero, perché
diceva che era più
intrigante, e io in quel momento l’appoggiai ma ora, mi stavo
rendendo conto di
aver fatto un enorme cavolata.
Cominciai
ad agitarmi, e in
alcuni momenti venni presa anche dal panico.
Mi
sentivo persa senza di lei.
E
così un giorno, mi decisi ad
andare a casa della madre di cui ricordavo benissimo
l’indirizzo.
Scesi dall’auto e mi
avviai verso la porta, bussai
tre volte e la porta si aprì.
“Salve
Signora, mi scusi per il
disturbo!” dissi gentilmente.
“Mi
dica!” rispose garbata la
donna.
“Sono
un’amica di Brittany e
beh….” Esitai per un attimo
“…noi ci vedevamo sempre, ogni giorno al parco, ma
sono un po’ di giorni che non si fa vedere e quindi mi sono
preoccupata!” dissi
dolcemente. Il viso della donna si spense improvvisamente, aveva gli
occhi
lucidi.
“Tu
sei Santana vero?” mi disse e
io rimasi sorpresa.
“Si,
sono io!” Avevo il cuore a
mille per l’agitazione. “Cos’era
successo?” mi chiesi.
“Vieni,
entra, ti devo parlare!”
E
io la seguii senza nemmeno
pensarci.
Ci
sedemmo nel salotto, una di
fronte l’altra. L’atmosfera era piuttosto triste e
la cosa mi stava mettendo
molta ansia.
“Signora,
la prego mi dica cosa è
successo? Mi sto preoccupando!” dissi in preda al panico.
La
donna mi fissò e calde lacrime
le rigarono il viso.
Io
rimasi ferma, pietrificata
dalla sua reazione.
“Mi
dispiace,” disse tra le
lacrime “ ma Brittany è venuta a mancare una
settimana fa!” Pianse e io rimasi
incredula dalla sua risposta.
“Cosa?”
Lacrime silenziose
cominciarono a farsi strada lungo
il mio viso.
“Sta
dicendo sul serio?” mi portai
una mano davanti la bocca spalancata e cominciai a tremare.
La
donna pianse più forte
ripetendo continuamente “mi dispiace”.
Io
rimasi lì per buona mezz’ora
seduta su quel divano a piangere come non avevo mai fatto in vita mia,
poi le
rivolsi lo sguardo e dissi :
“Perché?”
A
quella domanda la donna smise
di piangere e mi squadrò il viso.
“Perché,
non ho saputo nulla?
Perché se né andata senza dire niente?
Cos’è successo?”
La
donna prese ad asciugarsi le
lacrime con un fazzoletto e infine rispose.
“Brittany
era malata, aveva un
cancro incurabile!”
Mi
gelai di colpo.
“Non
ti ha detto niente, perché
ti vedeva felice. Mi ha raccontato tanto di te, non voleva
affezionarsi, e non
voleva ferirti ma le cose sono andate diversamente e la mia cara
Brittany non
ha avuto il tempo per dirtelo, ma…..”
esitò alzandosi in piedi e prendendo da
una libreria, un libro piuttosto piccolo e me lo porse tra le mani.
“mi
ha lasciato detto, di darti
questo libro, lei voleva tanto che ce l’avessi tu!”
Mi
si strinse il cuore a sentire
quelle parole. Tornai a piangere nuovamente.
“troverai
tutte le risposte in
questo libro, mi ha lasciato detto di dirti questo!”
Afferrai
il libro con una presa
più salda e me lo rigirai tra le mani continuando a piangere.
“La
ringrazio, ma ora mi deve scusare..”
a quel punto mi alzai in piedi barcollando leggermente “io
ora devo andare!”
La
signora comprese la mia
reazione e mi lasciò andare. Salutai la madre e tornai in
macchina. Salii
dentro e rimasi ferma in quel punto per un'altra buona
mezz’ora.
Piansi.
Piansi tanto. Avevo la
testa poggiata sul volante e la cosa che mi tormentava, era che non
avrei più
rivisto la mia Brittany. Non avevo avuto nemmeno il tempo di dirle
quanto
l’amavo.
Stavo
male. Male sia fisicamente
che dentro di me.
Cercavo
di ricordare l’ultima
volta che la vidi al parco. Era raggiante. Avevo solo ricordo del suo
sorriso e
delle sue soffici labbra che bagnavano calde, le mie.
I
suoi baci, erano un qualcosa di
meraviglioso. La sua dolcezza era disarmante. Il suo cuore era puro,
lei era
delicata, fresca, bella, solare, era tutto per me.
Per
un attimo mi ricomposi. Presi
ad asciugarmi le lacrime rimaste sulle guance con la manica della
maglia e mi
apprestai ad aprire il libro.
Aprii
la prima pagina della
copertina, e spuntò fuori una specie di busta per le
lettere. Era colorata.
La
girai e riportava la scritta :
X SANTANA
A
quel punto l’aprii, e dentro
c’era una lettera di Brittany per me. Cominciai a leggerla.
<Ciao
Santana,
quando
leggerai questa lettera purtroppo, non ci sarò
più. Ci sono tante cose che
avrei voluto dirti ma un po’ per paura e un po’ per
non rovinare la felicità
che c’era tra noi, non ho detto nulla. Mi dispiace. So che
adesso ce l’avrai
con me, perché non ho avuto il coraggio di affrontare questo
argomento con te,
ma non volevo metterti in mezzo a questo casino. Tu sei la cosa
più bella che
mi sia mai capitata, e ti porterò sempre con me, nel mio
cuore. Ogni volta che
arrivava l’ora x per vederci non stavo più nella
pelle. Ho trascorso dei
momenti meravigliosi con te, e forse in qualcosa ho sbagliato ma non mi
pento
di averti nascosto la mia malattia. Non avresti comunque potuto fare
niente, io
ero malata, e tu, e dico solo tu, sei stata la mia unica cura. Non
credevo che
sarei arrivata al punto di provare certi sentimenti per una donna e
soprattutto
per te, ma posso dirti con certezza che ero e sono tutt’ora
innamorata di te.
Santana, ti amerò per sempre, e dentro di me sarai sempre
presente, come spero
che anche tu, ti porterai per sempre, il ricordo di me. Le giornate al
parco,
le cene, le uscite, tutto era perfetto e tutto era al suo posto. Non ho
avuto
modo di dirtelo ma tu mi hai colpito da subito, sin dal primo momento
in cui i
nostri sguardi si sono incrociati per la prima volta. Ogni volta che ti
vedevo
il mio cuore batteva talmente forte da mancarmi il respiro, e i tuoi
baci, li
ricorderò sempre. Non abbatterti San, la vita va avanti e
devi farlo per me.
Voglio che tu sia felice. Cerca di portare sempre con te il ricordo del
mio
sorriso e non la sofferenza. Per quanto riguarda mia figlia, so che
avevate un
rapporto bellissimo e lei vorrebbe continuare a vederti se te la senti.
Potrei
risultare ripetitiva, perché in questo momento non sono in
grado di concentrarmi,
ma sii forte, e mi scuso ancora per essere stata cosi misteriosa con
te. Ti amo
Santana, ricordatelo sempre. Purtroppo le nostre strade si sono
incrociate in
un momento sbagliato e il destino ha scelto per noi, ma non rimpiango
nulla e
rifarei tutto da capo. Inizialmente mi vedevi frenata perché
non volevo
coinvolgerti, poi il mio cuore mi ha detto di rischiare, e io ho voluto
provare. Ti mancherò ma con il tempo capirai il mio gesto
nel mentirti. Ti
chiedo nuovamente scusa e spero che un giorno tu possa capire.
Ti
amo
Brittany>
Finii
di leggere la lettera e
tornai a piangere, questa volta silenziosamente. Finalmente avevo
capito
realmente ciò che aveva provato Brittany e purtroppo capii
che dovevo farmene
una ragione. Lei era entrata nella mia vita come un uragano e ora se
n’era già
andata.
Il
nostro
destino era già stato scritto ma io non ne ero a conoscenza
mentre lei si.
Questo mi procurò rabbia ma alla fine mi rassegnai. Posai la
lettera sul sedile
del passeggero e misi in moto, diretta verso una meta sconosciuta.
Passarono
alcuni giorni prima che
tornai a lavoro. Dopo la notizia mi presi alcuni giorni di ferie.
Ora
mi trovavo nel mio ufficio,
seduta sulla mia poltrona persa a guardare l’esterno dalle
vetrate del mio
ufficio, Quinn entrò di colpo e si mise davanti a me ad
osservarmi.
“Mi
dispiace per Brittany, ho
saputo!” disse la mia amica Quinn e mi paralizzai di colpo.
La
fissai negli occhi stupefatta.
“Come…come
lo sai?” dissi quasi
spaventata.
“San…”
esitò e si appoggiò
delicatamente sulla scrivania. “sei mia amica e ti conosco
meglio di chiunque
altro, lo so che ti frequentavi con questa ragazza. Ti ho vista al
parco,
inizialmente mi sono chiesta cosa stessi facendo, perché non
uscivi più con me,
e poi alla fine ho capito e ho saputo di Brittany! Mi dispiace San, e
non sai
quanto!” sospirò e io feci lo stesso.
“Ti
ringrazio Quinn, ma ora non
riesco a parlare di lei.”
“Posso
capirti! Ti chiedo scusa!”
“Vorrei
restare un attimo da
sola!” le chiesi gentilmente e tornai a fissare le vetrate.
“OK,
va
bene!” La mia amica si rimise in piedi e mi lasciò
sola permettendomi di
sfogare tutta la mia tristezza.
Dopo
la scomparsa di Brittany,
promisi a me stessa di tornare ogni giorno, alla stessa ora in cui mi
vedevo
con lei, a quel parco, su quella panchina. La nostra panchina.
C’erano
incise le nostre
iniziali. Mi ricordai il giorno in cui Britt volle incidere le nostre
iniziali,
come due ragazzine innamorate e io glielo lasciai fare. Sorrisi a quel
ricordo,
mentre toglievo le mie scarpe con il tacco, e scalza mi misi a sedere
sulla
panchina a gambe incrociate, come faceva lei di solito. Si respirava
l’odore
del suo profumo, tutto sapeva di lei in quel posto. Promisi mentalmente
a
Brittany, che sarei andata avanti ma non avrei mai abbandonato quel
posto,
perché il ricordo di lei non mi avrebbe mai lasciato.
“Ti
amo!” sussurrai nell’aria con
la speranza di ricevere una sua risposta, un suo segno.
A
quelle parole una folata di
vento attraversò il mio viso, chiusi gli occhi e per un
attimo sentì come le
sue labbra posarsi sulle mie. Riaprii istintivamente gli occhi e non la
vidi,
mi rintristii ma subito dopo sorrisi. Non l’avrei mai
dimenticata e mai il mio
cuore avrebbe lasciato la sua anima che dentro di me, urlava
d’amore.
***
Ciao a tutti! Ecco un'altra oneshot Brittana ;) spero vi sia piaciuta e
spero di leggere tante recensioni! Per qualunque domanda riferita
ovviamente alle mie fanfiction potete scrivermi, sul mio profilo ask :
http://ask.fm/Snix91 oppure su Twitter :
https://twitter.com/Snix991
A presto!! ;)
|