Calore
“L'amicizia
è una cosa strana:
non si può
stabilire da che cosa nasce,
ma quando c'è
la si sente.”
- Nancy Hartwell
Esistevano tante cose spiacevoli al mondo e Hiccup lo sapeva bene:
essere deriso dai propri coetanei, tagliarsi i polpastrelli con un
foglio di carta, non essere mai considerato all’altezza della
situazione, ascoltare i gemelli esporre astruse congetture su come la
tua gamba ti sia caduta via spontaneamente
e al suo posto ci sia
cresciuta una protesi sferragliante… O, in generale, essere
Hiccup Horrendus Haddock III per la maggior parte della giornata.
«Oh, Thor, dammi la forza.»
Tentò di sollevarsi, ma i muscoli cedettero ad una fitta di
dolore e si ritrovò ancora una volta seduto su un soffice
cumulo neve. Ora avrebbe dovuto ricordarsi di aggiungere alla lista
anche: “Precipitare in un antro buio e gelido, schiantandosi
su ogni sporgenza esistente”.
«Bene. Sei in trappola ma niente panico. Pensa.»,
mormorò fra i denti, stringendosi le tempie fra le mani.
«Pensa.»
«Cosa? Pensare adesso? Dopo
pranzo?»
«Ritornare in cima da qui necessiterebbe muscoli e conoscenze
che non ho, quindi…»
«Be’, forse tu no. Ma io sì.»
«… Ci dev’essere sicuramente un modo per
uscire da qui che non preveda l’arrampicarsi a mani nude su
una parete gelata.»
«Oh. Effettivamente c’è.»
«Potesti fare silenzio, per favore? Così non
riesco a concentrarmi!»
«Tsk, come ti pare. Sei tu il capo.»
«Grazi—» Con una torsione del collo
talmente rapida da stirargli mezza muscolatura, Hiccup si
voltò alla sua sinistra con gli occhi sgranati.
«… Testa Bruta?»
«Ah-ha. Chi ti aspettavi, Fungus?»
«Cos… Cos’è successo? Dove
sono gli altri?»
Un’ombra scura velò gli occhi azzurri della
ragazza. «Mi dispiace, Hiccup. Non ce l’hanno
fatta.»
Fu come sprofondare ancora una volta nella neve fresca, nulla sotto i
piedi a parte l’aria tagliente dell’inverno. Hiccup
guardò smarrito la sua compagna d’avventure,
sentendo il cuore battergli in gola.
«Nah, ti stavo prendendo in giro.»,
tagliò corto lei, con un gesto di noncuranza.
«Saranno andati a cercare aiuto. Qui sotto ci siamo finiti
solo noi due.»
Sotto il sorriso sghembo della gemella, Hiccup sentì il
proprio corpo disarticolarsi e ricadere su se stesso come se fosse
stato una bambola di pezza. No, non sarebbe mai riuscito ad abituarsi
al quel tipo di umorismo; un colpo di clava dritto sul groppone sarebbe
stato preferibile
in qualsiasi momento. E l’effetto sarebbe
stato più o meno lo stesso.
Rabbrividì, tentando di pensare positivo. Sì, era
bloccato in una caverna di qualche tipo e sì,
l’unico aiuto che aveva era quello di Testa Bruta ma, per
fortuna, avrebbe dovuto avere a che fare solo con una testa dei
gemelli e non entrambe. «Dov’eri?»,
biascicò massaggiandosi la fronte.
La giovane vichinga scrollò le spalle, fissandolo con
indolenza. «Ho esplorato la grotta. Qui la parete
è troppo liscia; è impossibile
risalire.»
«Ah… Ottimo.»
«Tu hai sbattuto la testa mentre cadevamo e sei svenuto.
Credo. Gambe di Pesce forse avrebbe potuto capirne qualcosa. A me
sembrava piuttosto grave, eri pallido come un cadavere! … Ho
pensato che saresti morto. Prima o poi. Il che sarebbe stato davvero
forte da vedere, non fraintendermi!»
«Non avevo dubbi.»
«Ma se così fosse stato, avrei dovuto trascinare
fino al villaggio il tuo corpo per il funerale, in mezzo a tutta quella
neve e a piedi…»
«Il che è male.»
«Non dirlo a me, sarebbe stato uno strazio! Così
ho preferito cercare un’uscita per trovare qualcuno che
potesse rattopparti… O che potesse trascinarti al posto mio,
in caso avessi steso i piedi.»
«Gentile da parte tua, non so come trattenere le lacrime.
Davvero.», farfugliò distrattamente Hiccup,
ispezionandosi il capo con cautela. Quando urtò con le dita
un grosso bernoccolo nascosto fra i capelli, riuscì a stento
a trattenere un gemito di dolore. Si portò le mani di fronte
al viso, osservandole con attenzione. «Niente
sangue… Be’, è già
qualcosa.»
Capelli. La
sua visuale fu interamente ricoperta da capelli: tanti,
biondi e tutti intrecciati. Testa Bruta si era chinata su di lui ed
aveva afferrato qualcosa di malagrazia dal suo petto, facendogli
arrivare una subitanea ondata d’aria gelida sullo stomaco:
era il suo gilet. La ragazza lo indossò e spostò
lo sguardo su di lui, storcendo le labbra.
«Andiamo?»
«Dove?»
«Oh, per Thor l’Onnipotente… La botta in
testa deve averti proprio rimbecillito.», commentò
Testa Bruta, inginocchiandosi di fronte a lui. «Quante dita
sono
queste?», domandò, scandendo con estrema lentezza
ogni parola.
Hiccup roteò gli occhi, abbassandole la mano.
«Quattro.»
La ragazza contò con aria assorta le dita sollevate.
«Wow, non l’avrei mai detto!»
«A volte mi chiedo perché continuo a rispondere
alle tue domande.»
Hiccup riprovò ad alzarsi appoggiandosi all’algida
parete alle sue spalle. Perse la presa immediatamente, scivolando a
terra con un tonfo. «Grandioso. Semplicemente… Grandioso.»
Prima che potesse sospirare via tutto lo sconforto che gli aveva appena
invaso il petto, Testa Bruta lo sollevò senza fare tanti
complimenti, sostenendolo saldamente finché i suoi piedi non
si adattarono al terreno scivoloso.
«Ti reggi sulle tue gambe o no? L’uscita
è a mezz’ora da qui.»
Hiccup poggiò con cautela la protesi metallica a terra,
slittando di lato.
«… Facciamo un’ora.»
Arrossendo fino alla punta delle orecchie, guardò la gemella
mortificato, non sapendo cosa dire. Si era quasi dimenticato
della piacevole sensazione che si provava quando si era una zavorra per
gli altri.
Lei si limitò a spintonarlo in avanti, avviandosi fra le
volute ghiacciate della caverna.
«Non credevo che mi si potessero congelare i
pensieri.»
Contemplando il condensarsi sinuoso del proprio respiro, Hiccup si
portò le mani vicino alle labbra, alitandoci sopra in un
blando tentativo di riscaldarle.
I due stavano arrancando tra le stalagmiti da ormai venti minuti; la
bellezza di quel luogo silente e scintillante era mozzafiato. Tolto
l’aspetto di trappola mortale, ecco.
Non avevano parlato molto: Hiccup era troppo concentrato a non
scivolare a destra e a manca ogni due passi e Testa Bruta…
Be’, lei non era mai stata molto incline alle chiacchierate.
Per lo meno non a quelle civili.
«Ti capisco. Ho già provato questa sensazione.
Più o meno. L’ha provata Testa di Tufo quindi,
visto che siamo gemelli, è come se l’avessi
provata anch’io.»
Hiccup la guardò di sottecchi: il fatto che per una volta
non avesse risposto con un grugnito indecifrabile o una semplice alzata
di spalle era piuttosto incoraggiante o, almeno, questo era quello che
gli piaceva credere. In realtà non era ancora riuscito a
comprendere come lavorasse la mente dei gemelli – ed era
più che certo di non volersi immergere in
quell’abisso per svelarne i misteri. Era costretto ad
ammettere, tuttavia, che gli avevano dimostrato, in più
occasioni, di essere in grado di proporgli trovate alle volte geniali,
in quell’imprevedibile e disorganizzato modo tutto loro.
«Ho paura di chiederti come…»,
finì per mormorare a Testa Bruta, ancora preso dal filo di
quel ragionamento. Si morse lingua non appena si rese conto di averlo
fatto.
«Una volta ho convinto mio fratello a fare una gara di nuoto
nel mare quasi ghiacciato.»
«Sul serio?»
«Certo.», confermò lei, scoccandogli
un’occhiata carica d'incredulità. «Tu
non l’hai mai fatto?»
«No.»
«Ah, già. Ecco perché io e il resto dei
ragazzi ti evitavamo.»
«Sì, be’, grazie per avermelo
ricordato…»
«Comunque sia, potrei anche avergli detto di partire per
primo e, che gareggiare nudo, gli avrebbe conferito una maggiore
velocità. Soprattutto quando ci sarebbe toccato correre fino
a casa bagnati fradici. Avessi visto com’era ridotto al
ritorno: blu come la notte e rigido come una statua! Abbiamo riso per
settimane!»
Seguendo l’eco della risata di Testa Bruta, i due
proseguirono finché non calò nuovamente il
silenzio. A parte qualche rallentamento dovuto alle condizioni di
Hiccup, stavano riuscendo a tenere un buon passo. Eppure, si
ritrovò a pensare il figlio di Stoick l’Immenso,
la
giornata era incominciata come una qualsiasi altra! Be’, come
una qualsiasi altra giornata a
Berk: lui e la squadra erano stati inviati su una collina
innevata, con l’obiettivo di trovare quante più
erbe medicinali possibili, per aiutare la saggia Gothi a preparare le
scorte d'impacchi e intrugli curativi per l’inverno. Il
problema principale era stato trovare il luogo in cui crescevano: a
quanto pareva, purtroppo, una parte di queste piantine nasceva solo ad
una discreta altitudine e fioriva alle porte
dell’inverno… Il che era un po’ come
dire che cresceva solo nella torre più alta di quel castello
lontano, lontano, custodito da un’enorme drago; non credi sia
possibile finché non ti ritrovi le sopracciglia in fiamme.
Così, armati di tracolle e bisacce, erano partiti di buona
lena, sparpagliandosi su varie colline e alture, pregando di portare a
termine l’incarico prima del calar del sole. A
metà giornata Hiccup aveva sentito un grido, seguito da una
sequela ammirevolmente creativa di insulti. Non aveva avuto nemmeno
bisogno di voltarsi a guardare: sapeva benissimo che i gemelli Thorston
stavano litigando. Di nuovo. Mordicchiandosi il labbro inferiore
invocando pazienza, aveva deciso di ignorarli e questo, ironicamente,
era stato il suo più grande errore: qualche istante dopo,
infatti, era stato travolto da una piccola valanga. Senza riuscire a
trovare alcun appiglio, aveva rotolato per diversi metri,
finché non aveva sentito il proprio sedere incastrarsi e
sprofondare. Ricordava di essere stato colpito da qualcosa e di essere
precipitato in un tunnel lungo e claustrofobico e poi…
Hiccup si sfiorò tristemente il bernoccolo con le dita
intirizzite.
Concentrati, Hiccup! Un
posto caldo, un posto caldo…
Berk e i suoi inverni rigidi evaporarono immediatamente dai suoi
pensieri, che migrarono tra le onde del mare, lontano, nel vento caldo
del sud.
«…
cup?»
Immaginò un cielo azzurro, terso, sfiorato da lui e
Sdentato, baciati dai raggi del sole. Un sole brillante, che lambiva
con le sue lingue infuocate l’oro dell’orizzonte.
Un sole che sapeva di avventura, di scoperta, che lo
scaldava e gli
faceva sembrare di poter stringere tra le mani il mondo intero. Il sole
degli occhi di Astrid.
«Hiccup?»
«Oh?»
«Stai pensando ad Astrid, vero?»
Le parole di Testa Bruta lo raggiunsero come uno schiaffo in pieno
volto, spazzando via quella piccola nuvoletta felice sulla quale stava
fantasticando. Avvampò, sentendo le guance imporporarsi
contro la sua volontà. «C-Cosa? No! Ma come ti
viene in mente, io non…!»
Non voltarti.
«Come no. Guardami negli occhi e ripetilo.»
Qualunque cosa tu decida
di fare, non voltarti.
Da che mondo è mondo, le ragazze hanno sempre avuto questo
dono: se crei un contatto visivo con loro, sei fregato. Basta una
piccola sbirciatina e la verità…
Non voltarti. Non
voltarti. Non voltart…
«D’accordoconfessostavopensandoadAstrid.»
Bel lavoro. Davvero bel
lavoro, si congratulò tra sé,
battendosi una mano sulla tempia.
«Heh, lo sapevo. Fai sempre quell’espressione
stupida quando la guardi… Ѐ la stessa che hai
adesso.»
Lo punzecchiò ancora Testa Bruta, non ottenendo alcuna
risposta, poiché il giovane era estremamente concentrato ad
escogitare un sistema per nascondere la propria testa sottoterra.
«Fa meno
freddo, adesso, eh?»
La gemella lo sorpassò sghignazzando.
Esistevano tante cose spiacevoli al mondo e la lista di Hiccup si stava
allungando di minuto in minuto.
«Mmh, questa prima non c’era.»
Hiccup guardò l’enorme ammasso di neve che
bloccava l’entrata della grotta, troppo stanco per potersene
dispiacere. Si strinse il ponte del naso. «Non ci resta che
aspettare che ci crescano un paio d’ali. O il disgelo. Fra un
paio di mesi.»,
dichiarò, lasciandosi cadere a
terra.
Non riusciva a decidere se dedicare le proprie attenzioni al mal di
testa che gli stava smantellando il cranio, agli arti scricchiolanti o
al fatto che, se non fosse riuscito a uscire da lì, sarebbe
ben presto morto congelato e probabilmente Testa Bruta gli avrebbe dato
fuoco per tenersi al caldo. O per puro divertimento.
«Potrei scavare una galleria!», esclamò
la ragazza, battendo il pugno nel palmo della mano.
«No, aspetta! Non è una buona ide… Oh, no.»
Prima che Hiccup potesse accennarle che la neve fosse troppo morbida
per poter reggere un tunnel, lei aveva già affondato le
braccia nella coltre candida, gettandosene un’enorme
quantità alle spalle. Al giovane bastò battere le ciglia
una sola volta, per ritrovarsi Testa Bruta quasi interamente sepolta davanti a
sé.
«… Tanto non mi avrebbe ascoltato lo
stesso.»
Si portò di fronte alle gambe recalcitranti della gemella,
tentando di afferrarle e ci riuscì, ma solo dopo essere
stato centrato in pieno mento da un calcio. Con un grugnito, le
tirò con quanta forza aveva in corpo, finché non
riuscì ad estrarla da quella piccola frana.
«Whoa, pensavo sarei morta!», fiatò
Testa Bruta con sguardo delirante, afferrandolo. «Rifacciamolo!»
«Non che abbia di meglio da fare in questo momento
ma… No,
grazie.», replicò il malconcio
vichingo, allontanandola con educata fermezza per poter saggiare
l’entità del danno subìto.
«Sai qual è il tuo problema, Hiccup? Sei
troppo…»
Testa Bruta fece un ampio ed eloquente gesto in sua direzione con la
mano.
«Stai indicando tutto me?», le chiese lui, non
riuscendo a decidere se fosse divertito o indispettito da quel cenno,
«… Te l’ha insegnato mio padre, per
caso?»
La ragazza ricambiò la sua perplessità inarcando
un sopracciglio sottile.
«Lasciamo perdere. Piuttosto, troviamo un modo per andarcene
da qui… Sempre che ne esista uno.»
«Ricevuto!»
Si separarono, sedendosi in parti opposte della caverna.
Una vita
d’uscita, una via d’uscita…
Vediamo. Cosa possiamo
fare?
Una quiete apparente calò in quel luogo polare, intervallata
ritmicamente dai tonfi dei sassi che Testa Bruta aveva preso a lanciare
contro le stalattiti che pendevano attorno a lei.
Dopo qualche minuto, Hiccup riemerse dallo stato di profonda
meditazione nel quale si era calato, guardandosi attorno.
«… Bruta?»
Non c’era traccia della ragazza in nessuna parte della
caverna.
Ci mancava anche
questa…
«Testa Bruta!», urlò, «Riesci
a sentirmi?»
«Che c’è?»
Il riverbero della voce roca della giovane lo raggiunse lungo la volta
traslucida di quella spelonca solitaria, facendogli sciogliere la
tensione che aveva già cominciato ad accumularglisi nelle
tempie.
«Dove— Anzi, no. Non voglio davvero
saperlo.», borbottò, poggiando la testa bollente
contro la parete di ghiaccio. «Qualche idea?»
«Perché, dovevo davvero pensarne
una anch’io?»
«… Come non detto.»
Hiccup si passò una mano tra i capelli, non riuscendo
più a collegare coerentemente i propri pensieri. Attese
frustrato il ritorno della propria compagna, poggiando la fronte sulle
ginocchia e cercando di recuperare un po’ di autocontrollo.
Quando sollevò il capo, Testa Bruta era di nuovo
seduta a qualche passo da lui e stava giocherellando con qualcosa che
non ebbe davvero voglia di distinguere. Seguì i suoi
movimenti, lasciandosi ipnotizzare dai riflessi aguzzi
dell’oggetto che stingeva tra le dita.
«Bella, vero?»
Hiccup si riscosse dal torpore e si tirò su, pulendosi
meccanicamente i calzoni. Raggiunse la ragazza, fermandosi di fronte a
lei.
«Di’ un po’…»
«Mh?»
«Quella è una spada.»
«Ah-ha.»
«La manifattura… Non mi sembra di averla mai vista
prima. È piena di ruggine.»
«Mh-hm.»
«Potresti… Dirmi dove l’hai
presa?»
«Non ci crederai mai:», cominciò Testa
Bruta, sprizzando un entusiasmo a dir poco malsano da ogni poro,
«mi scappava… Ma questa volta non avevo voglia di
farla nell’elmo. Diventa troppo appiccicoso e mi
dà
fastidio.»
Hiccup chiuse gli occhi con estremo cordoglio di fronte a quella
dolorosa immagine.
«… Così ho deciso di cercare un posto
in cui potermi liberare e sono andata da quella parte. Mentre ero
accovacciata…»
«Ti prego, ti
scongiuro. Salta alla parte in cui hai trovato
la spada.»
«… Impaziente di trovarne una anche per te,
eh?», commentò maliziosamente Testa Bruta.
«Mi dispiace dirti che c’era solo questa.
Dov’ero rimasta? Ah: ho visto sporgere qualcosa di fronte a
me, così mi sono arrampicata per andare a controllare e
indovina?»
«Spero solo non riguardi ancora i tuoi bisogni.»
«Ho trovato questa!», disse con orgoglio lei,
ignorandolo e facendogli vedere meglio la spada. «E
questa!»
Sentendosi improvvisamente sfiorare l’orecchio da qualcosa di
viscido, Hiccup balzò all’indietro, cadendo
rovinosamente a terra. Testa Bruta scoppiò a ridere,
agitando i resti di un braccio nella sua direzione.
«Uno scheletro? Qui?»
«Be’… Non mi sembra poi così
strano. Moriremo anche noi se non troviamo
un’uscita.»
Assorbendo quelle parole tanto schiette quanto incuranti, le labbra
pallide di Hiccup si strinsero fino a diventare una linea sottile.
«Potresti farmi vedere dove hai trovato queste
cose?»
«Non ti facevo così testardo. Te l’ho
detto: non ci sono altre spade.»
«Oh, sì, ed è un vero peccato. Ma io
stavo
pensando più a qualcosa come una mappa o qualsiasi cosa
possa aiutarci a… Non so, vale la pena di
controllare.»
«Oooh, geniale. Ecco perché ora sei tu il
capo.»
«Già. Già…»
Testa Bruta lo guidò fino ad indicargli una sopraelevazione
nel ghiaccio, dalla quale li stava allegramente osservando un teschio
appollaiato su un mucchio d’ossa disarticolate. A giudicare
dalle condizioni logore e sudice delle vesti che pendevano tutto
attorno, quel povero disgraziato era lassù da molto tempo.
«Ha un sorriso simpatico.»
«Vero? Credo che lo chiamerò Hubert.»
Hiccup sorrise suo malgrado. Perché no? Poteva essere anche
Hubert. “Hubert il Dinoccolato”: suonava bene. Non
se ne sarebbe comunque lamentato, visto lo stato di diversamente vivo.
Si schiarì la voce, attirando l’attenzione di
Testa Bruta: «Quando sei salita da Hubert, hai fatto caso a
cosa ci fosse nei dintorni? Se, per caso, arrivasse qualche rumore
dall’esterno? O ci fosse, che so, un qualsivoglia tipo di
passaggio che possa farci – anche solo lontanamente
– sperare di potercene andare da qui? … A questo
punto mi accontenterei anche di una pergamena piena
d’indovinelli.»
«Mh.», mugugnò lei, prendendosi un
po’ di tempo per elaborare quel fiume in piena di parole.
«Sì, effettivamente ho sentito una forte corrente
d’aria, quando sono arrivata in cima.
Perché?»
«Perché, in questo momento, ci troviamo di fronte
ad un’apertura che probabilmente è collegata con l’esterno.»
«E…?»
«… E
potrebbe essere la nostra via d’uscita.»
«Oooh. Forte.»
«Esatto.» Hiccup annuì lentamente,
mordicchiandosi l’interno delle guance. «Pensi che
potresti…?»
«Mh? Oh! Certo!»
Senza bruciare altro tempo, Testa Bruta scalò nuovamente la
parete con un’agilità che Hiccup non
poté che invidiare. Quando la vide sparire oltre la cima,
poggiò una mano sulla lastra lucida e spigolosa che aveva di
fronte, chiedendosi se anche lui fosse in grado di fare una cosa del
genere. Tentò di issarsi su esattamente come aveva visto
fare lei ma, a pochi centimetri dal terreno, le dita, irrigidite dal
freddo, si staccarono dallo spuntone sul quale le aveva poggiate. Un
sonoro schianto di schiena non si fece attendere.
«Pessima idea.»
Hubert lo osservò dall’alto della sua nicchia, la
mascella penzoloni. Sembrava estremamente divertito.
«Oh, non ti ci mettere anche tu.»
«Di nuovo?»
Il volto sottile di Testa Bruta comparve dall’apertura.
«Non pensavo che avrei mai potuto dirlo a qualcuno, ma stai
messo peggio di mio
fratello.»
«Allora, possiamo uscire da lì?»,
sbottò Hiccup, tentando disperatamente di cambiare argomento
e di sollevarsi da terra, conservando quel po’ di
dignità che gli era rimasta.
«Sì. O, perlomeno, io
posso.», fu la solare risposta della ragazza.
«Ah. Ah. Divertente. Davvero.», balbettò
preso in contropiede, sospirando profondamente per l’ennesima
volta in poche ore.
Un rumore ovattato gli annunciò l’atterraggio
della sua compagna di disavventure al suo fianco.
«Non riesci nemmeno ad arrampicarti per qualche metro e hai
il coraggio di farti chiamare: “Il Domatore di
Draghi”?»
«Non mi faccio chiamare “Il Domatore di
Draghi”.», protestò Hiccup.
«E… Ehm, cosa stai facendo?»
Osservò Testa Bruta, di spalle, inginocchiarsi davanti a lui.
«Ti porto su, genio.»
«Cosa? Stai scherzando, vero? No. No,
è fuori discussione. Hai idea di cosa potrebbe succedere
se…?»
«Se c’è una cosa che io e mio fratello
sappiamo fare bene è non
pensare. Mai. A niente.», lo interruppe
sdegnosamente la gemella, scuotendo il capo davanti a tutta
quell’inconcepibile razionalità. «Noi
agiamo e basta. Combattiamo il fuoco con il fuoco, ricordi?»
Hiccup tacque, imbarazzato. Non poteva permettere che si facessero del
male con un’avventatezza del genere; tuttavia, rimanere fermi
lì ad aspettare i soccorsi sarebbe stato comunque un rischio.
Prese a tormentarsi le mani: erano esangui e irrigidite dalla bassa
temperatura. Abbassò lo sguardo su Testa Bruta, notando che
tra i suoi capelli biondi si erano formati numerosi cristalli di
ghiaccio.
«Hai ragione.», disse infine.
«Sul serio?!», esclamò la vichinga.
«Ehm, volevo dire: ovviamente
ho ragione. Su cosa?»
«Non è questo il momento di perdere tempo con i
“se” e i “ma”: rischiamo di
assiderare, se restiamo qui.»
Tendendo le mani verso di lei e ritraendole subito dopo, Hiccup trasse
un profondo respiro. Istinto
o ragione?
Forse le sue ossa non l’avrebbero ringraziato dopo, ma
passò timidamente le braccia attorno dal collo di Testa
Bruta, stringendosi a lei anche con le gambe. La ragazza si
sollevò da terra come se non avesse avuto alcun peso sulle
spalle.
Per quanto balzana e contraddittoria fosse a volte, Hiccup sapeva che
in questo caso sarebbe potuto dipendere completamente da lei. La sua
natura riflessiva, per una volta, avrebbe dovuto sapersi mettere da
parte.
«Reggiti.»
La giovane riprese ad arrampicarsi, muovendosi rapidamente come un
ragno. Hiccup cercò di tenersi il più saldamente
possibile senza intralciarla, tremando ogniqualvolta captava con le
orecchie lo schiocco di una nuova crepa aprirsi sotto di loro.
Un rivolo rosso scivolò lentamente verso il basso,
distogliendo la sua attenzione dalla paura.
Cosa…?
Lasciò scorrere
gli occhi sulla parete, notando delle macchie vermiglie in ogni punto
in
cui Testa Bruta aveva appoggiato le mani. Lo stomaco gli
sprofondò; i gemelli Thorston avevano un modo tutto loro,
completamente
involontario, di farlo sentire in colpa.
Impossibilitato a intervenire in quel momento, Hiccup non
poté che continuare a seguire i movimenti
delle dita della ragazza, sentendo un doloroso nodo alla gola davanti
al loro livore.
«Ci siamo!»
Issandosi su con una leggerezza che aveva dell’incredibile,
Testa Bruta lo fece scendere, guardandolo con estrema soddisfazione. Il
figlio di Stoik si ritrovò a rivolgerle un sorriso
impacciato, prima di chinare uno sguardo carico
d’apprensione su quelle mani sporche di sangue. Possibile che
non avesse sentito alcun dolore? Certo che era una ragazza
eccezionale… A
modo suo.
«Testa Bruta, le tue mani…»
Lei le osservò affascinata, come se le vedesse per la prima
volta. «Per il martello di Thor! Pensi che dovranno
amputarmele?»
«Cos…? No!
Nessuno amputerà
niente!», esclamò Hiccup con veemenza.
«Oh.», mormorò Testa Bruta, delusa.
«Peccato.»
«… Bruta?»
«Cosa?»
L’espressione seria dell’amico le fece ammorbidire
i lineamenti. Tacque, in attesa.
«Grazie. Per l’aiuto. E tutto il resto. Non sarei
qui, senza di te.»
Testa Bruta assottigliò lo sguardo, come se stesse cercando
di leggere fra le righe di quel suo ringraziamento. Con le labbra
premute in una linea, mosse gli occhi azzurri nei suoi e, dopo averlo
scrutato a lungo in silenzio,
parve finalmente decidere che non ci fossero sottointesi negativi e
annuì.
«Oh, guarda, mi è rimasto qualcosa incastrato nel
taglio!»
Felice come non mai, la vichinga fece per strappare via qualunque cosa
avesse conficcata nel dito ma, con un mirabile scatto in avanti dettato
dal puro terrore, Hiccup le afferrò i polsi, bloccandola.
Non era un esperto guaritore, questo era poco ma sicuro, ma di certo
non aveva intenzione di assistere allo scempio che avrebbe creato lei
se
l’avesse lasciata fare: non voleva un peso del genere
sulla
coscienza.
«Ci penso io, va bene?», pigolò con
un’increspatura di panico nella voce.
«E dov’è il divertimento,
così?»
«Mmh, vediamo… Nell’avere le mani ancora integre,
magari?»
Un’occhiata annoiata fu l’unica reazione che
ottenne.
«Rifletti: senza mani, come farai a malmenare tuo
fratello?», tentò ancora lui, lasciandole
lentamente andare i polsi.
«Cavolo… A questo non ci avevo pensato.»
Hiccup frugò nella borsa, estraendone un sacchetto e un
piccolo panno. «Dopotutto è a causa di questi
impacchi se siamo finiti in questo guaio. Vediamo di sfruttarne le
qualità al massimo.»
Testa Bruta assistette, con occhi meravigliati da bambina, a ogni suo
singolo spostamento. Lo guardò pulire meticolosamente i
piccoli tagli che le costellavano i polpastrelli e lo seguì
mentre ci spalmava sopra l’impiastro che gli aveva fornito
Gothi per i casi d’emergenza. Hiccup non avrebbe saputo
spiegarne bene il motivo ma, in quel momento, qualcosa nella sua testa
si mosse, facendogli intuire che, tutta quell’attenzione,
probabilmente derivava dal fatto che quel tipo di premure non le
fossero affatto familiari.
Ritornando in sé, si focalizzò sulle dita
dell’amica, notando che avevano preso ad arrossarsi e a
tremare sotto il suo tocco. «Brucia?»
«Come un incendio.», annuì la ragazza,
«Continua!»
Stranamente, il giovane si sentì contagiato da
quell’entusiasmo fuori luogo e terminò solerte la
medicazione, avvolgendole le mani con delle bende, cercando di non
costringergliele troppo.
«Ecco fatto! Non sarà il massimo ma sono certo
che,
quando saremo tornati al villaggio, Gothi saprà come
rimettertele in sesto.»
«Credi che me la lascerà qualche cicatrice, per
ricordo?»
«Be’, se glielo chiedi con
gentilezza…» Hiccup scrollò le spalle.
«Può darsi?»
«Evvai!»
«Stavo scherzan—
Ah, lasciamo perdere. Sarà meglio avviarsi.»
Dopo aver salutato Hubert ed avergli restituito il braccio e la spada,
i due s’incamminarono lungo un piccolo corridoio che andava
rimpicciolendosi man mano che avanzavano. Non appena scorsero
l’accecante paesaggio invernale di Berk stagliarsi in
lontananza, accelerarono il passo, raggiungendo in men che non si dica
il varco che collegava la caverna con le colline.
«Non per fare il guasta feste ma…»
Hiccup si sporse sullo strapiombo sotto i suoi piedi, una
lieve vertigine ad offuscargli la vista. Non c’erano appigli
di
nessun tipo; solo metri e metri di dislivello che correvano verso il
manto bianco sottostante.
«Non trovi sia un po’
sopraelevata, come via d’uscita?»
«Stai facendo il guastafeste.»
«Scusa.»
Infreddoliti fino alle midolla, i due si misero a sedere
sull’orlo di quel precipizio con un sospiro, lasciando che
l’aria tagliente lambisse i loro visi stravolti,
accarezzandogli in una spirale gelida la spina dorsale.
«Sai, credo che Hubert sapesse che sarebbe andata a finire
così. Per questo rideva così tanto quando ce ne
siamo andati.», provò a scherzare Hiccup,
ammiccando alle proprie spalle.
«Mh.»
Si voltò verso Testa Bruta, constatando, con sorpresa,
che aveva un’espressione notevolmente cupa e severa.
«Devo dirti una cosa.»
«Non dirmi che ti scappa di nuovo, ti prego.»,
la
precedette, scuotendo il capo. «Non ho ancora capito
perché tu e tuo fratello sentite il bisogno di dirmi queste
cose.»
Lei tacque, imbronciandosi ancora di più; lo sguardo perso
sulla fasciatura attorno alle sue mani.
«Grazie.»
«Oh.»
Per un attimo, ci fu solo silenzio.
«Ma non azzardarti a dire a nessuno quello che ti ho detto, o
giuro che ti troverò e ti darò fuoco con queste
mani!», scattò improvvisamente Testa Bruta,
sollevando le suddette armi letali, ora goffe e decisamente poco
minacciose.
«Non sarebbe la prima volta ma, grazie, Thor! Siamo
finalmente tornati alla normalità!»,
esclamò teatralmente Hiccup, strappandole un sorriso.
Non seppero quanto tempo trascorsero lì, a scrutare
l’orizzonte innevato ma, quando sentirono
l’inconfondibile richiamo di Tempestosa nell’aria,
seguito dalla voce di Astrid, non ebbe più alcuna importanza.
«Che ti dicevo?» Testa Bruta colpì
Hiccup al braccio, estatica. «Sapevo che ci avrebbero
trovato!»
I due urlarono a squarciagola, richiamando l’attenzione dei
compagni su di loro sbracciandosi e saltando. Rispondendo ai loro
segnali, Astid e Gambe di Pesce virarono, avvicinandosi con cautela
alla sporgenza.
«Non ci posso credere ma cos’è
successo?», domandò Gambe di Pesce mentre
Muscolone lasciava pazientemente che Testa Bruta si accomodasse sulla
sua schiena.
Hiccup non riuscì proprio a sentire la risposta della
gemella: era troppo perso nel calore del sole che gli stava
risplendendo davanti agli occhi. Il suo sole.
S’inerpicò sul dorso dell’Uncinato
Mortale,
sentendo la vita di quella maestosa creatura pulsare
prepotentemente sotto quelle squame di zaffiro.
«Siete due stracci. Che cosa avete combinato
laggiù?», gli chiese Astrid, spronando Tempestosa
a partire alla volta del villaggio il più rapidamente
possibile.
«Vuoi davvero saperlo?», le rispose Hiccup,
controvento.
«Mh… No, credo proprio di no.»
Non era mai stato così contento di fare ritorno a casa.
.:~*~:.
*alza le mani in segno di
resa* VI PREGOH, NON SPARATE!! HO TRE MOGLI E SEI FIGLI!!
...
No, seriamente, il tema di questa storia non è il crack
shipping più selvaggio (c’è un
po’ di Hiccstrid, perché mi sembrava il minimo)
ma... l’amicizia. *fa
comparire un arcobaleno tra le mani*
No, perché sono reduce
da ben quaranta puntate, dico, quaranta
puntate, tra: “DRAGONS:
I Cavalieri di Berk” e “DRAGONS:
I Paladini di Berk”, nelle quali vengono
approfonditi i
rapporti di tutto il cast protagonista con Hiccup. Tutto il cast,
tranne Testa Bruta. Ovviamente. No, è arrivato il momento di
dire basta: donne è arrivato l’arrotino,
perché
non ci sono più le mezze stagioni! ... E più o
meno è stato questo il ragionamento che mi ha portata a
scrivere questa fanfiction. XD
Se devo dare il contesto in cui è ambientata... Sicuramente
durante l’arco temporale in cui si svolgono gli eventi de
“I Paladini di Berk”.
Perché Hiccup, in queste due serie, segue un processo di
maturazione in vista della sua futura nomina a capo villaggio e cambia,
cresce, e questo si nota molto nella seconda stagione. Lo ritroviamo
molto più maturo, un po' più autoritario e che
comincia ad avere quella che è la forma mentis di un capo.
Sarebbe stato assurdo, effettivamente, poi andarsi a vedere il film,
ambientato cinque anni dopo gli eventi di Dragon Trainer, ritrovandosi
un Hiccup ormai adulto, senza essere in grado di spiegarsi il
perché del suo cambiamento. Resta sempre il solito goffo,
eh. Non c’è uno stravolgimento catastrofico...
Semplicemente cresce,
come tutti noi abbiamo fatto e continueremo a fare.
Oh, comunque, in realtà una puntata dedicata a Testa Bruta
c’è e consiglio a tutti di vederla (è
la
tredicesima della seconda stagione), perché fa emergere un
lato del suo carattere che sinceramente non mi sarei mai aspettata di
vedere. Bella, davvero molto bella... Colpisce molto il lato emotivo,
se vi piace il personaggio. Comunque sia, ATTENZIONE
ALLO SPOILER CHE STO PER FARE (VI HO AVVERTITOH!!11!1),
viene messo in luce che lei, pur di proteggere un amico, è
disposta a rinunciare ad una cosa a cui tiene molto e a rimanere al suo
fianco nonostante corra il rischio di morire. Una sfaccettatura
disinteressata del suo carattere che mi ha colpita molto e che mi ha
ispirato queste righe.
...
Sul serio, state ancora leggendo? Che aspettate, andate a guardarvi le
puntate di queste due meravigliose serie! *____*
E grazie
per aver letto la mia storia, ovviamente. :)
P.S.: Fungus
è una pecora. La pecora di uno degli
antagonisti della prima e della seconda serie. Se trovate altre robe
strane, è perché ogni tanto ho piazzato qualche
citazione dalle puntate che ho visto. XD
See ya,
Shadow
Eyes
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